emologismo
s. m. Espressione destinata a suscitare un’emozione, che funziona come un emoticon o un emoji.
• In quanto alle argomentazioni, materiale ormai troppo complesso da maneggiare, «sono lasciate da parte, per puntare dritto alle emozioni». Per l’autore [Giuseppe Antonelli] oggi a dominare nel discorso politico, «sono gli “emologismi”: parole, frasi, formule che funzionano come emoticon o emoji». (Paolo Conti, Corriere della sera, 19 maggio 2017, p. 47, Cultura) • Il linguista Giuseppe Antonelli, nel recente «Volgare eloquenza» parla di «(non) partito della narrazione». A dominare il discorso pubblico sono quelli che chiama «emologismi»: «Parole, frasi, formule che funzionano come emoticon o emoji». Non è strano, perciò, che i libri più recenti dei nostri politici ‒ spesso rimaneggiati da editor e ghostwriter ‒ non siano troppo diversi da quelli degli youtuber. Il faccione in copertina, il titolo a effetto, l’interlinea larga, una serie di slogan più che prevedibili mescolati a false confidenze «emotive». (Paolo Di Paolo, Repubblica, 8 agosto 2017, p. 29, Cultura) • Il risultato è quello che conosciamo e del quale abbiamo riscontro in ogni momento: trionfo degli «emologismi» (le parole-chiave, impiegate come un emoticon in una conversazione su WhatsApp), brusca rottura con le tradizioni preesistenti (una volta bastava una riga per distinguere le argomentazioni di un democristiano da quelle di un comunista), prevalenza della velocità sull’approfondimento e via elencando. (Alessandro Zaccuri, Avvenire, 13 agosto 2017, p. 17, Agorà Cultura).
- Composto dal tema emo- (di emoticon e emoji) con l’aggiunta del confisso -(o)logia e del suffisso -ismo.
- Già attestato nel Corriere della sera del 5 febbraio 2017, La Lettura, p. 17 (Giuseppe Antonelli).