Encefalo
L'encefalo, termine che deriva dal greco ἐνκέϕαλος (composto di ἐν e κεϕαλή, letteralmente "che è dentro la testa"), è la porzione del sistema nervoso centrale contenuta all'interno della scatola cranica e costituita da cervello, cervelletto e tronco dell'encefalo. Per quanto riguarda l'anatomia e la fisiologia di questi organi si rimanda al capitolo Testa, e alle voci cervello; cervelletto; nervoso, sistema; tronco dell'encefalo. In questa sede vengono presi in esame alcuni grandi quadri di patologia del sistema nervoso, rappresentati dalle encefaliti e dalle encefalopatie. Lo sviluppo di nuove tecniche di indagine e le informazioni trasferite dalla biologia cellulare e molecolare alla patologia umana hanno migliorato le nostre conoscenze sui modi di reazione del sistema nervoso agli agenti patogeni. Tuttavia, la complessità della struttura e dell'organizzazione stessa dei componenti del sistema nervoso (neuroni, glia, cellule di sostegno e avvolgimenti meningei) rende ancora difficile la comprensione dei meccanismi lesionali operanti nella patologia del sistema nervoso; risulta inoltre essenziale correlare quadri lesionali, sedi anatomiche e sintomi, perché sia sempre chiara la relazione tra patologia e sintomi clinici attraverso i quali la malattia si manifesta.
Si definiscono encefaliti tutti i processi infiammatori che colpiscono il tessuto nervoso, siano essi di origine infettiva o disimmune.
Nella patologia infettiva, il termine encefalite viene per convenzione riservato alle forme di origine virale, mentre le forme infiammatorie di natura batterica vengono denominate cerebriti (ascesso cerebrale ed encefalite flemmonosa) o identificate secondo l'eziologia, per es., tubercolare (tubercoloma), spirochetosica (sifilide, borreliosi), protozoaria (toxoplasmosi, amebiasi), micotica (candidiasi, criptococcosi, aspergillosi). Le encefaliti virali rappresentano una patologia più grave e più frequente rispetto alle forme batteriche, sia per l'accentuarsi di condizioni a esse predisponenti (immunodepressione) sia per un'aumentata capacità diagnostica virologica. Lo spettro di virus in grado di indurre un'encefalite è molto ampio ed è destinato a espandersi ulteriormente; tuttavia, le encefaliti che si verificano con maggior frequenza nel mondo occidentale sono dovute a poche classi di virus. La mortalità è compresa tra il 5 e il 20%. Sulla base del meccanismo patogenetico, si distinguono le encefaliti primarie, legate all'infezione diretta di cellule nervose o anche gliali da parte del virus, e le encefaliti secondarie, scatenate da un'infezione virale sistemica ed espressione di una reazione infiammatoria immunomediata, diretta contro costituenti del sistema nervoso centrale.
Sulla base della localizzazione, si parla di encefalomielite quando il processo infiammatorio si estende a interessare il midollo spinale e di mielite quando esso è selettivamente localizzato nel midollo spinale; di leucoencefaliti quando il processo infiammatorio colpisce la sostanza bianca del sistema nervoso centrale, e di leucoencefalomieliti quando colpisce la sostanza bianca del midollo; queste ultime sono più spesso espressione di una reazione autoimmunitaria diretta contro costituenti della mielina. In base alla localizzazione e alla natura del processo infiammatorio, le encefaliti primarie vengono ulteriormente classificate in polioencefaliti, nel caso in cui vi sia un selettivo coinvolgimento di specifiche aree neuronali, come nella poliomielite, nella rabbia e nell'encefalite letargica, e in panencefaliti, quando il danno è diffuso, come avviene nelle forme da arbovirus, da herpesvirus e da virus del morbillo. Sulla base dell'evoluzione, le encefaliti si distinguono in acute, subacute e croniche. Le più importanti encefaliti subacute, che sono infezioni causate da specifici agenti e hanno un'evoluzione temporale del processo di qualche mese, sono la panencefalite sclerosante subacuta (PESS), causata dal virus del morbillo, e la leucoencefalite multifocale progressiva (LMP), indotta da un virus papova. Le encefaliti croniche possono talora manifestarsi con un quadro clinico di tipo accessionale, come è il caso dell'encefalite di Rasmussen; la patogenesi di questa encefalite rimane tuttora controversa, essendo, da un lato, attribuita a un'infezione virale e, dall'altro, a un meccanismo disimmune (anticorpi per il recettore del glutammato).
Si prenderanno di seguito in esame le encefaliti virali acute (legate alla colonizzazione delle cellule nervose da parte di un virus patogeno e al suo effetto citolitico sulle stesse), le leucoencefaliti (affezioni a patogenesi immunomediata scatenate da un'infezione virale sistemica che induce una reazione infiammatoria diretta contro antigeni della mielina) e infine la leucoencefalite multifocale progressiva (un'encefalite cronica correlata con una condizione di immunodepressione).
a) Encefaliti virali
Tutte le infezioni virali del sistema nervoso originano da una crescita virale in tessuti extranervosi; da questi, se non neutralizzato da un'adeguata difesa immunologica, il virus raggiunge il sistema nervoso centrale attraverso due vie principali, quella ematogena, nella fase di viremia, e quella neuritica, con il trasporto assonale. L'esempio più evidente di quest'ultima modalità è fornito dall'infezione da herpesvirus 1 che, interiorizzato dai recettori presenti nella mucosa nasale, raggiunge il bulbo olfattorio a partire dal quale si diffonde nelle strutture rinencefaliche lungo le vie nervose specifiche, andando a colonizzare i neuroni delle strutture collegate del lobo temporale (diffusione trans-sinaptica). Alcuni virus, quali HIV (Human immunodeficiency virus) ed EBV (Epstein-Barr virus), riescono a penetrare nel sistema nervoso, eludendo le difese dell'ospite, attraverso il trasporto all'interno delle cellule ematiche, rispettivamente macrofagi e linfociti. Il processo encefalitico è caratterizzato sul piano istopatologico dall'infiltrazione del tessuto nervoso da parte di cellule infiammatorie che si accumulano nello spazio perivascolare dal quale invadono il parenchima nervoso, dopo aver superato la barriera ematoencefalica. I virus che infettano le cellule monocito-macrofagiche del sangue guadagnano il sistema nervoso attraverso specifiche interazioni, mediate dalle molecole di adesione, tra cellule endoteliali e cellule infiammatorie. Il quadro patologico è costituito da una classica triade:
1) infiltrato infiammatorio perivascolare, formato prevalentemente da linfociti T, con marcata e precoce espressione di gamma-interferone, in minor misura da linfociti B, specie nelle fasi precoci della malattia, e da cellule della serie monocito-macrofagica che esprimono IL (interleuchine), TNF-α (Tumor necrosis factors-α) e fattori di crescita;
2) neuronofagia: la colonizzazione delle cellule nervose da parte del virus induce citolisi e morte cellulare. Tale fenomeno si traduce morfologicamente nella presenza di aggregati di cellule microgliali ipertrofiche organizzate a circondare un neurone morto o a delimitare uno spazio dove un neurone preesisteva. In alcune forme il fenomeno necrotizzante è molto marcato e caratterizza il processo patologico (encefalite necrotizzante). È questo il caso dell'encefalite da herpesvirus 1, che realizza un'imponente necrosi del lobo temporale;
3) noduli microgliali: la microglia, con le altre cellule infiammatorie, rappresenta un elemento essenziale per lo sviluppo del processo encefalitico. Traendo origine dai precursori del midollo osseo che raggiungono e colonizzano il sistema nervoso centrale dopo la sua vascolarizzazione, essa svolge le funzioni dei macrofagi residenti e può sia presentare l'antigene al linfocita sia produrre citochine citotossiche (TNF) e proinfiammatorie (IL); può inoltre avere funzioni di fagocitosi e stimolare la produzione di enzimi proteolitici. Nelle encefaliti, la cellularità del tessuto aumenta per un processo di iperplasia e ipertrofia micro- e macrogliale: le cellule microgliali attivate assumono una forma allungata e ramificata (cellule a bastoncino) ed esprimono il complesso di istocompatibilità (MHC, Major hystocompatibility complex) di classe II.
In alcune encefaliti virali, sono presenti corpi inclusi nucleari o citoplasmatici, costituiti da aggregati di particelle virali che hanno colonizzato la cellula nervosa o gliale. Nelle preparazioni istologiche le inclusioni appaiono come corpi rotondeggianti, eosinofili e ialini, occupanti il nucleo o ben circoscritti nel citoplasma. Questi corpi inclusi sono positivi alle colorazioni immunoistochimiche specifiche per l'antigene virale e alla metodica della ibridizzazione in situ, con o senza PCR (Polymerase chain reaction), per la sequenza specifica del virus. Le inclusioni nucleari sono frequenti nelle forme erpetiche (herpesvirus 1 e citomegalovirus) e da morbillo; le inclusioni citoplasmatiche sono presenti classicamente nella rabbia (corpi di Negri).
b) Encefaliti paraneoplastiche
In corso di neoplasie, in assenza di metastasi cerebrali, si può osservare un interessamento del sistema nervoso centrale. Le encefaliti paraneoplastiche riconoscono una patogenesi autoimmune, verosimilmente legata a una condivisione di antigeni tra neoplasia e strutture del sistema nervoso, in particolare neuronali; il quadro clinico può essere quello di una degenerazione cerebellare subacuta, di un'encefalite limbica, di un'encefalite del tronco o di un'encefalogangliomieloradicolite. Il quadro neuropatologico ricorda quello delle encefaliti virali, con infiltrazione linfocitaria perivascolare, noduli microgliali e degenerazione neuronale.
c) Leucoencefalomieliti
Le forme più frequenti di leucoencefalomieliti sono caratterizzate da un processo infiammatorio che si localizza nella sostanza bianca e induce distruzione selettiva delle guaine mieliniche per un meccanismo immunomediato, in cui antigeni specifici della mielina stessa rappresentano il bersaglio della reazione infiammatoria. Di questo gruppo fanno parte le encefalomieliti postinfettive e la sclerosi multipla, una malattia cronica invalidante che colpisce prevalentemente giovani adulti.
Può essere postinfettiva l'encefalomielite acuta disseminata perivenosa, che in genere complica, nell'arco di 1-2 settimane, malattie esantematiche acute quali morbillo, varicella, rosolia e parotite; occasionalmente può essere preceduta da un'influenza o dalla pertosse. Può essere provocata da vaccinazioni contro malattie virali, in particolare tifo/paratifo, rabbia e vaiolo. In sporadici casi, classificati come idiopatici o spontanei, non è stata individuata alcuna causa. Indipendentemente dall'eziologia, il quadro patologico appare uniforme: sono presenti focolai multipli, talora confluenti, di imponente attivazione infiammatoria con demielinizzazione a localizzazione perivenosa. La patogenesi del processo è riconducibile a una reazione immunitaria verso antigeni della mielina, o per un fenomeno di similitudine molecolare con antigeni virali oppure per esposizione di antigeni self.
La leucoencefalite acuta emorragica è attualmente considerata una variante iperacuta della encefalomielite acuta disseminata perivenosa; colpisce prevalentemente i bambini, è preceduta da un'infezione virale o da una vaccinazione e ha esito fatale in pochi giorni. Il quadro patologico è quello di un'infiammazione e demielinizzazione perivascolare associata a necrosi fibrinoide delle pareti di venule e arteriole e degli elementi nervosi, e a emorragie sferiformi o anulari. Per analogia a quanto si osserva nel modello animale di encefalite allergica sperimentale, è verosimile che questa malattia rifletta una reazione iperacuta di tipo similanafilattico entro la sostanza bianca. La leucoencefalite multifocale progressiva (LMP) è una rara, progressiva e fatale malattia demielinizzante, causata dalla colonizzazione degli oligodendrociti da parte dei virus del gruppo papova. Nel 95% dei casi, la LMP si associa a una condizione di immunodepressione sostenuta da malattie linfoproliferative, infezione da HIV o iatrogena. Il quadro patologico è caratterizzato da aree multifocali di demielinizzazione, di dimensioni variabili e diffuse a tutto il sistema nervoso centrale. Peculiari sono le alterazioni citologiche degli astrociti, che si presentano marcatamente ipertrofici, con nuclei bizzarri, e frequenti mitosi; gli oligodendrociti hanno un nucleo intensamente scuro, ripieno di inclusioni virali, di aspetto paracristallino allo studio ultrastrutturale.
Col termine di encefalopatia si definisce un eterogeneo gruppo di quadri clinico-patologici, di eziologia differente, a esclusione di quella infiammatoria e neoplastica, che hanno come caratteristica comune la presenza di danni diffusi al sistema nervoso centrale. Alcune encefalopatie si manifestano per interferenza con il metabolismo energetico (aggressioni ipossico-ischemiche, malattie mitocondriali), altre si caratterizzano per disordini del metabolismo delle proteine lisosomiali o perossisomiali (malattie da accumulo), altre ancora per alterazioni di proteine di membrana, come verosimilmente avviene per le malattie prioniche e altre con particolari modificazioni delle proteine del citoscheletro (degenerazioni sistematizzate). Qui ci si limiterà ad alcune di queste forme, scelte da una parte per la loro maggiore frequenza, dall'altra per l'emblematicità degli aspetti patogenetici: le encefalopatie da alterazioni del metabolismo energetico (le forme ipossico-ischemiche e le mitocondriopatie) e le malattie lisosomiali e perossisomiali come modelli di errori congeniti del metabolismo.
a) Encefalopatia ipossico-ischemica
Il danno anossico al cervello si realizza a seguito di ridotta perfusione di sangue (anossia stagnante o ischemica), diminuita pressione di ossigeno (anossia anossica), insufficiente apporto di emoglobina (anossia anemica) o mancata utilizzazione dell'ossigeno (anossia istotossica). L'anossia ischemica o stagnante è la più frequente. I segni di disfunzione del sistema nervoso centrale si manifestano quando la pressione di perfusione scende al di sotto di valori critici corrispondenti a una diminuzione del flusso ematico cerebrale a meno del 50% dei valori normali (55 ml/100g di tessuto/minuto). La riduzione al di sotto del 10% induce danni irreversibili.
In condizioni di ipossia o di ischemia, si blocca il metabolismo aerobico (ciclo di Krebs e fosforilazione ossidativa) del glucosio; in mancanza di adenosintrifosfato (ATP) si instaura una glicolisi anaerobica che è inefficiente sul piano energetico ed è produttrice di acido lattico. L'omeostasi cellulare si altera per blocco delle pompe ioniche; il calcio si accumula nel citosol e negli organelli; si attivano le fosfolipasi e si innesca il processo della morte cellulare, che interessa tutte le componenti del sistema nervoso: neuroni, cellule gliali ed endoteli vasali, ma con gradienti di vulnerabilità differenziati tra cellula e cellula e tra area cerebrale e area cerebrale, fenomeno questo noto come selettiva vulnerabilità del sistema nervoso centrale all'anossia. Le diverse componenti del tessuto nervoso manifestano, infatti, una diversa suscettibilità all'anossia: la cellula nervosa è la più suscettibile e quindi la più fragile; più resistenti risultano gli astrociti, gli oligodendrociti e soprattutto gli endoteli e la microglia. Espressione di questa differenziata suscettibilità è la necrosi neuronale selettiva che si verifica dopo un'aggressione anossico-ischemica, con morte e scomparsa della popolazione neuronale e sopravvivenza degli astrociti. L'anossia, qualora sia più severa e prolungata, induce la necrosi di tutte le componenti del tessuto. La riduzione o il blocco del flusso ematico cerebrale, come avviene nell'arresto cardiaco temporaneo, dimostra tuttavia una vulnerabilità regionale disomogenea. La necrosi prevale infatti nei lobi parietale e occipitale, nel corno d'Ammone, nell'amigdala, nello striato e nel pallido, e nelle cellule di Purkinje. Nel contesto della corteccia cerebrale sono gli strati terzo, quinto e sesto a essere selettivamente coinvolti dal processo di necrosi (necrosi laminare). Questa selettiva vulnerabilità delle popolazioni neuronali va attribuita in parte a fattori anatomici e fisiopatologici di angioarchitettonica, in parte a componenti metaboliche. La dimostrazione che parte del danno ischemico è legata alla liberazione di mediatori eccitotossici (glutammato) e alla conseguente attivazione dei recettori glutaminergici, con influsso di sodio e calcio nella cellula e morte cellulare, ha suggerito che la selettiva vulnerabilità di alcune popolazioni neuronali possa essere dovuta alla diversa distribuzione dei recettori glutamatergici e all'espressione differenziata delle proteine leganti il calcio.
Zone di selettiva vulnerabilità sono, inoltre, le aree di confine tra le grandi circolazioni a livello dei rami terminali delle arterie carotidi e dell'arteria basilare; i territori distali irrorati da queste arterie sono noti come gli ultimi campi. Questi territori, che si affrontano a livello della superficie convessa degli emisferi, sono i più precocemente a rischio di ischemia qualora vi sia una riduzione della pressione di perfusione. Nei casi di grave e prolungata ipotensione arteriosa, quale si può verificare dopo interventi chirurgici o politraumatismi, si realizzano danni ipossici gravissimi proprio a livello delle zone di confine (encefalopatia ipotensiva).
Il danno ischemico cerebrale focale è caratterizzato nella sua fase più precoce dalla presenza di un'area perinfartuale che è funzionalmente compromessa, ma strutturalmente in grado di recuperare. Essa è indicata come area di penombra ischemica, a significare che si tratta di una zona che sta evolvendo verso la necrosi, ma che ha potenzialità di recupero. Se tuttavia non si realizza in breve tempo un afflusso ematico compensatorio, le aree in penombra esauriscono le residue riserve energetiche e il processo sfocia nella necrosi.
b) Encefalopatie mitocondriali
Comprendono un gruppo clinicamente eterogeneo di sindromi determinate da una disfunzione primitiva degli organelli citoplasmatici deputati al metabolismo aerobico e alla sintesi di ATP, la principale moneta dello scambio energetico cellulare. I quadri clinici più frequenti sono per lo più caratterizzati dall'associazione di encefalopatia con miopatia (encefalomiopatie), essendo il sistema nervoso centrale e il muscolo scheletrico i tessuti che maggiormente fanno affidamento sul metabolismo mitocondriale con un'alta soglia aerobica. L'eterogeneità clinica riflette essenzialmente la complessità biochimica e genetica della catena respiratoria, il collo di bottiglia metabolico, che sintetizza l'ATP tramite i meccanismi della fosforilazione ossidativa. I complessi multienzimatici della catena respiratoria comprendono, infatti, subunità proteiche codificate sia dal genoma nucleare, sintetizzate nel citoplasma e trasportate nei mitocondri, sia dal genoma mitocondriale (DNAmt), una molecola circolare relativamente piccola provvista di un proprio codice e di un proprio apparato trascrizionale presente in copia multipla all'interno di ciascun organello. Le encefalopatie mitocondriali, inquadrate fino a poco tempo fa sulla base delle diverse tappe biochimiche alterate, sono oggi più propriamente classificate secondo criteri di genetica molecolare.
Poiché le varie molecole di DNAmt sono trasmesse tramite il citoplasma dell'oocita, secondo una ripartizione casuale citoplasmatica nota come segregazione mitotica, le malattie mitocondriali mostrano un particolare tipo di ereditarietà matrilineare: le madri affette trasmettono la malattia a tutti i figli, sia maschi sia femmine; le figlie di maschi affetti non sono mai né affette né portatrici; il numero delle generazioni colpite ricalca quello di una malattia dominante, ma il numero di individui affetti per generazione tende a essere più alto di quello atteso per le malattie autosomiche dominanti. Inoltre, poiché la maggior parte delle mutazioni del DNAmt mostra eteroplasmia, cioè una coesistenza di DNAmt mutato e wild-type in proporzioni che possono variare nei diversi tessuti per effetto della segregazione mitotica, la gravità del fenotipo clinico e biochimico varia a seconda sia del diverso grado di eteroplasmia tessutale sia del diverso fabbisogno aerobico dei diversi tessuti e organi (soglia aerobica).
Le sindromi sono identificate per lo più con gli acronimi della terminologia anglosassone; tra queste, una forma particolare è la malattia di Kearns-Sayre (KSS) o oftalmoplegia estrinseca plus, caratterizzata da ptosi palpebrale, diplopia, cerebellopatia con atassia, disturbi della conduzione cardiaca e diabete insulinodipendente. La KSS è sporadica e rappresenta la forma più grave di uno spettro di malattie prodotte da macrodelezioni del DNAmt che si esprimono più frequentemente con disturbi legati a un prevalente interessamento della muscolatura estrinseca oculare.
Fra le alterazioni del genoma nucleare, trasmesse secondo la classica ereditarietà mendeliana, si distinguono i seguenti difetti relativi a: trasporto dei substrati (per es., deficit di carnitina-palmitoil transferasi, deficit di carnitina); ossidazione dei substrati (per es., deficit della B-ossidazione, deficit della piruvato decarbossilasi e della piruvato carbossilasi); ciclo di Krebs (per es. deficit di fumarasi); catena respiratoria (più frequentemente, deficit della citocromo c-ossidasi o complesso IV). Tutte queste alterazioni si esprimono frequentemente con miopatie scheletriche più o meno severe, spesso a esordio infantile; tuttavia, esse possono dare luogo a encefalopatie o encefalomiopatie di cui l'entità clinica-patologica più conclamata è la sindrome di Leigh (encefalomielopatia necrotizzante con lattico-acidosi). Tale sindrome è appunto caratterizzata da esordio per lo più infantile (ma esistono anche forme a insorgenza più tardiva), da grave ritardo psicomotorio e deterioramento neurologico progressivo che sono correlati con l'estensione e con la localizzazione delle lesioni necrotiche cerebrali. Queste ultime sono costituite da morte cellulare, demielinizzazione e proliferazione vascolare e colpiscono preferenzialmente le aree circostanti l'acquedotto di Silvio nel mesencefalo e le aree adiacenti al quarto ventricolo del ponte e del midollo allungato; si riscontrano inoltre nei gangli della base, nel talamo, nel cervelletto e nella porzione centrale del midollo spinale; può coesistere infine un interessamento del muscolo scheletrico e anche dei nervi periferici. Il lattato e il piruvato sono quasi invariabilmente aumentati nel liquor e, in misura minore, nel sangue.
Un caso particolare è rappresentato dalle alterazioni della comunicazione tra genoma nucleare e mitocondriale. La replicazione e la trascrizione del DNAmt sono affidate a proteine sintetizzate dal genoma nucleare che sono ancora in corso di identificazione e che rappresentano i principali indiziati come responsabili di queste malattie associate ad alterazioni secondarie del DNAmt, trasmesse con ereditarietà mendeliana. Sono comprese in questo gruppo le delezioni multiple del DNAmt trasmesse con ereditarietà autosomica dominante e associate a varie forme di oftalmoplegia estrinseca plus e quelle trasmesse con ereditarietà autosomica recessiva e associate alla sindrome MNGIE, discutibile acronimo di encefalomiopatia gastrointestinale mitocondriale. Rientrano in questo gruppo anche una serie di miopatie scheletriche eventualmente associate a epatopatia e nefropatia (sindrome di De Toni Fanconi-Debrè) causate da un'alterazione quantitativa (una riduzione, appunto) del DNAmt.
c) Encefalopatie lisosomiali
Sono malattie geneticamente determinate, associate a un deficit singolo di enzimi lisosomiali, la cui funzione è l'idrolisi acida di un vasto numero di molecole complesse. Queste proteine, una volta sintetizzate, subiscono riarrangiamenti post-translazionali (glicosilazione nell'apparato di Golgi, fosforilazione per il targeting lisosomiale e limitata proteolisi) nel citosol e vengono quindi assemblate in lisosomi primari, i quali fondendosi con vacuoli autofagici, formano i lisosomi secondari. In tali strutture le idrolasi esercitano la loro attività catalitica e i componenti che non possono essere degradati danno origine ai cosiddetti corpi residui. L'accumulo di citosomi patologici interferisce con la sopravvivenza cellulare e in alcuni casi rappresenta il marker ultrastrutturale della malattia. Il quadro clinico varia a seconda del deficit enzimatico e, persino per uno stesso deficit enzimatico, le manifestazioni fenotipiche sono diverse. Si conoscono vari tipi di enzimi lisosomiali: le glicosidasi, le lipasi e sulfatasi, le proteasi. La maggior parte degli enzimi ha una limitata specificità nei confronti dei substrati, motivo per cui il deficit di un singolo enzima determina spesso l'accumulo di vari substrati. Si distinguono perciò diversi gruppi di encefalopatie lisosomiali: lipidosi, mucopolisaccaridosi, mucolipidosi, glicogenosi.
Le lipidosi costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie, caratterizzate sul piano clinico da un progressivo deterioramento neurologico associato al coinvolgimento di altri organi. Gli sfingolipidi, costituenti essenziali delle membrane del sistema nervoso centrale, sono molecole complesse, il cui catabolismo avviene attraverso un ordinato processo 'a gradini' che è a sua volta controllato da specifiche idrolasi. Il deficit di uno di questi enzimi comporta un'assente o anomala degradazione della molecola con l'accumulo di metaboliti intermedi. Sulla base dell'enzima deficitario e del tipo di molecola accumulata, è stata proposta una classificazione di queste malattie (v. tabella e figg. 7, 8).
Le mucopolisaccaridosi sono malattie determinate da un alterato catabolismo dei glicosaminoglicani, voluminose molecole di polisaccaridi covalentemente legate a un nucleo proteico: dermatan solfato, keratan solfato, heparan solfato e condroitin solfato. Il deficit enzimatico comporta da un lato l'accumulo di glicosaminoglicani nei lisosomi e dall'altro l'eccessiva escrezione urinaria di glicosaminoglicani parzialmente degradati. Sono trasmesse con tratto autosomico recessivo, eccetto la malattia di Hunter che è X-legata. Il loro quadro clinico è caratterizzato dall'associazione dei seguenti segni: facies tipica (gargoilismo), disostosi multiple, impegno pluriviscerale e arteriosclerosi; demenza, sordità e macrocefalia.
Nelle mucolipidosi il deficit enzimatico determina un accumulo tessutale tanto di glicosaminoglicani quanto di lipidi, nonché presenza di oligosaccaridi nelle urine. Appartengono a questo gruppo diverse varianti: la meglio caratterizzata fra queste è la forma I, legata a un deficit di neuraminidasi per un difetto genetico che è connesso al cromosoma 6 o 10; la fucosidosi è prodotta da un deficit dell'enzima α-fucosidasi il cui gene è localizzato sul cromosoma 1; la mannosidosi è determinata da un deficit di α-mannosidasi A e B, il cui gene è sul cromosoma 19. I fenotipi clinici di questa classe di malattie lisosomiali ricalcano, anche se in forma più lieve, quelli delle mucopolisaccaridosi. Il marker patologico è costituito dalla presenza in molti tessuti di cellule vacuolate, il cui corrispettivo ultrastrutturale consiste in vacuoli delimitati da membrana, i quali contengono al loro interno materiale granuloreticolare.
Le glicogenosi sono caratterizzate dal deficit di enzimi coinvolti nella sintesi o nella degradazione del glicogeno. L'unica forma con impegno primitivo del sistema nervoso centrale è rappresentata dalla glicogenosi di tipo II, detta anche malattia di Pompe, legata a un deficit dell'alfa 1,4 glucosidasi, o maltasi acida. A seconda dell'età di esordio e della gravità del deficit enzimatico, esistono tre varianti della malattia di Pompe: una forma fatale infantile che è contraddistinta da ipotonia, macroglossia e cardiomegalia; una forma tardoinfantile, che è caratterizzata da debolezza dei cingoli, organomegalia e insufficienza respiratoria; una dell'età adulta con un fenotipo di miopatia cronica. Un selettivo coinvolgimento muscolare, che si manifesta esclusivamente con l'insorgenza di crampi sotto sforzo e con accumulo di glicogeno intermiofibrillare o subsarcolemmale, è presente nella forma III, da deficit dell'enzima ramificante, nella forma V (malattia di Mac Ardle), da deficit di fosforilasi muscolare, e nella forma VII, da deficit di fosfofruttochinasi.
d) Encefalopatie perossisomiali
Pur essendo ambito di recente acquisizione, il numero di malattie che attualmente possono essere attribuite a una patologia perossisomiale è particolarmente elevato. I perossisomi, che sono organelli intracellulari, vengono denominati in tal modo perché contengono ossidasi che riducono l'ossigeno a perossido di idrogeno e catalasi che lo decompongono. Sono delimitati da una singola membrana, di dimensioni comprese tra 0,2 e 1 mm, e presentano una matrice omogenea finemente granulare. Dotati di più di quaranta attività enzimatiche, svolgono numerose funzioni; in particolare, sono coinvolti nella sintesi dei plasmalogeni che, in quanto costituenti lipidici delle membrane, rivestono un ruolo importante tanto nella strutturazione quanto nel mantenimento della guaina mielinica. Rappresentano inoltre un sito critico per la beta-ossidazione degli acidi grassi a catena molto lunga, come pure per la sintesi del colesterolo e degli acidi biliari. Analogamente ai mitocondri, i perossisomi sono strutture autoreplicantisi, le quali originano per scissione da perossisomi preesistenti. Le proteine strutturali e di membrana, codificate dal genoma nucleare, vengono sintetizzate su poliribosomi liberi, rilasciate nel citosol e, quindi, trasferite ai perossisomi già funzionanti, i quali vanno incontro a gemmazione.
Sulla base del meccanismo patogenetico, le malattie perossisomiali sono state classificate in due gruppi: 1) le malattie perossisomiali generalizzate, che si verificano soprattutto nel periodo neonatale o nella prima infanzia e sono trasmesse con carattere autosomico-recessivo. Il meccanismo patogenetico risiede in un'alterazione dell'assemblaggio perossisomiale: gli organelli sono incapaci a formarsi correttamente e possono mancare del tutto, oppure essere in numero ridotto; da ciò deriva un deficit multiplo delle attività enzimatiche. Prototipo di questo gruppo di malattie è la sindrome epato-cerebro-renale, denominata anche malattia di Zellweger, il cui quadro neuropatologico risulta dominato da un'ampia gamma di difetti di migrazione neuronale, con polimicrogiria, pachigiria e, infine, eterotopie neuronali dei diversi sistemi; 2) le malattie perossisomiali legate ad alterazione di una singola attività enzimatica, le quali si manifestano nella maggior parte dei casi nella seconda-terza infanzia oppure in età adulta; vengono ereditate prevalentemente secondo modalità che sono legate al cromosoma X. La patologia più frequentemente osservata è l'adrenoleucodistrofia, caratterizzata da demielinizzazione diffusa, bilaterale e simmetrica, con infiltrati linfocitari perivascolari e iperplasia astrocitaria di tipo gemistiocitico, associata a macrofagi schiumosi.
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