PRAGA, Emilio
Poeta, nato a Gorla (Milano) il 26 dicembre 1839, morto a Milano il 26 dicembre 1875. Si educò sopra i romantici francesi, come in genere accadde a quella brigata lombarda cui egli appartenne, di arditi e talvolta temerarî rinnovatori, quali essi si stimavano assai più che non fossero veramente; ammirò Hugo, Musset, Baudelaire, Heine. La sua maniera sforzata, di lirico e di satirico, si avvicina a quella di G. Prati, ma con minor vena, originalità, e anche minore italianità linguistica e stilistica. Fu partecipe, nella poesia, all'impeto giovanile che produsse il primo Mefistofele di Arrigo Boito, cui egli fu legato d'affetto fraterno; e tentò pur nella pittura, non così felicemente come nella letteratura, d'esprimere i suoi intimi dissidî e l'aspirazione a forme modernissime. Purtroppo s'orientava spesso verso recenti modelli stranieri.
Nel 1861 pubblicò Tavolozza, versi, dove le derivazioni dal Baudelaire, dal Prati e da altri sono palesi; ma dove è altresì l'ode Il professore di greco che resta forse la sua cosa migliore: se le nuoce il sentimentalismo eccessivo della chiusa, il restante è vivo d'umorismo e d'osservazione arguta. Nel 1867 pubblicò Fiabe e leggende, che nel 1884 ricomparvero con figurine caratteristiche di Edoardo Calandra. Già quattro anni innanzi, nel preludio alla raccolta Penombre (ristampata nel 1890 come Penombre e trasparenze), aveva cantato: "Noi siamo i figli dei padri ammalati", e, nell'ansia di guarire da tal congenita lue, nella fiducia baldanzosa della salute fiorente, aveva dato ai compagni e a sé stesso il titolo nientemeno che di aquile al tempo in cui mutano le piume. Credeva egli, come credevano i suoi compagni, d'essere in tutto e per tutto i banditori della verità: oggi, apprezzando noi quanto nell'opera loro è di tocchi rapidi, suoni intensi, contrapposti ingegnosi, non riusciamo a intendere che fosse per costoro il tanto vantato Vero, e perché potessero a tal segno illudersi di essersene impadroniti e d'averlo espresso artisticamente. Del resto l'incertezza fondamentale dei criterî estetici nocque al P., così che l'indusse, da un lato, a imitare, nel racconto in martelliani I tre amanti di Bella, i poemetti byroniani del Musset, e, dall'altro, a tradurre, del pari in martelliani, Le Passant di Francesco Coppée. Tentò anche il racconto in prosa: le Memorie del Presbiterio, scene di provincia, che furono terminate da Roberto Sacchetti. Morto a poco più che trentacinque anni, non si può asserire ch'egli già avesse dato quanto potenzialmente era in lui d'ingegno e facoltà per l'arte; ma il tedio del vivere e la sregolatezza per liberarsi da quel tedio fan credere che anche in lui il fervore della gioventù avesse suscitato speranze eccessive e una fiducia soverchia nelle proprie forze di ribelle e di riformatore. V. anche scapigliatura.
Bibl.: P. G. Molmenti, Impressioni letterarie, Venezia 1873; A. Boccardi, Emilio Praga, Milano 1881; P. E. Guarnerio, Spigolature nella lirica contemporanea, Como 1885; C. Catanzaro, Cari estinti, Firenze 1890; G. Vertunni, Emilio Praga, Roma 1907; A. Canilli, L'opera poetica di Emilio Praga, Milano 1907; B. Pinchetti, La lirica italiana dal Carducci al D'Annunzio, Bologna 1928; P. Nardi, Scapigliatura, Bologna 1924; B. Croce, La letteratura della nuova Italia, I, 3ª ed., Bari 1929, p. 239 segg.; G. Mazzoni, L'Ottocento, 2ª ed., Milano 1934.