Ennio De Giorgi
Ennio De Giorgi è stato uno dei più geniali matematici italiani del 20° secolo. Nel 1956, a soli ventotto anni, nell’articolo Sull’analiticità delle estremali degli integrali multipli, risolse uno dei 23 problemi posti da David Hilbert al Congresso internazionale dei matematici tenutosi a Parigi nel 1900, raggiungendo fama internazionale. La sua presenza alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove insegnò per oltre trentacinque anni, attirò in quella sede moltissimi matematici italiani e stranieri, desiderosi di attingere alle sue originalissime idee.
Ennio De Giorgi nacque a Lecce l’8 febbraio 1928. Suo padre, Nicola, era insegnante di materie letterarie alle Scuole magistrali di Lecce e cultore di lingua araba, avendo trascorso diverso tempo nei Paesi arabi, fino al punto di preparare un vocabolario arabo-italiano e italiano-arabo. La madre, Stefania Scopinich, veniva da Capodistria, da una famiglia di navigatori che aveva solcato gli oceani con navi a vela. Il padre morì prematuramente nel 1930, mentre la madre morì quasi centenaria nel 1988. Ennio aveva un fratello, Mario, di sei anni più grande, e una sorella, Rosa, di quattro anni maggiore. La religiosità di De Giorgi è certamente da ricondurre a quella della madre, come egli spesso amava riconoscere. Assai legato era anche ai nipoti: una di loro, Anna Dina, lo accudì fino alla morte, avvenuta a Pisa il 25 ottobre 1996.
Conseguita la maturità classica a Lecce, nel 1946 De Giorgi si iscrisse alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma. Nel suo percorso scolastico egli era apparso particolarmente dotato in matematica (ove il 10 gli fu garantito sin dalle prime settimane del ginnasio) e in filosofia, per cui la sua scelta dovette risentire delle pressioni familiari intese ad assicurare alla sua inusuale capacità di concentrazione e astrazione un contesto di concretezza che l’avrebbe portato ad abbracciare una professione di sicuro avvenire. Tuttavia De Giorgi, nel suo primo anno di università, incontrò diversi illustri docenti, i quali, riconosciuta la sua eccezionale abilità matematica, gli fecero capire che il suo passaggio al corso di laurea in matematica sarebbe stato estremamente naturale, se non addirittura obbligatorio per il bene della scienza. Egli sostenne un brillante esame di analisi I con Francesco Severi, ricevendone elogio esplicito e voto con lode, e poi rapidamente entrò nella cerchia degli allievi del grande maestro Mauro Picone che lo portò alla laurea nel 1950, a una borsa di studio presso l’IAC (Istituto per le Applicazioni del Calcolo) e al posto di assistente ordinario presso l’Istituto di matematica dell’Università di Roma. Nel 1958, avendo vinto il concorso per la cattedra di analisi, fu nominato professore a Messina, per poi passare, nel 1959, alla Scuola Normale Superiore di Pisa e svolgervi un’attività didattica e scientifica di altissimo livello.
Membro della Commissione scientifica dell’Unione matematica italiana (UMI) dal 1961 al 1982, fu socio dell’Accademia dei Lincei (corrispondente dal 1978 e nazionale dal 1986), dell’Accademia nazionale delle scienze detta dei XL, della Pontificia Accademia delle scienze, dell’Accademia delle scienze dell’America Latina, dell’Accademia delle scienze di Torino, dell’Istituto lombardo, dell’Accademia ligure e dell’Accademia pontaniana di Napoli. Fu membro del Comitato di redazione degli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Nel 1995 fu nominato membro straniero dell’Académie des sciences di Parigi e della National academy of sciences degli Stati Uniti. Ricevette vari premi nel corso della sua carriera: il premio Caccioppoli dall’UMI nel 1961, il premio nazionale del presidente della Repubblica dall’Accademia dei Lincei nel 1973, il premio Confalonieri degli atenei milanesi nel 1987, il premio Wolf per la matematica nel 1990. Nel luglio del 1983 ricevette la laurea honoris causa dall’Università di Parigi e, per l’occasione, nel novembre dello stesso anno si tenne, sempre a Parigi, il simposio Ennio De Giorgi colloquium. Nel febbraio del 1992 ricevette la laurea honoris causa in filosofia dall’Università di Lecce.
L’attività scientifica di De Giorgi è stata straordinaria, determinando vere e proprie svolte in vari campi dell’analisi matematica: il calcolo delle variazioni, la teoria geometrica della misura, la teoria generale delle equazioni a derivate parziali, le equazioni di evoluzione e anche nel campo dei fondamenti della matematica. Essa è testimoniata non solo dalle sue numerose pubblicazioni (circa 150), ma anche dalla mole assai vasta di lavori di suoi allievi e spesso anche di matematici affermati, direttamente ispirati da sue idee, intuizioni e congetture, come Giorgio Talenti e Sergio Campanato, illustri analisti italiani.
La sua originalità e indipendenza di pensiero, la capacità di stimolare continuamente nuove tematiche e di fornire con grande generosità intellettuale spunti di riflessione spesso decisivi, lo hanno reso un vero e proprio punto di riferimento nel panorama matematico internazionale. Nella sua prima produzione spiccano due lavori pubblicati (Un teorema di unicità per il problema di Cauchy, relativo ad equazioni differenziali lineari a derivate parziali di tipo parabolico, «Annali di matematica pura e applicata», 1955, 40, pp. 371-77; Un esempio di non-unicità della soluzione di un problema di Cauchy, relativo ad un’equazione differenziale lineare di tipo parabolico, «Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei, matematica e applicazioni», 1955, 14, pp. 382-87) nei quali egli ottiene con tecniche ingegnose risultati di unicità ed esempi di non unicità per il problema di Cauchy per equazioni paraboliche.
Negli anni 1953-55 De Giorgi conseguì alcuni importanti risultati nella teoria dei perimetri, sulla scia della nozione di misura (n−1)-dimensionale per frontiere orientate di insiemi n-dimensionali introdotta da Renato Caccioppoli, illustre matematico napoletano, con cui ebbe rapporti grazie all’interessamento di Picone. Nella relazione al premio Pomini del 1956, assegnato a De Giorgi dall’UMI, la cui commissione era composta da Picone, Giovanni Sansone e Caccioppoli, si legge un giudizio particolarmente incisivo e interessante, appunto perché certamente redatto da Caccioppoli:
Di grande interesse e contenenti alcuni risultati importanti, sono due Memorie su una nuova teoria della misura degli insiemi (r−1)-dimensionalmente orientati in uno spazio a r dimensioni. L’idea originalissima che ne è alla base è quella di partire dalla formula di Gauss-Green come istanza a priori, per giungere ad una definizione analitica della misura vettoriale, funzione additiva di insieme: questa fornisce la misura assoluta con la propria variazione totale. Con tale procedimento si stabiliscono proprietà fondamentali, alquanto riposte, della misura; sono poi studiate le proprietà locali (asintotiche) degli insiemi di misura finita e viene data una nuova definizione della misura come estremo superiore delle misure di insiemi contenuti nel dato ed aventi una certa regolarità. Questi risultati sono suscettibili di ulteriori larghi sviluppi e di interessanti applicazioni a nuovi problemi di tipo isoperimetrico. La commissione è unanime nel considerare il De Giorgi un ricercatore singolarmente dotato, ricco d’inventiva e che rivela già un notevole spirito costruttivo; lo ritiene pertanto pienamente meritevole del premio («Bollettino dell’Unione matematica italiana», 1956, 11, pp. 638-39).
Caccioppoli, insieme a Giuseppe Scorza Dragoni (1908-1996), Gianfranco Cimmino (1908-1989) e Carlo Miranda (1912-1982), aveva costituito una notevolissima scuola di analisi matematica a partire dal periodo in cui Picone era stato docente all’Università di Roma (1927) e suo maestro. Picone consigliò al giovane De Giorgi la lettura dei lavori che il suo affermato allievo Caccioppoli aveva scritto nel 1952 su tali argomenti, rapidamente assimilati da De Giorgi. Quest’ultimo riuscì a incontrare Caccioppoli a Napoli, anche grazie all’aiuto di don Savino Coronato (1908-1997), assistente di Caccioppoli, che gli trovò alloggio in una residenza religiosa, in perfetta sintonia con la sua fervente fede cattolica. Tuttavia, il primo incontro tra i due era avvenuto qualche tempo prima, all’Università di Roma, nell’anno accademico 1953-54, in occasione di una conferenza di Caccioppoli, al termine della quale il giovanissimo De Giorgi chiese la parola e pose una questione di matematica molto profonda, come riferisce Edoardo Vesentini nel suo ricordo di De Giorgi tenuto alla Scuola Normale di Pisa il 27 ottobre 1996: «Prima di toccare l’aspetto matematico dell’osservazione di De Giorgi, Caccioppoli citò una frase di André Gide: ‘non c’è nulla di più barbaro di uno spirito puro’. Poi, rivolto a Ennio aggiunse: ‘mi sembra che lei sia un’eccezione’».
La sua originale e profonda impostazione nella teoria degli insiemi di perimetro finito (che più tardi, dopo la tragica fine di Caccioppoli, egli avrebbe denominato insiemi di Caccioppoli) partiva dal problema, posto da Caccioppoli, di estendere a un ambito il più generale possibile la validità delle formula di Gauss-Green, e lo portò a risultati fondamentali di teoria geometrica della misura. In un lavoro edito nel 1954 (Su una teoria generale della misura r −1 dimensionale in uno spazio ad r dimensioni, «Annali di matematica pura ed applicata», 1954, 36, pp. 191-213) egli introduce la sua generalissima nozione di perimetro di un insieme misurabile dello spazio euclideo a n dimensioni e dimostra che il perimetro di E è finito se e solo se sussiste una formula di tipo Gauss-Green relativa a E e che esso coincide con la misura della sua frontiera orientata secondo Caccioppoli. Tali risultati lo portarono alla dimostrazione della disuguaglianza isoperimetrica pubblicata in una Memoria lincea l’8 marzo 1958. La relazione su tale nota venne fatta da Caccioppoli ed è un prezioso documento:
Il dott. Ennio De Giorgi ha esposto in precedenti lavori ricerche approfondite intorno a una nozione generalissima, originariamente introdotta da Caccioppoli, di misura per la frontiera orientata di un insieme in uno spazio euclideo; misura chiamata dall’autore “perimetro dell’insieme”. Queste ricerche ricevono nella presente Memoria una brillante applicazione alla proprietà isoperimetrica della ipersfera, che si riconosce sussistere entro la classe degli insieme di perimetro finito. La dimostrazione è essenzialmente fondata su un notevole criterio di compattezza, e su un teorema alquanto riposto relativo al confronto tra i perimetri di un insieme generico e di altro ottenuto mediante un procedimento di normalizzazione e simmetrizzazione rispetto ad un iperpiano. Il risultato è importante; ma soprattutto interessante è la impostazione originale di questa ricerca, che inizia lo studio di un nuovo tipo di problemi variazionali isoperimetrici. La Commissione (costituita da Mauro Picone e Renato Caccioppoli) ritiene pertanto il lavoro del dott. De Giorgi ben degno di essere accolto fra le Memorie dell’Accademia («Memorie dell’Accademia nazionale dei Lincei, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», 1958, 5, p. 3).
Queste ricerche, insieme a un lavoro del 1955 (Nuovi teoremi relativi alle misure r−1 -dimensionali in uno spazio ad r dimensioni, «Ricerche matematiche», 1955, 4, pp. 95-113) in cui definisce la frontiera ridotta di un insieme di perimetro finito, culminarono in due pubblicazioni del 1961, contenenti il teorema di regolarità delle frontiere ridotte degli insiemi di perimetro minimo e che ebbero vasta risonanza, influenzando fortemente la teoria delle correnti di Federer e Fleming. Nel frattempo il nome di De Giorgi si era affermato nel mondo matematico per quello che forse è il suo più celebre risultato matematico, conseguito nel 1956: l’estensione al caso n>2 di un teorema, provato per n=2 da Morrey nel 1938, di continuità holderiana delle soluzioni deboli delle equazioni ellittiche del secondo ordine, a coefficienti discontinui in n variabili, che, in virtù di classici teoremi di regolarità, portava alla soluzione, da lunghi anni attesa, del 19° problema di Hilbert circa l’analiticità delle estremali degli integrali multipli regolari. Di tale problema e dell’importanza della sua eventuale soluzione De Giorgi era stato informato nell’estate del 1956 da Guido Stampacchia (1922-1978), altro grande esponente della matematica italiana, napoletano, allievo di Caccioppoli e C. Miranda, uno dei matematici italiani più conosciuti negli Stati Uniti e in Francia.
Come ha scritto uno degli allievi più vicini a De Giorgi, Mario Miranda, le abilità acquisite da De Giorgi negli anni precedenti per rendere rigorosa la teoria di Caccioppoli gli furono utili per la soluzione del problema di Hilbert. Tale risultato, noto come teorema di De Giorgi, annunciato da una nota ai Lincei nell’aprile 1956 da Picone, e la sua dimostrazione, pubblicata nelle Memorie dell’Accademia delle scienze di Torino nell’aprile 1957 a cura di M. Picone, hanno profondamente influenzato la teoria delle equazioni a derivate parziali lineare e non lineari. La pubblicazione stessa del lavoro ha seguito un iter piuttosto singolare che si intreccia con la carriera universitaria del suo geniale autore.
De Giorgi fece per la prima volta domanda per un concorso a cattedra di analisi matematica nel 1956, all’età di 28 anni. Era un concorso bandito dall’Università di Trieste. La commissione, costituita da Scorza Dragoni (Università di Padova), C. Miranda (Università di Napoli), Silvio Cinquini (Università di Pavia), Luigi Amerio (Politecnico di Milano) e Gaetano Fichera (Università di Roma), non ritenne di dichiararlo vincitore perché, pur considerandolo uno straordinario matematico, non poté tener conto del valore della nota lincea (con enunciati di teoremi senza la relativa dimostrazione) da lui presentata, dal titolo Sull’analiticità delle estremali degli integrali multipli, che era appunto un lavoro presentato all’Accademia dei Lincei dal suo maestro Mauro Picone il 14 aprile 1956 per la pubblicazione nei «Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei». La commissione nel verbale del concorso si espresse con la seguente motivazione: «Di grandissima importanza sono i risultati annunciati nella nota 12, sull’analiticità delle estremali degli integrali multipli: il fatto che tali risultati non siano corredati dalle relative dimostrazioni, attenua però di molto il valore che può attribuirsi a questa nota ai fini del presente concorso».
Le dimostrazioni furono pubblicate l’anno dopo, in un lavoro presentato da Picone il 24 aprile 1957 (Sulla differenziabilità e l’analiticità delle estremali degli integrali multipli regolari, «Memoria dell’accademia delle scienze di Torino», 1957, 3, pp. 25-43). L’osservazione interessante da fare è che questo lavoro, fatta eccezione per un lemma iniziale di chiusura presente in esso e non nella nota, contiene esattamente gli stessi enunciati di teoremi e lemmi della nota lincea del 1956. La bibliografia della memoria contiene poi in più il famoso libro di C. Miranda sulle equazioni ellittiche e, ovviamente, la citazione della nota lincea. In altre parole De Giorgi, nel periodo tra l’aprile 1956 e l’aprile 1957 ha semplicemente aggiunto le dimostrazioni a ciascun enunciato della nota lasciando inalterato l’enunciato stesso. Come si spiega tutto ciò? Perché egli tardò tanto a pubblicare le dimostrazioni? Il fatto è che il suo modo di considerare vero un teorema non coincideva con quello comune nella scienza matematica, che si fonda sulle dimostrazioni dettagliate di ogni singolo teorema o lemma. Probabilmente ragionava nel modo seguente: se un dato enunciato non è vero, è perché esiste un controesempio allo stesso, cioè un caso che si presenta come ‘eccezione alla regola’ descritta dal teorema. Però egli evidentemente era in grado di rintracciare gli unici possibili controesempi; per arrivare alla ‘sua’ dimostrazione gli bastava controllare che gli unici possibili controesempi in realtà erano falsi controesempi e cioè impossibili. Illuminante è il brano dal suo articolo I giovani e la matematica, pubblicato postumo nel volumetto Ennio De Giorgi tra scienza e fede, 2007, pp. 179-87:
Nello studio dei problemi più difficili consiglierei sempre la tattica del lavorare su due fronti: cercare da una parte la dimostrazione che un certo teorema ritenuto interessante è vero; cercare di trovare contro esempi i quali provino che l’enunciato di cui si è cercata la dimostrazione è falso; le difficoltà incontrate in una direzione si trasformano allora in aiuti per procedere nella direzione opposta (p. 182).
Del teorema di De Giorgi uscì un anno dopo (indipendentemente) un’estensione al caso di equazioni paraboliche a opera di John Nash, premio Nobel per l’economia nel 1994.
È del 1968 un suo esempio che prova che l’holderianità non sussiste nel caso dei sistemi (Un esempio di estremali discontinue per un problema variazionale di tipo ellittico, «Bollettino dell’Unione matematica italiana», 1968, 1, pp. 135-37). Tra il 1965 e il 1969 De Giorgi ottenne, anche in collaborazione con Enrico Bombieri, Enrico Giusti e M. Miranda, importanti risultati sulle superfici minime e sul problema di Bernstein che ebbero enorme risonanza. Va menzionato un famoso esempio che prova in dimensione n maggiore o uguale di 8 che possono esistere superfici minime con singolarità.
Nei primi anni Settanta, in collaborazione con Lamberto Cattabriga, De Giorgi pubblicò nel Bollettino dell’UMI alcuni pregevoli lavori sull’esistenza di soluzioni analitiche in tutto lo spazio di equazioni a coefficienti costanti. Negli stessi anni dette impulso alla teoria della G-convergenza di operatori ellittici del secondo ordine, introdotta da Sergio Spagnolo nel 1967. Alla fine degli anni Settanta, scrisse una memoria con Giorgio Letta sulla convergenza debole di funzioni crescenti di insiemi, alcuni lavori con Ferruccio Colombini e Spagnolo sull’esistenza e unicità di soluzioni di equazioni iperboliche a coefficienti discontinui rispetto al tempo e sviluppò ricerche intorno alle curve di massima pendenza per funzionali definiti su spazi metrici (teoria suggerita da A. Marino e dai suoi allievi).
Dalla seconda metà degli anni Ottanta, stimolato dalla presenza di vivacissimi talenti nel gruppo dei suoi allievi pisani e non, De Giorgi tornò alle applicazioni della teoria geometrica della misura per trattare nuovi problemi variazionali con discontinuità libere. Introdusse, in un lavoro preparato con il giovanissimo allievo Luigi Ambrosio (n. 1963), suo successore alla Scuola Normale di Pisa, lo spazio SBV delle funzioni BV speciali le cui derivate sono misure prive di parte cantoriana e pervenne, in collaborazione con vari suoi allievi, all’esistenza di minimi in senso classico del funzionale di Mumford e Shah.
Particolarmente feconda fu l’impostazione che De Giorgi diede negli ultimi anni allo studio dei problemi di evoluzione di superfici. La sua teoria delle barriere e il suo metodo di movimenti minimizzanti hanno permesso di studiare i fenomeni di evoluzione anche in codimensione maggiore di 1. Sin dalla prima metà degli anni Settanta, De Giorgi aveva manifestato un vivo interesse per questioni di logica e dei fondamenti della matematica, tenendo ogni anno un corso alla Scuola Normale di Pisa e costituendo un gruppo di ricerca su tali argomenti. Dal 1985 tali ricerche si sono concretizzate in alcuni lavori e note lincee contenenti l’elaborazione di varie originali ‘teorie base’ dei fondamenti nelle quali inserire le più note teorie degli insiemi.
Costante fu anche l’impegno di De Giorgi per la difesa dei diritti umani, profuso in ogni occasione, dalle sedute della Commissione per la difesa dei diritti umani dei Lincei o dell’Accademia Pontificia, ai convegni di cui era ispiratore e protagonista, organizzati secondo le sue preferenze in piccole sedi, con la sua intensa partecipazione all’attività di organismi internazionali quali il Comité internationale des mathématiciens e Amnesty international, ove spesso traspariva la sua testimonianza cristiana.
De Giorgi aveva amici e allievi in tutta Italia. Le sue trasferte per seminari e convegni, specie a Genova, Firenze, Milano, Pavia, Perugia, Napoli, Trento, oltre che ovviamente a Roma e a Lecce, erano frequenti. Era circondato dalla profonda ammirazione di colleghi e amici anche se rimase sempre persona molto modesta. Negli ultimi anni della sua vita tenne conferenze sui rapporti tra matematica e altre forme del sapere umano, sottolineando, con linguaggio semplice e incisivo, il valore sapienziale della matematica, la sua sorprendente capacità di rivelare le relazioni esistenti fra gli enti dell’universo, la sua attitudine a migliorare le doti di immaginazione degli uomini. Sia i suoi ultimi lavori scientifici, gravidi di congetture e suggestioni, secondo il suo stile di lavoro, sia questi interventi divulgativi, che rendono testimonianza dei suoi ideali, costituiscono un inesauribile patrimonio a disposizione delle giovani generazioni che vorranno accostarvisi.
Su una teoria generale della misura ( r−1 ) -dimensionale in uno spazio ad r dimensioni, «Annali di matematica pura ed applicata», 1954, 36, pp. 191-213.
Nuovi teoremi relativi alle misure ( r−1 ) - dimensionali in uno spazio ad r dimensioni, «Ricerche matematiche», 1955, 4, pp. 95-113.
Un esempio di non-unicità della soluzione di un problema di Cauchy, relativo ad un’equazione differenziale lineare di tipo parabolico, «Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei, matematica e applicazioni», 1955, 14, pp. 382-87.
Un teorema di unicità per il problema di Cauchy, relativo ad equazioni differenziali lineari a derivate parziali di tipo parabolico, «Annali di matematica pura e applicata», 1955, 40, pp. 371-77.
Sull’analiticità delle estremali degli integrali multipli, «Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», 1956, 20, pp. 438-41.
Sulla differenziabilità e l’analiticità delle estremali degli integrali multipli regolari, «Memoria dell’Accademia delle scienze di Torino, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», 1957, 3, pp. 25-43.
Sulla proprietà isoperimetrica dell’ipersfera, nella classe degli insiemi aventi frontiera orientata di misura finita, «Memorie dell’Accademia nazionale dei Lincei, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», 1958, 5, p. 3.
Un esempio di estremali discontinue per un problema variazionale di tipo ellittico, «Bollettino dell’Unione matematica italiana», 1968, 1, pp. 135-37.
Riflessioni su matematica e sapienza, a cura di A. Marino, C. Sbordone, «Quaderni dell’Accademia pontaniana», 1996, 18.
Anche la scienza ha bisogno di sognare. Gli orizzonti scientifici e spirituali di un grande matematico, a cura di F. Bassani, A. Marino, C. Sbordone, Pisa 2001.
Selected Papers, a cura di L. Ambrosio, G. Dal Maso, M. Forti et al., Berlin 2006.
L. Ambrosio, G. Dal Maso, M. Forti et al., Ennio De Giorgi, «Bollettino dell’Unione matematica italiana», 1999, 2-B, pp. 1-31 (necrologio con bibliografia completa).
Ennio De Giorgi tra scienza e fede, Atti del seminario di studi, Lecce (6 dicembre 2006), a cura di D. Pallara, M. Spedicato, Galatina 2007.
L. Ambrosio, M. Forti, A. Marino, S. Spagnolo, Scripta volant, verba manent. Ennio De Giorgi, matematico e filosofo, a cura di V. Letta, Pisa 2008.