CIPRIANI, Emilio
Nacque a Firenze il 15 sett. 184 da Francesco e da Teresa Piattoli. Dedicatosi con passione allo studio della medicina, acquistò, in breve, grande esperienza e capacità scientifica, sino a ricoprire la cattedra di oculistica nell'arcispedale di S. Maria Nuova e, quindi, dopo. il 1859, nel R. Istituto di perfezionamento e di studi superiori di Firenze.
Della sua attività medica recano testimonianza alcuni scritti (Dei soccorsi da prestarsi agli asfittici per sommersione - Lezione, Firenze 1841; Replica al professor Ferdinando Carbonai, in Gazzetta toscana di scienze medico-fisiche, II [1844]; Rapporto dei lavori accademici della Società medico-fisica fiorentina dell'anno 1841, ibid.; Sull'applicazione dell'apparecchio amidato nella frattura del collo dell'omero, ibid.; Sulla cura di un piede equinovaro congenito, eseguita con la tenotomia sottocutanea, ibid.; Prolusione al corso di oftalmoiatria letta il 2 aprile 1845, ibid., III [1845]; Rendiconto statistico del primo quadriennio di clinica oftalmoiatrica e di alcune operazioni di oculistica eseguite nella pratica civile dal professor Cipriani, Firenze 1846; Parole dette alla Società medico-fisica fiorentina nella prima seduta ordinaria dell'anno 1848, ibid. 1848; Rendiconto statistico della clinica e turno oftalmoiatrico dal 1° apr. 1846 a tutto marzo 1847, ed alcune operazioni di oculistica, ibid. 1850)che permettono di seguime la pratica ospedaliera e di ricostruirne le conoscenze tecniche.
Il C. fu tra i principali collaboratori de Il Progresso. Giornale italiano di scienze mediche e naturali, pubblicato a, Firenze dall'8 genn. 1849 al 17 giugno 1850, che si occupava, oltre che di problemi scientifici, anche della necessità di vaste riforme sanitarie. Lo studio e l'attività professionale si accompagnarono sempre in lui con l'impegno sociale e politico. Tutte le testimonianze contemporanee sono, infatti, concordi nell'affermare la sua adesione agli ideali mazziniani, l'appartenenza alla Giovine Italia e la sua giovanile opera di proselitismo.
Ma, certo, il suo mazzinianesimo fu soprattutto espressione della sua insofferenza per la situazione politica italiana, così subordinata all'Austria, e della sua forte aspirazione unitaria; sentimenti, questi, che lo accompagnarono per tutta la vita e favorirono, piùtardi, la sua accettazione della monarchia unitaria. Tuttavia la sua posizione fu talvolta decisamente radicale e repubblicana, come quando, in qualità di deputato alla Costituente toscana del 1849, sipronunziò, in modo perentorio, per l'unione con la Repubblica romana.
Le prime notizie documentate di una sua attività politica di rilievo risalgono agli inizi del 1848, quando, dopo la celebre allocuzione di Pio IX, anche in Toscana si accentuarono le agitazioni politiche e la casa del marchese Ferdinando Bartolommei ne divenne uno dei centri più attivi. Qui si formò infatti un "comitato rivoluzionario", composto, oltre che dal Bartolommei, da Antonio Mordini, Ferdinando Zannetti, Andrea Pellizzari e dallo stesso Cipriani. Tale comitato si fece promotore delle manifestazioni popolari che contribuirono a indurre il granduca a prendere la via delle riforme, con la concessione della libertà di stampa, dello statuto e della guardia civica. Alla notizia delle rivoluzioni di Vienna e di Milano, vivaci dimostrazioni popolari spinsero Leopoldo II ad aprire gli arruolamenti dei volontari, e anche il C. partì per il campo di operazioni, combattendo a Curtatone e Montanara.
Sono noti gli eventi che, dopo la sconfitta di Carlo Alberto, portarono alla caduta dei governi costituzionali toscani di Ridolfi e poi Capponi, all'ascesa del ministero democratico Montanelli-Guerrazzi, allo scioglimento del Consiglio generale toscano e, quindi, per il 20 nov. 1848, all'elezione di una nuova. Camera. In questa occasione il C. fu presentato candidato del democratico Circolo del popolo, ma, nonostante la propaganda dei democratici in suo favore, non riuscì eletto. Il Parlamento uscito da quelle elezioni ebbe breve vita: infatti, l'8 febbraio, dopo la fuga di Leopoldo II, si formò il governo provvisorio che decretò lo scioglimento delle due Camere e indisse, per il 12 marzo successivo, nuove elezioni a suffragio universale, per la Costituente toscana.
Il C., che già dopo l'8 febbraio era stato nominato dal governo provvisorio membro della commissione incaricata di ricevere in consegna i palazzi regi, proposto nuovamente candidato dal Circolo del popolo fu eletto e partecipò, quindi, attivamente ai lavori parlamentari. Inoltre, il 22 febbraio, era già nominato tra i membri della Commissione di guerra, incaricata di giudicare ogni attentato sedizioso contro la vita e le proprietà dei cittadini o diretto a sovvertire l'ordine pubblico. Uno dei suoi primi interventi all'Assemblea fu in favore dell'ammissione in qualità di deputati degli eletti che non fossero cittadini toscani (Assemblee del Risorgimento. Toscana, III, 27 marzo 1849). Si pronunciò, però, contro il conferimento al governo di poteri dittatoriali a tempo indeterminato (ibid.).
Dopo la notizia dei moti popolari di Genova (29 marzo), il C. propose che l'Assemblea si dichiarasse in permanenza, proclamasse la patria in pericolo e inviasse, in tal senso, un indirizzo al popolo toscano; egli stesso fu incaricato di redigerne il testo, insieme al Montanelli e ad Atto Vannucci. Le sue aspirazioni unitarie risaltarono soprattutto allorché ebbe luogo la discussione sull'opportunità di proclamare l'unione con Roma. Il problema era scottante; la maggioranza dei deputati cercò nuovamente di guadagnare tempo. Ma il C. dapprima esortò i collegpi a prendere subito una decisione divenuta ormai inprocrastinabile, poi, il 2 aprile, presentò un suo progetto di legge per l'unificazione con la Repubblica romana, che doveva esser preso subito in esame dalle sezioni. Però la situazione politica toscana andava sempre più precipitando. Lo stesso giorno il Guerrazzi, che era sempre stato avverso all'unione con Roma, proponeva i pieni poteri per il governo, la proroga dell'Assemblea e la sospensione di ogni discussione intorno alla forma di governo. La discussione che ne seguì, calorosissima, vide l'intervento del C. che si dichiarò contro la proposta Guerrazzi e appassionatamente sostenne di nuovo la necessità della proclamazione della repubblica e dell'unione con Roma. Pur riconoscendo la sostanziale sconfitta del moto nazionale e il pericolo di un'imminente restaurazione, egli volle, con la sua proposta, stabilire un principio e costituire un precedente.per la futura ripresa della lotta politica. L'Assemblea, però, votò a favore della proposta Guerrazzi, respingendo la proposta repubblicana avanzata da diversi deputati.
Fedele sempre alle sue concezioni democratiche e radicali, il C. fu uno dei pochissimi deputati che presero parte all'ultima seduta dell'Assemblea costituente toscana, il 12 aprile. In tale occasione appoggiò la richiesta di arrestare e processare immediatamente per alto tradimento la municipalità e la commissione aggiunta che avevano assunto il potere in nome di Leopoldo II (Martini, p. 355). Secondo altre testimonianze non avrebbe invece assunto posizioni così radicali, per quanto fosse l'unico deputato che affirontasse coraggiosamente la folla tumultuante di fronte alla sede dell'Assemblea (ibid., p. 522). Avrebbe inoltre steso una bozza di proclama al popolo toscano, concertata con il, municipio, che, però, venne scartata in favore di un'altra predisposta dallo stesso Gúerrazzi.
Dopo la fine del governo democratico, la restaurazione e l'occupazione austriaca della Toscana, il C. preferì emigrare, mentre veniva sospeso dalle sue funzioni di professore. Si stabilì a Costantinopoli, dove esercitò con fortuna la sua professione di medico e chirurgo, procurandosi una vasta e ricca clientela. Mantenne però sempre vive le sue aspirazioni unitarie.; e, tornato in Toscana, agli inizi della seconda guerra d'indipendenza si adoperò per la loro realizzazione. Come personalità di notevole rilievo negli ambienti unitari toscani, fu eletto deputato all'Assemblea toscana, il 7 ag. 1859; il 20 votò la proposta di annessione della Toscana al regno di Vittorio Emanuele II. Nel febbraio del '60 faceva parte del Comitato di Firenze della Società nazionale. Dopo il plebiscito, nelle elezioni del 25-29 marzo 1860, venne eletto deputato al Parlamento subalpino, per la VII legislatura, in rappresentayza del collegio di Campi Bisenzio. Poco dopo prese parte all'impresa garibaldina come medico.
Sciolta la Camera, il C. fu nuovamente deputato, per il collegio di Firenze IV, nelle elezioni del 27 genn.-3 febbr. 1861, per l'VIII legislatura. Primo impegno parlamentare fu la partecipazione alla commissione che riferì sul disegno di legge per cui Vittorio Emanuele assunse il titolo di re d'Italia. Si trovò quindi a prender posizione di fronte ai più gravi problemi che la Camera dové affrontare., assumendo, di volta in volta, atteggiamenti diversi che, nel loro complesso, indicano la sua collocazione tra gli elementi moderati della Sinistra.
Così, sulla questione dello scioglimento dell'esercito meridionale e della sistemazione degli ex ufficiali e volontari garibaldini, votò a favore dell'ordine dei giorno Ricasoli che, di fatto, implicava. il rifiutd delle richieste di Garibaldi. Fu invece favorevole al progetto della Sinistra garibaldina sull'ordinamenio della guardia nazionale, ma si astenne nella votazione dell'ordine del giorno Minghetti, all'indomani dei luttuosi fatti di Samico. Votò ancora contro l'ordine del giorno Bon Compagni sulle misure prese dal governo in occasione di un meeting a favore della Polonia, tenuto a Sampierdarena; e, di nuovo, si espresse contro un altro ordine del giorno dello stesso deputato che sosteneva la politica estera del governo, incentrata sulla stretta alleanza con la Francia. Firmò, infine, la dichiarazione Mordini sulla convenzione di settembre che chiariva il punto di vista di quel settore della Sinistra che si poneva come mediatore tra le due maggiori parti politiche in contrasto.
Rimase, comunque, sempre legato a Garibaldi; anzi, dopo i fatti di Aspromonte, fu uno dei medici che curarono la ferita da lui riportata. Nella campagna del 1866 fu, di nuovo, chirurgo delle truppe garibaldine, meritando un'alta onorificenza militare (Pesci, p. 111) e, ancora, nel '67, durante il tentativo di Mentana diresse l'ambulanza dei volontari (G. Castellini, p. 380).
Le sue posizioni democratiche si erano andate, certamente, sempre più attenuando e non si distinguevano più da quelle di una parte della Sinistra che aderiva ormai alla linea costituzionale e ad una politica riformistica e non rivoluzionaria. Nel '65, in occasione delle elezioni per la IX legislatura (22-29 ottobre), fu, a Firenze, uno dei promotori della Associazione per la tutela e lo svolgimento dei diritti costituzionali, il cui programma, pubblicato su L'Avvenire del 19 aprile, poneva come requisiti fondamentali per i candidati l'onestà personale e la capacità di "resistere con pari fermezza alle ambizioni governative e alle sterili agitazioni dei sempre malcontenti e sempre incontentabili".
Nel programma era però sottolineata la necessità di sottrarre Venezia al "giogo forestiero" e Roma alla "prepotenza teocratica", mentre si ribadivano alcuni temi propri della Sinistra: il decentramento amministrativo, l'uguaglianza dei diritti e dei doveri per tutti i cittadini, l'abolizione della pena di morte in tutto il regno, l'istruzione primaria gratuita e piena libertà di religione e di culto.
Tuttavia, nell'imminenza delle elezioni, l'Associazione pubblicò su IlCorriere italiano del 15 ottobre un "Manifesto agli elettori fiorentini". proponendo, per i quattro collegi della città, nomi di candidati fra loro assai eterogenei, come Crispi, Ricasoli, Ermolao Rubieri e lo stesso Cipriani. Tale programma non fu appoggiato dai giornali della Sinistra che criticarono aspramente l'inclusione del Ricasoli, al quale fu contrapposto lo stesso Garibaldi. Il C., che dal settembre era anche consigliere cdmunale, riuscì comunque eletto, sempre per il collegio di Firenze IV.
Alla Camera, il 26 febbr. '66, votò contro l'esercizio provvisorio del bilancio da parte del ministero La Marmora; il 7 giugno fu tra i promotori di un progetto di legge che mirava ad accorciare i tempi di discussione sulla soppressione delle corporationi religiose e di altri enti ecclesiastici e la conversione in rendita púbblica dei loro beni. Votò, inoltre, a favore dell'ordine del giorno Mancini, la cui approvazione portò alla crisi del governo Ricasoli ed allo scioglimento della Camera, il 17 febbr. '67.
Nelle nuove elezioni del 10-17 marzo '67 il C., che era di nuovo candidato per Firenze IV, fu sconfitto da Ferdinando Andreucci, rappresentante della "consorteria", mentre rinunziò, volontariamente, al ballottaggio per il collegio di Campi Bisenzio in favore del candidato moderato Adriano Mari, dichiarando di non voler competere con un uomo di cui aveva grandissima stima. Si ripresentò ancora candidato alle elezioni del '70 e del '74 sempre per Firenze IV, ma fu ancora sconfitto dai rappresentanti moderati. Continuava frattanto anche la sua professione di medico e di professore di notevole fama, tanto che, nel 1869, fu chiamato a San Rossore a consulto per la grave malattia che aveva colpito Vittorio Emanuele II.
Con decreto reale del 12 genn. 1881 il C. fu nominato senatore del Regno. Non prese però parte attiva ai lavori della Camera alta; parlò soltanto per commemorare Garibaldi, dopo la sua morte. Morì a Roma, il 16 giugno 1883e fu commemorato in Senato, nella seduta del 22 dello stesso mese.
Fonti e Bibl.: Le Assemblee del Risorgimento. Toscana, III, Roma 1911, pp. 475, 483 s., 490, 499, 508, 514-17, 519-22, 532 s., 538, 541, 555, 576 ss., 582; Atti parlamentari. Senato. Discussioni, legislatura XV, sessione 1882-1886, tornata del 22 giugno 1883; F. Martini. Il Quarantotto in Toscana. Diario inedito del conte L. Passerini de' Rilli, Firenze 1948, ad Indicem;U. Pesci, Firenze capitale (1865-1870), Firenze 1904, ad Indicem;M. Gioli Bartolommei, Ilrivolgimento toscano e l'azione popolare (1847-1860), Firenze 1905, ad Ind.;G. Castellini, Eroi garibaldini, Milano 1944, p. 380; R. Grew, La Società nazionale in Toscana, in Rassegna storica toscana, II(1956), p. 86; A. Salvestrini, I moderati toscani e la classe dirigente ital. (1859-1876), Firenze 1965, ad Ind.;G. Spadolini, Firenze capitale, Firenze 1966, ad Ind.; Storia del Parlamento ital., V-VI, Palermo 1968-1969, ad Ind.;T. Sarti, IlParlamento subalpino e nazionale..., Terni 1890, pp. 284 s.; Diz. d. Risorg. naz., II, p. 698.