Emirati Arabi Uniti
(App. IV, i, p. 687; V, ii, p. 93)
di Anna Bordoni
Popolazione
La dinamica demografica è caratterizzata da un elevatissimo tasso di accrescimento annuo (49‰ nel periodo 1990-97), dovuto sia al progressivo miglioramento delle condizioni medie di vita sia, soprattutto, alla massiccia immigrazione di lavoratori (in prevalenza da Iran, Pakistan e India), attirati dalle occasioni di lavoro offerte dal paese: si calcola che, attualmente, circa il 90% della forza lavoro operante nella federazione sia costituita da stranieri. Una stima del 1998 attribuisce agli E. A. U. una popolazione di 2.353.000 ab., pari a una densità media di 28 ab./km²: gli abitanti erano appena 179.000 trent'anni addietro (1968) e 1.622.400 alla rilevazione censuaria del 1985.
Le maggiori concentrazioni demografiche si hanno nelle città più importanti, Dubai e Abū Ẓabī, che si sono sviluppate con moderni quartieri direzionali e residenziali, dotati di servizi commerciali, pubblici e sociali di un discreto livello qualitativo. Nel resto del paese l'insediamento stabile è rimasto limitato a piccoli centri, ubicati nelle oasi o lungo la costa, mentre è ancora diffuso il nomadismo.
Condizioni economiche
L'economia, pur mantenendo la sua complessiva solidità, ha attraversato, negli anni Ottanta e Novanta, fasi alterne di recessione e di espansione, soprattutto perché essa continua a dipendere quasi esclusivamente dal petrolio e quindi a risentire delle oscillazioni dei prezzi del greggio sui mercati internazionali. Inoltre, per la loro posizione geografica, gli E. A. U. sono rimasti coinvolti negli avvenimenti bellici, che, nel corso degli anni Ottanta e all'inizio degli anni Novanta, hanno interessato la regione; in particolare, lo sforzo finanziario sostenuto durante la guerra del Golfo ha messo in crisi il bilancio del paese.
Come già detto, la ricchezza della federazione si fonda sul petrolio (oltre 117 milioni di t estratte nel 1996 e il 9,6% delle riserve mondiali) e sul gas naturale (25,4 miliardi di m³ nel 1995): i maggiori giacimenti di queste due risorse sono concentrati nell'emirato di Abū Ẓabī, mentre quello di Dubai è il secondo produttore di petrolio del paese. Al fine di ridurre il grado di dipendenza dalle esportazioni di petrolio (oltre il 60% del totale nel 1992) e nel tentativo di diversificare la produzione, già da alcuni anni è stato avviato un programma di sviluppo industriale, attraverso la creazione sia di industrie di base che di imprese produttrici di beni di consumo, e inoltre sono state impiantate stazioni sperimentali di agricoltura, che utilizzano riserve idriche sotterranee e applicano tecniche colturali d'avanguardia.
bibliografia
The Middle East and North Africa 1999, London 1998.
Storia
di Paola Salvatori
Particolarmente prosperi grazie ai loro ricchi giacimenti petroliferi, gli E. A. U. non hanno conosciuto, a quasi trent'anni dall'indipendenza, sostanziali trasformazioni politiche. Assimilabili a monarchie assolute, i singoli emirati godono di una vasta autonomia interna e in nessuno di essi è consentita la costituzione di partiti politici. Le spinte autonomiste hanno di fatto bloccato il processo di centralizzazione politica e amministrativa, anche se il permanere di profonde tensioni a livello regionale ha comunque creato i presupposti per un maggior coordinamento, soprattutto sul piano militare, in vista del comune obiettivo di preservare l'integrità e l'autonomia dello Stato.
L'adozione di un vasto piano di riarmo è stata accompagnata da un'intensa attività diplomatica soprattutto con i paesi occidentali, in particolare con gli Stati Uniti, considerati un indispensabile alleato sia nei confronti di Ṣaddām Ḥusayn, divenuto - dopo l'invasione del Kuwait - una minaccia per il paese, sia nei confronti dell'Iran e delle sue mire egemoniche sul Golfo Arabico.
I rapporti tra Abū Ẓabī e Teheran, intensi dal punto vista economico e commerciale, divennero sul piano politico particolarmente tesi nel corso degli anni Novanta, quando si riacutizzò la controversia, apertasi fin dal 1971, relativa alla sovranità sull'isola di Abū Mūsā e su altre due isolette (Greater Tunb e Lesser Tunb) situate a ovest dello Stretto di Hormuz.
I reiterati tentativi dell'Iran di ampliare e consolidare la propria presenza su tali territori (nel 1996 gli Iraniani aprirono su Abū Mūsā un aeroporto, l'anno successivo costruirono un molo a Greater Tunb) provocarono infatti la ferma reazione degli E. A. U., che portarono la questione all'attenzione del Consiglio di cooperazione del Golfo, della Lega Araba e delle Nazioni Unite, ottenendone l'appoggio. Nel corso del 1998 le relazioni tra i due Stati migliorarono e Teheran si dichiarò disponibile a riprendere i colloqui per risolvere la controversia sulle tre isole.
La ferma volontà degli E. A. U. di mantenere integra la propria sovranità nazionale condizionò anche le relazioni con i paesi occidentali: nonostante venissero stipulati accordi militari con gli Stati Uniti (1994), la Francia (1995) e la Gran Bretagna (1996), fu negata ai contraenti la possibilità di costruire basi militari e di far stazionare truppe che non fossero sottoposte alla giurisdizione di Abū Ẓabī.
In politica interna il governo centrale promosse in questi anni un rafforzamento dell'identità religiosa del paese, nel tentativo di rinsaldare i legami della popolazione autoctona araba, divenuta minoritaria a causa della massiccia immigrazione di lavoratori in prevalenza asiatici. Nel febbraio 1994 un decreto presidenziale sottraeva alla giurisdizione civile i reati quali l'assassinio, il furto, l'adulterio, e il traffico e il consumo di sostanze stupefacenti, sottoponendoli alla legge islamica (Šarī῾a). Il governo, inoltre, inasprì, nel corso del 1996, le misure contro l'immigrazione clandestina. In questi anni all'interno della federazione rimase preponderante il peso di Abū Ẓabī, il cui emiro, Zāyid ibn Sulṭān al-Nihayyān, ha ricoperto ininterrottamente dal 1971 la carica di presidente. L'emirato, inoltre, venne riconosciuto ufficialmente come capitale nel maggio 1996, in seguito alla decisione del Consiglio supremo dell'Unione di rendere permanente la Costituzione provvisoria in vigore anch'essa dal 1971.
bibliografia
W.A. Rugh, The foreign policy of the United Arab Emirates, in The Middle East journal, 1995,1, pp. 57-70; B.I. Kaufman, The Arab Middle East and the United States. Inter Arab rivalry and superpower diplomacy, New York 1996.