ZAGO, Emilio
Attore dialettale veneziano. Nato il 12 marzo 1852 a Venezia, non fu un "figlio d'arte" ma, per precoce istintiva disposizione, un predestinato alla scena. Lasciati presto gli studî, esordi pubblicamente in una filodrammatica locale. Fallitogli, a causa della sua troppo bassa e tozza statura, un tentativo di regolare ingresso nella compagnia di Alemanno Morelli, si scritturò (1871) nella compagnia semizingaresca di Francesco Zocchi, a venti lire al mese. Per cinque anni pellegrinò da un paesucolo all'altro, da questa a quella compagnia di guitti e di stenterelli, sostenendo parti eroiche e buffonesche. Per un momento fu anche con Gaetano Benini (il padre di Ferruccio), ma soltanto nel 1876 poté entrare nella compagnia veneta di Angelo Moro Lin, col ruolo di generico. Qui lo Z. si rivela qual'è, e crea quelle piccole ma tipiche macchiette del goldoniano sior Nicoleto e dei galliniani Nardo, il vecchietto dell'ospizio, e Menego, il fornaio gentiluomo, che rimarranno poi sempre legate al suo nome. Scioltasi la formazione Moro Lin (1883), lo Z. (da un anno sposato a Cesira Borghini) si unisce, sotto la direzione di Giacinto Gallina, col fratello di questo, Enrico, e con Carlo Borisi. Nel 1887 torna col Benini e, l'anno appresso, forma con Guglielmo Privato quella brillante fortunatissima compagnia che, mortogli il socio (1902), egli continuerà in nome proprio, portandola trionfalmente da un capo all'altro d'Italia e, nel 1911, anche in America. Nel 1921 si congedò dal pubblico, ritirandosi nella sua caratteristica casa-museo veneziana e ricomparendo sulle scene per brevi tratti, nella compagnia del figlio Giuseppe o in quella di Albertina Bianchini.
Morì a Venezia il 18 novembre 1929 e fu sepolto a S. Michele tra il Selvatico e il Gallina.
L'arte di E. Z., essenzialmente comica, ma capace di giungere anche a effetti di vera commozione, era intimamente legata alla natura di lui, così da rendere indistinguibile, sia in teatro sia nella vita, l'uomo dall'attore. All'opposto del suo grande emulo Ferruccio Benini - il quale, sulla scena, non recitava ma parlava - lo Z. recitava (o pareva recitasse) sulla scena e fuori, tanto i modi, gli atteggiamenti, le intonazioni, e perfino alcune sue espressioni abituali si fondevano e confondevano con quelle dei personaggi interpretati. La sua figura fisica, che da principio gli ostacolò la carriera e finì poi col favorirgliela, nonché la sua naturale bonomia, prettamente goldoniana, concorsero inoltre a creargli quella simpatica e larga popolarità che circondò la sua persona non meno che la sua arte. Devoto al Goldoni, ne rappresentò con intuizione e passione i capolavori, incarnandone mirabilmente i tipi più celebri. Fu senza eguali contemporanei nella maschera di Pantalone; rese in modo magnifico, oltre alle principali figure del teatro del Selvatico e del Gallina, quelle del Sugana, del De Biasio, del Pilotto, dell'Ottolenghi e di altri autori veneti del tempo suo. Recitò in speciali memorabili occasioni, col Novelli, col Ferravilla, col Sichel, col Gandusio ed anche con Dina Galli e Tatiana Pavlova. Con la scomparsa di E. Z., il teatro veneziano tradizionale ha perduto il suo ultimo interprete genuino e ha chiuso il periodo aureo della sua attività.
Bibl.: E. Zago, Mezzo secolo d'arte, Bologna 1927; C. Levi, E. Z., Milano 1923; C. Monticelli, La vita artistica di E. Z., Venezia 1894; R. Simoni, Discorso per le onoranze a E. Z., in Gazzetta di Venezia, 8 luglio 1929; D. Varagnolo, E. Z., in Ricordi, Milano 1933.