encefalopatia spongiforme bovina
Patologia neurologica (in sigla BSE, Bovine Spongiform Encephalopathy) a esito fatale, appartenente alle encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST) o malattie da prioni degli animali, causate da un agente infettivo. Altre EST animali sono la scrapie della pecora e della capra, l’encefalopatia trasmissibile del visone, l’encefalopatia spongiforme dei felini e la malattia cronica disabilitante del cervo.
La patologia si è manifestata per la prima volta nel Regno Unito nel 1986 e sin dalla sua comparsa ha assunto un andamento epidemico. È stato ipotizzato che i primi bovini si siano infettati all’inizio degli anni Ottanta in seguito alla contaminazione delle farine di carne con l’agente della scrapie. Nel Regno Unito l’allevamento di pecore è estremamente diffuso e pertanto il riciclaggio delle carcasse di ovini era una pratica frequente e da lungo tempo utilizzata. La procedura per l’ottenimento delle cosiddette farine di carne prevedeva l’uso di solventi che, per essere eliminati dal prodotto finale, richiedevano passaggi a elevate temperature in presenza di vapore. Anche se in maniera non intenzionale questi passaggi abbassavano drasticamente il potenziale infettivo del prodotto. Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta la crisi energetica, e la necessità di abbattere i costi, hanno portato a eliminare l’uso dei solventi e quindi il concomitante utilizzo di fasi a elevata temperatura; ciò ha probabilmente contribuito a innalzare il potenziale infettivo delle farine di carne. Tuttavia è probabile che all’inizio il numero di casi di malattia nei bovini sia stato piuttosto limitato e che lo stesso riciclaggio delle carcasse bovine per la produzione di mangimi abbia determinato l’andamento epidemico della malattia. La malattia colpisce animali di età compresa tra 22 mesi e 18 anni, con un picco attorno a 4÷5 anni; il tempo d’incubazione medio è compreso tra i 4 e i 6 anni. Dal punto di vista clinico nella BSE si osservano modificazioni del comportamento come apprensione e aggressività, iperestesia a stimoli tattili e uditivi, incoordinazione dei quarti posteriori, tremori muscolari e digrignamento dei denti. A differenza di quanto osservato nella scrapie naturale, dove sono stati isolati, attraverso il passaggio nel topo, circa 20 ceppi diversi, l’epidemia della BSE è sostenuta da un solo ceppo, diverso da quelli isolati nella scrapie, le cui caratteristiche rimangono inalterate anche dopo il passaggio in altre specie. Per questo motivo e per la inusuale facilità di trasmissione da una specie a un’altra la BSE emerge tra le EST come una entità nosologica a sé stante. A causa dell’elevato consumo di prodotti di origine bovina nell’alimentazione umana, si comprende facilmente come la BSE abbia rappresentato un rischio concreto per l’uomo. Nel 1996 sono stati riportati nel Regno Unito i primi casi di infezione da BSE nell’uomo (➔ Creutzfeldt-Jakob, malattia di). Nei bovini affetti così come nei pazienti con malattia di Creutzfeldt-Jakob variante, si riscontra nel cervello e, in misura inferiore, in altri tessuti (specie del sistema linforeticolare), la presenza della proteina prionica patologica (PrPEST) con una conformazione caratteristica che permette di distinguere l’infezione da BSE classica dalle altre infezioni da prioni (➔).
Nel 2003 sono stati descritti i primi casi di forme atipiche di BSE in bovini adulti (oltre 8 anni) con caratteristiche cliniche e biochimiche distinte dalla forma classica. Spesso gli animali affetti dalle forme atipiche di BSE non presentano alcun segno clinico neurologico e sono quindi riconosciuti una volta giunti al macello, solo grazie all’introduzione obbligatoria del test rapido per l’identificazione di casi di BSE, nell’ambito della sorveglianza attiva della malattia negli allevamenti bovini. Si distinguono due diverse forme atipiche di BSE (tipo L e tipo H) e fino al febbraio 2010 sono stati identificati 52 casi di forme atipiche di BSE in diversi paesi europei, compresa l’Italia, in Canada, negli Stati Uniti e in Giappone. L’origine delle forme atipiche di BSE non è chiara, ma l’ipotesi più accreditata è che non siano legate all’epidemia della forma classica ma rappresentino una rarissima malattia da prioni sporadica del bovino, probabilmente presente da decenni ma mai riconosciuta in passato perché gli animali affetti non mostrano alcun segno di malattia. In seguito all’identificazione di queste rare forme atipiche e all’ipotesi che possano rappresentare l’equivalente bovino della malattia di Creutzfeldt-Jakob sporadica dell’uomo, è stato ipotizzato che queste rare forme atipiche di BSE siano diffuse in tutto il mondo. Ciò solleva alcune questioni di grande rilevanza per la salute pubblica. La prima è quella di valutare in che misura le forme atipiche di BSE siano patogene per l’uomo. Diversi dati sperimentali suggeriscono che le forme atipiche (specie il tipo L) si trasmettono a roditori e primati con caratteristiche simili ad alcune rare varianti fenotipiche della malattia di Creutzfeldt-Jakob sporadica. Sebbene questi dati debbano essere presi con estrema cautela, ci si sta interrogando sulle possibili caratteristiche fenotipiche (cliniche, biochimiche e neuropatologiche) che potrebbero caratterizzare la malattia nell’uomo. La seconda questione è di identificare il ruolo delle forme atipiche di BSE nell’epidemia della forma classica nel Regno Unito e nel resto d’Europa. Anche in questo caso vi sono dati sperimentali che, sebbene debbano essere confermati da altri studi, suggeriscono che le forme atipiche di BSE possano trasformarsi nella forma classica. Se questa ipotesi si confermasse, si aprirebbero nuove interpretazioni sull’origine dell’epidemia della BSE e sul possibile rischio che altre epidemie possano svilupparsi in quei paesi dove non sono state ancora prese drastiche misure precauzionali.