PRANDONI, Emilio
PRANDONI, Emilio. – Nacque a Milano il 24 gennaio 1881, da Cesare – noto banchiere titolare dell’omonima ditta bancaria A. e C. Prandoni – e da Ida Casartelli, comasca.
Cesare fu tra i promotori, nel 1907, del Credito cremonese (dal 1909 Credito commerciale), uno dei tanti esempi registrabili, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, di azione comune tra banchieri privati e imprenditori di altro settore, per dar corso ad azioni sinergiche con l’istituzione di strutture bancarie operanti in modo sistemico. La ditta Prandoni, peraltro, aveva già in corso una stretta e simbiotica collaborazione con la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, serbatoio di liquidità e istituto di riferimento di gran parte del mondo del credito dell’Italia settentrionale.
Dopo la laurea in ingegneria, conseguita all’Università di Padova, Emilio cominciò a lavorare nella banca di famiglia, di cui divenne in seguito gerente.
Molta della biografia di Prandoni è ricostruibile a partire dalle fonti relative al Banco Lariano, del quale fu a lungo consigliere di amministrazione e vicepresidente. Il Banco era stato costituito a Como l’8 luglio 1908 – all’indomani della crisi che aveva duramente colpito il sistema creditizio e l’industria tessile comasca – per impulso della famiglia Prandoni e con il decisivo aiuto del Credito italiano e della Banca Zaccaria Pisa.
Formalmente l’istituto raccolse l’eredità della Banca Tajana Perti & C.: alla morte improvvisa del banchiere Luigi Tajana, di fronte alla decisione di liquidare la Banca, si pensò, con i sostanziali apporti menzionati, di costituire un nuovo istituto di credito con la forma giuridica di società anonima, quindi facilmente ricapitalizzabile, per poter soddisfare in modo ottimale le esigenze dell’industria e del commercio locali. A tal fine si raccolse il meglio della finanza e dell’industria lariana: molti degli 84 sottoscrittori, che acquistarono azioni per un capitale iniziale di 1.500.000 lire, erano infatti membri delle più influenti famiglie comasche. La conferma del ruolo della famiglia Prandoni, e in particolare di Cesare, è testimoniata dall’aver sempre occupato, questi, la carica di vicepresidente, ma anche da elementi esteriori, come il fatto che tutte le prime riunioni del Consiglio di amministrazione si tenessero presso la sede della ditta bancaria A. & C. Prandoni a Milano. Anche negli anni successivi il Consiglio si svolse spesso a Milano invece che nella sede comasca, in segno di deferenza verso i Prandoni.
Il Banco avviò subito un programma di espansione nella provincia, indirizzandosi principalmente verso i più noti centri turistici della sponda occidentale del lago (per venire incontro alle esigenze della nascente industria turistico-alberghiera), nelle aree del Varesotto e dell’Alto milanese (popolate da importanti industrie tessili), e nella pianura comasca (dove anche sorgeva un numero non trascurabile di opifici). Nel 1909 vennero aperte filiali a Bellagio e Olgiate, nel 1912 a Menaggio, e l’anno dopo a Cernobbio. Nel corso del secondo decennio del secolo, superate le difficoltà dovute ai dissesti economici di alcune aziende, che fecero temere per l’autonomia dell’istituto, il Banco Lariano iniziò a concedere fidi a breve e medio termine – con sconti di portafoglio, linee di credito in conto corrente e prestiti a favore degli operatori con l’estero – e a partecipare alla costituzione di numerose piccole e medie società.
Risale a questi anni un’intensa attività di risconto di portafoglio a favore di case bancarie corrispondenti, tra le quali spiccava la ditta Prandoni, a dimostrare la disponibilità dell’istituto a fungere da banca di secondo grado e di agente sull’estero, per conto dei banchieri privati.
Cesare Prandoni consigliò sempre di limitare tali collaborazioni alle aziende più sicure per evitare «che qualche esposizione po[tesse] arrivare al punto di imporre dolorose condizioni», come si legge nel verbale del Consiglio di amministrazione del Banco Lariano del 16 maggio 1913, e mise costantemente in guardia dai rischi di un’eccessiva esposizione dell’istituto.
Nel 1918, superato il difficile periodo bellico, il Banco riprese la sua politica di espansione aprendo a Varese un nuovo sportello, ceduto proprio dalla Banca Prandoni & C. (questo il nome assunto dopo la trasformazione della ditta in accomandita); nel 1920, alla morte di Cesare, Emilio fu cooptato nel Consiglio di amministrazione del Banco.
Il peso dell’ingegnere-banchiere sulla banca comasca continuò a farsi sentire e a farsi ancora più incisivo. Gran parte delle riunioni del Consiglio di amministrazione ripresero a svolgersi a Milano, presso la sede della banca privata; soprattutto in concomitanza con la crisi e il fallimento della Banca Italiana di Sconto, nel timore di ripercussioni pesanti in area lariana, l’istituto comasco si appoggiò fortemente alla banca privata milanese.
Per superare la congiuntura negativa Prandoni sostenne all’interno del Lariano una linea di moderazione nella concessione dei crediti, impiegando quasi le stesse parole usate molte volte dal padre: «Occorre una grande prudenza nel concedere, o mantenere fidi ed una ponderata fermezza nel procedere allo smobilizzo e graduale riduzione delle partite più pesanti. Consigliamo di includere sempre nelle contrattazioni dei cambi a consegna, il patto della liquidazione a fine di ogni mese» (Consiglio di amministrazione dell’11 febbraio 1922).
Anche se non sedeva sullo scranno presidenziale, di fatto Prandoni esercitava la sua leadership all’interno del Consiglio.
A conferma di ciò si può ricordare un importante episodio del 1932, debitamente registrato nel verbale del Consiglio di amministrazione, allorché – dimessosi Rodolfo Cantaluppi per ragioni di salute – la presidenza fu offerta a Prandoni che tuttavia la rifiutò richiamando l’opportunità – perseguita fin dalla nascita dell’istituto – di avere, per motivi di immagine, come presidente un esponente del Consiglio residente in Como. Come il padre si ‘accontentò’ della vicepresidenza, dopo aver proposto e ottenuto la nomina di Gerolamo Saibene (Consiglio di amministrazione del 19 marzo 1932).
Una prova ulteriore della sua rilevanza, nonostante il ruolo formale di secondo piano, fu nella scelta strategica di realizzare, nel 1933, un accordo territoriale con l’altra grande banca dell’area, la Banca popolare di Lecco (Consiglio di amministrazione del 25 novembre 1933). La mossa consentì di evitare abilmente il progetto governativo di razionalizzare il sistema bancario provinciale fondendo i due istituti maggiori. In questo modo fu ribadita la complementarietà (e la diversa identità) delle banche operanti sui due ‘rami’ del lago salvaguardandone l’autonomia. La cura degli interessi complessivi e degli impegni finanziari di famiglia fu probabilmente alla base dell’intensificazione del rapporto di stimolo reciproco (lo si può notare in molte pagine di verbale del Consiglio di amministrazione) tra il Lariano e il polo finanziario milanese attenuando la naturale propensione delle banche poste in prossimità del confine di Stato a sfruttarne i vantaggi (in particolare con la speculazione sui cambi divenuta molto conveniente tra Italia e Svizzera dopo la liquidazione dell’Unione monetaria latina). Anche grazie ai Prandoni la linea di sviluppo del Banco fu dunque più lombarda che svizzera. In questo alveo furono sviluppate alleanze territoriali con quelle altre banche, in primo luogo del Veneto e della Bergamasca, che già in precedenza corrispondevano con la Prandoni A. & C.
Grazie agli ottimi rapporti intrattenuti con i vertici della Banca d’Italia, del cui Consiglio superiore Emilio Prandoni era membro, il Lariano ebbe sempre agevole accesso al credito di ultima istanza.
Numerose furono le altre attività di Prandoni: in ambito bancario ricoprì la carica di consigliere di amministrazione della Banca agricola milanese (dal 1922 al 1928), della Banca nazionale di credito (dal 1926 al marzo 1930), del Credito italiano dagli anni Venti al 1934; fu vicepresidente del Credito fondiario sardo (dal 1920) e amministratore delegato del Credito commerciale di Cremona. In rappresentanza dei banchieri privati, dal 1919 al 1926 fu membro del Consiglio dell’Associazione bancaria italiana e, dal 10 maggio 1926 al 17 maggio 1931, del Consiglio della Sezione economico-finanziaria della Confederazione generale bancaria fascista nel quadro di riordino in chiave corporativa del mondo del credito. Fece inoltre parte del Consiglio dell’Associazione tecnica bancaria italiana dal luglio 1931 al 1934; fu membro del Consiglio della Confederazione nazionale fascista del credito e della assicurazione (istituto pensato per determinare le linee guida di quella riforma sfociata poi nella Legge bancaria del 1936) dal 18 giugno 1931 al 1936; fu componente della Corporazione della previdenza e del credito dal 1934 al 1937.
Fu sindaco supplente della Banca d’Italia, dal 1926 al 1932, e consigliere della stessa dal 1933 al 1935.
Numerosi gli incarichi ricoperti in altri settori della vita economica: nell’ambito finanziario fu nel Consiglio di amministrazione della Società anonima gestione valori (dal 1922) e della Società anonima finanziaria (dal 1928); nel campo dell’edilizia in quello della Industria cementi Portland di Oneglia (dal 1916), della Società immobiliare ligure lombarda (dal 1912 al 1916) e della Compagnia fondiaria regionale (dal 1928). Fu presidente dell’Istituto lombardo fondi rustici (dal 1919), della società Quartieri centrali di Milano (dal 1922). Nel settore della produzione e della distribuzione di energia elettrica fu, dal 1922, consigliere nella società Edison e nella Società elettrica bresciana. Fu inoltre nel Consiglio di amministrazione della società Prodotti alimentari Torrigiani (dal 1928), in quello della Soc. an. Visconti di Modrone-Gi.Vi.Emme (dal 1922), mentre fu vicepresidente della società meccanica La Filotecnica Salmoiraghi (dal 1922).
Presiedette anche il Consiglio di amministrazione della Soc. an. G. Volonté Al Vulcano, operante nell’ambito metallurgico (dal 1923) e la manifattura tessile di Pontoglio Sacconaghi-Taschini (dal 1922). Da ultimo venne designato vicepresidente della Società per la ferrovia Novara-Seregno (dal 1916 al 1922) e consigliere della Società delle ferrovie nord Milano, quando questa vi subentrò.
Prandoni partecipò da protagonista anche alla vita delle istituzioni cittadine milanesi. In particolare, nel 1930 entrò a far parte del Consiglio dell’ospedale Maggiore, all’interno del quale lavorò principalmente al consolidamento del patrimonio immobiliare urbano e collaborò alla costruzione dei nuovi padiglioni. Beneficò l’ospedale con un importante lascito testamentario, per la qual cosa, come era consuetudine, il Consiglio ospedaliero commissionò a un pittore di fama, in questo caso Giuseppe Novello, un ritratto dell’ingegnere (delibera del 16 dicembre 1936 e approvazione dell’opera del 6 luglio 1938) ora collocato tra le Raccolte d’arte dell’ospedale Maggiore. Morì a Milano il 31 marzo 1936, celibe e senza figli.
Assieme alla sorella Pia, Prandi era proprietario di una vasta area detta La Punta a Torno, località sul lago di Como che, nel 1954, la sorella destinò – con un lascito – a sede di una casa-albergo ‘per impiegate’. Oggi, alla casa si è aggiunta una Residenza sanitaria assistenziale intitolata a Emilio e Cesare Prandoni.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio storico Intesa Sanpaolo, Banco Lariano, Consiglio di amministrazione, scatole 1094,1099; Archivio dell’ospedale Maggiore di Milano, Fondo Testatori, b. 163, f. 2, Prandoni Pia (1953-1955); Contribuzioni della Pinacoteca di Brera, in Bollettino d’arte del ministero della Pubblica Istruzione, Roma 1926, p. 94; Banca d’Italia, Adunanza generale dei partecipanti tenuta in Roma, Roma 1937, p. 102.
A. Confalonieri, Banca e industria in Italia (1894-1906), II, Milano 1975, p. 222; A.M. Galli, La lenta formazione del tessuto bancario locale, in Como e il suo territorio, a cura di G. Rumi - V. Vercelloni - A. Cova, Milano 1995, pp. 415-449; Ead., La ‘dolorosa’ liquidazione della Banca di Lecco, in Rivista milanese di economia, luglio-dicembre 1998, 67-68, pp. 138-156; Ead., Il sistema produttivo e finanziario, in Da un sistema agricolo a un sistema industriale: il Comasco dal Settecento al Novecento, IV, Continuità e cambiamento tra grande guerra e ‘miracolo economico’, t. 1, Continuità e cambiamento tra le due guerre, a cura di S. Zaninelli, Como 1998, pp. 125-140, 195-205, 258-262, 388-398; Materiali per un dizionario dei banchieri italiani, a cura di A.M. Falchero, cd allegato a Banche e reti di banche nell’Italia postunitaria, a cura di G. Conti - S. La Francesca, I-II, Bologna 2000; Le società quotate alla Borsa Valori di Milano dal 1861 al 2000. Profili storici e titoli azionari, a cura di G. De Luca, Milano 2002, p. 507. Anche F. Pola, Scheda del Ritratto di E. P., 2013, www.lombardiabeniculturali. it/opere-arte/schede/3n040-00276/ (9 febbraio 2016); sul Banco Lariano si veda la scheda in www.intesasanpaolo.mappastorica.com/profili/ 207.html#n (9 febbraio 2016).