emozioni
Anatomia e neurofisiologia delle emozioni
Alla base delle risposte emotive esistono circuiti nervosi specificamente dedicati alla loro elaborazione e produzione. Nonostante ciò, le regioni cerebrali coinvolte non sembrano essere emozione-specifiche, ma presentano attivazioni trasversali, comuni alle diverse emozioni.
Nella prima parte del 20° sec., le ricerche sul cervello identificarono l’ipotalamo come struttura fondamentale per il controllo del sistema neurovegetativo. Sulla base di tale osservazione, Walter Cannon e Philip Bard proposero la teoria ipotalamica delle emozioni: l’ipotalamo elabora i dati provenienti dall’ambiente caratterizzandoli come più o meno emotivamente rilevanti; l’espressione delle risposte emotive è mediata dal dialogo tra ipotalamo e tronco dell’encefalo; le proiezioni tra ipotalamo e corteccia cerebrale determinano l’esperienza emotiva cosciente. Nel 1937 James Papez descrisse un complesso circuito anatomico, al centro del quale l’ipotalamo appare come una struttura chiave nell’incontro tra proiezioni ascendenti e discendenti. La teoria fu perfezionata nel 1949 da Paul MacLean che chiamo tale circuito cervello viscerale, più tardi rinominato sistema limbico (➔). Nonostante il termine venga tuttora usato per individuare il circuito delle emozioni, la possibilità di riferirsi a un unico sistema deputato al controllo delle emozioni è stata frequentemente criticata per la difficolta di tracciarne i confini anatomici e funzionali in modo preciso. Il problema se esistano precisi circuiti cerebrali che mediano altrettanto precise emozioni è stato a lungo controverso. Le prime evidenze sperimentali sulle aree cerebrali coinvolte nella mediazione delle risposte emotive risalgono agli inizi del Novecento. Nel cane, la rimozione chirurgica della corteccia (decorticazione) provoca un quadro comportamentale denominato finta rabbia che consiste in una risposta indiscriminata di rabbia intensa e improvvisa, mai seguita da un attacco reale. Tale quadro ha suggerito che la rabbia abbia origine da aree sottocorticali e che la corteccia svolga solitamente la funzione di inibire le risposte emozionali impulsive. Tramite studi di risonanza magnetica funzionale (fRMI) è stato possibile individuare un’area precisa associata all’emozione del disgusto, identificata nella regione dell’insula. L’insula si attiva in risposta a stimoli olfattivi e gustativi e, se attivata, provoca una serie di reazioni comunemente associate al disgusto, come nausea, conati di vomito, sensazioni sgradevoli localizzate nella bocca e nella gola. Inoltre, la regione anteriore dell’insula si attiva quando si osserva un volto che esprime disgusto. Le tecniche di neuroimaging hanno permesso di scoprire anche che la corteccia prefrontale di entrambi gli emisferi è attiva quando siamo allegri, dati confermati dal fatto che persone con traumi al lobo frontale perdono il senso dell’umorismo. È noto che danni ai lobi temporali nelle scimmie provocano un drammatico insieme di sintomi che prende il nome di sindrome di Kluver-Bucy: la sindrome comporta una riduzione nell’intensità della risposta di paura di fronte a predatori (serpenti e uomini), cambiamenti nelle abitudini alimentari (tentativi di mangiare oggetti non commestibili) e comportamenti sessuali inusuali (tentativi di comportamenti omosessuali in specie che solitamente non prevedono tale pratica o tentativi di accoppiamento con membri appartenenti ad altre specie). È stato proposto che la sindrome sia dovuta alla dissociazione tra le proprietà sensoriali e affettive degli stimoli visivi conseguente al danno all’amigdala, struttura del sistema limbico sita nella parte mediale del lobo temporale. Da qui l’idea che tale regione possa avere un ruolo chiave nel comportamento emotivo in generale.
Una serie di studi ha ulteriormente dettagliato l’importanza dell’amigdala nei processi emotivi. Studi successivi hanno dimostrato il suo ruolo fondamentale nel comportamento sociale e affiliativo. Scimmie adulte, con ablazione selettiva bilaterale dell’amigdala, mostrano aumentata tendenza all’affiliazione sociale (insolitamente indirizzata anche verso scimmie estranee) e diminuzione dell’ansia. Uomini con lesioni ai lobi temporali non evidenziano deficit di interazione sociale. Un esempio sono i pazienti amnesici a cui è stata rimossa parte del lobo temporale con l’intento di risolvere forme di epilessia particolarmente resistenti ai trattamenti farmacologici; in tali pazienti, le abilita nelle relazioni sociali risultano integre. Anche individui con lesioni bilaterali dell’amigdala presentano abilita sociali normali, se confrontati a gruppi di controllo, in compiti in cui devono dimostrare di conoscere comuni norme sociali e prevedere la reazione emotiva dei personaggi di una storia. Sebbene le abilità appena descritte risultino conservate, i pazienti con danno all’amigdala esibiscono gravi difficolta di riconoscimento delle espressioni emotive facciali. Inoltre, sono portati a interpretare i volti come maggiormente degni di fiducia rispetto ai gruppi di controllo. Il deficit quindi è sottile, ma non per questo potenzialmente meno importante. Un altro deficit consiste nell’incapacità di interpretare correttamente situazioni sociali in circostanze ambigue. Se si chiede a tali pazienti di inferire, sulla base di un certo antefatto, il comportamento seguente dei personaggi di una storia, tendono a fornire descrizioni generiche della scena che stanno osservando (personaggi e azioni) senza riuscire a dedurre le possibili intenzioni dei personaggi. Risulta quindi chiaro che l’amigdala riveste un ruolo essenziale nel sistema neurale alla base della comprensione del clima emotivo che guida le interazioni sociali. Gli studi di stimolazione elettrica in animali liberi di muoversi hanno inoltre dimostrato che esiste una regione specifica, il setto pellucido, la cui stimolazione procura intense reazioni di benessere, al punto che tale stimolazione può essere usata nei ratti come rinforzo positivo in risposta alla pressione di una leva. Anche nell’uomo la stimolazione del setto provoca reazioni di benessere e calore.