Emozioni e sentimenti
L'analisi psicologica dell'emozione trova le sue radici nella discussione filosofica che si svolse inizialmente nel contesto della retorica (la Retorica di Aristotele) e dell'etica (l'Etica Nicomachea di Aristotele, la Summa theologica di Tommaso d'Aquino). Solo nel corso del XVII secolo le considerazioni proprie delle scienze naturali cominciarono a essere incluse in quelle discussioni (Cartesio, Les passions de l'âme, 1649; Spinoza, Ethica, 1677) e nelle analisi elaborate nel più ampio contesto entro cui si mirava a chiarire i processi sociali (Hobbes, Leviathan, 1651). L'aspetto centrale delle emozioni, in tutte le trattazioni di questo primo periodo, era il loro lato motivazionale, il loro carattere di passione, la loro capacità di determinare il comportamento.
Gli sforzi compiuti nel XVIII secolo per ricondurre nell'ambito delle scienze naturali i processi mentali portarono a un approccio analitico a tali processi, nella ricerca degli elementi della mente. Le emozioni erano considerate stati di coscienza costituiti da un tipo di sensazione (Hume, Treatise of human nature, 1739), un punto di vista che ha dominato le teorie delle emozioni nei secoli XVIII e XIX (A. Bain, The emotions and the will, 1859). Nei primi tempi della psicologia scientifica la teoria delle emozioni seguiva questa linea, interpretando le emozioni come un tipo particolare di elementi della coscienza (W. Wundt, Grundzüge der physiologischen Psychologie, 1873-1874), oppure come sensazione corporea (W. James, Principles of psychology, 1890).
L'approccio sensista fu attaccato, nei primi anni del XX secolo, dalla prospettiva intenzionalista della filosofia fenomenologica (Brentano). Secondo tale prospettiva le emozioni sono fenomeni intenzionali, cioè modalità della relazione soggetto-oggetto e percezioni di significati (Scheler, Sartre). Fino agli anni sessanta le posizioni sensiste hanno dominato la psicologia scientifica; da allora, anche se tali posizioni hanno continuato a contribuire alla ricerca e all'elaborazione teorica, la teoria delle emozioni ha cominciato a spostarsi verso il cosiddetto approccio cognitivo, in una sintesi che incorpora i punti di vista dei fenomenologi e quelli della filosofia precedente.
Nello stesso periodo si è sviluppata una linea di pensiero del tutto diversa, centrata sul comportamento emotivo piuttosto che sull'esperienza emotiva; tale linea, che esercitò notevole influenza soprattutto attraverso lo studio comparativo di Darwin, The expression of emotions in man and animals (1872), fu adottata dall'etologia - lo studio del comportamento animale - e dal comportamentismo nella sua formulazione più recente (O. H. Mowrer). Questi due approcci condividono una prospettiva funzionale: il comportamento emotivo innato, di cui fa parte l'espressione facciale, può essersi sviluppato nel corso dell'evoluzione solo in virtù del suo valore funzionale per l'adattamento. Anche il comportamento appreso sopravvive solo quando è funzionale all'ottenimento di ricompense. La prospettiva funzionale è importante anche nell'attuale scienza cognitiva, nel cui ambito vengono costruiti col computer modelli dei processi emotivi (cfr. Pfeifer, in Hamilton e altri, 1988).
La radicale differenza di prospettive ha condotto a disaccordi sulla definizione stessa di emozione. Le differenti prospettive e i disaccordi riflettono il fatto che il termine 'emozione' (o uno dei suoi equivalenti, come 'passione' o 'affectus') è usato in riferimento a fenomeni assolutamente diversi: esperienze soggettive o sentimenti, comportamenti espressivi, comportamenti motivati e mutamenti corporei. Uno dei problemi principali nella definizione di emozione è che ognuno dei quattro tipi di fenomeni suddetti può verificarsi in assenza degli altri. Ci possono essere sentimenti senza mutamenti fisiologici o segni esteriori, e comportamenti espressivi senza che risulti un sentimento soggettivo. Tra questi differenti indici dell'emozione tendono a esserci correlazioni positive, ma il grado di correlazione generalmente è basso. Le differenti prospettive, inoltre, interpretano le relazioni causali tra i quattro tipi di fenomeni indicati in modo assai diverso, e definizioni differenti considerano preminente ora l'uno ora l'altro. Per queste ragioni l'emozione è stata chiamata un 'processo a molte componenti', definito dalla presenza di una o più delle quattro componenti, quando tale presenza va fatta risalire al verificarsi di un evento emotivamente significativo. In questo articolo per 'emozione' si intenderà quel processo interiore che è suscitato da un evento emotivamente significativo e che può divenire manifesto attraverso ognuno dei suddetti fenomeni (una precisazione del concetto di 'evento emotivamente significativo' sarà data in seguito).
La percezione dell'emozione, cioè la sua esperienza soggettiva, è spesso ritenuta il nucleo o la caratteristica distintiva dell'emozione, mentre gli altri fenomeni sono considerati solo fattori concomitanti incidentali. Questo è stato il punto di vista più diffuso negli ultimi secoli; si tratta però di un punto di vista criticabile, dal momento che attribuire delle emozioni è significativo e utile, per la previsione del comportamento, anche quando non vengono attribuiti sentimenti, come nello studio degli animali o dei bambini non ancora in grado di parlare. Il concetto di emozione trae origine dalla classificazione del comportamento oltre che dall'esperienza soggettiva.
Nella definizione data prima l'emozione è stata chiamata 'processo interiore', perché i quattro tipi di fenomeni sono tutti manifestazioni di un processo sottostante comune. Questo processo può essere descritto come l'impatto di un evento-stimolo, impatto consistente nella valutazione di quell'evento, la quale implica un effetto sulla preparazione all'azione. Il sentimento è principalmente la rappresentazione cosciente di tale valutazione; l'espressione dell'emozione, il comportamento motivato e il mutamento fisiologico sono le manifestazioni dello stato di preparazione all'azione, e la consapevolezza di essi contribuisce al sentimento. Dopo una discussione sulla misura delle emozioni, saranno trattati in maggior dettaglio i quattro tipi di fenomeni.
Dal momento che col termine 'emozione' indichiamo l'impatto di un evento, impatto del quale i vari fenomeni sono manifestazioni, le emozioni possono essere misurate solo indirettamente, tramite queste manifestazioni. Poiché queste ultime sono solo moderatamente correlate fra loro, le misurazioni possono divergere e perfino risultare contraddittorie; nessuna di esse fornisce la sola misura dell'emozione, o la migliore.La misura delle emozioni implica una valutazione sia del tipo o qualità dell'emozione, che della sua intensità o forza.
I sentimenti sono normalmente misurati tramite liste di controllo o scale di valutazione. Ai soggetti viene chiesto di indicare quale di una serie di emozioni sia o fosse presente durante un episodio particolare, o di precisarne l'intensità in base a una scala a tre o più valori (generalmente fino a 7 o 10). Talvolta si richiede di indicare l'intensità solo genericamente ("quanto era forte la tua emozione?"). Per ottenere risposte più affidabili possono essere presentate più scale per una data emozione o per un dato aspetto di un'emozione ("quanto era intensa la tua rabbia, la tua collera, la tua irritazione?"), combinando poi i punteggi relativi; per alcuni stati emotivi (ansia, rabbia, depressione) sono stati approntati questionari standard. I punteggi desunti dalle scale di valutazione sono condizionati da diversi tipi di alterazione delle risposte: per esempio gli interrogati possono nascondere o esagerare i loro sentimenti. Le scale di valutazione restringono l'ambito dei sentimenti o degli aspetti dei sentimenti riferiti, e pertanto sono talvolta richieste delle descrizioni libere, cui è difficile assegnare un punteggio affidabile.
L'espressione facciale rappresenta l'indice delle emozioni più facilmente disponibile. Sono stati approntati molti metodi che consentono una classificazione sistematica delle espressioni facciali osservate direttamente o fotografate. Il metodo più oggettivo ed esaustivo, chiamato FACS (Facial Action Coding System), è stato sviluppato da P. Ekman e W. V. Friesen (v.,1978); esso richiede che siano registrate unità individuali di azione facciale e consente la valutazione sia della qualità che dell'intensità della risposta emotiva. L'utilità di tale metodo è limitata dall'elevata quantità di tempo che esso richiede.Qualche progresso è stato fatto nell'analisi dell'intonazione e del tremore della voce e degli aspetti paralinguistici del linguaggio (esitazioni, ecc.), ma finora nessuno di tali metodi ha raggiunto lo status di tecnica standard per la misura delle emozioni. Lo stesso vale per quanto riguarda i movimenti del corpo, le caratteristiche generali del movimento e le tracce grafiche dell'espressione (per esempio la calligrafia).
Negli studi sugli animali vengono usate liste di categorie per l'osservazione sistematica e la registrazione del comportamento motivato. Liste simili sono state usate negli studi sul comportamento emotivo dei bambini in situazioni specifiche (per esempio sul comportamento dei bambini piccoli in situazioni strane). L'analisi del comportamento emotivo degli adulti si basa quasi interamente su questionari intorno a esperienze o interessi passati; nessuno di questi sistemi è standardizzato al punto da fornire una scala valutativa accettata da tutti per la misura delle emozioni.
Nell'atto di provare un'emozione si verifica un certo numero di cambiamenti fisiologici, alcuni dei quali saranno menzionati più avanti. A causa delle rilevanti differenze individuali e situazionali nei valori standard dei parametri fisiologici, le reazioni emotive sono generalmente misurate in termini di deviazione da tali valori. Il grado di correlazione relativamente basso tra le reazioni fisiologiche durante le emozioni impedisce di calcolare in modo universalmente valido i valori di intensità delle emozioni, o di utilizzare uno dei parametri come valore di riferimento. Nondimeno la frequenza cardiaca e l'attività elettrocutanea (v. sotto) sono frequentemente usati come indici delle emozioni negli studi sperimentali. Non esiste alcuna tecnica fisiologica valida per accertare la presenza di un particolare tipo di emozione.
Il termine 'sentimento' ha diversi significati: secondo una certa accezione esso si riferisce a esperienze emotive deboli, prive di impulso all'azione e di turbamento fisico; in un senso più ampio esso si riferisce all'esperienza soggettiva dell'emozione in generale, ed è in questa accezione che useremo il termine.Il fatto che si parli abitualmente di sentimenti quali la paura, la gioia, la rabbia, ecc. suggerisce che l'esperienza emotiva consista di stati semplici e distinti di consapevolezza, analoghi alle sensazioni di rosso o verde. Alcune teorie dell'emozione affermano proprio che l'esperienza emotiva, come quella dei colori, è basata su un certo numero di sentimenti di base qualitativamente distinti (qualia). Le liste di tali emozioni di base, benché varino di volta in volta, generalmente comprendono la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura, il disgusto, la sorpresa. Le prove basate sui resoconti personali e le analisi semantiche dei termini designanti le emozioni suggeriscono comunque che tutti i sentimenti, anche quelli di base, sono complessi e costituiti da molte componenti. Quando un individuo designa un proprio sentimento con un certo termine, può riferirsi a differenti elementi. Questi elementi sono: a) l'affetto; b) i contenuti cognitivi, chiamati 'strutture di valutazione'; c) la consapevolezza dello stato di preparazione all'azione; d) la consapevolezza del corpo. Diverse combinazioni di questi elementi costituiscono sentimenti particolari.
La caratteristica principale dei sentimenti è l'affetto, termine col quale intendiamo la consapevolezza del piacere o del dolore, o del carattere piacevole o spiacevole dell'oggetto dell'emozione. Si tratta di una delle caratteristiche definitorie del sentimento, che lo contraddistinguono da altri tipi di esperienza. Le sensazioni di piacere e di dolore (o di piacevolezza e di spiacevolezza di un oggetto) sono tipi elementari di esperienza; vale a dire che non possono essere ridotte alla consapevolezza della 'attivazione' (arousal) corporea o a valutazioni di benefici o danni attuali o futuri (sebbene questi fattori possano averle determinate). Alcuni dati sperimentali dimostrano che particolari composti neurochimici, soprattutto i neuropeptidi chiamati endorfine e le catecolamine cerebrali adrenalina e/o dopamina, sono responsabili dell'affetto. Le stimolazioni elettriche delle vie neuronali ricche di queste ultime sostanze inducono gli animali a ricercare o (a seconda della collocazione) a evitare tali stimolazioni. Stimolazioni simili negli uomini inducono, rispettivamente, sentimenti di felicità e di sconforto o ansia.
Sebbene piacere e dolore siano qualia irriducibili (e i soli a esser tali nell'ambito delle emozioni), la loro percezione consente qualche descrizione ulteriore. Essi sono intimamente legati al desiderio di accrescere il primo e diminuire il secondo. Questo aspetto descrittivo corrisponde alla caratterizzazione filosofica del piacere come senso del buon funzionamento (Aristotele) o come accrescimento del potere di agire (Spinoza), e del dolore mentale come esperienza diametralmente opposta. Si parla correntemente di 'stati d'animo'. Questi sono spesso definiti come sentimenti di intensità relativamente bassa e durata relativamente lunga. Una definizione più soddisfacente precisa che si tratta di sentimenti che non implicano una relazione con un oggetto emotivo particolare. Le emozioni, per contro, sono definite come relazioni con un oggetto specifico, compresa la propria persona.
Nelle attuali analisi dell'esperienza emotiva si attribuisce un ruolo centrale alla valutazione della situazione emotiva. Le esperienze emotive includono strutture di valutazione, tramite le quali si percepisce la situazione in quanto significativa per il benessere o i desideri del soggetto. Le valutazioni possono essere descritte come configurazioni di attributi della situazione emotiva, qual è percepita dal soggetto; differenti valutazioni possono essere interpretate come configurazioni diverse. Emozioni differenti corrispondono, tra le altre cose, a diverse configurazioni di valutazione; vale a dire che i termini con cui si indicano le emozioni sono (tra l'altro) nomi utilizzati per designare l'esperienza di differenti configurazioni di valutazione. La rabbia, per esempio, può essere vista come l'esperienza dell'esser minacciati da un evento spiacevole causato da qualcun altro che avrebbe potuto evitare di causarlo; la paura può essere vista come l'esperienza di qualche male potenziale dall'esito incerto. I dati ricavati da resoconti personali suffragano questa tesi. Alcuni studi (v., per esempio, Smith e Ellsworth, 1985) hanno mostrato che differenti nomi di emozioni, utilizzati da soggetti di esperimenti per designare le proprie esperienze emotive, di fatto sono associati a differenti configurazioni di valutazione. Generalmente tali configurazioni implicano la percezione di ciò che ha causato l'emozione, ma sono anzitutto un aspetto dell'emozione stessa. La rabbia è (tra le altre cose) l'esperienza di esser soggetto a un'azione intenzionalmente dannosa, indipendentemente dal fatto che l'azione scatenante la rabbia sia stata percepita come intenzionale oppure no.
Alcuni attributi cognitivi appaiono particolarmente importanti nel dar forma all'esperienza emotiva (cfr. K. R. Scherer, in Hamilton e altri, 1988). Fanno parte di questi attributi la piacevolezza o spiacevolezza dell'evento; le sue implicazioni benefiche o dannose; la sua familiarità o estraneità; il suo carattere inatteso; l'incertezza intorno alle implicazioni dell'evento; il senso della propria responsabilità, o di quella di qualcun altro, nella determinazione dell'evento; la possibilità o impossibilità di esercitare un controllo sull'evento; il carattere benefico o dannoso dell'evento per se stessi o per qualcun altro; il carattere conforme o conflittuale dell'evento con le proprie norme. Sono state elaborate teorie strutturali delle emozioni che descrivono ogni esperienza emotiva in termini di un numero limitato di questi attributi. Esse funzionano abbastanza bene, in quanto i nomi di emozioni usati dai soggetti per designare le proprie esperienze possono essere previsti abbastanza bene in base alle loro valutazioni di questi attributi. Vi è una buona corrispondenza tra il grado di somiglianza o differenza attribuito alle emozioni e il grado di somiglianza o differenza delle descrizioni strutturali fornite.
L'esperienza emotiva include anche la consapevolezza dei desideri e degli impulsi all'azione. La percezione dei desideri e quella della preparazione all'azione sono tra gli aspetti caratteristici dei sentimenti di gioia, paura, collera, ecc.; tra gli aspetti del dolore e della disperazione c'è la consapevolezza della propria perdita di interesse e di inclinazione all'azione. Sono state riscontrate strette correlazioni tra autoattribuzioni di emozioni e descrizioni di proprie modalità di preparazione all'azione. Dati transculturali indicano che si tratta di risultati generali, ma la ricerca ha dedicato a questi aspetti minore attenzione che agli aspetti cognitivi. La preparazione all'azione, nelle emozioni, è generalmente sentita come involontaria, o come un impulso. A questo proposito si parla del senso di 'precedenza di controllo' di un'emozione. La preparazione all'azione sperimentata con la precedenza di controllo forma un secondo attributo definitorio dell'esperienza emotiva: definisce una classe di esperienze che si sovrappone, pur differendone in parte, a quella definita dall'affetto. L'interesse, per esempio, non è segnatamente piacevole o spiacevole, e perciò spesso non è considerato un'emozione, pur contenendo uno stimolo a partecipare e a continuare a prestare attenzione a scapito di altre attività.
Nella famosa teoria James-Lange l'esperienza emotiva era vista come consapevolezza delle risposte corporee. Si riteneva che ogni distinta emozione corrispondesse alla consapevolezza di un diverso schema di risposta corporea. Le discussioni sulla teoria James-Lange furono in gran parte incentrate sulla consapevolezza di un mutamento fisiologico periferico, spesso designato come 'arousal (attivazione) autonomo'. Nel complesso gli schemi di risposta autonoma che si attuano in occasione di differenti emozioni non sembrano così sistematicamente diversi da poter spiegare le differenze tra sentimenti. La consapevolezza del mutamento corporeo contribuisce senz'altro ai sentimenti di turbamento, eccitazione e oppressione, ma non fornisce la specifica qualità dei diversi stati emotivi; né costituisce la base del sentimento come tale, perché il grado di correlazione tra valutazione della propria esperienza emotiva e perturbazione a livello vegetativo, percepita o registrata, tende a essere basso. Tuttavia i soggetti cui viene chiesto di indicare quali cambiamenti corporei abbiano sentito in occasione di emozioni particolari forniscono descrizioni che distinguono tra emozioni diverse. I dati suggeriscono che essi facciano riferimento a rappresentazioni schematiche piuttosto che a esperienze effettive.
In questo contesto per 'espressione' si intende il comportamento (movimenti e suoni) che indica la presenza dell'emozione a un osservatore esterno e che tende a verificarsi quando gli individui si trovano di fronte a eventi emotivamente significativi. Il termine 'espressione' può creare confusione, perché suggerisce che i movimenti e i suoni abbiano lo scopo di segnalare le emozioni agli altri, mentre il fatto che essi permettano di individuare le emozioni non implica che sia questa la loro funzione.
Darwin, nel libro prima citato, confronta le espressioni facciali e le posture negli animali e nell'uomo, e fornisce dati a favore dell'ipotesi che le principali espressioni della specie umana siano universali. Questa ipotesi è stata suffragata dalla scoperta, di P. Ekman e C. E. Izard, che certe espressioni facciali sono correttamente riconosciute da persone appartenenti a una grande varietà di culture, compresi gli analfabeti, e si riscontrano anche in individui ciechi dalla nascita. Le espressioni in questione sono quelle che riflettono la felicità, la tristezza, la rabbia, la paura, il disgusto, la sorpresa, il disprezzo; l'universalità di altre espressioni è ancora controversa. Inoltre molte espressioni facciali (e posturali) umane trovano riscontro in quelle di animali superiori; fanno eccezione il riso, il sorriso e il pianto. Il riso e il sorriso sembrano tuttavia avere precursori nelle espressioni di pacificazione e nella 'faccia da gioco' degli scimpanzé.Perché le emozioni sono accompagnate da manifestazioni espressive? Darwin propose tre principî.
1. Il principio delle abitudini associate utili: si può supporre che i movimenti espressivi abbiano fatto parte di un comportamento adattativo nel nostro lontano passato; essi ora, attraverso l'ereditarietà, vengono compiuti ogniqualvolta proviamo gli stessi sentimenti che, in passato, davano luogo a quel comportamento.
2. Il principio dell'antitesi: sentimenti opposti portano a opposti comportamenti espressivi; se, per esempio, la rabbia genera una esibizione di potere (per esempio la postura eretta), la sottomissione genera una esibizione di mancanza di potere (per esempio la postura china).
3. Il principio dell'azione diretta del sistema nervoso: "Certe azioni che riconosciamo come espressive [...] sono il risultato diretto della costituzione del sistema nervoso" (The expression of emotions in man and animals, 1872, cap. 3); esse sono, diremmo oggi, manifestazioni di un generale stato di attivazione o inibizione.
Il modo in cui Darwin ha formulato il primo principio trascura il fatto che molte espressioni facciali sono gli stadi iniziali o preparatori di configurazioni di risposta che hanno un'effettiva natura adattativa in molte condizioni emotive, come il rannicchiarsi per proteggersi da un attacco, il raccogliere le forze in vista di un'azione offensiva, il focalizzare l'attenzione sensoriale. Altri movimenti espressivi sono adattativi in virtù dell'effetto che esercitano sugli altri, come l'effetto rassicurante o distensivo del sorriso, la risposta protettiva suscitata dal pianto e l'effetto intimidatorio dello sguardo di sfida, dell'urlo, dell'esibizione della forza muscolare. Gli effetti diretti e sociali sono spesso funzionali nel contesto emotivo che suscita le espressioni. Le risposte autoprotettive (una faccia spaventata, il rannicchiarsi) sono provocate dalla minaccia, le risposte rassicuranti e distensive (sorriso) da incontri sociali non ostili e da incontri con superiori, la richiesta di aiuto (pianto) è causata da dolore e disagio e il comportamento intimidatorio da incontri ostili e dalla frustrazione causata da altri.
Secondo una delle principali ipotesi sull'espressione facciale, la sua più importante funzione e la sua origine evolutiva sarebbe la comunicazione sociale dell'emozione. La funzione adattativa diretta e la capacità di influenzare gli altri, appena descritta, non si conciliano con questa ipotesi. Comunque la comunicazione delle emozioni gioca senz'altro un ruolo importante in quei movimenti, più o meno volontari, che derivano dall'espressione emotiva involontaria e che vengono designati come emblemi o gesti (facciali o d'altro tipo). Esempi di segnali emblematici sono: annuire per dimostrare consenso, scuotere il capo in segno di diniego e i segnali colloquiali di dubbio, disapprovazione, apprezzamento e simili. Espressioni facciali involontarie sono spesso riprodotte o accentuate volontariamente, a scopo di comunicazione, come risulta dal fatto che i ciechi dalla nascita mostrano espressioni facciali più deboli e povere rispetto alle persone normali. La distinzione tra espressioni emotive facciali e gesti facciali si basa su differenze nel controllo nervoso e sulla generalità transculturale delle prime in contrasto con le differenze culturali riscontrate a proposito dei secondi.Le espressioni emotive possono, inoltre, svolgere funzioni regolatorie. È stato ipotizzato che il riso e il pianto - due configurazioni espressive che sono risultate difficili da spiegare in altro modo - possano servire a scaricare l'attivazione emotiva. Recentemente R. B. Zajonc ha fornito prove a favore di una teoria 'vascolare' dell'espressione, in base alla quale l'espressione facciale potrebbe influenzare direttamente l'affetto modificando il flusso sanguigno cerebrale, la temperatura del cervello e la secrezione delle endorfine.
La postura del corpo, i movimenti delle braccia e delle gambe e le caratteristiche generali del movimento veicolano anch'essi significati emotivi in modo sistematico. Le espressioni facciali, negli uomini e negli animali, sono spesso parte di configurazioni di azione che comprendono posture e movimenti di tutto il corpo. Queste configurazioni appartengono a repertori d'azione specie-specifici, funzionali a scopi adattativi, quali la difesa, il rifiuto di sostanze ripugnanti, l'approccio investigativo e la modulazione delle relazioni interpersonali. Una postura esageratamente eretta, per esempio, è parte di un comportamento intimidatorio e preparatorio a un eventuale uso della forza. Le caratteristiche generali del movimento, come la velocità, la forza e la tensione, possono essere intese come manifestazioni di aumento o diminuzione dell'attivazione e dell'inibizione generali.
Naturalmente i segnali vocali svolgono un ruolo preminente nella risposta emotiva animale, e compaiono nell'espressione emotiva umana sia come specifiche configurazioni sonore (grida, riso, pianto, lamenti), sia sotto forma di intonazioni linguistiche. Lo studio sistematico delle espressioni vocali negli uomini è stato intrapreso solo di recente. Secondo alcuni dati il significato emotivo dei segnali vocali non verbali viene riconosciuto quasi altrettanto bene quanto il significato dell'espressione facciale.
Nello studio degli animali si parla di 'sistemi comportamentali': si tratta di insiemi di comportamenti attivati dagli stessi tipi di eventi scatenanti e che sembrano avere funzioni simili, come la protezione, il fronteggiare situazioni ostili, ecc. Gli eventi emotivi, negli uomini e negli animali, attivano sistemi di comportamento che comprendono le configurazioni comportamentali 'espressive' innate e spontanee - appena discusse - e i comportamenti acquisiti e intenzionali. In quanto capaci di attivare tali configurazioni comportamentali, le emozioni sono stati motivazionali, oltre a essere stati d'animo. Uno stato motivazionale è definito da due caratteristiche di cui godono le emozioni: la persistenza di fronte a ostacoli o interruzioni e la possibilità di raggiungere lo stesso risultato tramite comportamenti diversi. Alcune emozioni, per esempio il cordoglio, implicano una perdita di motivazione; altri, per esempio l'ansia, implicano inibizione; anche questi stati comportano un'intensa modificazione della motivazione e presentano la caratteristica della persistenza di fronte alle interruzioni. Sia dal punto di vista del comportamento che da quello del sentimento gli stati motivazionali delle emozioni possono essere descritti come stati di preparazione all'azione con la proprietà della precedenza di controllo. Questo significa che le emozioni da una parte tendono ad aumentare l'efficienza del comportamento finalizzato agli scopi dell'emozione e a concentrare l'attenzione su ciò che è più importante per raggiungere questi scopi; dall'altra tendono a interferire con compiti in corso di esecuzione, causando disorganizzazione del comportamento, interferenze con l'esecuzione del compito e distrazione. Negli stati emotivi intensi anche un comportamento rilevante per l'emozione può essere disturbato, o perché le risposte emotive più primitive, che richiedono meno sforzo, interferiscono con il comportamento complesso, o perché l'attenzione dedicata alla situazione emotiva causa disorganizzazione nel controllo e nella pianificazione del comportamento. Questi vari effetti dell'emozione sulla prestazione sono sussunti sotto il principio della cosiddetta 'curva a U invertita': l'emozione tende a migliorare la prestazione fino a un optimum, dopo di che ne causa il deterioramento. Il punto ottimale si sposta verso livelli di intensità emotiva tanto più bassi quanto più complesso è il compito o meno bene appreso ('legge di Yerkes-Dodson').
Le emozioni implicano risposte periferiche regolate dal sistema nervoso autonomo, reazioni ormonali e altre reazioni biochimiche, e risposte elettrocorticali. Le emozioni più intense generalmente determinano un incremento di attività del ramo simpatico del sistema nervoso autonomo, dando origine a una o più delle risposte controllate da tale ramo: aumento della secrezione di adrenalina, aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, aumento del volume respiratorio, vasocostrizione dei capillari cutanei (pallore), dilatazione delle pupille, arresto dell'attività gastrointestinale, diminuzione della salivazione (bocca secca) e incremento dell'azione delle ghiandole sudorifere che determina un aumento della conduttanza della pelle (risposta elettrodermica - EDR - o risposta galvanica della pelle - GSR - su cui si basano le cosiddette 'macchine della verità'). La configurazione dei cambiamenti descritti è nota come 'arousal (attivazione) simpatico' o 'risposta d'emergenza' (W. B. Cannon), poiché tende a verificarsi in tutte le situazioni in cui risulta necessario l'impiego di energia fisica. I cambiamenti sono dovuti in parte all'azione dell'accresciuta secrezione di adrenalina, che può anche produrre tremito e sensazione di freddo. Sotto l'effetto di una forte emozione possono verificarsi mutamenti opposti, di cui è responsabile il sistema parasimpatico: aumento del flusso sanguigno periferico (rossore del volto), diminuzione della pressione sanguigna (svenimento), intensificazione dell'azione intestinale (diarrea) e diminuzione della frequenza cardiaca. Configurazioni di risposta diverse dalle precedenti possono verificarsi in funzione della direzione verso cui è rivolta l'attenzione, del grado di attività muscolare e dell'orientamento verso il coping (far fronte) attivo o passivo. Poiché molte di queste configurazioni possono essere viste come variazioni della configurazione di arousal simpatico in cui particolari componenti variano in una direzione diversa da quella della configurazione, esse vengono spesso denominate modi di 'frazionamento direzionale'.
James e Lange hanno avanzato l'ipotesi secondo cui emozioni diverse implicherebbero diverse configurazioni di risposta del sistema autonomo. Questa ipotesi è stata contraddetta da Cannon, il quale ha scoperto che in condizioni di stress l'arousal simpatico non è specifico. Le ricerche compiute in seguito sui cambiamenti autonomi in situazioni emotive diverse hanno per lo più confermato i dati di Cannon. Le configurazioni di risposta autonoma variano, ma le variazioni non corrispondono a emozioni diverse. Recentemente Ekman e altri hanno trovato prove del contrario: finora non è stato chiaramente stabilito se le configurazioni osservate corrispondano a emozioni diverse o, piuttosto, a differenti gradi di sforzo muscolare.Le emozioni producono una quantità di cambiamenti ormonali. Le emozioni stressanti tendono ad aumentare la secrezione di adrenalina, noradrenalina, adrenocorticotropina (ACTH), cortisolo, ormone tiroideo e ormone della crescita, e a inibire la secrezione di insulina, testosterone ed estrone. In condizioni di stress, in altre parole, i meccanismi per mobilitare l'energia fisica subiscono un'accelerazione, mentre l'attività metabolica generale e i processi sessuali tendono a essere repressi. Questi cambiamenti ormonali sono tra i fattori che danno origine a cambiamenti della funzionalità del sistema immunitario. L'indagine relativa a questi ultimi è solo all'inizio; si tratta di cambiamenti complessi, che si risolvono in una diminuzione della funzionalità del sistema immunitario, almeno nel caso di emozioni dolorose di lunga durata. Infine si verificano mutamenti nella secrezione di oppioidi endogeni come le endorfine. Alcune endorfine attenuano un affetto doloroso e il loro rilascio è stimolato dall'affetto in questione o dall'esperienza che lo suscita.
Gli effetti elettrocorticali degli stimoli emotivi sono evidenti nella desincronizzazione dell'elettroencefalogramma: sparizione delle onde alfa lente, comparsa di un'attività veloce, irregolare, a basso voltaggio. L'esame di ulteriori aspetti elettrocorticali delle emozioni, particolarmente in quanto collegati alle funzioni di differenti regioni del cervello, esula dagli scopi di questo articolo. È sufficiente dire che le ricerche sui cambiamenti elettroencefalografici specificamente collegati ai processi emotivi sono appena agli inizi.
Le emozioni sono suscitate da eventi esterni oppure da eventi interni quali ricordi, fantasie e pensieri; gli uni e gli altri possono essere eventi emotivamente significativi. Esistono molti punti di vista sulla natura di tali eventi.
Secondo un'ipotesi le emozioni, più o meno come i riflessi, sono risposte innate a stimoli specifici. Per esempio uno stimolo intenso inaspettato fa trasalire, senza previo apprendimento; l'impedimento dei movimenti spontanei causa ansia, anche nei bambini piccoli. Stimoli non 'innati' possono suscitare tali emozioni per condizionamento o per associazione. Esiste un grande numero di stimoli, o di eventi-stimolo più o meno complessi, che sono particolarmente efficaci nel suscitare emozioni, probabilmente in modo innato, vista la loro quasi universalità. A prescindere dagli stimoli inaspettatamente intensi o non familiari, suscitano emozioni le varie minacce al benessere fisico, come la fame, la sete, il freddo e il dolore, e una serie di eventi complessi, molti dei quali definiscono particolari categorie di emozioni, almeno nella nostra cultura. Tra questi eventi vi sono (indichiamo tra parentesi i nomi delle emozioni tipiche relative): la disponibilità di un oggetto sessuale (libidine); la disponibilità di una persona cui si è attaccati (amore); il superamento di una minaccia o di un ostacolo (gioia); la perdita di una persona cui si è attaccati, come un genitore, un figlio, un coniuge (cordoglio); la trasgressione di norme di gruppo da parte di altri (indignazione), ovvero la propria trasgressione di norme di gruppo (vergogna); l'aver danneggiato un conspecifico non ostile (senso di colpa); la minaccia all'attaccamento interpersonale da parte di una terza persona (gelosia); il possesso da parte di altri di un oggetto ardentemente desiderato (invidia); l'aver subito un danno (sentimento di vendetta); l'esclusione dal proprio gruppo sociale (tristezza). Le emozioni che dipendono da questi tipi di eventi sono talvolta considerate il risultato dell'apprendimento sociale. Si può tuttavia dimostrare che ognuna di esse implica una sensibilità emotiva innata, sebbene la sensibilità, e la preparazione a tradurre in atto le emozioni, vari con le norme culturali.
Tutte le suddette cause di emozioni implicano costellazioni di eventi piuttosto che semplici stimoli. L'efficacia di tutti gli stimoli emotivi o della maggior parte di essi dipende dal contesto in cui sono percepiti. Ciò vale anche per il trasalimento causato da uno stimolo intenso inatteso: l'essere inatteso non è una proprietà dello stimolo in sé, ma dipende dalle aspettative dell'individuo. Anche la fame, la sete, il dolore suscitano emozioni solo quando persistono per un certo tempo, oppure sono molto intensi; che l'impedimento del movimento spontaneo provochi ansia dipende dalla propensione individuale al movimento e dal significato attribuito all'impedimento. La complessità della costellazione è ancora più evidente nel caso degli altri eventi menzionati. Spesso, inoltre, è la sequenza degli eventi a suscitare l'emozione. L'ansia causata dall'interruzione di un movimento in corso ne è un esempio, così come la gioia per aver superato una minaccia o un ostacolo. Il superamento improvviso di una minaccia o di un ostacolo è un caso interessante, poiché è una specifica situazione che scatena il riso, chiamata 'sequenza attivazione-padronanza' (arousal-mastery sequence).
Un modo diverso di vedere l'induzione dell'emozione è stato proposto da W. Wundt e altri: secondo questi autori gli eventi-stimolo moderatamente deboli tendono a suscitare un affetto positivo, gli stimoli intensi un affetto negativo. Secondo una variante di questo punto di vista, il fattore determinante è l'intensità congiunta alla subitaneità (S. S. Tomkins). L'ipotesi è stata ricavata da studi sul valore affettivo di stimoli sensoriali quali suoni, sapori e odori, e sembra avere una certa validità in tale ambito. Nel caso di eventi più complessi, tuttavia, l'intensità dello stimolo non può essere definita indipendentemente dall'intensità della risposta emotiva.
Tra gli eventi emotivamente significativi figurano numerose coppie di situazioni opposte che provocano emozioni caratterizzate da affetti opposti. La vicinanza di una persona cui si è attaccati tende a determinare amore o gioia, la perdita di una tale persona cordoglio; la comparsa di una minaccia paura, la sua scomparsa sollievo, ecc. Sulla base di queste considerazioni è stato delineato un terzo punto di vista sulle cause delle emozioni, secondo cui le emozioni sarebbero suscitate da eventi rilevanti per gli interessi dell'individuo: il suo benessere, i suoi motivi, i suoi scopi principali più o meno stabili (i termini 'interesse', 'benessere', 'motivo' e 'scopo principale' sono considerati equivalenti nel presente contesto). Gli eventi che implicano o segnalano la gratificazione di un qualche interesse inducono emozioni affettivamente positive, così come gli eventi che implicano o segnalano una diminuzione del danno o della minaccia nei confronti di un interesse. Gli eventi che implicano o segnalano un danno o una minaccia nei confronti di un interesse, o che provocano o segnalano una diminuzione della gratificazione di un interesse, suscitano emozioni negative. I rapporti fra le emozioni e gli eventi che le suscitano possono essere rappresentati mediante due tabelle a doppia entrata a quattro posti: una che descrive le conseguenze emotive di eventi che producono direttamente gratificazione o danno (o la loro diminuzione), e un'altra che descrive le conseguenze di eventi che segnalano gratificazione o danno (o la loro scomparsa) nel futuro (questo tipo di rappresentazione è stato adottato dai comportamentisti J. R. Millenson, O. H. Mowrer e J. A. Gray e dai sostenitori delle teorie cognitivistiche contemporanee). Inoltre i desideri (equiparabili alle emozioni, come la curiosità e l'interessamento) nascono quando gli eventi segnalano la mera possibilità della gratificazione, e la curiosità o l'interessamento quando gli eventi potrebbero essere rilevanti per la gratificazione di un interesse, ma non si sa ancora in che modo.
Questo inquadramento teorico consente di precisare le condizioni in cui insorgono emozioni specifiche, puntualizzando la sequenza temporale, il contesto e il tipo di oggetti implicati negli eventi positivi o negativi. Il cordoglio, per esempio, è suscitato dalla definitiva perdita di un oggetto di interesse; la gioia è causata da un improvviso aumento di gratificazione dovuto al superamento di un ostacolo. Gli esempi mostrano che il punto di vista della concordanza-discrepanza (match-mismatch) degli eventi rispetto agli interessi comprende in sé il punto di vista dello stimolo specifico, descritto precedentemente: la maggior parte degli stimoli emotivi ha valenza positiva o negativa perché soddisfa (match) o minaccia (mismatch) un interesse.
I punti di vista appena illustrati riguardano i principî che presiedono all'insorgenza delle emozioni; gli antecedenti di particolari emozioni, comunque, sono spesso ignoti. È spesso difficile stabilire quali siano gli interessi coinvolti, o quali precisi aspetti dell'oggetto che suscita l'emozione siano valutati come rilevanti. Sono state avanzate varie ipotesi per spiegare le cause di molte emozioni, tra le quali l'afflizione e il senso di colpa negli stati depressivi e l'angoscia e gli attacchi di panico nelle fobie e nelle nevrosi d'angoscia.
Le teorie delle emozioni generalmente partono dal presupposto che le emozioni siano suscitate da particolari eventi o sequenze di eventi. Tuttavia esistono anche emozioni senza oggetto, per esempio stati depressivi e attacchi di panico. Alcune emozioni possono essere suscitate da processi metabolici o cerebrali. Gli attacchi di angoscia possono senz'altro essere suscitati da agenti chimici e da una stimolazione del cervello (per esempio negli epilettici), almeno in alcuni individui, e i processi biochimici sono importanti negli stati depressivi. D'altro canto questi fattori possono agire sulle soglie in corrispondenza delle quali determinati eventi suscitano le emozioni in questione, anziché essere essi stessi la causa delle emozioni. Per esempio certi epilettici, se sottoposti a stimolazione della regione limbica del cervello, diventano inquieti e nervosi, talché lievi irritazioni determinano in loro violenti attacchi di collera. Inoltre la causa di attacchi d'angoscia può essere il fatto che l'ambiente nel suo complesso è percepito come minaccioso in conseguenza di un venir meno della fiducia nella propria capacità di affrontarlo.
Nello scatenamento di un'emozione entrano in gioco la percezione che un evento è rilevante per gli interessi dell'individuo e la percezione della costellazione, o contesto, in cui si verifica l'evento rilevante. L'intero processo è spesso chiamato processo di valutazione (M. B. Arnold), e i due aspetti della percezione valutazione primaria (o del fatto centrale) e secondaria (o del contesto). La valutazione primaria riguarda ciò che la situazione può offrire o causare al soggetto; la valutazione secondaria il modo in cui la situazione si presta a essere affrontata.
I processi di valutazione sono generalmente rapidi e automatici, e l'individuo non ne è necessariamente consapevole. Talvolta il processo è semplice e immediato, come nella risposta a stimoli emotivi elementari, quali il dolore fisico, la fame, stimoli intensi improvvisi; la nozione di valutazione perde allora gran parte del suo senso. Nella maggior parte delle circostanze, tuttavia, tra l'evento-stimolo e l'accertamento della sua rilevanza ha luogo un'analisi più o meno elaborata dell'informazione. Il turbamento di un bambino piccolo quando sua madre è assente, per esempio, implica necessariamente un qualche confronto tra la sua assenza attuale e la sua precedente presenza. Qualche processo cognitivo è implicato perfino nella risposta a eventi elementari. Come già notato, uno stimolo inaspettato provoca trasalimento in virtù del fatto che è inaspettato, vale a dire tramite il suo contrasto con un'aspettativa prevalente. Perfino gli effetti degli stimoli emotivi primari, come il dolore fisico e lo stimolo sessuale, che, in quanto primari, sono indipendenti dalla mediazione cognitiva, sono fortemente sensibili alle influenze cognitive. Si è dimostrato, per esempio, che l'intensità del dolore fisico dipende strettamente da aspettative precedenti e dal significato associato all'evento doloroso; lo stesso dicasi dell'eccitazione sessuale.
La maggior parte delle emozioni implica un'elaborazione cognitiva più complessa di quella suaccennata. Molte emozioni sono suscitate dall'anticipazione di eventi emotivamente significativi, piuttosto che da tali eventi in se stessi. Questo vale nel caso di emozioni suscitate da messaggi verbali (per esempio "ti amo"), segni (per esempio odore di bruciato) e simboli (per esempio una medaglia al valore). Le emozioni sono suscitate anche da associazioni con eventi direttamente piacevoli o spiacevoli: perfino ad anni di distanza da un evento traumatico, un oggetto anche superficialmente simile a un oggetto collegato a quell'evento può scatenare un attacco di panico o di collera. Associazioni e anticipazioni sono reazioni apprese che traggono origine da interazioni sociali nonché dall'esperienza personale. Molti eventi suscitano emozioni in quanto si è avuto modo di osservare che altre persone reagiscono emotivamente di fronte a essi: per esempio la fobia dei cani è particolarmente frequente in individui i cui genitori avevano paura dei cani. Molte preferenze e idiosincrasie alimentari, l'ammirazione o l'odio per certi individui e simboli (bandiere, inni) sono emozioni socialmente determinate e tipiche dei membri di una data cultura. Anche la gioia o il disgusto suscitati da cibi, persone e oggetti hanno origine sociale.
Le anticipazioni sono i fattori determinanti primari di certe emozioni, soprattutto paura e speranza, delusione, sollievo e frustrazione. Quest'ultima, come il trasalimento, può verificarsi solo nel caso che ci si aspettasse un risultato contrario. Molte reazioni emotive servono specificamente ad affrontare l'incertezza dei risultati futuri: l'irrigidimento precauzionale nell'ansia, l'autoprotezione preventiva nella paura e l'apatica diminuzione di attività nel cordoglio e nella delusione grave. Risultati sperimentali hanno dimostrato gli effetti di precedenti aspettative su successive emozioni. Eventi sfavorevoli suscitano apprensione o angoscia più intense quando sono imprevedibili e anche quando il soggetto si sente incapace di controllarli (v. Glass e Singer, 1972). La sensazione che l'ambiente sia incontrollabile, giustificata o meno che sia, è una fonte di angoscia (quando si dispone ancora di risorse) o di apatia depressa (quando le risorse sono esaurite). La maggior parte di queste variabili di stimolo e di questi giudizi cognitivi corrisponde alle variabili di valutazione menzionate a proposito dell'esperienza delle emozioni. Un'altra di queste variabili, socialmente assai rilevante, è l'attribuzione causale. Il fatto di attribuire la responsabilità di un evento a se stessi oppure ad altri influenza fortemente la rabbia, l'orgoglio e il senso di colpa. La rabbia è più intensa quando si pensa che l'antagonista abbia agito intenzionalmente o sbadatamente; i sensi di colpa sono più forti quando ci si sente responsabili di un evento dannoso.
Le variabili menzionate giocano un duplice ruolo nell'induzione delle emozioni: determinano quale particolare emozione insorgerà e la sua intensità, e perciò se vi sarà o meno un'emozione. In quest'ultimo ruolo le variabili presentano un comune denominatore. Dato un certo evento rilevante per un interesse, esso suscita un'emozione solo se vi è qualche difficoltà nell'ottenere la soddisfazione o scongiurare il danno che l'evento può procurare. Imprevedibilità, incontrollabilità e incertezza sono tutti aspetti che contribuiscono alla difficoltà di risolvere il problema posto dall'evento. Altre fonti di difficoltà sono l'irrevocabilità delle perdite che causano cordoglio e l'attribuzione della responsabilità di un evento, che introduce i rischi inerenti al trattare con qualcun altro e l'irrevocabilità della propria responsabilità.Le emozioni sono suscitate da eventi difficili da affrontare; più precisamente sono suscitate da eventi rilevanti per gli interessi del soggetto e che implicano una qualche difficoltà di assicurare o salvaguardare il relativo soddisfacimento. Questa definizione generale si applica sia alle emozioni positive che a quelle negative; le emozioni positive insorgono nel caso che il soddisfacimento fosse incerto ovvero nel caso che siano stati superati ostacoli precedenti. L'aspetto della difficoltà è discusso nella letteratura in molti modi. Per esempio si può dire che le emozioni insorgono quando le risorse a disposizione del soggetto per affrontare un determinato evento (risorse di coping) o risultano insufficienti o non si sa se si riveleranno sufficienti. Secondo un'altra concezione le emozioni insorgono quando il ritmo di soddisfazione di un interesse è più lento o più veloce di quanto ci si aspettasse (Carver).La maggior parte delle variabili cognitive discusse è correlata alle variabili oggettive degli eventi-stimolo, quali la probabilità dell'evento o la probabilità che la propria azione si riveli efficace. Ciò che conta nell'induzione delle emozioni, comunque, è la valutazione da parte del soggetto. Per esempio il disagio prodotto da eventi sfavorevoli è minore quando il soggetto ha l'opportunità di controllare il verificarsi di questi eventi, anche se non se ne avvale.
Quanto esposto nel capitolo precedente mostra come l'induzione delle emozioni dipenda da processi cognitivi. L'emozione e la cognizione (o 'ragione'), comunque, sono sempre state considerate facoltà distinte della mente. Inoltre spesso le emozioni sono ritenute primitive, immediate e non premeditate, e perciò separate dal pensiero. La relazione tra emozione e cognizione è perciò oggetto di dibattito. Alcuni autori, per esempio R.S. Lazarus (v., 1982), ritengono che le emozioni derivino dal processo cognitivo di valutazione; altri sottolineano come le emozioni siano spesso scatenate direttamente da stimoli fisici elementari o da processi corporei. La distinzione tra affetto ed emozione aiuta a chiarire tale controversia. L'affetto può essere suscitato da stimoli semplici, come odori e sapori: l'eccitazione sessuale ne è un esempio; le emozioni, cioè i cambiamenti di preparazione all'azione, sono suscitate da costellazioni in cui uno stimolo affettivo appare o scompare, o ci si attende che lo faccia. Come si è visto, le costellazioni possono essere assai semplici e non implicare altro che la persistenza dello stimolo o la sua imprevedibilità o estraneità; al limite può trattarsi dell'intensità dello stimolo, cui non si è ancora abituati, o del rapido approssimarsi di un oggetto. Comunque un qualche processo cognitivo, semplice o meno, è sempre implicato. Anche nelle emozioni più complesse i processi cognitivi responsabili dell'attivazione dell'emozione hanno una base automatica. Si tratta dei processi fondamentali di attivazione delle anticipazioni sulla base degli schemi della memoria cognitiva, di registrazione dell'accordo o del conflitto con tali schemi, di percezione dell'intenzionalità e di percezione della causalità. Gli schemi della memoria contengono la base per effettuare inferenze automatiche, come quella che può portare a dedurre, dalla vista di una lettera con una calligrafia sconosciuta, una conclusione emotivamente importante: per esempio l'infedeltà del proprio partner. Questi processi cognitivi di base non implicano un ragionamento sequenziale o una deliberata valutazione della rilevanza; essi sono nondimeno forme di elaborazione dell'informazione, cioè processi cognitivi.Il fatto che tali processi cognitivi siano coinvolti nelle emozioni mostra che emozioni e cognizioni non sono facoltà mentali opposte, incompatibili. I contrasti hanno luogo tra emozioni conflittuali e tra emozioni e processi cognitivi che segnalano la probabilità di altre emozioni in un momento futuro.
Il verificarsi delle emozioni dipende non solo da eventi interni o esterni e dalle difficoltà che implicano, ma anche da disposizioni costanti dell'individuo. Cruciale per il verificarsi delle emozioni è l'esistenza di sensibilità e interessi rilevanti: sensibilità per particolari tipi di eventi-stimolo, e interessi rispetto ai quali gli eventi possono essere propizi o dannosi e che perciò forniscono agli eventi stessi significato emotivo. Il termine 'interesse' indica una disposizione a conseguire o mantenere stati particolari del mondo o dell'io, e ad accogliere con piacere o respingere tali stati quando essi si presentano. Risulta utile distinguere gli interessi in motivi fondamentali - definiti da stati generalizzati del soggetto (per esempio l'integrità fisica, la libertà d'azione, l'orientamento nel proprio ambiente, l'appartenenza al gruppo, la soddisfazione sessuale) - e sentimenti - definiti da simpatie e antipatie per un determinato oggetto, o classe di oggetti: l'attaccamento a particolari persone e l'interesse per cose particolari sono esempi di sentimenti. I sentimenti in ultima analisi si spiegano riconducendoli ai motivi fondamentali che vengono soddisfatti attraverso la loro soddisfazione. Un terzo gruppo di interessi consiste nei valori sociali e individuali.Si può supporre che i motivi fondamentali siano gli stessi per tutta la specie umana. I sentimenti e i valori differiscono a seconda degli individui e delle culture. Le differenze di origine culturale fra le emozioni derivano in primo luogo da differenze riguardanti questi ultimi interessi e gli eventi che assumono rilevanza emotiva sulla base di tali interessi.
Le reazioni emotive degli individui differiscono per ragioni che non si riducono alle differenze tra interessi. Esistono differenze individuali costanti nella predisposizione a particolari emozioni e forse anche nella reattività emotiva in sé. Sono state riscontrate differenze individuali nella predisposizione all'angoscia sociale o da prestazione, alla rabbia, alle reazioni depressive e a risposte affettive positive alle sfide (ricerca di sensazioni, sensation seeking). A un livello più specifico alcuni individui vanno soggetti ad attacchi d'angoscia scatenati da oggetti o situazioni particolari (fobie sociali, paura dell'altezza, fobie degli animali) e soffrono di gelosia. A un livello più generale gli individui si differenziano per la facilità o l'intensità con cui vengono turbati emotivamente dalle preoccupazioni e dagli stress quotidiani ('nevroticismo' o 'instabilità emotiva'). Esistono prove che alcune di queste variazioni hanno una base genetica e dipendono da meccanismi biologici. Per esempio la risposta positiva alle sfide sembra correlata al metabolismo delle monoamine cerebrali; per quel che riguarda l'instabilità emotiva i gemelli monozigotici si assomigliano più di quelli dizigotici. In molti casi esistono spiegazioni plausibili, sociali o biografiche, delle differenze nella predisposizione a particolari emozioni. Per esempio le marcate differenze - riscontrate fra diverse culture e diversi gruppi sociali - nella frequenza delle manifestazioni di rabbia e aggressività dipendono chiaramente da fattori socioculturali. Il comportamento aggressivo è fortemente correlato a esempi di aggressività nell'ambiente domestico o sociale e alle norme del gruppo circa l'aggressività.
È stata dimostrata l'esistenza di alcune differenze tra i sessi per quel che riguarda i fenomeni emotivi, almeno nelle culture occidentali. Per esempio nelle situazioni conflittuali le donne sembrano più interessate a ristabilire il rapporto, gli uomini alla questione in discussione; di conseguenza la collera è generalmente suscitata da motivi diversi nell'uomo e nella donna. Inoltre le donne tendono a sentirsi più indifese e a piangere più degli uomini in un certo numero di situazioni sfavorevoli (conflitti interpersonali, gelosia, frustrazione). D'altro canto l'inclinazione alla collera e la frequenza delle espressioni fisiche di collera non risultano differenti nei due sessi, una volta che si sia tenuto conto delle differenze fra ciò che tende a provocare la collera nell'uomo e ciò che tende a provocarla nella donna. Pare che queste differenze siano riconducibili a fattori sia biologici che sociali.Le differenze individuali nella predisposizione a particolari emozioni e nella reattività emotiva in sé fanno parte dei fattori causali delle emozioni. Il fatto che in una certa occasione si abbia una reazione emotiva e la specifica emozione manifestata dipendono dalla natura dell'evento, dal suo contesto, dagli interessi dell'individuo, dalle sue risorse per fronteggiare l'evento, dalle sue tendenze in fatto di risposte emotive e (v. sotto) dalle norme relative alle emozioni in vigore nel suo gruppo sociale.
Le emozioni sono soggette a controllo di tipo sia volontario sia involontario. Il controllo dell'espressione emotiva è evidente anche negli animali, dove esso è stimolato sia dalla necessità di adeguare la risposta alla natura della situazione che la suscita (per esempio la distanza di una preda), sia da fattori sociali (una probabile ritorsione, una forma di cautela). Per esempio gli scimpanzé non agiscono quasi mai aggressivamente contro i giovani del loro gruppo, anche quando vengono importunati. Capacità di discernimento di questo tipo tendono a sparire in seguito a lesioni cerebrali. Negli uomini un qualche tipo di controllo emotivo è quasi sempre presente. Esso tende a indebolirsi solo nel caso di eccitazione molto intensa, di perdita collettiva di inibizioni e sotto l'influenza di sostanze tossiche (come l'alcool). In generale il controllo dell'emozione è stimolato dal timore che la risposta emotiva abbia conseguenze negative o - il che spesso è la stessa cosa - dall'ansia provocata dall'impulso emotivo. I fattori regolatori possono essere presenti nella situazione effettiva (come quando si reprime la propria rabbia perché l'aggressore appare più forte), oppure possono derivare da esperienze precedenti e dall'interiorizzazione di norme sociali.Il comportamento espressivo è retto dalle 'regole di esibizione' (display rules) del gruppo sociale o della cultura di appartenenza, che possono applicarsi a tutto il comportamento espressivo, o a particolari emozioni o situazioni emotive. Differenze culturali nell'espressione emotiva sono il risultato di regole di esibizione specifiche di ciascuna cultura, che modificano le propensioni espressive proprie di tutti gli uomini. La regolazione agisce non solo sul comportamento, ma anche sui sentimenti e sugli impulsi, i quali sono influenzati da processi chiamati 'coping difensivo' o 'repressione', che hanno lo scopo di diminuire il disagio dovuto a emozioni dolorose.
Esistono processi regolatori che rafforzano le emozioni anziché indebolirle. Le 'regole di sentimento' (feeling rules) prescrivono particolari emozioni in particolari occasioni (per esempio il sentimento di gratitudine verso i propri genitori, o il sentimento di cordoglio quando essi muoiono). Le considerevoli differenze culturali nella vendicatività illustrano tali regole: in certi gruppi la vendetta e l'odio a essa sottostante sono obblighi sociali. Le regole di sentimento influenzano l'emozione, perché le norme culturali e l'approvazione sociale derivante dal rispetto di tali norme accrescono l'attenzione per gli aspetti emotivi degli eventi. Anche la previsione dei vantaggi secondari associati a certe emozioni contribuisce a intensificarle; oltre all'approvazione unanime riservata a chi si conforma alle regole, esistono anche vantaggi più individuali, come l'obbedienza che può essere imposta tramite la collera, la sollecitudine e il rispetto suscitati dal cordoglio e l'aiuto che si riesce a ottenere quando si è spaventati. I vantaggi secondari tendono a prolungare la durata delle emozioni anche molto tempo dopo che gli eventi che le hanno scatenate sono passati.
La maggior parte delle attuali teorie delle emozioni hanno un carattere funzionalista. Secondo le teorie funzionaliste le emozioni servono ad affrontare le opportunità e le minacce dell'ambiente. Le emozioni possono essere viste come meccanismi utili alla sopravvivenza o, più generalmente (dal momento che non tutto ciò cui l'individuo tende serve alla sopravvivenza), come meccanismi utili al soddisfacimento degli interessi. Questa prospettiva chiaramente si applica alle reazioni emotive degli animali e a molte emozioni dell'uomo (rabbia, paura, disgusto). Le emozioni segnalano all'individuo che un evento è rilevante per qualcuno dei suoi interessi e sollecitano gli appropriati comportamenti con cui farvi fronte (difesa, fuga, rifiuto di sostanze potenzialmente nocive, ecc.). Alcune emozioni, che possono sembrare soltanto sconvolgenti, si rivelano funzionali in un arco di tempo più lungo del periodo a disposizione per affrontare gli eventi scatenanti; altre sono utili per prevenire il verificarsi di tali eventi. Le emozioni di gioia inducono a far uso degli oggetti agognati dopo averli ottenuti. Il cordoglio spinge l'individuo a cercare l'oggetto perduto, o, per anticipazione, a prevenire tale perdita rimanendo vicino a tale oggetto. Altre emozioni appaiono utili per l'integrità del gruppo sociale, piuttosto che per il benessere dell'individuo. I sensi di colpa possono essere interpretati come prodotti di un meccanismo finalizzato a garantire la cautela nei rapporti con i membri del gruppo; la vendicatività adempie alla stessa funzione obbligando alla cautela in vista di una possibile ritorsione. La vergogna assicura la conformità alle regole del gruppo e il mantenimento della coesione del gruppo. Anche la compassione e la simpatia assicurano la coesione del gruppo e la premura nei confronti dei suoi membri. Queste stesse emozioni possono, dal punto di vista del vantaggio individuale, essere interpretate come modi per prevenire sanzioni da parte del gruppo o il ripetersi di comportamenti nocivi da parte di altri.
L'interpretazione funzionalista si estende a fenomeni emotivi che a prima vista non sono utili. È stata avanzata l'ipotesi che l'apatia depressiva aiuti nel processo di distacco da persone o ambizioni perdute, nello stesso modo in cui il dolore fisico si ritiene fornisca un motivo per fermarsi e riprendersi. Un altro esempio è la preoccupazione apprensiva, che, come è stato mostrato, aiuta a prepararsi mentalmente a eventi sfavorevoli (per esempio operazioni chirurgiche) e facilita il successivo ristabilimento. La prospettiva funzionalista si applica anche alle emozioni che non hanno proprietà motivanti utili o chiaramente definite. Come s'è detto, i sentimenti includono la consapevolezza della situazione in quanto significativa per il soggetto nonché la consapevolezza della preparazione all'azione. Il sentimento segnala all'individuo la rilevanza della situazione per l'interesse; in tal modo dirige la sua attenzione e i suoi processi mentali, e gli permette di definire l'importanza di valori e stati d'animo. Anche un'emozione inutile, come la nostalgia, rende chiaro all'individuo che il passato o l'oggetto assente conserva per lui ancora un valore.
Tuttavia le concezioni funzionaliste (o 'razionaliste', come anche vengono chiamate) delle emozioni sono in contrasto con gli effetti chiaramente perturbanti che possono avere molte emozioni e con l'ovvia irrazionalità che possono causare. Le emozioni possono condurre alle superstizioni, a credenze disfunzionali o a credenze che l'individuo sa essere false. Molti di questi fenomeni disadattivi possono essere compresi partendo da aspetti delle emozioni che sono stati discussi precedentemente. In linea di massima essi sembrano derivare dai seguenti principî: 1) le emozioni sono governate da elementi che segnalano la prossimità o l'imminenza di eventi rilevanti. Gli stimoli percettivi, di conseguenza, hanno un potere emozionale maggiore della mera consapevolezza che certe conseguenze potranno verificarsi in futuro; inoltre, gli stimoli fortemente associati a precedenti emozioni hanno più potere di quelli che non lo sono; 2) l'intensità delle emozioni dipende dall'intensità degli interessi che ne sono alla base. Le emozioni irrazionali non mostrano tanto la natura disfunzionale delle emozioni stesse, quanto piuttosto quella degli interessi che ne sono alla base; le emozioni dipendenti dalla droga o dalla sua mancanza ne sono esempi. Inoltre due interessi possono essere in conflitto tra loro e le emozioni causate dall'uno possono mettere in ombra le emozioni causate dall'altro; dopo che il primo interesse è stato soddisfatto, trascurare il secondo può causare rammarico; 3) le emozioni sono 'meccanismi' che servono a mettere l'individuo in grado di reagire rapidamente, grazie a un processo di elaborazione delle informazioni minimo, alle situazioni d'emergenza. Se le emozioni hanno questo scopo, ci si può aspettare che esse insorgano quando un'elaborazione più approfondita e un pensiero più ponderato risulterebbero inappropriati o non necessari. Che tali 'meccanismi' siano disfunzionali o meno dipende dagli esiti favorevoli e dalle frequenze relative degli eventi implicati: non sono disfunzionali se i risultati di un falso allarme sono meno onerosi di quelli prodotti dall'omissione di una risposta necessaria.
Questi principî non spiegano esaurientemente tutti gli effetti sconvolgenti e debilitanti che le emozioni possono causare. Rimangono quelli causati dalle inevitabili limitazioni delle risorse umane. L'attivazione emotiva prolungata, o stress, determina l'esaurimento delle risorse fisiologiche dalle quali dipendono la capacità di far fronte alle situazioni, l'attenzione prolungata e il controllo delle emozioni. Le emozioni utilizzano anche risorse necessarie per altre attività. L'ansia assorbe l'attenzione necessaria per realizzare compiti che non comportano emozioni ma anche compiti carichi emotivamente, come per esempio un volo in condizioni difficili. Nel complesso le emozioni possono essere considerate il risultato di meccanismi adattativi in organismi con risorse limitate, che vivono in un ambiente complesso, incerto e che spesso mette a dura prova l'individuo.
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