TRABUCCHI, Emilio
– Nacque a Verona il 2 novembre 1905 da Marco, avvocato, e da Maria Zamboni.
Dopo il liceo classico si iscrisse nell’autunno del 1923 alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova. Fin dal terzo anno di studi entrò come interno nell’istituto di farmacologia, diretto da Luigi Sabbatani. Si laureò con lode nel luglio del 1929 e proseguì la sua carriera come assistente e poi aiuto all’Università di Padova fino al gennaio del 1933, quando fu nominato aiuto di ruolo presso l’Università di Pisa. Alle fine del 1933 tornò, sempre nel ruolo di aiuto, all’Università di Padova, dove Egidio Meneghetti era diventato direttore dell’istituto di farmacologia. Nell’anno 1936-37 tenne per incarico il corso di farmacologia all’Università di Modena, dirigendo l’istituto omonimo e mostrando, malgrado la giovane età, non comuni capacità nell’organizzare le attività didattiche e di ricerca. Sempre a Modena fu poi nominato, dal dicembre del 1937, professore straordinario di farmacologia, essendo risultato vincitore del relativo concorso a cattedra. Il risultato venne comunicato al rettore dell’Università di Modena prima ancora dell’ufficialità dallo stesso Meneghetti, che pure non era membro della commissione, a testimonianza dell’interesse con cui quest’ultimo seguiva la carriera del giovane allievo, forse anche per una sia pur parziale comunanza di idee nei confronti del fascismo. Meneghetti era manifestamente considerato di sentimenti antifascisti; del resto non era nemmeno iscritto al partito, mentre la posizione di Trabucchi, come per il resto della sua famiglia, risultava vicina a posizioni cattoliche e popolari.
Nei circa dieci anni trascorsi a Modena, Trabucchi mise in mostra le sue idee innovative nel campo della farmacologia. La sperimentazione e l’osservazione medico-biologica lo portarono a pensare che la sua scienza dovesse innanzitutto indagare i farmaci e che la funzione del farmacologo fosse quella di studiarli e scoprire il loro meccanismo di azione, mettendo a frutto così i risultati delle ricerche e traendo da tutto ciò le opportune indicazioni terapeutiche.
Egli acquisì rapidamente prestigio nella facoltà di medicina modenese, della quale fu preside dal 1943 al 1945. Negli anni dell’occupazione nazifascista si impegnò nella Resistenza, difendendo l’opera e la stessa vita di colleghi per i quali erano state proposte misure disciplinari e anche condanne da parte del tribunale militare tedesco (Uomini e farmaci, 2002, p. 224). Già a Modena si evidenziò la sua capacità di fare scuola, formando allievi destinati a farsi luce nel campo della farmacologia, come William Ferrari, ma anche in campi diversi della medicina, come ad esempio il chirurgo Walter Montorsi.
Nel 1946 Trabucchi fu trasferito all’Università statale di Milano come direttore dell’istituto di farmacologia, che era alloggiato in una vecchia villa lasciata all’università dalla famiglia De Marchi.
L’edificio, a causa degli eventi bellici, era in condizioni pessime; in pochi anni, ricorrendo anche a fondi privati da lui ottenuti, Trabucchi riuscì a trasformarlo in un istituto scientifico funzionale modernamente attrezzato. Almeno per alcuni anni poté rendere una parte del primo piano una sorta di guest house che permise di ospitare giovani ricercatori italiani e stranieri. Questo determinò la realizzazione di una comunità di ricercatori animati da spirito di gruppo e disposti a uno scambio continuo di esperienze e di idee, favorito da una convivenza che andava molto al di là del normale orario di lavoro. Lo stesso Trabucchi abitava in due piccole stanze all’ultimo piano dell’edificio e dedicava praticamente tutto il suo tempo a dirigere questa comunità.
Con il tempo la primitiva struttura si rivelò non più adeguata a ospitare tutte le attività dell’istituto e Trabucchi si adoperò per ampliarla e ammodernarla, malgrado le difficoltà e le resistenze delle stesse autorità accademiche milanesi. L’opera fu coronata da successo e il nuovo istituto venne inaugurato nel 1967. Nel discorso che pronunciò in tale occasione davanti al presidente della Repubblica Giuseppe Saragat (Emilio Trabucchi 1905-1984, 1988, pp. 143-147), egli sottolineò la presenza di molte sezioni, attrezzate con apparecchiature all’avanguardia e dedicate alla chemioterapia, all’attecchimento di trapianti di tessuti e organi, all’influenza di farmaci sul metabolismo lipidico, ai problemi dell’endocrinologia. Tale molteplicità di interessi, che poteva superficialmente essere vista come una dispersione di forze, era invece secondo Trabucchi necessaria poiché, quanto più uno stesso evento biologico era esaminato sotto vari aspetti, tanto più sarebbe stato possibile comprenderlo e dominarlo. Ancor più di una specializzazione approfondita, era necessaria una coordinazione di specialisti, operanti in campi paralleli, in grado di utilizzare tecniche a larga possibilità di impiego. Concordemente con tale visione, negli anni Trabucchi trasformò di fatto l’istituto di farmacologia in un centro di medicina sperimentale, come egli amava definirlo, in cui si formarono non solo farmacologi, ma anche specialisti in altri settori della medicina, destinati a ricoprire cattedre nelle varie università italiane.
Per sua iniziativa nacquero alcune importanti società scientifiche quali la Società italiana di chemioterapia, la Società italiana di teratologia e tossicologia, la Società italiana per l’arteriosclerosi. Circa duemila furono le pubblicazioni prodotte dall’istituto negli anni della sua direzione.
Dal 1953 al 1958 e poi dal 1976 al 1979 fu eletto alla Camera dei deputati nelle file della Democrazia cristiana, sulle orme del fratello Giuseppe, che fu senatore dello stesso partito per circa venti anni.
Dell’esperienza parlamentare di Emilio Trabucchi va tra l’altro ricordata la sua partecipazione alla commissione parlamentare d’inchiesta sulla fuga di sostanze tossiche avvenuta il 19 luglio 1976 nello stabilimento ICMESA (Industrie Chimiche Meda Società Azionaria) di Seveso. In tale occasione egli venne criticato in particolare dai deputati del Partito radicale per le opinioni che espresse in merito all’incidente, che parvero tese a minimizzare gli effetti della diossina sulla popolazione e in particolare sulle donne in stato di gravidanza (Atti parlamentari, Camera dei deputati, VII legislatura, Seduta del 29 settembre 1976, pp. 735-769).
Trabucchi ebbe molti riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui due onorificenze giapponesi cui era particolarmente legato, l’Ordine del Sol Levante e l’Ordine del Sacro tesoro, conferitegli direttamente dall’imperatore del Giappone. Terminata la carriera accademica, continuò a operare e a vivere nell’istituto che aveva diretto per tanti anni. Non si sposò e restò personalmente molto legato alla madre, che abitò con lui fino alla morte, alla sorella Maria e ai fratelli, Giuseppe e Alberto (v. la voce in questo Dizionario), avvocati, e Cherubino, psichiatra. Oltre ai numerosissimi articoli specialistici pubblicati da lui o dai suoi allievi, scrisse alcuni libri, tra cui Chemioterapia (Torino 1954, con Silvio Garattini) e Ricerca e insegnamento (Novara 1981). Il sopraggiungere di problemi di salute lo costrinse nel 1984 a ricoverarsi nell’ospedale di Negrar, vicino a Verona.
Morì per arresto cardiaco il 15 maggio 1984.
Alla morte gli venne intitolato il dipartimento di farmacologia dell’Università di Milano. Fu anche istituita una fondazione a suo nome, ancora attiva, con lo scopo di favorire con varie iniziative la ricerca biomedica.
Fonti e Bibl.: Modena, Archivio dell’Università, Personale cessato, Emilio Trabucchi; Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Libera docenza, 1930-1950, b. 490.
F. Clementi, E. T., in Trends in pharmaceutical sciences, VI (1985), p. 95; E. T. 1905-1984, Padova 1988; W. Montorsi, E. T., in Annali italiani di chirurgia, LXX (1999), pp. 979-984; Uomini e farmaci. La farmacologia a Milano tra storia e memoria, a cura di F. Berti et al., Bari 2002.