CAVALIERI, Enea
Nacque a Ferrara nel 1848 da Pacifico e da Anna Anau, di cospicua famiglia di sentimenti liberali. Compiuti gli studi secondari a Firenze, s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’università di Pisa, ove si laureò nel 1870 con una tesi sugli eserciti permanenti. L’anno seguente pubblicò, ampliata e rielaborata, la sua dissertazione di laurea, Sugli eserciti permanenti, pei tipi degli eredi Le Monnier, dedicandola al suo maestro, Saverio Scolari.
Nell’opera prima già emergono alcune idee che sorreggeranno costantemente la futura attività del C.: l’utilità dell’organizzazione come presa di coscienza e più efficace tutela di interessi collettivi; la necessità della difesa dello Stato quale garante degl’interessi di tutti. In polemica coi sostenitori sia degli eserciti volontari sia della nazione armata, egli ritiene l’esercito permanente, reclutato sulla base della coscrizione obbligatoria e selettiva, lo strumento più idoneo a salvaguardare “gl’interessi dello Stato”, intendendo per tali quelli relativi alla conservazione del territorio non solo, ma anche dell’Ordine sociale costituito. L’intervento dell’esercito a difesa di rapporti socioeconomici consolidati si configura, però, nel calcolo del C., solo in ultima istanza. In un’Italia che presentava sintomi di malessere e vaste zone in cui covava la rivolta antistatale, la proposta del C. non è una politica ciecamente repressiva, ma un’attività intensa delle classi dirigenti per migliorare le condizioni dei ceti produttivi più umili e disagiati. Una simile attività si rendeva ancor più urgente dopo l’esperienza della Comune di Parigi, che aveva destato non poche apprensioni nella borghesia europea, di cui pure si avvertono gli echi nell’opera prima del Cavalieri. L’impegno che attende la classe dirigente egli traduce nella formula del riformare per conservare, condivisa dal Sonnino e dal Franchetti, uniti a lui da vincoli di salda amicizia contratti negli anni del sodalizio universitario.
Tale formula, desunta dall’esperienza politica inglese dell’età vittoriana, il C. cercò di mettere in pratica già nel 1872, quando assunse l’amministrazione della Società Cavalieri-Friedlander, che aveva stipulato con il comune di Comacchio un contratto di affitto per la pesca nelle valli della durata di 24 anni.
Come tutte le società affittuarie della pesca nelle valli comunali, anche quella amministrata dal C. si trovò esposta alle insidie dei pescatori di Erodo, a loro volta sostenuti e incoraggiati dai cosiddetti “fabbricatori del pesce”, titolari di piccole aziende addette alla conservazione delle anguille. Contro tali insidie il C. reagì non solo raddoppiando la vigilanza, promuovendo una serie di iniziative per educare la popolazione comacchiese al rispetto di quei valori in cui egli credeva: l’onesta laboriosità, la proprietà privata, il risparmio, l’associazionismo. A tale scopo fondò asili, scuole, laboratori, progettò industrie per offrire lavoro ai pescatori di frodo, e una cooperativa per la pesca in alto mare; ma tutti i suoi progetti non ebbero esito, per la rescissione del contratto di affitto dopo soli tre anni (cfr. Resoconto morale dell’esercizio 1872 presentato alla Società affitto delle Valli di Comacchio sull’appoggio di documenti d’amministrazione, Ferrara 1873). Nel 1875 il nome del C. si lega, con quello del Sonnino e del Franchetti, alla famosa inchiesta in Sicilia, decisa dopo l’approvazione da parte del Parlamento della legge n. 2579 del 3 luglio 1875, che ordinava un’indagine sull’isola, affidata ad una giunta di nove membri. L’inchiesta del C. e dei suoi amici, maturata nel clima di profondo turbamento provocato nell’opinione pubblica dalla recrudescenza del banditismo isolano e dai casi clamorosi di corruzione di pubblici funzionari, si svolse autonomamente rispetto a quella della giunta parlamentare e giunse a conclusioni per molti aspetti divergenti.
Pur riconoscendo entrambe il cattivo funzionamento degli organi periferici dello Stato e la collusione fra pubblica amministrazione e delinquenza organizzata, l’inchiesta C. Sonnino-Franchetti cercò di compiere un sondaggio in profondità nella struttura amministrativa, economica e sociale dell’isola, denunziando le condizioni di ignoranza e di oppressione in cui erano tenuti i contadini siciliani, sfruttati dalle amministrazioni locali con una serie di balzelli senza il corrispettivo di nessun servizio sociale civile, e dai grandi proprietari che li costringevano ad accettare patti agrari semifeudali. Il rimedio proposto era l’emigrazione e l’organizzazione. I contadini organizzati avrebbero dovuto strappare ai proprietari il più moderno contratto di mezzadria, vista questa come una sorta di piccola impresa capitalistica, in cui il contadino, partecipando ai rischi e agli utili dell’azienda, assimilava una mentalità imprenditoriale.
Il C. non partecipò con i due amici alla rielaborazione, stesura e pubblicazione del vasto materiale raccolto, perché già da tempo aveva programmato un viaggio intorno al mondo, che, nella primavera del 1876, non poté rimandare. Durante il viaggio, che durò fino all’inverno del 1877, visitò il Canadà, gli Stati Uniti, il Messico, l’America meridionale, l’Estremo e il Vicino Oriente. Egli si accinse all’impresa non con la disposizione d’animo dell’appassionato di visioni e sensazioni esotiche, ma con gl’interessi di studioso di problemi politici, economici e sociali. Perciò delle sue memorie di viaggio egli pubblicò – prima a puntate sulla Nuova Antologia nel 1879 (16 febbr., 16 marzo, 16 apr.) e poi in volume per la Zanichelli nel 1880 – solo la parte relativa a quei paesi come il Canadà e gli Stati Uniti, che presentavano aspetti interessanti per il moderno assetto politico e l’organizzazione socioeconomica, e dove più massiccia era l’immigrazione dall’Europa. Frutto delle osservazioni dirette compiute in questi due paesi sono anche due articoli anonimi apparsi sulla Rassegna settimanale (I [1878], nn. 11 e 12), nel primo dei quali indicava la scarsa attendibilità dei dati pubblicati dal Bodio sull’emigrazione italiana nel 1876 e nel secondo suggeriva l’istituzione di organismi di assistenza e protezione dell’emigrato italiano nelle Americhe sull’esempio di quanto si andava facendo negli altri Stati europei (cfr. anche il citato vol. In giro per il mondo, Bologna 1880).
Dal 1878 inizia il periodo di più feconda, ma anche meno nota, attività del C., quale pubblicista di alto livello e competenza, collaboratore di diversi periodici e giornali, tra cui la Rassegna settimanale, la Rassegna (quotidiano), la Nuova Antologia; quale instancabile organizzatore di agricoltori; quale specialista di problemi del mondo agricolo, chiamato a far parte di vari consigli e commissioni del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio (dal 1885 del Consiglio di agricoltura e della Commissione centrale dei valori per le dogane, dal 1894 del Consiglio di previdenza, dal 1898 della Commissione centrale per le società cooperative di produzione e di lavoro, quale amministratore delegato dell’Associazione fra le banche popolari, nel solo 1894 del Consiglio dell’industria e del commercio come delegato della Camera di commercio di Ferrara).
Nella sua opera a favore dei ceti agricoli, s’ispirò al programma elaborato negli anni della sua giovinezza: favorire il piccolo risparmio, incoraggiare la cooperazione da sostenere con il credito delle banche popolari: una rivista da lui fondata a Roma nel 1889 con Luigi Luzzatti, Maggiorino Ferraris e Felice Mangili, di cui tenne la direzione dal 1891 al 1893, aveva appunto per titolo Credito e cooperazione. Al congresso degli agricoltori italiani tenuto a Siena nel 1887 fu relatore sul tema, già dibattuto in varie associazioni agrarie, dell’acquisto in comune, da parte di nuove cooperative agricole, di concimi chimici, macchine agricole e altri materiali utili all’agricoltura. Le nuove cooperative assunsero la denominazione di consorzi agrari, e, poiché si trovarono in difficoltà, e per mancanza di fondi e per inesperienza, nell’operare ai fini per i quali erano sorte, soprattutto per impulso del C. fu fondata a Piacenza nel 1892 la Federazione italiana dei consorzi agrari della quale il C. fu presidente fino al 1906, aperta a tutte le istituzioni agrarie esistenti e a singoli soci, e il cui scopo principale era l’acquisto e la vendita per conto degli associati di tutto quanto servisse all’agricoltura e dei prodotti dell’agricoltura. Considerato tra i maggiori esperti dei problemi relativi alla organizzazione cooperativa, ebbe, con Lorenzo Ponti, l’incarico di redigere lo statuto della costituenda Lega nazionale delle società cooperative italiane. Sulla bozza di tale statuto nel V congresso dei cooperatori italiani tenuto a Sampierdarena dal 21 al 22 maggio 1893, si svolse un acceso dibattito, nel corso del quale egli riuscì a far prevalere le sue formulazioni intese ad assegnare alla Lega un carattere interclassista e di collaborazione tra capitale e lavoro (cfr. Lega nazionale delle Società cooperative italiane, Il V Congresso dei cooperatori italiani. Relazione ufficiale, Milano 1893, pp. 44-47, 68-71, 81-85, 106-113). Il C. fu tra i promotori anche della Società degli agricoltori italiani, sorta a Roma nel 1896, con il compito specifico di studiare i problemi più urgenti del mondo agricolo e di proporne soluzioni al governo. In qualità di vicepresidente di questa società, il C. trattò, in congressi e su riviste, varie questioni come il trasporto ferroviario dei prodotti della terra a tariffa ridotta, l’assicurazione contro la grandine a condizioni di favore per i contadini organizzati, la concorrenza dei grani americani, il commercio del legname ecc. Fondato a Roma da Vittorio Emanuele III il 7 genn. 1905, per suggerimento di varie personalità, l’Istituto internazionale di agricoltura, il C. propose di rendere elettiva, nella delegazione italiana, la rappresentanza degli agricoltori. Non trascurò neppure i problemi del proletariato rurale. Autore nel 1885 insieme con Leopoldo Ferraresi e Clodomiro Bonfigli, di un’inchiesta sulle cause e i rimedi della pellagra in provincia di Ferrara, presentò nel 1886 al Consiglio di agricoltura due schemi di legge sull’uso del mais guasto e sulla costruzione delle case coloniche dotate di servizi igienici. Sempre per il Consiglio di agricoltura elaborò anche schemi di legge per l’istituzione di probiviri in agricoltura (1886-87) e di Camere di agricoltura (1902-1903), in cui fossero eletti, su base egualitaria, accanto a quelli dei proprietari e dei contadini, anche i rappresentanti dei braccianti. Al primo congresso delle Società economiche italiane (Torino, maggio e ottobre 1893) , si fece sostenitore della riforma dei patti colonici a vantaggio dei contadini e della rappresentanza operaia in seno alle Camere di commercio (cfr. Atti del I congresso delle Società economiche, maggio e ottobre 1893, Torino 1893, I, pp. 53, 58, 73 s., 174 s.; II, pp. 14, 114 s., 120 s., 149 s., 161, 164).
Del C. bisogna ricordare anche l’attività spiegata per normalizzare i rapporti commerciali con la Francia e per ristabilire col popolo francese cordiali relazioni politiche. Eletto presidente della Società italo-francese il 10 giugno 1907, in tale veste ebbe le possibilità di stringere legami di amicizia con personalità rappresentative del mondo politico e culturale francese (Georges Clemenceau, Julien Luchaire, Jean Bertheroy). Scoppiato il conflitto mondiale, il C. fu interventista francofilo, influenzando anche i sodalizi di cui era dirigente (ricordiamo, fra gli altri, la Federazione fra le società dei reduci e dei militari in congedo). Dopo l’intervento italiano, a 67 anni si arruolò come volontario nel corpo dei bersaglieri, nelle cui file aveva già combattuto a Custoza nel 1866. Cessato il conflitto, levò la sua voce, ormai debole, in favore di una politica che attenuasse le umiliazioni nei confronti degli Stati vinti. Nel 1925 scrisse per l’editore Vallecchi la prefazione alla riedizione dell’inchiesta condotta nel lontano 1875-76 in Sicilia con i suoi amici Franchetti e Sonnino, avendo la forza di rivendicare, nel prevalente clima antiliberale, il suo passato di conservatore illuminato, in polemica perfino coi sostenitori dell’illegalità degli scioperi.
Il C. morì a Roma l’11 febbr. 1929.
Altre opere del C. sono: Relazione della Commissione incaricata di ricercare le cause della pellagra e di proporre i mezzi valevoli a togliere o almeno a limitare l’espandersi della malattia, Ferrara 1885; La questione dei probiviri in agricoltura, Roma 1888; La Federazione italiana dei consorzi agrari. Cenni per la giuria e pei visitatori dell’esposizione di Torino, ibid. 1898; Le origini dei consorzi agrari e della loro Federazione, ibid. 1905; Studio dei provvedimenti opportuni nello speciale interesse dell’Italia, quale Stato aderente all’Istituto internazionale di agricoltura, per la rappresentanza elettiva degli agricoltori nazionali nella delegazione italiana all’assemblea generale dell’Istituto stesso, ibid. 1909; prefaz. a La Sicilia nel 1876, per S. Sonnino e L. Franchetti, Firenze 1925.
Oltre a queste, il C. diede alle stampe anche le numerosissime conferenze, discorsi inaugurali, interventi, relazioni, celebrazioni di cui fu incaricato per lo più dalle associazioni di cui fu dirigente. Notevole anche la mole degli articoli pubblicati su giornali e riviste varie. Per la collaborazione alla Nuova Antologia, cfr. Indici per autore e per materia della Nuova Antologia dal 1866 al 1930, a cura di L. Barbieri, Roma 1934. Oltre ai periodici già citati dei quali fu anche fondatore (la Rassegna settimanale, la Rassegna, Credito e cooperazione), collaborò alla Gazzetta ferrarese, al Bollettino della Società geografica italiana, all’Italia agricola, al Bollettino quindicinale della Società degli agricoltori italiani, al Giudice popolare e scrisse la premessa per l’Annuario dei consorzi agrari italiani (Piacenza 1899-1900).
Per la sua attività in seno al Consiglio di agricoltura e al Consiglio di previdenza, cfr. soprattutto gli Annali di agricoltura, n. 93, 1885; n. 144, 1887; n. 227, 1902-1903; gli Annali del credito e della previdenza, n. 79, 1909.
Fonti e Bibl.: L. Franchetti, Condiz. pol. e amministr. della Sicilia, Firenze 1877, p. VII; V. Stringher, Organizzaz. agraria in Italia, in L’iniziativa del re d’Italia e l’Istituto internazionale di agricoltura, Roma 1905, pp. 203 ss., 215 ss.; M. Cermenati, La pesca nelle Valli di Comacchio e la notificaz. Galli del 1854. Relaz. esposta alla Commiss. consultiva della pesca nelle sedute del 28 febbraio e 1º marzo 1906, estratto dagli Atti della Commissione consultiva della pesca, Roma 1907, pp. 32 ss.; S. Sonnino, Diario 1866-1912, I, a cura di B. F. Brown, Bari 1972, p. 302; A. Cavalieri, E. C., Roma 1930; V. Marchi, Appunti per la storia dell’agric. Origini dell’organizz. dei consorzi agrari, in L’Italia agricola, LXXVI (1939), pp. 404-18; V. Cavallaro, Come sorse e perché si affermò una grande organizz. cooperativa (la Feder. naz. dei consorzi agrari), in La Rivista della cooperaz., VI (1952), pp. 694-711, 821-36; L. Mizzi, Federazione ital. dei consorzi agrari, in Enc. agaria ital., Roma 1960; R. Villari, Il Sud nella storia d’Italia, Bari 1961, pp. 118 s., 238 s., 285; F. Renda, Socialisti e cattolici in Sicilia, Caltanissetta-Roma 1972, pp. 8, 25. Per le notizie biogr. sommarie: A. De Gubernatis, Piccolo dizionario dei contemp. italiani, Roma 1895, p. 213; G. Biagi, Chi è?, Roma 1908, p. 63. Per il ruolo avuto come fondatore e collaboratore di periodici stampati a Roma, cfr. O. Maiolo-Molinari, La stampa periodica romana dell’Ottocento, Roma 1963, I, pp. 271, 275; II, pp. 749, 757.