Kustarica, Emir
Regista cinematografico e televisivo, di padre serbo di famiglia musulmana, nato a Sarajevo il 24 novembre 1954. Il mondo di K. sembra in costante oscillazione tra riproduzione scrupolosamente realistica (come in Sjećaš li se Dolly Bell, 1981, Ti ricordi di Dolly Bell?; o in Otac na službenom putu, 1985, Papà è in viaggio d'affari) e ricostruzione visionaria, fantastica e allegorica (Dom za vešanje, 1989, Il tempo dei gitani; Arizona dream, 1993; Underground, 1995, e Crna mačka, beli mačor, 1998, Gatto nero, gatto bianco), ma il movimento acrobatico è rintracciabile anche all'interno di ciascun film, teso a restituire quello che lo stesso regista ha chiamato "l'irrealismo della realtà". Con il suo film d'esordio Sjećaš li se Dolly Bell ha ottenuto nel 1981 il Leone d'oro per l'opera prima alla Mostra del cinema di Venezia. Ha vinto due volte la Palma d'oro al Festival di Cannes, rispettivamente nel 1985 per Otac na službenom putu e nel 1995 per Underground, e inoltre nel 1989 il premio per la miglior regia per Dom za vešanje. Dopo Arizona dream, Orso d'argento a Berlino nel 1993, con Crna mačka, beli mačor è stato nuovamente premiato nel 1998 a Venezia con il Leone d'argento per la regia.
Cresciuto nella periferia di Sarajevo, nel 1978 si diplomò in regia con il cortometraggio Guernica presso la FAMU, la scuola di cinema di Praga, dove ebbe come insegnante Jiří Menzel. Tornato in patria, girò alcuni cortometraggi e telefilm, prima di esordire nel cinema con Sjećaš li se Dolly Bell; il premio a Venezia e la Palma d'oro per Otac na službenom putu confermarono K. (che si è sempre definito "un regista iugoslavo di Sarajevo") come il maggior rappresentante di quello che nel cinema iugoslavo è chiamato 'gruppo di Praga'. Con Dom za vešanje stemperò il neorealismo dei film precedenti, rivelando una vena poetico-fantastica. Dopo una breve parentesi statunitense ‒ durante la quale insegnò regia alla Columbia University sostituendo Milos Forman e girò Arizona dream ‒ K. realizzò Underground. È il suo film più ambizioso nel rivisitare in forma metaforica la storia della Iugoslavia dal 1941 al 1992, ma l'attualità dei crimini del regime di S. Milošević non risparmiò al regista accuse di faziosità ideologica filoserba, a tal punto che K. dichiarò di voler abbandonare il cinema. Ma ha poi cambiato idea, realizzando Crna mačka, beli mačor, una commedia nuovamente ambientata tra i gitani slavi, e Super8 stories (2001), un documentario sul gruppo rock No Smoking Band, di cui è chitarrista. È stato inoltre attore coprotagonista in La veuve de Saint-Pierre (2000; L'amore che non muore) di Patrice Leconte.
Il paradosso insito nel progetto di restituire l'irrealismo della realtà emerge fin dalla scelta di obiettivi a focale corta, tra il 18 e il 25, che privilegiano nitidezza dei contorni e profondità di campo, cui K. oppone uno spettacolo bidimensionale, al contempo immaginifico e ingenuo, dove tutto è lecito e a suo modo coerente: dall'improvvisa pausa nell'incalzante ritmo narrativo, dove un matrimonio gitano con riti e musica può occupare la metà del film, alla levitazione di personaggi, da morti che resuscitano a scrofe che divorano placidamente la carcassa di un'automobile. Il tutto sostenuto da una presenza musicale carnevalesca, spesso in scena sotto forma di orchestrine itineranti, e dove le composizioni di Goran Bregovič (collaboratore di K. per Dom za vešanje e Underground), a metà strada tra il folklore, il rock e la technopunk, diventano letteralmente coprotagoniste del film. Per K., infatti, il cinema è da intendersi come musica per immagini, tanto debitrice a Jean Vigo e ad Aleksandr P. Dovženko, quanto a Iggy Pop e ai Sex Pistols, e non a caso durante le riprese il regista è solito, come per Crna mačka, beli mačor, immergere attori e tecnici nel ritmo continuo di orchestre. Una visione volutamente esasperata, circense e kitsch che si riflette nello sguardo stralunato di protagonisti 'fuori dal tempo': i giovani, nei racconti di formazione sessuale, culturale e talvolta criminale che sono Sjećaš li se Dolly Bell, Otac na službenom putu, Dom za vešanje e Arizona dream; gli zingari di Dom za vešanje e di Crna mačka, beli mačor, il solo popolo che non cambia mai e che sfiora quella che viene chiamata civiltà senza lasciarsene contaminare, secondo le stesse dichiarazioni del regista; i pazzi e gli eccentrici di Arizona dream; infine, la spensierata compagnia di Underground. Quest'ultimo film, lucida rappresentazione allegorica della storia iugoslava, è forse il migliore di K.: per salvarli dalle rappresaglie naziste, il protagonista nasconde amici e rispettive famiglie in un sotterraneo. Ma approfittando dell'ignoranza forzata dei compagni, nasconde loro la fine della guerra per raccogliere onori, donne e denaro sotto il regime di Tito. All'oscuro di tutto, la piccola comunità celebra nascite, funerali e matrimoni, tra danze e bevute, convinta che il mondo sia ancora in guerra contro l'esercito tedesco e che il tempo (della Storia) sia fissato in un eterno e glorioso presente, tanto più che durante la notte le lancette dell'unico orologio vengono subdolamente rallentate. Il sotterraneo diventa così l'equivalente della Macondo di G. García Márquez (e per gli aspetti più esteriori dell'opera di K. è stato fatto spesso il nome di Federico Fellini). Cinquant'anni dopo, la botola viene scoperta, e i superstiti escono dalla loro grotta per vagare tra le macerie di un Paese che non esiste più.
G. Bertellini, Emir Kusturica, Milano 1996; Emir Kusturica, a cura di S. Boni, Torino 1999; P. Vecchi, Emir Kusturica, Roma 1999.