DANDOLO, Emilio
Nato a Varese il 4 apr. 1830 dal conte Tullio e da Giulietta Bargnani, dopo esser stato tre anni, fino al 1843, nel collegio di Monza diretto dal barnabita p. Piantoni, insieme col fratello Enrico frequentò con profitto le scuole ginnasiali di Brera, legandosi di stretta amicizia con E. Morosini, L. Manara ed altri giovani che con lui partecipavano agli entusiasmi patriottici.
Così ricorda il D. stesso la situazione politica di Milano verso la fine del '47, il fervore dei giovani, l'attesa di grandi eventi: "Le lezioni scolastiche erano trascurate fino dai più diligenti; i pazzi discorsi, le ardenti speranze assorbivano la nostra mente esaltata. Riunitici in piccole brigate, noi passavamo le ore apprendendo i militari esercizi: la notte ci trovava raccolti in qualche remota cameretta a fonder palle e preparare cartuccie. Ogni nostro cortile, ogni giardino racchiudeva nelle mal dissimulate fosse casse d'armi e di munizioni" (I volontari ed i bersaglieri lombardi. Annotazioni storiche, Milano 1860, 2 ed., p. 3). Da molti compagni riconosciuto come capo, il D. partecipò alle collette a scopo benefico, alle dimostrazioni, ai preparativi della sommossa, poco curandosi delle esortazioni alla prudenza che gli venivano dal padre, specie dopo la proclamazione dello stato d'assedio.
Dall'inizio della rivoluzione milanese fece parte col fratello del drappello di studenti guidato da A. Anfossi e da L. Manara, lottando a Porta Nuova e negli scontri più importanti per poi combattere, subito dopo la liberazione, nelle file della colonna Manara, del quale divenne secondo aiutante. Con la colonna liberò Crema, Brescia e Salò, giungendo al lago di Garda; proseguì poi la campagna verso il Trentino nelle file del corpo d'osservazione del Tirolo (guidato prima da M. N. Allemandi e poi da G. Durando), cui apparteneva anche il riorganizzato battaglione Manara, dislocato dapprima a Montesuello e poi a Idro.
Di questi mesi di fazioni militari e di sacrifici, di sconforto e di fiducia, così il D., dall'11 giugno sottotenente alfiere del battaglione, verso la fine di luglio scriveva al padre: "Io vedo l'avvenire così scuro, io prevedo tanto sangue e tante lagrime da spargersi, prima di meritare la libertà che non posso essere allegro e neppure sereno confortatore d'altrui. Che vuoi? Soffriamo, sperando in Dio che non abbandonerà la santissima causa. Io mi distraggo colle occupazioni, colla speranza e il desiderio dei pericoli e della gloria... Verrà giorno, io lo spero in Dio, in cui riuniti tutti, celebreremo lietamente la gloriosa fine della nostra servitù" (in Capasso, Dandolo, Morosini, Manara..., pp. 93 s.).
Alla conclusione della guerra, nella quale il battaglione fu impegnato in combattimenti di retroguardia (a Carzago-Lonate) per coprire Brescia, poi nella ritirata della divisione lombarda verso Bergamo, Monza e il Ticino, il D. seguì le vicende del battaglione Manara in Piemonte: scioglimento, ricostituzione in accordo col governo piemontese, esercitazioni militari nei pressi di Alessandria.
Ufficiale della 4ª compagnia, il D. non riusciva a calmare la inquietudine né a tacere il desiderio di riprendere la lotta: "Noi qui secondo il solito non stiamo male, ma vi assicuro che tutti i giorni cresce quello stato di inquietudine e di svogliatezza portato dal non saper mai nulla di positivo sui fatti nostri, e del nostro povero paese .... I soldati sono frementi e noi vi assicuro che non ne possiamo proprio più. Basta poi verrà questo benedetto ordine di marciare. Oh allora sì che sarà una gioia per tutti! E verrà presto perché tutti pare che siano d'accordo nel far subito la guerra... . Intanto noi se non altro approfittiamo del tempo studiando, facendo esercizi, ed istruendo i soldati, i quali speriamo si faranno onore, e ne faranno a noi. È un gran piacere vi assicuro aver a che fare con dei soldati disciplinati e vogliosi di battersi come sono questi. Vedrete che dei Bersaglieri Lombardi si parlerà, ma basta che non ci lascino qui a languire per un pezzo..." (in Capasso, Dandolo, Morosini, Manara..., pp. 154 s.).
Durante la breve campagna del '49, nelle file del battaglione Manara, inquadrato nella divisione lombarda comandata dal gen. G. Ramorino, il D. partecipò il 20 marzo al combattimento della Cava guidando l'avanguardia sull'alto Gravellona; dopo la sconfitta di Novara, seguì le sorti del battaglione che, in vista dello scioglimento della divisione lombarda, passò alla fine di aprile dalla Liguria allo Stato pontificio, sbarcando a Porto d'Anzio, per continuare a lottare per la libertà d'Italia. Promosso tenente, dal 30 aprile partecipò ai combattimenti per la difesa della Repubblica romana, lottando contro i Napoletani a Velletri e contro i Francesi a Roma, guidando il 3 giugno per ordine di Garibaldi un drappello di una ventina di uomini in un disperato assalto a Villa Corsini e rimanendovi ferito, mentre veniva colpito a morte il fratello Enrico.
Prese poi parte alle ultime fasi della difesa di Roma, a Villa Spada, dove assistette alla morte di L. Manara, preoccupandosi infine del trasporto in patria delle salme del fratello e degli amici Morosini e Manara.
Ottenute le dimissioni dal servizio il giorno medesimo in cui l'Assemblea romana deliberò la cessazione di ogni ulteriore difesa (1° luglio), qualche giorno dopo s'imbarcò a Civitavecchia per Genova. Qui, atteso dal padre Tullio e dalla di lui seconda moglie Ermellina Maselli, non fu autorizzato a scendere, sicché dovette sbarcare a Marsiglia, e per Ginevra e il Canton Ticino raggiungere Vezia presso Lugano verso la metà del mese, dove, ai primi di settembre, giunsero e furono tumulate le salme del fratello e del Morosini. Spinto dal desiderio di onorare i compagni caduti e i superstiti, e senza entrar nel vivo del dibattito politico tra moderati e democratici, si mise a scrivere un volume di memorie sulle vicende eroiche dei bersaglieri lombardi (I volontari e i bersaglieri lombardi, Torino 1849 [1850]; trad. inglese, London 1851, con pref. di G. Capponi).
Aureo libretto, secondo il Croce, il volume si inserisce nella memorialistica del Risorgimento, più che nella storiografia o nella pubblicistica, per la schiettezza della narrazione, il taglio dei dialoghi e dei ritratti, la freschezza delle immagini, non senza critiche verso le autorità di governo in Lombardia e Piemonte, o verso l'operato del Mazzini durante la Repubblica romana. Lodato dal Pellico per il candore e l'onestà, dal Capponi per il senno, i moderati pensieri e lo spirito religioso, venne definito dal Tommaseo "libro, che, se lo stile ci fosse, sarebbe opera d'antica bellezza e bontà" (Mazzoni, pp. 1231 s.), e dal Capasso (Dandolo, Morosini, Manara..., p. 266) libro pervaso di "accenti tenerissimi e forme e colori vivissimi per descrivere gli episodi principali e la tragica fine dei suoi". Secondo il Pieri (Storia militare del Risorgimento..., p. 846) "è dimostrato come il Dandolo ritenesse opportuno, anzi necessario, immettere le schiere volontarie nell'esercito regolare, sia facendone nuovi reparti, sia ingrossando quelli esistenti".
Nel successivo decennio, non riuscendo a riprendere il posto di ufficiale nell'esercito piemontese o a iniziare una qualche carriera nell'amministrazione sarda, il D. attese ad accrescere la propria cultura, ma non in vista dell'esercizio di una libera professione, volgendosi invece alle pratiche agricole, all'amministrazione del patrimonio, alle meditazioni ed ai viaggi che tuttavia non lo aiutarono a vincere lo sconforto per le passate sventure (ed una recente delusione amorosa per Peppina Morosini). Di un lungo viaggio in Oriente, compiuto insieme con l'amico marchese L. Trotti (ottobre 1850-agosto 1851), pubblicò una relazione assai apprezzata (Viaggio in Egitto, nel Sudan, Siria e in Palestina, Milano 1854). Essendogli stato concesso dal governo nel '55, in occasione della guerra di Crimea, di essere addetto al quartier generale sardo come sottotenente dei bersaglieri, non attese l'imbarco del corpo di spedizione e ai primi di aprile era già dinanzi a Sebastopoli nel quartier generale francese. Le autorità austriache, valutando il significato "patriottico" della presenza del D. in Crimea, col pretesto che il passaporto gli era stato concesso per un viaggio di svago e non per partecipare alla guerra arruolato in un esercito straniero, gli ingiunsero di rientrare in Lombardia, pena la perdita della cittadinanza, l'espulsione dallo Stato e il sequestro dei beni. Tornato a Milano nel maggio del medesimo anno, fu sottoposto a sorveglianza (e venne relegato nella sua villa di Adro vicino Brescia alla fine del '56, mentre l'imperatore visitava Milano). Nonostante l'aggravarsi della tisi che lo minava, continuava nel lavoro segreto, insieme con Giulini e altri esponenti della nobiltà e borghesia lombarda, per promuovere l'agitazione e la propaganda nel Lombardo-Veneto secondo l'orientamento liberale impresso dal Cavour in Piemonte. Consumato dalla tisi, si spense a Milano il 20 febbr. 1859, assistito dai genitori e da amici e compagni d'armi.
I funerali diedero luogo ad una grandiosa manifestazione patriottica, con una folla enorme di fronte alla quale fu impotente la polizia, e inutile lo schieramento delle truppe al cimitero. Qui espressero il loro dolore di amici e di italiani il conte G. Bargnani e A. Allievi, che volle citare le ultime parole dello stesso D.: "Desidero e spero di spendere la vita al servizio della patria e di morire per lei, a cui ho consacrato da vari anni tutti i miei affetti e la mia esistenza". A Milano effetti immediati dei funerali furono perquisizioni, arresti e dimostrazioni patriottiche dinanzi al teatro alla Scala il 23 febbraio, mentre anche a Torino si tenevano solenni esequie in memoria del D., alla presenza di esponenti dell'emigrazione italiana, e venivano ricordate nei giornali la sua figura e la sua opera.
Fonti e Bibl.: Milano, Museo del Risorg., Carte Manara (concernenti le vicende del battaglione dei bersaglieri lombardi durante la prima campagna d'indipendenza: cfr. Il 1848. Fonti bibliogr. e documentarie esistenti presso l'istituto, Milano 1948, p. 204); Roma, Museo centrale del Risorgimento, lettere a G. Massari e A. Fava; Forlì, Bibl. civica, Raccolte Piancastelli, quattro lettere e due documenti del D.; Brescia, Bibl. Queriniana, una lettera del D. a Ferrario. Lettere del D. e al D. sono nei volumi di T. Dandolo, G. Capasso, A. Ottolini sotto citati; cfr. anche G. Cavour, Lettere edite ed ined. raccolte ed illustrate da L. Chiala, Torino 1886, V, pp. 352 s.; C. Cattaneo, Opere, a cura di L. Ambrosoli, Milano 1967, IV (Scritti dal 1848 al 1852), p. 125; V (Archivio triennale delle cose d'Italia), pp. 350, 1151, 1266, 1848 n., 1916 s., 1967, 2049, 2185, 2289; G. Visconti Venosta, Ricordi di gioventù. Cose vedute e sapute. 1847-1860, Milano 1904, pp. 363 s.; G. Castelli, Sulla tumulazione di E. D., Milano 1859; G. Carcano, E. D., Torino 1860; T. Dandolo, Lo spirito della imitazione di Gesù Cristo esposto e raccomandato da un padre ai suoi figli adolescenti (corrisp. di lettere famigliari). Ricordi biogr. dell'adolescenza d'Enrico e d'E. Dandolo, Milano 1862; V. Ottolini, La rivoluz. lombarda del 1848 e 1849, Milano 1867, p. 75; L. Torelli, Ricordi intorno alle Cinque giornate di Milano, Milano 1876; I. Lana, E. D. e la funebre corona tricolore, Milano 1884; R. Bonfadini, Mezzo secolo di patriottismo, Milano 1887, p. 342; R. Barbiera, Il salotto della contessa Maffei e la società milanese (1834-1886), Milano 1895, pp. 157, 206, 211, 220-23; E. Loevinson, G. Garibaldi e la sua Legione nello Stato romano. 1848-49, Roma-Milano 1902, I, pp. 224-28; G. Visconti Venosta, Ricordi di gioventù..., Milano 1904, pp. 76, 99, 190, 360, 363 s., 366 s., 407-39, 458 ss., 470-74, 481; C. Pagani, Uomini e cose in Milano dal marzo all'agosto 1848, Milano 1906, passim; F. Glisenti, La contessa Ermellina Dandolo, Brescia 1909, p. 12; A. Labadini, Milano ed alcuni momenti del Risorg. italiano. Frammenti di cronaca, Milano 1909, pp. 117 s.; M. G. Trevelyan, Garibaldi e la difesa della Repubblica Romana, Bologna 1909, pp. 204 s., 250, 252; C. Pagani, Milano e la Lombardia nel 1859, Milano 1909, cap. I; E. Verga, Storia della vita milanese, Milano 1909, p. 260; G. Capasso, Dandolo, Morosini, Manara e il primo battaglione dei bersaglieri lombardi nel 1848-49, Milano 1914; Id., E. D. e la guerra di Crimea, in Riv. d'Italia, XIX (1916), 1, pp. 423-50; A. Ottolini, Gli ultimi anni di E. D., in Rass. stor. del Risorg., IV (1917), pp. 175-92; Il Risorg. ital. in un carteggio di patrioti lombardi, a cura di A. Malvezzi, Milano 1924, pp. 452, 484, 529; B. Croce, Storia della storiografia ital. nel secolo decimonono, Bari 1921, II, pp. 101 s.; M. Provana di Collegno, Diario politico (1852-1856), a cura di A. Malvezzi, Milano 1926, p. 224; B. Barbieri, I Dandolo nella storia del Risorgimento e nelle opere di beneficenza, Brescia 1926; C. Castiglioni, Gaysruck e Romilli, arcivescovi di Milano, Milano 1938, pp. 214 ss.; A. Monti, Una passione romantica dell'Ottocento. C. Maffei e C. Tenca, Milano 1940, ad Ind.; Id., Quarantotto romantico ed eroico: Manara, Dandolo, Morosini, Firenze 1948; Id., Il 1848 e le Cinque giornate di Milano. Dalle memorie ined. dei combattenti sulle barricate, Milano 1948, pp. VIII, 58 s., 107, 224; 1848. Le Cinque giornate di Milano nei ricordi di C. Bassi, C. Cattaneo, Emilio Dandolo, C. Mascheroni, V. Ottolini, L. Torelli, G. Visconti Venosta, Milano 1948; L. Ambrosoli, Guerra di popolo e guerra regia nel 1848-49 nelle memorie di Emilio Dandolo, in Humanitas, III (1948), 9, pp. 876-87; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1949, pp. 1231 s.; L. Bufferetti, La storiografia ital. dal romanticismo a oggi, Milano 1957, p. 62;L. Marchetti, Il decennio di resistenza. 1848-1859, in Storia di Milano, Milano 1960, pp. 37, 117, 177 ss.; F. Curato, L'insurrezione e la guerra del 1848, ibid., p. 361 (a p. 358 è riprodotto un ritratto del D.); I. Lana, Agli albori del '59. I funerali di E. D. a Milano e ad Adro…, in Miscell. di studi e docc. inediti per la storia del Risorg. a Brescia, Brescia 1959, I-II, pp. 5-14; Antol. di scrittori garibaldini, a cura di G. Mariani, Bologna 1960, pp. 240-56; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento. Guerre e insurrezioni, Torino 1962, pp. 192, 840, 846; La insurrezione milanese del marzo 1848. Memorie di C. Correnti, P. Maestri, A. Guerrieri Gonzaga, C. Clerici, A. Bertani, A. Fossati, a cura di L. Ambrosoli, Milano-Napoli 1969, pp. XII, XIII; R. Giusti, Ideologia politica e spirito volontaristico negli scritti e nell'azione di E. D. (1830-1859), in G. C. Abba e la memorialistica garibaldina, in Ateneo di Brescia, 1980, pp. 71-96.