NAUDIN, Emilio Clodovaldo
NAUDIN, Emilio Clodovaldo. – Nacque a Parma il 23 ottobre 1823 da Giuseppe e da Margherita Leoni.
Il padre, parmense di origine francese, grazie al buon nome come miniaturista e acquerellista era diventato pittore di corte di Maria Luisa d’Austria, allora reggente del Ducato. Nel 1833 Emilio entrò quindi di diritto a titolo gratuito nel collegio intitolato alla sovrana, compiendovi gli studi inferiori con risultati tanto egregi da valergli le medaglie d’argento in grammatica e retorica, e d’oro in fisica e matematica (Regli, 1860, p. 354). I suoi studi continuarono all’Università di Parma nella Facoltà di Medicina. Fin dai sette anni era stato allievo di Ferdinando Simonis, insegnante di musica privato di Maria Luisa, e non aveva mai abbandonato la formazione canora, poi continuata sotto la guida del compositore Ferdinando Orland, maestro concertatore nel teatro Ducale: il talento musicale prese man mano il sopravvento, fino all’abbandono degli studi medici.
Di registro tenorile leggero, si perfezionò per tre anni a Milano con Giacomo Panizza e, dopo un concerto nell’Instituto d’incoraggiamento di Lodi il 5 dicembre 1844 (cantò brani da Roberto Devereaux di Gaetano Donizetti ed Ernani di Giuseppe Verdi), già nell’imminente stagione di carnevale ebbe la parte di Elvino nella Sonnambula di Bellini al teatro Concordia di Cremona, dove vide poi il primo grande successo come protagonista maschile nella Saffo di Giovanni Pacini l’anno seguente. Nel frattempo aveva cantato anche a Torino e a Mantova, e nel 1846 al Carlo Felice di Genova, mentre a fine anno fu a Vicenza per il battesimo della Luisa Strozzi di Gualtiero Sanelli. Dopo essersi esibito nel 1847 a Padova e nel 1848 sia a Trieste sia a Bologna, per la stagione 1849-50 fu al teatro Apollo di Roma, dove cantò nel Poliuto di Donizetti e in un paio di opere di Verdi, I due Foscari e Luisa Miller, quest’ultima con enorme successo, sebbene la parte di Rodolfo non fosse adattissima alla sua vocalità (considerata poco consona a ruoli drammatici o anche semplicemente lirici, la sua voce venne descritta «di tutta grazia e di agilità»; L’Italia musicale, n. 94, 25 novembre 1854, p. 372). Poté in seguito distinguersi in altri ruoli donizettiani, alla Pergola di Firenze e ad Ascoli Piceno, rispettivamente nei Puritani e nella Lucia di Lammermoor.
All’Apollo fece conoscere al pubblico romano altre due importanti novità verdiane: Stiffelio nel 1851 e La traviata nel 1855; nella primavera dello stesso anno si esibì al teatro Argentina in Linda di Chamounix. Se importante per la sua carriera fu l’esperienza russa tra Odessa (1851) e San Pietroburgo (1853-54), negli anni successivi cantò nei principali teatri d’Europa: Drury Lane a Londra, La Scala di Milano (1858), il Real a Madrid (1863), l’Italien a Parigi (1862-65, e dal 1868), il Saõ Carlos a Lisbona (1867) e, ancora a Londra, Her Majesty’s (1862, 1869) e Covent Garden (dal 1863). Il suo repertorio si arricchì di altre opere congeniali: Lucrezia Borgia e Don Pasquale di Donizetti, Un ballo in maschera e Rigoletto di Verdi, ma anche Don Giovanni di Mozart, La muta di Portici e Fra Diavolo di Daniel-François-Esprit Auber.
Il 28 aprile 1865 all’Opéra di Parigi fu il primo Vasco da Gama nell’Africaine, il grand opéra postumo di Giacomo Meyerbeer, il quale aveva concepito su misura di Naudin la parte dell’eroe e gliel’aveva destinata con una clausola nel testamento. L’impresario Frederick Gye lo aveva quindi riscattato dal Covent Garden, dove percepiva 380 sterline mensili, e dal Théâtre-Italien dove si esibiva nell’inverno 1864-65, ma le richieste di Naudin furono molto alte, dell’ordine di 10-11.000 franchi al mese; superati gli ostacoli, cantò L’Africaine nei due anni successivi, pagato l’equivalente dell’esorbitante cifra di 1000 lire per sera, per un compenso annuo di circa 110.000 franchi.
Aveva sposato una baronessa vedova, e i giornali parigini dell’epoca danno conto di salotti (o «serate») musicali, frequentati dai migliori artisti del tempo e animati da «M et Mme Naudin».
Legato da regolare impegno con il Covent Garden, inserì nel suo repertorio anche L’elisir d’amore e Don Pasquale di Donizetti, Norma di Bellini, Roberto il Diavolo e La stella del nord di Meyerbeer e Don Carlos di Verdi, nel cui primo allestimento britannico del 1867 interpretò il ruolo eponimo. Nel 1871 nel periodo precedente la celebre prima dell’Aida di Verdi al Cairo (1871), si fece il suo nome per la parte di Radamès, poi affidata a Pietro Mongini. Nei primi anni Settanta un corrispondente londinese della Gazzetta dei Teatri lo segnalò in declino, dopo che già in occasione di un Don Giovanni parigino dell’aprile 1866 vi era già stata una generale unanimità dei critici francesi nel definire imbarazzante il suo Don Ottavio. Eppure si esibì nella capitale britannica fino al 1875, anno nel quale portò nella provincia inglese Lohengrin di Richard Wagner; fu apprezzato anche a San Pietroburgo (1873-74), Mosca (1874-75, e poi nel 1877 nel Tannhäuser di Wagner), tra Madrid e Barcellona dal 1875 al 1879, e in una tournée andalusa con la compagnia di Joan Goula nel 1877.
A partire dal 1880 le condizioni della voce lo costrinsero a limitare il repertorio quasi soltanto a Lucia di Lammermoor (sapeva talvolta impreziosire la parte di Edgardo con consumata abilità interpretativa), perlopiù su piazze italiane di second’ordine: le ultime applaudite esibizioni si ebbero nell’estate 1882 al teatro Ristori di Verona e al teatro Scribe di Torino. Abbandonate temporaneamente le scene, fors’anche a causa della malattia che lo avrebbe portato alla morte, nel marzo 1885 tentò un ritorno al teatro del Corso di Bologna: l’esito infausto sancì la fine della carriera, che ebbe per strascico un modesto impiego nel Casinò di Montecarlo.
Fu socio onorario dell’Accademia filarmonica di Bologna e della Società filarmonica di Firenze, nonché accademico di s. Cecilia; fu insignito della Croce di Cavaliere dei ss. Maurizio e Lazzaro.
Morì il 5 maggio 1890 a Bologna, dove aveva trascorso gli ultimi anni, ridotto in povertà e paralizzato, accudito dalla figlia, vedova di un tenore Scorsi. Venne sepolto nella Certosa.
Il Naudin degli anni migliori rappresenta l’archetipo del tenore romantico, avventuroso, elegante, sfarzoso e prodigo: alcuni lo descrivono bellissimo, altri ne sottolineano l’aspetto cupo e tenebroso, che certo non dovette stonare col carattere di molte sue parti preferite, sia donizettiane sia verdiane. Come «re del melodramma» poteva dunque rivaleggiare con l’altro grande tenore romantico, Mario (alias Giovanni Matteo De Candia), ancor più celebre e fascinoso.
Se le sue doti vocali gli permettevano di misurarsi con gli accenti drammatici del Trovatore, l’agilità e la grazia canore (con un disinvolto utilizzo del falsetto), sopperendo alla limitata potenza, lo mettevano più a suo agio nei ruoli patetici (come l’Edgardo di Lucia, forse il personaggio più congeniale) ma anche, grazie a sottili qualità interpretative, in quelli più ambivalenti, cinici o spregiudicati, come il Duca di Mantova o Fra Diavolo.
Fonti e Bibl.: Stabilimenti musicali privati, in Il pirata, X (1844), 53, pp. 210 s.; Notizie posteriori, in Gazzetta musicale di Milano, 17 febbraio 1850, p. 28; F. Regli, Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici …, Torino 1860, p. 354; H. Lauzac, Galérie historique et critique du dix-neuvième siècle, I, Paris 1864, pp. 117-119; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique. Supplément et complément, II, 1881, pp. 263 s.; Obituary, in The Musical Times and Singing Class Circular, n. 568, 1° giugno 1890, p. 356; A. Pariset, Dizionario biografico dei parmigiani illustri o benemeriti nelle scienze, nelle lettere e nelle arti o per altra guisa notevoli, Parma 1905, pp. 74 s.; G. Servières, Les transformations et tribulations de l’«Africaine», in Rivista musicale italiana, XXXIV (1927), pp. 80-99; C. Alcari, in Parma nella musica, Parma 1931, pp. 137 s.; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, II, Milano 1938, p. 163; Genesi dell’«Aida» con documentazione inedita, a cura di S. Abdoun, in Quaderni dell’Istituto di studi verdiani, 1971, n. 4, ad ind.; R. Celletti, Dizionario dello spettacolo, Roma 1975, col. 1047; G. Marchesi, I cantanti, in Storia dell’opera, II: Aspetti e problemi dell’opera, a cura di A. Basso, Torino 1977, p. 372; J. Budden, Le opere di Verdi, III, Torino 1985, p. 194; E. Forbes, in The new Grove dictionary of Opera, 1992, III, p. 562; G. Dideriksen - M. Ringel, Frederick Gye and «The dreadful business of Opera management», in 19th-Century Music, XIX (1995-96), pp. 19 s.; G.N. Vetro, Teatro Reinach 1871-1944: gli spettacoli musicali, opere, concerti, operette, Parma 1995, p. 98; K.J. Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, IV, München 1997, p. 2490; R. Lasagni, in Dizionario biografico dei parmigiani, III, Parma 1999, pp. 644 s.; G.N. Vetro, in Dizionario della musica e dei musicisti dei territori del Ducato di Parma e Piacenza dalle origini al 1950, Parma 2001, http:// biblioteche2.comune.parma.it/dm/1409.htm.