Ghione, Emilio
Regista, attore, soggettista e produttore cinematografico, nato a Torino il 30 luglio 1879 e morto a Roma il 7 gennaio 1930. Fu una delle più significative personalità del cinema muto italiano: il suo nome è rimasto legato soprattutto al celebre personaggio di Za la Mort (nel gergo della malavita 'viva la morte'), il temibile e romantico difensore dei deboli protagonista di tanti film d'azione. Come attore G. introdusse un tipo nuovo di recitazione, interamente affidato all'espressività nervosa del corpo smagrito e all'eloquenza del volto scavato. La sua attività registica è stata invece oggetto di valutazioni controverse, ora interpretata come espressione di un certo realismo sociale, ora ascritta all'orizzonte di un cinema di genere, aperto al fantastico e all'immaginario.
Figlio di un pittore di discrete qualità, iniziò egli stesso come pittore e miniaturista. Debuttò nel cinema a Torino nel 1909, presso l'Aquila Film, ricoprendo ruoli di cascatore. Dopo un breve passaggio all'Itala Film, la casa di produzione torinese di Giovanni Pastrone, continuò la sua attività alla Cines di Roma, dove nel 1911 ebbe la sua prima parte rilevante (quella di San Francesco) in Il poverello d'Assisi diretto da Enrico Guazzoni. Presso la casa di produzione romana Celio Film, fondata nel 1912, e successivamente presso la Caesar Film (sempre di Roma), interpretò alcuni lavori diretti da Baldassarre Negroni, a fianco di Alberto Collo e Francesca Bertini (interessante la sua interpretazione di Pochinet in Histoire d'un Pierrot, 1914). Idolo infranto (1913) fu la sua prima regia. Nel successivo Nelly la gigolette (1914) G. introdusse per la prima volta il personaggio di Za la Mort, protagonista in evoluzione (da ladro violento a vendicatore degli oppressi) di alcuni riusciti film seriali, come Il triangolo giallo (1917), in cui compare anche la partner dell'eroe, Za la Vie, interpretata da Kally Sambucini, o come I topi grigi (1918), prodotti dalla Tiber-Film di Roma. Il successo rese G. progressivamente prigioniero del suo personaggio. Dopo un breve ritorno all'Itala, fondò nel 1920 una casa di produzione, la Ghione Film, dalla breve esistenza (avrebbe chiuso nel 1925), lavorando successivamente anche alla Fert Film, all'Alba Film, alla De Giglio Film. Ma in seguito al tracollo dell'UCI (Unione Cinematografica Italiana) e alla grave crisi che aveva investito il cinema in Italia, nel 1923 G. si trasferì in Germania, dove ripropose il personaggio ormai logoro di Za la Mort. Ritornato in patria, offrì ancora alcune interpretazioni significative (il principe di Santafé in La cavalcata ardente, 1925, diretto da Carmine Gallone), ma gli ultimi anni furono segnati dal declino (nel 1927 fu addirittura aperta, dal giornale milanese "Il torchio", una sottoscrizione in suo favore). Si dedicò al teatro, ma con esiti poco felici. Dopo un soggiorno a Parigi, ormai ridotto all'indigenza, fece ritorno in Italia, gravemente malato. G. scrisse un'autobiografia romanzata, che venne pubblicata a puntate su "Il popolo" di Roma, due romanzi (Za la Mort, 1928; L'ombra di Za la Mort, 1929, 1973²) e il saggio Le cinéma en Italie (in L'art cinématographique, 7° vol., 1930), che costituisce, sia pure con molti errori, uno dei primi tentativi di ricostruzione storica del cinema muto italiano.
F. Soro, Splendore e decadenza di Za la Mort, in "Cinema", 1938, 7, pp. 22 e segg.
G.P. Brunetta, S'aggira ancora Za la Mort, in "Cinegrafie", 1995, 8, pp. 126-31.
M. Dall'Asta, La vamp e l'apache, "Cinegrafie", 1995, 8, pp. 132-39.
A. Costa, Autobiografia come ritratto d'artista, in Prima dell'autore, a cura di A. Franceschetti, L. Quaresima, Udine 1997.
C. Campanelli, Ghione, Emilio, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 53° vol., Roma 1999, ad vocem.