Fernandez, Emilio
Fernández, Emilio (propr. Fernández Romo, Emilio)
Regista e attore cinematografico messicano, nato a El Hondo (Coahuila) il 26 marzo 1904 e morto a Città di Messico il 6 agosto 1986. Figura leggendaria del cinema messicano, anche a causa della sua caratteristica fisionomia si guadagnò il soprannome di 'El indio'. Esordì nella regia nella prima metà degli anni Quaranta, creando un potente stile figurativo che esalta il paesaggio primitivo e le radici culturali indigene del suo Paese. Raggiunse il successo con Flor silvestre (1943; Messico insanguinato), affermandosi come uno dei creatori di quella che si ritiene l'età d'oro del cinema messicano. In questo, come in tutti i suoi film migliori, un ruolo essenziale fu svolto dal direttore della fotografia Gabriel Figueroa, dal soggettista Mauricio Magdaleno e da un gruppo abbastanza ristretto di interpreti, in cui spiccano i nomi di Pedro Armendáriz, Dolores del Río, María Félix e Columba Domínguez. Nel 1946 vinse la Palma d'oro ex aequo al Festival di Cannes con María Candelaria (1943; La vergine indiana) e un anno dopo il film La perla (1945) ottenne quattro premi alla Mostra del cinema di Venezia.
Figlio di un messicano e di un'indiana kikapù, univa nel suo carattere la dolcezza indigena e la violenza tipica dei messicani. Sempre armato, donnaiolo e attaccabrighe, contribuì egli stesso, con interviste e racconti non del tutto attendibili, ad avvolgere la sua vicenda biografica in un alone di leggenda. All'età di dieci anni si trovò coinvolto nella rivoluzione messicana, in cui morì suo padre; circostanza, questa, che non gli impedì di ricordare la sua infanzia come la stagione più felice e più bella, giacché ‒ come ebbe modo di dire in un'intervista ‒ gli aveva dato tutto ciò che un bambino poteva desiderare: una pistola, un cavallo e un campo di battaglia. Dopo la sconfitta del movimento che faceva capo ad A. de la Huerta, nel 1924, finì per la prima volta in carcere. Evaso in maniera rocambolesca, si ritrovò a Los Angeles, dove si guadagnò da vivere nei modi più diversi prima di iniziare a lavorare a Hollywood come comparsa, in film di ambientazione messicana, spesso nel ruolo dell'indio. Amico di Ramón Novarro e Dolores del Río, nel 1932 assistette alla proiezione del materia-le che Sergej M. Ejzenštejn aveva girato, con Eduard K. Tissé, per ¡Qué viva México! e rimase affascinato da quelle immagini, dalla forza irresistibile e dalla vivida intensità delle riprese, e soprattutto dal modo completamente nuovo in cui il suo Paese era stato ripreso.
L'amnistia del 1933, con cui il governo messicano cancellò i reati politici legati alla rivoluzione, consentì a F. di ritornare in patria nel 1934. Come in tutta l'America Latina, la crisi del cinema spagnolo, causata dalla guerra civile che aveva sconvolto il Paese, aveva aperto le porte alla produzione nazionale, che viveva un periodo di splendore. Dopo un timido inizio come attore non protagonista, F. conquistò il ruolo principale in Janitzio (1934) di Carlos Navarro e in Adiós Nicanor (1937) di Rafael E. Portas; esordì quindi nella regia (1941) con La isla de la pasión, cui seguì Soy puro mexicano (1942), ma fu solo un anno dopo, con Flor silvestre, che impose la propria personalità di regista, gettando al tempo stesso le basi di un cinema messicano con una forte identità nazionale. In questo film, che segnò l'inizio del rapporto con quelli che sarebbero stati i suoi principali collaboratori (Figueroa, Magdaleno e gli attori Dolores del Río e Pedro Armendáriz), emergono infatti i caratteri distintivi di uno stile nuovo, lontano dal naturalismo e dal realismo sociale e attento a tutto ciò che è indigeno e autoctono: il paesaggio con i suoi violenti contrasti (soprattutto il cielo, fotografato da Figueroa con alto senso figurativo) e i personaggi, in particolare quelli femminili, vittime innocenti di passioni altrettanto violente. Tra il 1944 e il 1948 girò i suoi film migliori: Las abandonadas (1944; Abbandonata); Bugambilla (1944; Amore maledetto); La perla, dal racconto di J. Steinbeck, che F. arricchì con una vivida descrizione delle primitive condizioni di vita di una famiglia di pescatori, sconvolta dal ritrovamento di una perla gigantesca; María Candelaria, melodramma di ambientazione rurale, incentrato sulla tragica vicenda di una giovane ragazza condannata alla lapidazione dai pregiudizi del villaggio; Enamorada (1946), altra storia passionale, ambientata negli anni della rivoluzione messicana e interpretata da María Félix, che avrebbe recitato anche in Río Escondido (1947; Il mostro di Rio Escondido) e in Maclovia (1948; Feudalesimo messicano). Salón México (Salon Mexico) e Pueblerina (Dimenticati da Dio), entrambi del 1948, sono i suoi ultimi grandi film. In quegli anni collaborò anche, come produttore associato, al film The fugitive (1947; La croce di fuoco) di John Ford, girato in Messico, con Henry Fonda nel ruolo del protagonista.
Agli inizi degli anni Cinquanta, quando era all'apice del prestigio internazionale e nazionale, la sua carriera cominciò un lento e irreversibile declino. In quegli anni condusse infatti una vita leggendaria, rinchiuso in un'enorme casa, a Coyoacán (Distretto Federale), trasformata in un museo della propria storia. Nel 1977 uccise un giovane durante una lite e finì di nuovo in carcere, per uscirne ancora una volta dopo breve tempo. Riuscì a dirigere nel 1978 un ultimo, trascurabile film, ma al contempo poté assistere alla rivalutazione della sua opera all'estero, con omaggi e retrospettive, prima di morire nella sua casa di Città di Messico.
C. Fernández Cuenca, Homenaje a Emilio Fernández, XI Festival Internacional de Cine de San Sebastián, 1961.
J. de la Colina, Homenaje a Emilio Indio Fernández, Festival Iberoamericano de Huelva, 1984.
A. Fernández, El indio Fernández: vida y mito, México 1986.
P.I. Taibo, 'Indio' Fernández: el cine por mis pistolas, México 1986.
E. García Riera, Emilio Fernández 1904-1986, México 1987.
J. Tuñon, En su proprio espejo: entrevista con Emilio 'El indio' Fernández, Iztapalapa 1988.