PALLADINO, Emma
PALLADINO, Emma. – Nacque a Milano nel 1861, figlia di un ballerino del teatro alla Scala, Andrea Palladini, di cui scelse di modificare il cognome (Guest, 1992, p. 52).
Fu allieva della Scuola della Scala, dove studiò sotto la direzione di Giovanni Casati. Dal 1873 al 1876 danzò nel medesimo teatro, prima come allieva della scuola, in coreografie di Antonio Pallerini (Le due gemelle, 1873; I sette peccati capitali, 1873) e di Ferdinando Pratesi (La tentazione, 1874), quindi in ruoli di maggior rilievo. Comparve infatti in cartellone con la celebre Virginia Zucchi per La sorgente(1876), riallestimento del coreografo Cesare Marzagora a partire da La source (Parigi, théâtre de l’Opéra, 1866), coreografata da Arthur Saint-Léon su musiche di Ludwig Minkus e Léo Délibes. Fu poi ancora a fianco di Zucchi, oltre che di Luigi Manzotti, in Nephte o Il figliuol prodigo (1876), altro riallestimento di Marzagora, ma a partire dall’omonima creazione di Pasquale Borri. Trasferitasi negli Stati Uniti, nel 1877 debuttò al Boot’s Theatre di New York nell’operetta di Jacques Offenbach A trip to the moon (Le voyage dans la lune) e nel 1878 fu tra gli interpreti del balletto Les papillons, messo in scena dalla compagnia d’opera diretta da Charles Mapleson per la Brooklyn Academy of music. Rientrò in Europa alla fine degli anni Settanta per stabilirsi a Londra, dove realizzò una brillante carriera, costruita in prevalenza nei teatri di grande pubblico del West End, come ballerina apprezzata per le doti di virtuosismo riconosciute alla scuola italiana, ovvero la vivacità, la velocità, la forza, l’élévation, la saldezza nel lavoro delle punte, ma pure per essere «a petite and fascinating, graceful dancer» (Perugini, 1915, p. 259). Esibitasi allo Her Majesty’s Theatre (1879) e al Drury Lane (1881-87), venne scritturata dall’Alhambra Theatre, grande e lussuoso music hall vittoriano dotato di un corpo di ballo stabile, che in quegli anni sfoggiò ballerine di nome, come Zucchi e Maria Giuri: era guidato da un italiano, Carlo Coppi, negli anni Settanta collega di Palladino alla Scala, quindi creatore di una delle parti principali nel celebre Excelsior (Milano, La Scala, 1881) e interprete dello stesso balletto a Londra. Dopo aver debuttato con Endymion, balletto di soggetto mitologico di Aimé Bertrand, all’Alhambra Theatre Emma Palladino interpretò, tra gli altri, Nina (1885) e Nadia (1887), creazioni di Joseph Hansen. Dal 1888 al 1893 danzò all’Empire Theatre, in Leicester Square, celebre per gli spettacoli fastosi e il rutilante corpo di ballo composto da oltre 200 ballerine, in larga parte di formazione classico-accademica, e da pochissimi interpreti maschili, normalmente sostituiti da donne en travesti.
L’interpretazione di Diana (1888) le valse l’appellativo di «the Complete Palladino»; le vennero riconosciute le qualità di una première danseuse: «(1) Perfection of technique in a terrific execution; (2) power and elevation; (3) magnificent batterie; (4) pointes de fer; (5) fine pirouettes; (6) perfect placing throughout; (7) an excellent little figure; (8) delightful appearance, charm and expression» (Espinosa, 1947, p. 17).
Qui interpretò inoltre una serie di balletti realizzati da Katti Lanner, principale coreografa in forze al teatro: A dream of wealth (1889), in cui ebbe un apprezzato ruolo tecnicamente brillante; Dolly (1890), in cui si alternò con Maria Giuri nell’impersonare una gentile Fata dei giocattoli; Nisita (1891), tradizionale balletto natalizio; By the sea (1891), che la vide impegnata in uno speciale assolo, unica a indossare un tutù in uno spettacolo tutto ambientato in una località di mare popolata da personaggi in abiti realistici.
La critica parve tuttavia non apprezzare sempre le sue scelte di toilettes poco convenzionali, tanto che un periodico dell’epoca osservò: «Fancy the plump form of Miss Palladino executing modern ballet solos in a sort of modified Greek costume, which was much more indecent, as a dancer’s dress, than the conventional short petticoats!» (Royal Choral Society, 1° maggio 1891).
Nelle stagioni estive del 1889 e 1890 si esibì pure al Covent Garden, allora Royal Italian Opera, come prima ballerina in alcuni titoli del repertorio operistico, e nel 1895 interpretò una coreografia di Léon Espinosa, Pastorale, al Palace Theatre of Variety. Fuori Londra, nel 1894 tentò la via del canto – con risultati modesti – al Manchester Palace of Varieties; lavorò inoltre a Parigi, nell’Éden-Théâtre da poco costruito, a Mosca e a San Pietroburgo, dove nel 1886 si recò in tournée con la compagnia dell’Alhambra Theatre, a Berlino e infine a Monaco di Baviera, nonché di nuovo in Italia.
Fu tra i numerosissimi interpreti delle repliche di Amor nel riallestimento realizzato da Carlo Coppi al teatro Costanzi di Roma nell’autunno 1886, a qualche mese di distanza dal debutto del colossale balletto, creato da Luigi Manzotti, con musiche di Romualdo Marenco (Milano, teatro alla Scala, febbraio 1886), interpretato, tra gli altri, da Enrico Cecchetti.
Nel 1899, anno in cui concluse la carriera, fu ancora al S. Carlo di Napoli, dove interpretò Messalina di Luigi Danesi e, nel ruolo eponimo, Rodope di Raffaele Grassi.
Sposata all’inglese Arthur Roger Carter (Guest, 1992, p. 52 n.), morì in Gran Bretagna il 13 aprile 1922.
Fonti e Bibl.: Royal Choral Society, in The Musical Times and Singing Class Circular, n. 579, 1° maggio 1891, p. 279; M.E. Perugini, The art of ballet, London 1915, pp. 259 s., 279, 281; E. Espinosa, A forgotten dancer, in Ballet, n. 1, gennaio 1947, p. 17; J.P. Wearing, The London stage 1890-1899: a calendar of plays and players, I: 1890-1896, Metuchen 1976, ad ind.; II: 1897-1899, Index, ibid., p. 1117; I. Guest, P., E., in Enciclopedia dello spettacolo, VII, Roma 1960, col. 1530; Id., Ballet in Leicester Square. The Alhambra and the Empire, 1860-1915, London 1992, ad ind.; J. Pritchard, «The Empire» in Manchester, in Dance Research, vol. 13, n. 2, ottobre 1995, pp. 11-27; A. Carter, Dance and Dancers in the Victorian and Edwardian Music Hall Ballet, Aldershot-Burlington 2005, ad ind.