emodialisi
Metodo di depurazione extrarenale del sangue. È il presidio più importante nel trattamento dell’uremia acuta e dell’uremia cronica, delle quali permette di prevenire alcune delle più gravi complicanze. L’e. periodica si basa sull’applicazione di un by-pass (il sangue proviene da un’arteria e rientra nella vena corrispondente) e sull’immissione del sangue in un sistema filtrante semipermeabile bagnato dal liquido di dialisi, nel quale si riversano le sostanze in eccesso (urea, creatinina, ecc.) e dal quale possono esserne attinte altre (glucosio, calcio, ecc.). L’apparecchiatura occorrente, comunemente nota come rene artificiale, dapprima ideata e allestita nel 1913, ma con scarso successo, dal farmacologo statunitense J.J. Abel (1857-1938) e dai suoi colleghi B.B. Turner e L.G. Rowntree, fu poi messa a punto nel 1943 dal medico olandese Willem J. Kolff (1911-2009) e ufficialmente introdotta nella pratica clinica solo nel 1960 dal nefrologo statunitense B.H. Scribner. L’applicazione più consueta dell’e. extracorporea è rappresentata dall’insufficienza renale grave, sia acuta che cronica (uremia). Nelle forme acute (blocco renale da cause diverse: infettiva, tossica, immunologica, traumatica, ecc.) ha rivoluzionato la prognosi ed enormemente ridotto la mortalità. Nel corso dell’insufficienza renale cronica, in cui il rene è coinvolto in modo irreversibile da alterazioni anatomo-funzionali, per lo più progressive, l’e. può condizionare una lunga sopravvivenza e una discreta efficienza lavorativa.