enigmistica
Malgrado l’enorme diffusione mondiale di singoli tipi di giochi, in particolare del cruciverba, solo in Italia l’assieme dei giochi enigmistici ha dato vita a una tradizione continuativa, e solo in Italia si può parlare propriamente di qualcosa come l’enigmistica. Ogni uso di tale termine che non sia riferito all’Italia (specialmente dopo il 1901) è da considerarsi figurato o almeno non perfettamente proprio. Una tradizione analoga si è avuta negli Stati Uniti, ma con minore sistematicità, testimoniata dall’assenza di un termine specifico per denominarla (a enigmi, rebus, sciarade ci si riferisce con un generico puzzle, «rompicapo»).
Il termine enigmistica, assieme ad altri analoghi (enigmofilia, enigmografia, enigmologia), incomincia a diffondersi nell’ultimo decennio dell’Ottocento su riviste e almanacchi specializzati nella pubblicazione di indovinelli e sciarade sin dagli anni Venti del secolo.
Il termine si impose tra gli appassionati a partire dal 1901, nella forma enimmistica, con la pubblicazione del primo manuale ad alta tiratura (Demetrio Tolosani, Enimmistica, prima edizione, Milano, Hoepli, 1901), ove l’enigmistica è definita semplicemente come «l’arte che si occupa, in qualsiasi modo, dei giochi enimmatici».
La fortuna popolare del termine deve molto, però, alla fondazione del periodico La Settimana Enigmistica (1932), che associò al campo enigmistico il già popolarissimo cruciverba, noto in Italia dal 1925. Mentre gli altri giochi enigmistici hanno sempre interessato una comunità assai ristretta di esperti, progressivamente allontanandosi dall’editoria popolare, il cruciverba fu adottato immediatamente come gioco linguistico per il grande pubblico.
Dagli anni Cinquanta del Novecento gli appassionati dei giochi più tradizionali riservano il nome di enigmistica popolare al cruciverba (e, con un tasso minore di convinzione, al ➔ rebus), mentre quello di enigmistica classica viene impiegato per distinguere (e nobilitare) giochi come l’indovinello o la crittografia.
È possibile distinguere tre accezioni fondamentali del termine enigmistica: l’accezione lessicale, che comprende il cruciverba; l’accezione ristretta, che lo esclude (ed è impiegata dai soli appassionati dei giochi tradizionali); l’accezione allargata e figurata, per la quale è possibile parlare, per es., di «enigmistica dei primi cristiani» o di «emblematica come enigmistica».
Rispetto alla maggior parte dei giochi con le parole, che vive nell’estemporaneità e in cui le regole possono cioè essere stipulate al momento fra i giocatori, l’enigmistica vive nel differimento temporale: il testo viene approntato, pubblicato e quindi fruito in tempi diversi. Perché la comunicazione di gioco funzioni, autore e fruitori devono necessariamente richiamarsi a una grammatica comune, codificata da manuali o da norme redazionali rispettate dagli editori dei giochi. Il fatto che le regole soggiacenti siano note e condivise e non siano materia di congettura (come invece accade nei videogiochi, ma anche nella maggior parte dei giochi verbali linguistici e letterari non enigmistici) rende possibile combinazioni di gioco particolarmente raffinate e complesse, il cui funzionamento mai potrebbe essere intuito da un lettore ignaro di ogni regola.
I caratteri comuni ai giochi enigmistici di tutti i generi sono la presenza di una domanda (che viene posta da chi conosce la soluzione, ed è dunque una sfida) e l’assenza di una risposta: il testo enigmistico è sempre incompleto, o è completo e autosufficiente solo in modo ingannevole. Il lettore è chiamato a integrare tale testo: condizione particolarmente evidente nel cruciverba, in cui una griglia vuota di quadratini richiede esplicitamente al lettore di completarla con la propria scrittura. Se si considera che i primi cruciverba sono stati pubblicati su giornali e periodici generalisti, questo invito al lettore a prendere una matita e scrivere ha costituito la prima forma di interattività diretta in campo giornalistico.
Il testo enigmistico viene sempre composto appositamente per il gioco: non esiste un’enigmistica del discorso quotidiano. Il compositore di un testo enigmistico (l’autore) lo destina a un pubblico di appassionati (i solutori), perlopiù tramite le pagine di un periodico. La circostanza per cui il testo contiene un gioco, o meglio è in sé un gioco, è segnalata innanzitutto dal contesto (rubrica, pagina, rivista o libro di enigmistica) e in secondo luogo da un particolare apparato testuale.
Ogni gioco enigmistico si compone di un testo esplicito, detto esposto, e di un testo implicito, che costituisce la soluzione o porta a identificarla. La convenzione dell’enigmistica prevede che esposto e soluzione vengano pubblicati in tempi o luoghi testuali differenti, per es., nel numero successivo della rivista, o nelle pagine finali del fascicolo, o nella stessa pagina ma con caratteri capovolti (a evitare che il solutore possa averli entrambi sott’occhio, contemporaneamente).
L’esposto viene presentato al solutore corredato di una indicazione di genere (rebus, sciarada, crittografia mnemonica, e simili); di un diagramma numerico o grafico riferito alle parole che compongono la soluzione; della firma dell’autore (di norma, uno pseudonimo). Il solutore ha dunque a disposizione in chiaro una serie di informazioni, la principale delle quali consiste nel fatto (da non considerarsi ovvio) che il testo è appunto di tipo enigmistico.
L’indicazione di genere è l’equivalente scritto delle formule rituali che incorniciano l’indovinello orale («Indovina, indovinello ...») e di conseguenza è la manifestazione esplicita della sfida.
L’apparato testuale e metatestuale del gioco enigmistico allude al sapere comune fra i giocatori: il codice che il solutore condivide con l’autore regola il funzionamento dei meccanismi linguistici e impone restrizioni lessicali alle parole che costituiscono la soluzione.
I testi enigmistici appartengono a quattro famiglie: i giochi in versi, le crittografie, il rebus, i cruciverba. Le quattro famiglie si distinguono per il modo in cui il testo viene esposto al solutore:
(a) presentazione linguistica testuale per i giochi in versi;
(b) presentazione linguistica in parole o in versi nelle crittografie;
(c) presentazione figurativa, spesso con elementi grafematici per il rebus;
(d) presentazione diagrammatica, con frasi linguistico-frastici, per il cruciverba.
Le prime tre famiglie derivano da artifici linguistici antichi, in certi casi antichissimi, codificati dalla fine del Settecento come testi-giocattolo per il divertimento dei lettori della stampa periodica. Anche la quarta famiglia, quella del cruciverba, ha avuto alcuni predecessori arcaici, ma si è sviluppata solo a partire dagli anni Dieci del Novecento, come rubrica di giornali ad alta tiratura.
La macchina testuale enigmistica deve consentire a un solutore di ricostruire un testo dissimulato dal suo autore. Perché ciò avvenga è necessario che entrambi si riferiscano a un codice comune, in particolare che conoscano entrambi i meccanismi che consentono la dissimulazione, cioè gli ingranaggi specifici e fondamentali dell’enigmistica.
Dato che il testo implicito (generalmente parlando, la soluzione) è linguistico e viene dissimulato da un testo esplicito (l’esposto) pure linguistico, tali meccanismi saranno forme di dissimulazione linguistica. Si può parlare di enigmistica come di una ‘sistematica dell’ambiguità’ poiché in linea di massima in ogni testo enigmistico c’è almeno un punto in cui le stesse espressioni o gli stessi elementi dell’espressione vengono riferiti a contenuti diversi.
La dissimulazione enigmistica si realizza attraverso diverse forme di ambiguità che riguardano il significato e ambiguità che riguardano il significante. All’interno di ogni famiglia possono giocare ruoli diversi i diversi dispositivi di ambiguità linguistica riconosciuti dall’enigmistica. L’ambiguità semantica si ha con la costruzione di un testo in cui possano convivere due interpretazioni diverse, due linee di senso autonome (o almeno relativamente autonome).
Esistono parole o espressioni linguistiche che possono soddisfare questa condizione grazie ai fenomeni dell’omonimia, della polisemia, della re-interpretazione di modi di dire, nomi propri, proverbi, paralessemi.
In una crittografia mnemonica come:
(1) (esposto) «RIEN NE VA PLUS»
(soluzione) Bando di concorso alle Poste
si osserva la re-interpretazione semantica di una locuzione già formata («Bando di concorso alle Poste»), tramite la polisemia di tre nomi:
(a) bando: «decreto di indizione» / «annuncio di interdizione»;
(b) concorso: «selezione di personale» / «partecipazione con altri»;
(c) poste: «amministrazione di servizio pubblico» / «effetti del puntare al gioco».
Va anche osservato che l’ambiguità enigmistica, qui e ovunque, è sempre marcata: non abbiamo oscillazione fra diversi sensi equiprobabili o integrabili l’uno con l’altro (come può accadere, per es., in poesia), bensì una netta divaricazione. Da un lato, una lectio facilior, una linea di senso privilegiata dall’uso (la locuzione preformata: Bando di concorso alle Poste), e una lectio difficilior, una linea di senso costruita artificialmente a scopi meramente enigmistici (Proibizione a partecipare ulteriormente alla puntata al gioco). In una o nell’altra linea di senso, se le consideriamo nella loro rispettiva autonomia, nessun termine è ambiguo ma concorre efficacemente e univocamente allo sviluppo della linea di senso.
Per ambiguità di significante vanno intesi diversi fenomeni in cui non si ha un’interpretazione alternativa del significato ma un’individuazione alternativa del significante:
(a) l’ambiguità per indeterminazione dovuta a incompletezza sintattica, in uso, per es., nelle definizioni cruciverbistiche o negli indovinelli più semplici:
(2) (esposto) «L’ultima rende proprietari»
(soluzione) Rata
(b) diverse forme di permutazione dei componenti del significante, che a volte corrispondono a forme di mutamento fonetico (per es., la metatesi) e nella maggior parte dei casi sono stati mutuati da forme di gioco con le parole di tradizione anche antichissima (per es., il palindromo, l’anagramma, l’acrostico);
(c) la risegmentazione o (nel gergo enigmistico) cesura. Si ha cesura quando una sequenza di lettere può dare vita a più di un’espressione esistente nella lingua, grazie alla semplice redistribuzione degli spazi fra le parole. È quello che succede con la locuzione: casti godimenti, che può essere risegmentata in: castigo di menti. La cesura enigmistica è un fenomeno che appartiene per intero al campo della scrittura, perciò l’eventuale omofonia fra le sequenze (come in l’aura e Laura) non cambia lo statuto dell’ambiguità dell’espressione. Fuori dal campo enigmistico, per es. nella trattatistica manieristica e barocca sulle imprese e sui rebus, il caso l’aura / Laura può essere invece registrato come omonimia, ambiguità puramente semantica.
Naturalmente i casi di ambiguità di significante finiscono per determinare anche una differenza di significato: ma rispetto alle omonimie e nelle re-interpretazioni semantiche la disgiunzione avviene al livello più superficiale dell’espressione. Lo si fa notare perché molti studiosi o commentatori di generi espressivi in cui sono presenti diverse forme di ambiguità (dalla psicoanalisi del motto di spirito al concettismo, all’enigmistica medesima) stabiliscono gerarchie che privilegiano le ambiguità semantiche (considerate più nobili e poetiche) sulle altre. Una stessa gerarchia implicita ritiene l’ambiguità semantica di prestigio inferiore alle ambiguità logiche e pragmatiche della poesia e della letteratura in genere.
L’enigmistica ha adottato tutti i principali procedimenti dell’evoluzione linguistica, del lapsus e del gioco di parole (lo spostamento e lo scambio di lettere; il cambio, lo scarto, l’aggiunta di lettere; la falsa etimologia; l’acrostico, l’anagramma; l’agglutinazione, l’aplologia, ecc.); altri ne ha generati.
Il catalogo dei principali schemi enigmistici (dove per schema si intenda il tipo di figura e per combinazione l’occorrenza attuale, l’esempio che lo realizza) può essere suddiviso in sottocategorie.
(a) Aggiunta / Zeppa: due parole o espressioni linguistiche differiscono solo per una lettera che viene aggiunta alla seconda fra esse. La denominazione dello schema varia a seconda della posizione iniziale, finale o intermedia della lettera aggiunta:
(3) a. utopista / autopista (aggiunta iniziale)
b. zoo / zoom (aggiunta finale)
c. mediazione / meditazione (zeppa)
L’aggiunta / zeppa è uno schema con resto, perché non tutte le lettere che lo compongono si ripetono. Trattandosi di un’aggiunzione si può parlare di schema con resto quantitativo.
(b) Anagramma: due parole o espressioni linguistiche sono formate dal medesimo insieme di lettere, disposte diversamente e in modo caotico (senza che la combinazione possa cioè rientrare nella definizione di un altro schema); è uno schema senza resto, ovvero non ci sono differenze né nel numero né nel tipo di lettera fra una parte e l’altra:
(4) attore = teatro
grissino = signorsì
calendario = locandiera
pepita d’oro = doppiatore
calendario = l’Arca di Noè
caso fortuito = fatto curioso
l’Arca di Noè = l’ora di cena.
(c) Antipodo: una parola o espressione ne genera un’altra qualora la sua lettera iniziale sia spostata in posizione finale e il tutto venga riletto a ritroso (antipodo diretto). Quando la parola ottenuta è diversa da quella di partenza abbiamo un antipodo bifronte diretto:
(5) battello = bolletta: B-attello; attello-B; B-olletta
Quando la parola ottenuta è uguale a quella di partenza abbiamo un antipodo palindromo diretto:
(6) congegno = congegno: C-ongegno; ongegno-C; C-ongegno
Esiste anche l’antipodo inverso, in cui a spostarsi è l’ultima lettera della parola, verso la prima posizione:
(7) a. talamo = malato: talam-O; O-talam; malat-O
(antipodo bifronte inverso)
b. ananas = ananas: anana-S; S-anana; anana-S
(antipodo palindromo inverso)
Tutti gli antipodi sono schemi senza resto, ovvero casi di anagramma parziale e moderato.
(d) Cambio: due parole o espressioni sono uguali in tutte le lettere tranne una, che va sostituita:
(8) a. passo / basso (cambio d’iniziale)
b. idea / idem (cambio di finale)
c. ricattatore / ricettatore (cambio di vocale)
d. mortorio / mormorio (cambio di consonante)
e. porta / poeta (cambio di lettera)
È uno schema con resto qualitativo, perché non cambia la quantità delle lettere presenti da una parte all’altra dello schema.
(e) Frase doppia: due espressioni linguistiche differiscono solo per la diversa distribuzione dei limiti di parola:
(9) lama grezza = la magrezza
È la variante a due elementi della sciarada e come questa applica il principio della risegmentazione. È uno schema senza resto e potrebbe essere paradossalmente visto come un anagramma moderato (o meglio moderatissimo).
(f) Scambio: due parole o espressioni sono uguali, salvo per due lettere che si scambiano di posto:
(10) marchesa = maschera (maRcheSa / maScheRa)
figlio di foca = foglia di fico (figliO di focA / fogliA di ficO)
Lo scambio è uno schema senza resto.
(g) Scarto: schema reciproco a zeppa e aggiunta, in cui due parole o espressioni sono uguali salvo per una lettera che viene sottratta:
(11) a. autopista / utopista (scarto iniziale)
b. meditazione / mediazione (scarto)
c. zoom / zoo (scarto finale).
(h) Spostamento: due parole o espressioni sono uguali, salvo per una lettera che cambia di posto:
(12) aironi = ironia: A-ironi / ironi-A
Lo spostamento è uno schema senza resto.
(a) Anagramma (diviso): vi sono casi di anagrammi in cui il gioco avviene non fra due bensì fra tre parole o espressioni linguistiche:
(13) sogno / realtà = ergastolano
sidecar / roulotte = le ruote di scorta
In questo schema, salvo che nelle sue varianti meno pregiate, agisce una restrizione per cui gli elementi distinti che compongono una delle due parti della combinazione devono essere in mutua relazione semantica.
(b) Biscarto: schema in cui l’elemento finale è uguale alla sequenza dei due elementi iniziali, dopo che da questi siano stati fatti cadere lettere o gruppi di lettere consecutive uguali:
(14) causa / lingua = casalinga (caUsa / lingUa = casalinga)
fernet / inetta = ferita (ferNET / iNETta = ferita)
Il biscarto è uno schema senza resto, poiché tutte le lettere sono presenti un numero pari di volte, ovvero ogni lettera non viene ripetuta. Non è però un anagramma parziale, perché la ripetizione delle lettere avviene su tre e non su due elementi. A seconda della posizione delle lettere da scartare si hanno casi privilegiati di biscarti, come la cerniera e il lucchetto.
(c) Cerniera: caso di biscarto in cui le lettere o il gruppo di lettere da scartare sono posti in testa al primo elemento e in coda al secondo:
(15) flauto / golf = l’autogol (Flauto /golF / l’autogol)
lastra / mela = strame (LAstra / meLA / strame).
(d) Incastro: schema in cui due parole ne formano una terza quando la seconda viene interposta alla prima:
(16) ostrica / tè = ostetrica (ostrica / TÈ = osTEtrica)
È uno schema senza resto e un caso di anagramma diviso parziale. Fa parte della famiglia delle alternanze, con l’intarsio e la sciarada alterna: due o più parole si compenetrano, dividendosi in tratti, ma senza permutazione nella posizione delle loro rispettive componenti.
(e) Intarsio: è lo schema che sussume tutte le combinazioni di alternanza più complesse di quelle codificate come incastro o sciarada alterna. In particolare, il tipo di incastro in cui si alternano tre tratti delle prima parola e due tratti della seconda parola:
(17) candele / dive = candide vele (candele / DIVE = canDIde VEle).
(f) Lucchetto: caso di biscarto in cui le lettere da scartare sono poste in coda al primo elemento e in testa al secondo:
(18) minaccia / acciaio = minio (minACCIA / ACCIAio = minio).
(g) Sciarada: è lo schema in cui due parole o espressioni linguistiche ne generano una terza col semplice saldarsi consecutivamente:
(19) nubi / lato = nubilato.
(h) Sciarada alterna: è una figura di alternanza in cui due parole o espressioni ne formano una terza alternando due tratti della prima e due tratti della seconda:
(20) magi / regata = mareggiata (magi / REGATA / maREGgiATA).
(i) Sciarada incatenata: schema paragonabile all’aplologia linguistica, in cui si registra l’identità del tratto terminale di una parola e del tratto iniziale di una seconda parola e, lasciando uno solo dei due tratti identici e leggendo consecutivamente, si ottiene una seconda parola o espressione:
(21) casto / toro = castoro (casTO / TOro = casTOro)
È uno schema intermedio a sciarada e lucchetto e ha resto quantitativo.
Esiste inoltre un gruppo di schemi in cui l’unità commutata non è il grafema bensì il morfema:
(22) a. battaglio / battaglia (cambio di genere)
b. lezio / lezione (falso accrescitivo)
c. suo / suino (falso diminutivo)
d. aspo / aspetto (falso vezzeggiativo)
e. addio / addiaccio (falso peggiorativo)
Sono schemi a resto sia qualitativo sia quantitativo. Tale vasto repertorio di schemi di mutazione lessicale richiede al solutore non solo l’abilità indiziaria che consiste nell’interpretare testi semanticamente ambigui, ma anche la capacità manipolatoria di trarre una parola dall’altra.
Malgrado la sostanziale distrazione degli analisti, l’assieme delle pratiche enigmistiche mostra un rilevante interesse sociolinguistico.
Nelle sue manifestazioni più vulgate, l’enigmistica si rivolge a un pubblico non intellettuale, di alfabetizzazione recente, funzionando come passatempo ma anche come test sulle proprie competenze lessicali ed enciclopediche. Per molti parlanti l’attività enigmistica, anche solo passiva, ha costituito e costituisce, dopo l’uscita dalla scuola, l’unica forma di esperienza metalinguistica della propria vita.
Bartezzaghi, Stefano (2001), Lezioni di enigmistica, Torino, Einaudi.
Bartezzaghi, Stefano (2004), Incontri con la Sfinge. Nuove lezioni di enigmistica, Torino, Einaudi.
Bartezzaghi, Stefano (2007), L’orizzonte verticale. Invenzione e storia del cruciverba, Torino, Einaudi.
Dossena, Giampaolo (2004), Il dado e l’alfabeto. Nuovo dizionario dei giochi con le parole, Bologna, Zanichelli.
Tolosani, Demetrio (1901), Enimmistica. Guida per comporre e per spiegare enimmi, sciarade, anagrammi, logogrifi, rebus, ecc., Milano, Hoepli.
Tolosani, Demetrio & Rastrelli, Alberto (1938), Enimmistica. Storia dell’enimmistica, guida per risolvere e comporre enimmi, sciarade, anagrammi, logogrifi, giuochi geometrici, rebus, ecc., curiosità enimmistiche, Milano, Hoepli.