CORNALIA, Emilio
Nacque a Milano il 25 ag. 1824 dal barone Francesco, già prefetto del Tronto e del Serio, e da Luigi Kramer. Compiuti i primi studi a Milano, presso il ginnasio "S. Alessandro" e poi al liceo di "Porta Nuova", si iscrisse nel 1842 alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Pavia per soddisfare un desiderio paterno, ma, dopo pochi mesi, passò alla facoltà di medicina, interessandosi soprattutto di scienze naturali ed in particolare di geologia. Nel 1847, ancora studente, pubblicò il suo primo lavoro Sui progressi della geologia nel sec. XIX (Pavia 1847) che gli valse la nomina ad assistente presso il Museo di storia naturale dell'università di Pavia.
Ottenuta la laurea in medicina nel febbraio del 1848 con la dissertazione: Notizie geo-mineralogiche sopra alcune valli meridionali del Tirolo (Milano 1848) partecipò, nel marzo dello stesso anno, alle Cinque giornate di Milano, il che provocò il suo temporaneo allontanamento dall'università di Pavia. Nel 1849 ottenne la libera docenza in storia naturale e nel 1851 fu nominato direttore aggiunto del Museo civico di storia naturale di Milano. Di questo istituto il C. fu il vero animatore per il resto della sua vita, anche se ne divenne direttore solo nell'anno 1866 alla morte del suo predecessore G. Jan, arricchendone di anno in anno le raccolte con campagne di sottoscrizione, che venivano pubblicizzate con opuscoli illustrativi e guide (Museo civico di Milano. Cataloghi delle collezioni di storia naturale, Milano 1870; Guida al Museo civico di Milano, ibid. 1870) e legando ad esso per testamento la propria biblioteca.
Fu ordinando nel 1849 il fondo donato al Museo dal viaggiatore G. Osculati che il C. iniziò ad interessarsi di zoologia, coltivando in particolare la sistematica nella quale si dimostrò particolarmente valido sicché gli venne affidato l'incarico di redigere per la Fauna d'Italia edita a Milano da Vallardi nel 1870 (I, pp. 4-80) il Catalogo descrittivo dei mammiferi osservati fino ad ora in Italia, nel quale seguiva e integrava la Iconografia della fauna italica per le quattro classi di Vertebrati, Roma 1832-41, di Carlo Luciano Bonaparte, principe di Canino.
All'attività di studioso affiancò quella didattica sia presso lo stesso Museo civico, dove tenne regolarmente cicli di lezioni, sia presso l'istituto tecnico "S. Marta" (dal 1856) e presso la scuola superiore di agronomia (dal 1863); da tali esperienze didattiche nacquero vari suoi volumetti di divulgazione scientifica (Il regno animale elementarmente esposto, Milano 1854; Il regno minerale elementarmente esposto, ibid. 1854; La natura rappresentata e descritta, ibid. 1864). L'opera che gli meritò fama di scienziato di valore fu la ponderosa Monografia del Bombice del gelso (ibid. 1856) nella quale studiava il Bombyx mori dal punto di vista storico, bibliografico, zoologico, istologico, microscopico, fisiologico, e che si chiudeva con un capitolo sulla patologia del baco, nel quale però non veniva ancora esaminata la pebrina, malattia della quale si interessò solo a partire dal 1863 (Sulla natura dei corpuscoli vibranti del baco da seta ammalato e considerazioni per ritenerlo effetto e non causa della malattia pebrina, in Atti d. Soc. ital. di scienze naturali, V [1863], pp. 218-240), riferendone poi epistolarmente all'Académie des Sciences di Parigi e a L. Pasteur (Sulla malattia dei bachi da seta, lettera del prof. E. Cornalia al signor L. Pasteur, Milano 1869).
Il contributo del C. allo studio della patogenesi della pebrina consiste solo nell'aver stabilito una relazione certa tra la malattia e le spore di Nosema bombycis (che egli chiamò corpuscoli e che Pasteur battezzò "corpuscoli del Cornalia"), ai quali non attribuì un'origine parassitica considerandoli piuttosto come degenerazioni dei globuli di grasso o di altri tessuti, e come effetto più che causa della malattia. Questi studi, assieme a quelli dedicati alla coltura di Morus alba, e ad altri insetti di interesse agricolo e industriale (Lytta vesicatoria, ecc.) e alla fillossera della vite, influirono sulla politica agricola del Regno. Il C. fu infatti spesso consultato, fra le altre istituzioni, dai ministeri dell'Agricoltura e della Pubblica Istruzione e fu membro nel 1880 della commissione per lo studio della fillossera.
Morì a Milano l'8 giugno 1882.
Il suo interesse per la geologia non venne mai meno e, oltre ai numerosi studi ad essa dedicati, fu socio fondatore e presidente, per ventiquattro anni, della Società geologica, divenuta poi Società italiana di scienze naturali, promossa a Milano da A. Robiati; socio dal 1853dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, ne fu vicepresidente (1873-1875 e 1877-1879) e presidente (1875-1877 e 1879-1881), dal 1875fu anche socio nazionale dell'Accademia dei Lincei. Viaggiò molto in Europa e, nell'inverno 1873-74, compì un viaggio di studio in Egitto e in Medio Oriente.
La bibliografia completa dei centosessantadue scritti del C. trovasi in appendice a L. Maggi, Commemorazione del prof. E. C., in Rend. dell'Ist. lombardo di scienze e lettere, XVII (1884), pp. 42-55, 106-155.
Bibl.: Necrol. in Atti dell'Acc. delle scienze di Torino, XVIII (1882-83), pp. 741-746; V. E. Trevisan, E. C., Milano 1882; C.Studiati, Rapporto sull'opera di E. C. intitolata "Memoria [sic] del Bombice del gelso", in Atti dell'Acc. dei georgofili, IV (1857), pp. 118-143;A. Villa, Sulla monografia del Bombice del gelso del dottor E. C., Milano 1857; F. Haberlandt-E. Verson, Studi sui corpuscoli di Cornalia, Rovereto 1870; M. Lessona, Naturalisti ital., Roma 1884, pp. 231-238.