empio
. Riferito più spesso a persona che a cosa, e. conserva in parte il senso religioso originario: " Impius, quia sine pietate religionis est " (IsID Etym. X 132); e questo tratto lo distingue dagli equivalenti ‛ maligno ', ‛ malvagio ', ‛ perverso ', ecc.
L'aggettivo designa i cerchi dell'Inferno (O virtù somma, che per li empi giri mi volvi, If X 4), empi perché " pieni di empiezza e di malizia " (Buti); e il riferimento più vicino va al cerchio degli eretici, e. quant'altri mai, come negatori di Dio. Sono e. le creature " pervertite ", allontanate da Dio, dall'amore dei beni terreni: Ahi anime ingannate e fatture empie (Pd IX 10). A maggior ragione, religiosamente e. è il paganesimo, l'empio còlto che 'l mondo sedusse (XXII 45). Lo stesso attributo spetta al vescovo Aldobrandino Novello, sacrilego mancatore di fede e di pietà: Piangerà Feltro ancora la difalta / de l'empio suo pastor (IX 53).
Un'accusa di ‛ empietà ' civile, cioè di ‛ iniquità ', o ‛ animosità ', si deve assumere nelle parole di Farinata: dimmi: perché quel popolo è sì empio...? (If X 83); parole dettate da chi aveva sperimentato contro sé e i suoi figli, per assai meno che lo scempio di Montaperti, uguale malvagità di leggi ed orazioni emesse nel tempio della giustizia fiorentina. L'accusa di empietà, con un suo contenuto morale, si estende anche ai compagni di esilio, da cui il poeta si staccherà facendo parte per sé stesso: la compagnia malvagia e scempia / ... che tutta ingrata, tutta matta ed empia / si farà contr'a te (Pd XVII 64). Questo giudizio di ‛ iniquità ' si risente anche nell'Epistola VI scelestissimis Florentinis intrinsecis, dove l'aggettivo impius è ripetutamente (§§ 10 e 14) pronunziato dal poeta contro i suoi concittadini, divina iura et umana transgredientes (§ 5): parole in cui riaffiora il fondo religioso della requisitoria dantesca. Sul " palese riflesso religioso " del termine insiste il Pagliaro, per cui esso designa " chi si dimostra privo di pietas ". Secondo il Bosco, che pensa che nella vicenda di Farinata bandito da Firenze D. veda un'analogia con la propria, l'empio di If X 83 varrebbe propriamente " senza pietà ", e sarebbe da riconnettere, oltre che ad altri passi danteschi, a Rime CXVI 79, in cui è detto che Firenze, che tiene il poeta lontano da sé, è vota d'amore e nuda di pietate.
Infine, in If XXV 122 non torcendo però le lucerne empie, l'aggettivo, riferito agli occhi, le mostruose lucerne dell'uomo-rettile della bolgia dei ladri, vale " maligno ", " perverso " e, al limite, " esecrando " come cosa che suscita un senso d'indefinibile orrore.
Bibl. - Pagliaro, Ulisse 220-221, 614.