enfisema
Le cause dell’enfisema
L’enfisema polmonare (e più in generale la BPCO, Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva) è una patologia multifattoriale che spesso deriva dalla contemporanea presenza di fattori di rischio propri dell’ospite e fattori di rischio ambientali, con un peso relativo variabile a seconda dei casi.
Il fumo attivo di sigaretta rappresenta il principale fattore di rischio per lo sviluppo dell’enfisema, essendo implicato nel 90% di casi di BPCO. Il rischio di sviluppare la malattia e il declino della funzione polmonare nel tempo sono tanto maggiori quanto maggiore è l’entità dell’esposizione al fumo (dato dal prodotto delle sigarette fumate giornaliere per gli anni di fumo attivo). La cessazione dell’abitudine al fumo non permette il ritorno alla normalità strutturale e funzionale del polmone, ma consente di rallentare la progressione della malattia tanto più efficacemente quanto più precocemente si smette di fumare. Per quanto riguarda l’esposizione al fumo passivo, nell’adulto non è stata chiaramente documentata una relazione causale con l’enfisema; è tuttavia presumibile che essa possa contribuire ad aumentare il carico totale delle particelle nocive inalate e, quindi, la progressione della malattia. Al contrario, è noto che l’esposizione passiva al fumo da parte del feto durante la gravidanza e, in generale, durante l’età adolescenziale, può causare riduzione dello sviluppo massimo del polmone con maggiore probabilità di sviluppare BPCO in età adulta.
L’esposizione professionale a polveri, fumi e gas è responsabile di BPCO nel 20% dei casi totali e nel 30% dei pazienti non fumatori. Analogamente al fumo, il rischio e la severità della patologia sono direttamente proporzionali all’esposizione cumulativa a tali sostanze. Gli agenti responsabili più frequenti sono: polveri di carbone, di legno, di cotone, di grano, fumi derivanti dalla saldatura, agenti minerali quali silicio e fibre del vetro, agenti chimici come cadmio, isocianati, vanadio, idrocarburi policiclici aromatici. Categorie professionali a elevato rischio sono i contadini, i lavoratori del legno, della pietra, della ceramica, i minatori, gli scavatori di gallerie.
Non tutti i pazienti fumatori sviluppano la BPCO e il rischio è maggiore in presenza di familiarità positiva per questa patologia. Tali considerazioni suggeriscono l’importanza di fattori genetici nel determinare la suscettibilità al danno indotto dal fumo di sigaretta. Probabilmente una grande varietà di geni è implicata in queste varianti genetiche, sebbene queste ultime non siano state ancora definitivamente identificate.Il deficit di α1-antitripsina è l’unica condizione genetica chiaramente associata allo sviluppo di enfisema. Circa il 4% delle forme di enfisema polmonare è attribuibile a tale deficit. L’α1-antitripsina è una proteina prodotta principalmente dal fegato, la cui funzione è quella di inibire l’attività di alcune proteasi rilasciate dalle cellule immunitarie durante la loro attivazione (per es., l’elastasi rilasciata dai neutrofili).Tali proteasi, prodotte allo scopo di difendere il polmone da agenti infettivi o irritanti, qualora non vengano inibite, possono danneggiare gravemente gli alveoli polmonari e condurre a forme precoci e gravi di enfisema polmonare (enfisema panacinare). Il deficit di α1-antitripsina può consistere nella completa assenza della proteina o nella presenza di una forma difettosa. In ogni caso, essa si manifesta quando entrambi i genitori sono portatori sani del difetto e trasmettono alla prole la copia mutata del gene (probabilità del 25%). La presenza del deficit di α1-antitripsina non comporta necessariamente lo sviluppo di enfisema polmonare, ma ne aumenta significativamente il rischio in presenza di esposizione al fumo di sigaretta. La diagnosi si esegue con il dosaggio ematico di α1-antitripsina. L’identificazione della mutazione nella persona affetta attraverso lo studio genetico si associa all’analisi dei familiari per individuare i portatori sani del difetto.
Sull’associazione tra inquinamento atmosferico e sviluppo di BPCO non esistono al momento evidenze conclusive, anche se è logico supporre che l’esposizione cronica ad agenti inquinanti possa contribuire alla progressione della malattia e al decremento della funzione polmonare. Elevati livelli di inquinamento ambientale, soprattutto sostanze particolate sottili, aumentano la mortalità e la morbilità per cause cardiorespiratorie. Inoltre, l’incremento acuto di agenti inquinanti atmosferici (particelle sottili, ozono, biossido di azoto, anidride solforosa) aumenta i sintomi respiratori, i ricorsi al pronto soccorso, le ospedalizzazioni e la morte nei pazienti con BPCO. L’inquinamento domestico dovuto ai prodotti di combustione derivanti dalla cucina e dal riscaldamento è un altro fattore di rischio di BPCO, specie in donne non fumatrici.
Una storia di infezioni respiratorie gravi (virali o batteriche) nel primo anno di vita si associa a ridotta funzione polmonare e a presenza di sintomi respiratori in età adulta. Le infezioni bronchiali sono, inoltre, frequenti responsabili di riacutizzazioni di BPCO accelerando, in tal modo, la progressione della malattia. Un cenno particolare merita l’associazione, non ancora definita sul piano patogenetico, tra infezione di HIV e sviluppo di forme particolarmente severe di enfisema polmonare. Altri fattori messi in relazione al rischio di sviluppo di BPCO e di enfisema polmonare sono il ridotto sviluppo polmonare in età gestazionale o nell’infanzia (per es., basso peso alla nascita), il basso stato socioeconomico, la malnutrizione.