GIAMPIETRO, Emilio
Nacque a Napoli il 17 ag. 1849 da Ferdinando, piccolo imprenditore pastario, e da Mariannina Sciorilli, originaria di Tornareccio (Chieti), località della quale il fratello del G., Alfredo, fu sindaco dal 1870 al 1880. Volontario garibaldino, insieme con F. Cavallotti, al quale si legò di affettuosa amicizia, si distinse nello scontro di Mentana (3 nov. 1867) contro le truppe franco-pontificie. Abbandonato l'intransigentismo repubblicano per divenire "democratico fattivo" - come si definì nel suo Ricordi e riforme -, con il radicalizzarsi della lotta politica si dedicò all'attività giornalistica, raccogliendo l'invito rivolto da G. Garibaldi ai seguaci. Nel 1875, insieme con G. Bovio, F. Paternostro e altri, fondò a Napoli il giornale democratico La Spira, divenendone direttore, e si adoperò, l'anno successivo, nella raccolta dei fondi necessari alla fondazione della Lega della democrazia, il battagliero quotidiano ispirato da A. Mario, organo dell'omonima associazione voluta dal Garibaldi. Quando Bovio, nel 1877-78, volle dare a La Spira un indirizzo più marcatamente repubblicano, il G., non condividendo la svolta, cedette la direzione a F. Colacito.
Convinto assertore del progetto politico dei radicali mirante a democratizzare la monarchia, fu fra i principali sostenitori dell'elezione al Parlamento del Cavallotti (1873), intravvedendo nell'azione politica dell'amico "l'anima e la forza" dell'Estrema Sinistra. Attento studioso dei fenomeni economici e particolarmente versato negli affari, il G. si era intanto affermato come intraprendente industriale e abile finanziere, tanto da ricoprire prestigiose cariche sociali in alcuni importanti istituti economici napoletani.
L'indiscussa perizia tecnica gli valse, alla fine degli anni Settanta, un notevole successo personale nelle dispute che opposero la Camera di commercio, della quale era vicepresidente, al Banco di Napoli, sulle modalità di formazione della commissione di sconto e del consiglio generale dell'istituto di credito. Un suo rapporto del dicembre 1882 al ministro dell'Agricoltura D. Berti, ebbe tuttavia l'effetto di comporre il dissidio tra i due istituti, tanto che il G. entrò a far parte del consiglio d'amministrazione del Banco, e uguale carica ricoprì in altri istituti di credito cittadini, come la Banca popolare di Napoli e il Credito operaio.
Di fronte al mutamento della strategia economica in atto in quegli anni, volta a promuovere la prima espansione industriale in Italia, il G. intervenne sia nel dibattito sull'abolizione del corso forzoso, assumendo rispetto alla linea adottata dal governo una posizione più cauta intesa a tutelare gli interessi del Mezzogiorno, sia nella politica di intervento statale a sostegno di alcuni settori industriali ritenuti di importanza nazionale, come quello della marina mercantile.
In un suo scritto diretto al sen. F. Brioschi, presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare sulla marina mercantile, il G., consapevole del peso che la ripresa della cantieristica avrebbe avuto sullo sviluppo generale dell'economia italiana, osservò che nel secolo dell'elettricità e del vapore non era più pensabile costruire navi a vela e che senza una forte marina mercantile non si poteva puntare alla trasformazione economica italiana. Le miniere di ferro e carbone esistenti in Italia consentivano del resto l'allestimento di una moderna e potente flotta mercantile a vapore in ferro, la cui realizzazione esigeva, per i costi più elevati di costruzione e di esercizio, l'intervento dello Stato mediante opportuni provvedimenti.
Nel 1880, il G. si trasferì, su invito di G. Nicotera, a Salerno. La sua molteplice attività commerciale, i legami affaristici con il mondo politico-amministrativo locale e la posizione di rilievo subito assunta nell'entourage nicoterino gli spianarono la via alla politica. Nello stesso anno, infatti, si candidò alle elezioni generali nel collegio di Campagna, ma fu sconfitto per pochi voti di scarto dal liberale C. Bonavoglia. Alle successive consultazioni del 29 ott. 1882 fu eletto nel collegio di Campagna con 2482 voti, collocandosi al terzo posto dopo F. Alario e F. Spirito, famoso penalista, seguace di F. Crispi e acerrimo avversario del Nicotera. La sua elezione confermò l'egemonia politica del gruppo nicoterino nel Salernitano; tuttavia l'elezione fu annullata dopo lunghe indagini condotte da un comitato inquirente che trasmise gli atti alla Camera dei deputati, la quale a sua volta li inviò all'autorità giudiziaria, per verificare la fondatezza delle frodi elettorali. Nonostante la condanna per corruzione emessa a carico suo e di altri politici locali dalla corte di appello di Salerno, il G. fu rieletto nel maggio 1886, con 3883 voti, nello stesso collegio di Campagna. Nelle riunioni assembleari ebbe modo di manifestare le sue capacità di fine mediatore politico e il suo spessore di studioso di economia. I suoi interventi sul bilancio dello Stato, sulle attività produttive, sulla circolazione monetaria, sul sistema tributario e sulla finanza pubblica furono apprezzati anche dagli avversari politici per l'equilibrio e il rigore scientifico.
Nel corso dei lavori preparatori alle elezioni politiche del 1890, alle quali i radicali attribuivano importanza decisiva per la realizzazione del programma del Patto di Roma e per creare i presupposti della formazione di un nuovo governo presieduto da A. Starabba di Rudinì o da G. Zanardelli, il G. si distinse per l'attivismo nel procacciare i fondi necessari alla campagna elettorale del partito, tanto da essere definito nell'ambiente parlamentare "il finanziere dell'Estrema Sinistra". In realtà, dall'esito delle elezioni derivava non solo la verifica, a livello nazionale, del programma radicale, quanto soprattutto - come è stato osservato - con la sua riconferma alla Camera, "tutta la strategia politica del radicalismo governativo meridionale", del quale il G. - entrato nel frattempo, con F. Cavallotti, L. Ferrari, N. Colajanni ed E. Pantano, nel consiglio direttivo del giornale La Capitale, fondato a Roma da R. Sonzogno - aveva assunto la leadership.
Le elezioni politiche si svolsero il 23 nov. 1890 in un clima che a Salerno fu particolarmente infuocato, dopo una campagna elettorale molto accesa, nella quale si riversarono rancori personali e faide municipali e in cui la competizione divenne il banco di prova dello scontro tra il vecchio notabilato della borghesia agraria e delle professioni e quello emergente del "ministerialismo" nicoterino.
Dalle colonne del periodico La Provincia, fondato e diretto da P. Naddeo, si scatenò contro il G. una violenta campagna diffamatoria che lo accusò di aver tessuto una fitta trama di legami politici e di affari con taluni esponenti del potere amministrativo napoletano (A. Aniello Casale), di essere implicato in un giro di cambiali protestate e di aver fatto assegnare, corrompendo funzionari dell'amministrazione provinciale di Napoli, l'appalto per la costruzione del tronco ferroviario Napoli-Cancello alla società di cui era titolare insieme con A. Crocco. Benché le accuse mossegli avessero un evidente carattere strumentale, teso ad arrestare la sua ascesa politica e ad assestare un duro colpo al blocco di potere nicoterino, pare che esse avessero fondamento e che effettivamente il G. fosse al centro di intrighi affaristici e collusioni clientelari (R. De Zerbi, P. Billi). Ma il dominante clima politico e il carattere conservatore del ceto dirigente, della borghesia e in particolare della magistratura salernitana, che si mostrò indifferente a perseguire le manifestazioni del dilagante malcostume politico perché timorosa delle conseguenze di un processo che avrebbe messo sotto accusa larga parte della deputazione parlamentare campana, fecero calare un velo di silenzio su quella vicenda: il G., infatti, fu ugualmente eletto deputato nel collegio di Campagna con oltre 4000 voti.
Apertasi la crisi del governo Crispi (gennaio 1891), il G. svolse ancora una volta un delicato ruolo di mediazione nella formazione del ministero di Rudinì - Nicotera, riuscendo ad assicurare l'appoggio dell'Estrema Sinistra alla nuova compagine. Nel corso della XVII legislatura si distinse, inoltre, per la circostanziata relazione sullo sviluppo del traffico ferroviario e marittimo, nella quale criticò le alte tariffe ritenendole un forte ostacolo alla crescita del commercio nazionale e suggerì una profonda modifica dell'indirizzo economico-doganale. Nel discorso pronunziato alla Camera sui trattati di commercio (14 genn. 1892), il G. sottolineò, infatti, l'opportunità di trovare una via intermedia tra "la sconfinata libertà economica" e il protezionismo, scostandosi dalle posizioni degli economisti liberali (V. Pareto, M. Pantaleoni), che in quegli anni conducevano una tenace campagna contro il protezionismo e l'intervento dello Stato nell'economia.
Erano trascorsi appena due anni dalla denuncia del Naddeo quando il G., coinvolto nello scandalo della Banca romana, vide il suo nome inserito nell'elenco (redatto dal Comitato dei sette preposto alla revisione degli atti contabili per appurare l'esistenza di irregolarità nella gestione) dei debitori morosi o favoriti da quell'istituto, presso il quale aveva cambiali in sofferenza per 10.000 lire. L'eco del suo coinvolgimento nello scandalo ebbe riflessi negativi sui risultati delle elezioni dell'8 genn. 1893, nelle quali, ottenendo appena 1047 voti, fu sconfitto nel collegio di Montecorvino Rovella da B. Spirito, fratello del suo antico rivale; tuttavia, ebbe modo di rifarsi nella successiva competizione (21 marzo 1897), quando fu di nuovo eletto deputato nel collegio di Sala Consilina.
Nel quinquennio 1893-97 il G. si dedicò con maggiore cura alle sue numerose attività industriali. Nel 1895 cedette alla società Neuchâtel Asphalte di Londra le miniere di bitume e gli stabilimenti, siti a Lettomanoppello, a Manoppello e in altri comuni abruzzesi, di cui era proprietario insieme con D. Paparella. In quell'occasione, in un suo scritto rivolto ai componenti della giunta amministrativa di Chieti (Per la Neuchâtel Asphalte Company limited di Londra, Lanciano 1895), stigmatizzando le resistenze del Comune di Abbateggio nel rinnovo della concessione di sfruttamento delle miniere, sottolineò la necessità di una nuova legislazione mineraria, in grado di salvaguardare gli interessi dello scopritore e degli industriali che avevano investito cospicui capitali. L'attenzione ai problemi economici era anche al centro del volume L'Italia al bivio (Roma 1894), in cui il G. auspicò che il radicalismo svolgesse un ruolo propulsivo nel processo di trasformazione complessiva del paese.
Nel quadro del processo evolutivo del radicalismo italiano, apertosi in seguito alla tragica scomparsa del Cavallotti (1898) e affidato alla guida di E. Sacchi, che riuscì a imporre al partito un mutamento di rotta che lo portò su posizioni centriste disponibili per un esperimento ministeriale, il G. appoggiò le operazioni governative della nuova segreteria. Tuttavia, la morte del Nicotera (1894) e lo sfaldarsi del suo sistema clientelare avevano già imposto una battuta d'arresto alla sua carriera politica. Di conseguenza, per circa un quindicennio, il G. non fu più rieletto, nonostante vari tentativi. Nel 1903, pubblicò a Casalbordino il volume Ricordi e riforme, nel quale ripercorreva le tappe principali della sua avventura politica, soffermandosi in particolare sulle riforme di cui il paese aveva più urgente bisogno: riservando ai malanni del Mezzogiorno un'intera sezione del libro, il G. rimarcava la mancanza di iniziativa imprenditoriale, la carenza di capitali e di un moderno sistema di credito, l'esiguità delle scuole tecniche, in ciò scorgendo, con l'aggravante della corruzione amministrativa, le cause dell'arretratezza meridionale. Tra le proposte di ordine generale avanzate dal G. spiccavano l'istituzione di un'apposita commissione parlamentare sulla questione meridionale, la riforma della scuola finalizzata all'incremento degli istituti tecnici e professionali, un più deciso decentramento amministrativo con la formazione delle regioni che, spezzando il regime di monopolio esercitato dalle clientele provinciali, avrebbe giovato non solo al progresso economico, ma anche allo svecchiamento del corpo politico.
Nel 1913, quando già pareva che la sua carriera politica volgesse al tramonto, il G., ormai su piene posizioni ministeriali, ritornò alla Camera in seguito all'affermazione riportata nel collegio di Montecorvino Rovella a spese di B. Spirito, la cui caduta, oltre che dalla consunzione dell'antica influenza locale, fu accelerata dal processo di sostituzione del personale politico coordinato dalla prefettura salernitana. Le elezioni del 1919, con l'allargamento del diritto di voto e l'introduzione del sistema proporzionale, dovevano, però, segnare la fine politica del G., la cui lista di opposizione Unione democratica (con il gallo come simbolo) non ottenne alcun quoziente. In realtà, le elezioni del 1919 nel Salernitano, sebbene l'elettorato rimanesse sotto il controllo di potenti blocchi familiari organizzati nei nuovi schieramenti partitici, segnarono il ricambio di gruppi e di persone: un ricambio nel quale per un candidato di vecchio stampo come il G. non c'era più posto.
Morì a Pescara nel 1928.
Altri scritti del G.: Discorso pronunziato dinanzi la Commissione parlamentare d'inchiesta per la Marina mercantile, Napoli 1881; Rettifiche, scritti e discorsi, Rocca San Giovanni 1911.
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