enciclopedia
Termine derivante dal lat. rinascimentale encyclopaedia, a sua volta nato dalla locuz. greca ἐγκύκλιος παιδεία «istruzione circolare» cioè «insieme di dottrine che formano una educazione compiuta». Non mancano nell’antichità e specialmente nel Medioevo vaste opere di autori singoli, che abbracciano tutto lo scibile o gran parte di esso. In epoca moderna, sono compilazioni di un solo autore l’enciclopedia latina del teologo tedesco J.H. Alsted (1630) e il Grand dictionnaire historique dell’erudito francese L. Moréri (1674). Nel Settecento, grande fama riscosse la Cyclopaedia or Universal dictionary of arts and sciences di E. Chambers, pubblicata a Londra nel 1728, più volte ristampata e tradotta anche in italiano; l’impresa di Chambers rappresenta il modello più prossimo e l’occasione da cui prese le mosse l’esemplare più celebre e il capostipite delle enciclopedie moderne, la grande Encyclopédie di Diderot e d’Alembert.
Opera fondamentale dell’Illuminismo francese, l’Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une société de gens de lettres costituisce, per impostazione e collocazione storica, la prima grande iniziativa culturale moderna. Nata dall’idea di una traduzione corretta e ampliata della Cyclopaedia di Chambers, l’impresa mutò di segno quando l’editore ne affidò la direzione a Diderot e, «quanto alla parte matematica», a d’Alembert. Attorno al nuovo progetto furono chiamati a raccolta, come sottolineò Diderot, talenti appartenenti a «tutte le branche dello scibile umano», al fine di costituire «una società di scrittori e di artisti, intenti ciascuno al suo settore, e legati soltanto dall’interesse generale del genere umano e da un sentimento di reciproca benevolenza». A lavoro concluso i collaboratori furono oltre 160, tra i quali emergono, oltre a quelli dei due direttori, i nomi più rappresentativi della cultura francese dell’epoca: si tratta di Montesquieu, Voltaire e Rousseau, di Buffon, d’Holbach, Quesnay, Turgot, oltre ai tanti relativamente poco conosciuti, ma spesso di grande importanza per la realizzazione del progetto, primo fra tutti L. de Jaucourt, che diventò il principale redattore a fianco di Diderot dopo il disimpegno dei più noti collaboratori. Nel novembre 1750 uscì il Prospectus dell’enciclopedia, con i criteri redazionali, le condizioni di sottoscrizione e il programma di pubblicazione, che contemplava l’uscita di 8 voll. di testo e 2 di tavole. Pochi mesi dopo usciva il 1° vol., dove figura il Discours préliminaire, il manifesto programmatico in cui d’Alembert esponeva l’organizzazione della materia enciclopedica sulla base della genealogia delle conoscenze e della connessione delle scienze ispirata al baconiano «Arbor scientiarum», e dove l’elogio del progresso dei lumi si inseriva nel quadro di un innovativo rapporto tra intellettuali, società e politica; con intenti non diversi si esprimeva Diderot annunciando essere scopo dell’Encyclopédie quello di «cambiare il modo comune di pensare». La prima crisi, presto superata, si verificò già all’uscita del 2° vol. sotto l’attacco della Chiesa, del partito devoto di corte, di gesuiti e giansenisti. La situazione precipitò qualche anno dopo in seguito alle dure polemiche suscitate dalla pubblicazione, nel 7° vol., della voce Genève e dalla sua tendenziosa interpretazione del calvinismo ginevrino. Voltaire, presto seguito da molti altri, interruppe definitivamente la sua collaborazione; d’Alembert lasciò la direzione, riservandosi di redigere solo voci scientifiche; Rousseau, autore per l’Encyclopédie delle voci di soggetto musicale e della famosa Économie politique, aprì un aspro conflitto, sia teorico sia personale, con gli esponenti principali del ‘partito’ degli enciclopedisti, nell’ambito del quale si era sempre caratterizzato nella figura del dissidente interno. Nel gennaio 1759 il parlamento di Parigi condannò l’Encyclopédie e fu revocata l’autorizzazione alla pubblicazione; nel settembre dello stesso anno seguì il «breve» di condanna di papa Clemente XIII. Rimasto solo nella direzione dell’opera e assistito da pochi collaboratori, Diderot riprese segretamente il lavoro, riuscendo faticosamente a portarlo a termine. Nel 1765-66 furono distribuiti gli ultimi 10 voll. di testo, stampati in Francia con la falsa indicazione Neuchâtel, cui seguirono, fra il 1762 al 1772, 11 voll. di tavole. In tutto 28 voll., fra testo e tavole, per un complesso di settantaduemila voci, alcune firmate, altre siglate, altre anonime, e duemilacinquecento tavole, costituiscono il corpus dell’Encyclopédie (7 voll. di Supplément furono pubblicati dal 1776 al 1780, successivamente, presso editori diversi e senza la partecipazione di Diderot).
La filosofia cui si richiamarono gli enciclopedisti è quella di Bacone, Cartesio, Locke, Condillac, Newton: una concezione non speculativa, fortemente critica dei sistemi e delle tradizioni, in cui la filosofia si presenta innanzitutto come riflessione epistemologica sulle varie scienze e sulle loro articolazioni, tesa a valorizzare il nesso baconiano tra teoria e prassi. Istanza quest’ultima che si riflette in uno degli aspetti più originali che caratterizzano l’Encyclopédie, vale a dire in quella «descrizione delle arti e dei mestieri», in cui gli strumenti, i processi produttivi, le tecnologie in uso nell’industria e nell’artigianato, nella medicina, nella fisica e nelle altre scienze utili al progresso dell’umanità figurano da protagonisti di una società in rapido cambiamento, cui, per altro verso, i contributi dei fisiocratici, compagni di viaggio degli enciclopedisti nell’impresa, fornirono le prime coordinate economiche. Ne emerge un coerente progetto riformatore, da realizzare confidando nei principi illuminati dalla philosophie e teso a dar voce alla complessa trama di interessi di un variegato ceto sociale emergente. Punti di forza di questa idea di società sono tratti da una teoria politica che guarda al giusnaturalismo di Locke e Pufendorf e in cui è vivo l’eco dell’Esprit des lois di Montesquieu: l’origine contrattualistica della società politica, il rifiuto del potere paterno e del diritto divino, il principio della sovranità popolare e i suoi limiti, la divisione e l’equilibrio dei poteri.