VISCONTI, Ennio Quirino
VISCONTI, Ennio Quirino . – Nato a Roma nel cinquecentesco palazzo Altoviti il 30 ottobre 1751 da Giovanni Antonio Battista, cittadino romano di origine ligure, e dalla romana Orsola dei marchesi Filonardi, fu battezzato in S. Giovanni dei Fiorentini il 1° novembre con i nomi di Ennio Quirino Sante Serapione.
Ebbe tre fratelli, Filippo Aurelio, Alessandro e Massimo, e tre sorelle, due delle quali presero il velo, l’una, Matilde, a Veroli, e l’altra, Marta-Beatrice, a S. Egidio in Trastevere. Fu educato dal padre, che esperimentò su di lui i benefici di una pedagogia concepita come un diletto e non come un obbligo (Novelle Letterarie Fiorentine, num. 42, 17 ottobre 1755, coll. 666-671). A quattordici mesi sapeva già «parte della storia romana e conosceva le facce delle medaglie antiche» (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, BAV, Cod. Ferraioli 415, c. 27, Lettera di Giancristoforo Amaduzzi a Giovanni Bianchi del 6 ottobre 1762, edita in Castellani, 1971, p. 82). A dieci anni fu sottoposto a un esame in casa del cardinale Ferdinando Maria De Rossi su argomenti «di storia sacra e profana sino alla nascita di Cristo, di antiquaria, di geometria e di aritmetica» (ibid.) ; vi fu interrogato e lodato dal padre eremita agostiniano Agostino Giorgi, allora titolare della cattedra di Sacre Scritture nell’archiginnasio della Sapienza. Due anni dopo, nel settembre 1764, vinse una medaglia d’oro del pontefice regnante dando prova di «molto spirito» nel risolvere problemi di fisica e di matematica davanti a celebri letterati e scienziati romani riuniti nella biblioteca Angelica. Condotto poi dall’abate Amaduzzi a Villa Mattei, vi identificò i ritratti degli imperatori su bassorilievi e statue e commentò le scene mitologiche scolpite sui primi davanti a un pubblico fornito. Sin da adolescente tradusse Omero «ovunque uno glielo aprisse» (Lettera di Amaduzzi a Bianchi del 23 luglio 1768 edita in Castellani, 1971, p. 83) e interpretò abilmente le iscrizioni antiche. Non ancora ventenne, il 7 agosto 1771 si laureò in utroque iure alla Sapienza. Fu eletto cameriere d’onore del nuovo papa Pio VI nel giugno 1775 e nominato secondo custode della Biblioteca Vaticana nel giugno 1783. Pochi mesi dopo decise di prender moglie, perdendo tutti gli emolumenti camerali. Fu allora accolto in casa Chigi dal principe Sigismondo come segretario e poi, dal febbraio 1785, come «bibliotecario de manoscritti e archivista» con uno stipendio di 10 scudi mensili (BAV, Mss. Chigiani 2313, citato da Ridley, 2008, p. 211). Nello stesso mese, il 3 febbraio, sposò Teresa Angela Doria, da cui ebbe quattro figli maschi, di cui due soli sopravvissero, Sigismondo e Ludovico. Dopo la morte del padre Giambattista, avvenuta nel settembre 1784, grazie all’appoggio del ministro di Spagna José Nicolás de Azara (J.-N. de Bourgoing, Notice historique sur le chevalier don Joseph-Nicholas d’Azara, Aragonais, ambassadeur d’Espagne à Paris, mort dans cette ville le 5 pluviôse an XII, s.l. né d. [1804], p. 12) Pio VI lo reintegrò in tutte le precedenti cariche camerali autorizzandolo a conservarle «in stato coniugale e anche in abito militare» (Breve pontificio citato da Gallo, 1994, p. 83). Rinunciò tuttavia al posto di vicebibliotecario vaticano, continuando invece a occuparsi della redazione del catalogo illustrato del Museo Pio Clementino, i cui primi due volumi, consacrati alle statue, erano usciti nel 1782 (con il nome di Giambattista benché Ennio Quirino fosse il vero autore delle schede) e nel 1784. Nel giugno 1788 fu nominato presidente antiquario dei Musei Capitolini e nel febbraio 1790 ne divenne ‘direttore antiquario di residenza’ dirigendo la ripulitura degli spazi espositivi e la revisione della presentazione e dei restauri delle opere.
Quando il padre – che succedette a Johann Joachim Winckelmann nella carica di commissario delle antichità di Roma il 30 giugno 1768 – cominciò a occuparsi dell’allestimento del nuovo museo vaticano all’inizio degli anni 1770, lo affiancò assieme al fratello Filippo Aurelio, redigendo la nota settimanale dei monumenti scoperti o acquistati per il museo destinata al pontefice. Frequentando mercanti e artisti divenne uno dei maggiori conoscitori dell’arte antica del suo tempo, come provano i suoi scritti e soprattutto le eruditissime schede dei sette volumi del Museo Pio Clementino illustrato e descritto, di cui l’ultimo porta la data 1807 benché stampato nel 1810. Riconobbe infatti l’esistenza di maestranze magnogreche indipendenti e con caratteristiche proprie, identificò una serie di copie di capolavori greci di Mirone di Eleutere, Prassitele, Leocare, Cefisodoto il Vecchio e Eutichide in marmi allora conservati nei Musei Capitolini e nel Pio Clementino e interpretò esattamente le iconografie del cosiddetto Antinoo di Belvedere (un Mercurio) e della Cleopatra vaticana (un’Arianna abbandonata). Propose inoltre di interpretare il Pasquino di piazza Navona come una rappresentazione di Patroclo ferito a morte da Ettore, un’identificazione messa in dubbio soltanto nel 1991 dall’archeologo tedesco Raimund Wünsche, il quale vi riconobbe Aiace con le spoglie di Achille. Ma Visconti non brillò unicamente nel campo dell’arte antica, ove eseguì anche expertises per collezionisti privati, come i principi Chigi e Borghese (Monumenti Gabini della Villa Pinciana, Roma 1797) o come il banchiere mercante inglese Thomas Jenkins (Catalogo dei Monumenti scritti del museo del signor Tommaso Jenkins, Roma 1787). Su richiesta di Sigismondo Chigi nel 1785 cominciò un Discorso sullo stato attuale della romana letteratura, inedito sino al 1841 (Due discorsi inediti di Ennio Quirino Visconti con alcune sue lettere e con altre a lui scritte che ora per la prima volta vengono pubblicate, Milano, pp. 27-48), ove osò affermare, tra l’altro, che mancando la libertà di stampa a Roma non si faceva storia politica, ma si scrivevano unicamente biografie (ibid, p. 39 s.).
Il 13 gennaio 1793 il nome di Visconti venne repertoriato tra quelli delle centoventi persone che molto probabilmente appoggiarono il diplomatico francese Hugou de Bassville, giunto da Napoli per sostenere le velleità repubblicane dei pensionnaires dell’Accademia di Francia a Roma che volevano innalzare lo stemma della Libertà sulla facciata di palazzo Mancini. Il 31 agosto 1797 figurò in una lista di ‘patrioti’ che l’ambasciatore Giuseppe Bonaparte portò con sé al suo arrivo a Roma. Il 29 gennaio 1798 firmò una memoria destinata al Direttorio di Parigi ove tentò di giustificare l’uccisione del generale Mathurin-Léonard Duphot e la partenza precipitosa di Bonaparte adducendole all’incertezza dell’appoggio francese e al timore di un’invasione napoletana. Il 10 febbraio cominciò a esercitare temporaneamente le funzioni di ministro dell’Interno della Repubblica Romana (Archivio di Stato di Roma, Repubblica Romana, b. 8, citato da Sforza 1923, p. 118). Il 20 marzo fu nominato console, ma venne destituito a metà settembre avendo smascherato gli abusi finanziari e i raggiri di certi suoi colleghi giacobini. Al momento della seconda occupazione napoletana, nel settembre del 1799, lasciò Roma per sempre. L’8 novembre era già a Marsiglia e il 18 dicembre fu nominato surveillant des antiques del Musée central des arts di Parigi, divenuto Musée Napoléon nel 1803. Vi organizzò le sale della Galerie des antiques, di cui nell’autunno del 1800 redasse la Notice des Statues, Bustes et Basreliefs, aggiornandola via via sino allo smantellamento della collezione nel 1815. Nel 1810 ne cominciò l’indicizzazione per l’Inventaire Napoléon. Gli si devono anche le schede sulle antichità dei quattro volumi del Musée Français, pubblicato a fascicoli a Parigi tra il 1803 e il 1812, lavoro che continuò sotto la Restaurazione nella Description des antiques du Musée Royal, stampata nel 1817. Confermato infatti nelle sue funzioni di conservatore da Luigi XVIII nell’autunno del 1815, le abbandonò soltanto pochi giorni prima della morte, avvenuta il 7 febbraio 1818, quattro anni dopo essere diventato cittadino francese.
Arrivando a Parigi Visconti sperava di diventare direttore generale dei musei, ma gli si preferì Dominique-Vivant Denon, compagno di Bonaparte in Egitto. Allegro e gioviale, esprimeva troppo liberamente le sue opinioni. Fu tuttavia sempre unanimemente considerato come un grandissimo savant. Nel 1803 divenne membro dell’Institut nella classe di Belle arti e l’anno dopo in quella di Storia e letteratura antica. Gli si devono il Rapport historique sur les progrès de l’histoire et de la littérature ancienne depuis 1789 et sur leur état actuel e il Rapport sur l’état des arts en France depuis vingt ans, presentati solennemente all’imperatore dalla Commissione dell’Institut nel 1808. Il 2 luglio dello stesso anno ricevette il titolo di chevalier de l’Empire. Il 17 luglio 1804 era stato insignito della Légion d’honneur, confermatagli da Luigi XVIII nel 1816.
Napoleone Bonaparte ebbe per lui una grandissima stima. Lo incaricò di comporre una storia del mondo antico greco-romano fondata sulle iconografie degli uomini illustri, l’Iconographie ancienne ou Recueil des portraits authentiques des empereurs, rois et hommes illustres de l’Antiquité, realizzata sotto il patrocinio del ministero degli Affari esteri, allora diretto da Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord. I tre tomi dell’Iconographie grecque furono presentati all’imperatore a Saint-Cloud nel giugno del 1810; il primo dell’Iconographie romaine apparve nel 1817, ma l’impresa fu terminata soltanto nel 1829 da Antoine Mongez. Nel 1804 partecipò al dibattito sul costume delle statue eroiche suscitato dal progetto canoviano del Napoleone come Marte inerme e pacificatore (Londra, Apsley House, 1803-06) che oppose i partigiani della nudità antica ai sostenitori del ritratto storico (Lettre au cit. Denon, [...], sur le costume des statues antiques. Paris, ce 15 floréal, an XII in La Décade philosophique, XII (1804), 24, 3e trimestre, 30 floréal, pp. 338-346), ma l’expertise che consacrò definitivamente la sua gloria europea fu quella dei fregi del Partenone, acquistati dal British Museum nel giugno del 1816 per la somma di 35.000 sterline.
Celebrato dall’infanzia sino alla morte, «uomo veramente europeo», «rara unione d’un perfetto sapere, d’una bella anima e di uno spirito profondo» (G. Checchetelli, Vita di Ennio Quirino Visconti, in Vite e Ritratti d’illustri italiani, Roma 1842-1845, p. 56), Visconti riposa nel cimitero parigino del Père-Lachaise, ove un busto di David d’Angers ricorda i suoi tratti in cima al monumento di Jean-Baptiste Plantar disegnato dal figlio Louis (il Ludovico dei tempi di Roma), mentre l’iscrizione è del figlio maggiore Sigismondo. Tra il 1818 e il 1822 l’editore Bettoni di Milano ristampò il Museo Pio Clementino in una versione in 4°, mentre i quattro volumi delle Opere Varie italiane e francesi... raccolte e pubblicate per cura del dottor Giovanni Labus a Milano tra il 1827 e il 1831 resero accessibili lettere e scritti inediti.
La Roma umbertina rese omaggio a Visconti e alla sua cultura intitolandogli il primo liceo italiano aperto nelle mura dell’ex Collegio Romano.
Fonti e Bibl.: Una lista ricca, ma non completa, delle fonti (edite e inedite) e il repertorio di tutti gli scritti di Visconti sono disponibili in D. Gallo, V., E. Q., in Dictionnaire critique des historiens de l’art actifs en France de la Révolution à la Première guerre mondiale, a cura di Ph. Sénéchal - C. Barbillon, Parigi, 2009, https://www.inha.fr/ fr/ressources/publications/publications-numeriques/dictionnaire-critique-des-historiens-de-l-art/visconti-ennio-quirino.html (15 luglio 2020); vi si troverà anche la bibliografia viscontiana, di cui si danno qui solo alcuni titoli importanti e le pubblicazioni più recenti: G. Sforza, E.Q. V. e la sua famiglia, in Atti della Società Ligure di storia patria, LI (1923); S. Ferri, Elogio degli aspetti positivi di E.Q. V., in La critica d’arte, VI (1937), pp. 226-235, tav. 138 (riedito in Id., Opuscula. Scritti vari di metodologia storico-artistica, archeologia, antichità etrusche e italiche, filologia classica, Firenze 1962, pp. 234-249); C. Pietrangeli, Scavi e scoperte di antichità sotto il pontificato di Pio VI, Roma 1958; P. Treves, E.Q. V., in Id., Lo Studio dell’Antichità classica nell’Ottocento, I, La Nuova storia. Milano-Napoli 1962, pp. 3-73 (riedizione Torino 1976, pp. 3-73); G. Castellani, Un fanciullo prodigio. E.Q. V. (1751-1818), in Strenna dei Romanisti, XXXII (1971), pp. 82-87; M. Pavan, Antonio Canova e la discussione sugli «Elgin Marbles», in Rivista dell’Istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte, n.s., XXI-XXII (1974-1975), pp. 219-344; A. Giuliano, L’identificazione del discobolo di Mirone, in Scritti in onore di Giuliano Briganti, a cura di M. Bona Castellotti, Milano 1990, pp. 11-19 ; D. Gallo, E.Q. V. e il restauro della scultura antica tra Settecento e Ottocento, in Thorvaldsen. L’ambiente l’influsso il mito, a cura di P. Kragelund - M. Nykjær, Roma 1991, pp. 101-122 ; Ead., Les Visconti de Rome, in Louis Visconti. 1791-1853 (catal.), a cura di F. Hamon - Ch. MacCallum, Parigi 1991, pp. 48-59; Ead., Originali greci e copie romane secondo Giovanni Battista ed E.Q. V., in Labyrinthos, XXI-XXIV (1992-1993), pp. 215-251; Ead., I Visconti. Una famiglia romana al servizio di papi, della Repubblica e di Napoleone, in Roma moderna e contemporanea, II, (1994), 1, pp. 77-90; D. Di Castro, Il principe Chigi, Visconti e Volpato fra il centrotavola di Palazzo Pallavicini ed altri oggetti d’arte. Committenza neoclassica a Roma: gusto antiquario e decorazione, in Gazzetta antiquaria, n. s., XXVIII (1996), pp. 42-51; D. Gallo, Les Antiques au Louvre. Une accumulation de chefs-d’œuvre, in Dominique-Vivant Denon. L’œil de Napoléon (catal.), a cura di P. Rosenberg - M.-A. Dupuy, Parigi 1999, pp. 182-204; Ead., L’ideologia imperiale e l’Iconographie ancienne di E.Q. V., in Ideologie e patrimonio storico-culturale nell’età rivoluzionaria e napoleonica. A proposito del trattato di Tolentino. Atti del Convegno, Tolentino... 1997, Roma 2000, pp. 55-77; Ead., Le Musée Napoléon et l’histoire de l’art antique, in Les Vies de Dominique-Vivant Denon. Actes du Colloque..., ...1999, a cura di D. Gallo, II, Parigi 2001, pp. 685-723; O. Rossi Pinelli, Osservare, confrontare, dubitare: E.Q. V. e i fondamenti della storia dell’arte antica, in Villa Borghese. I principi, le arti, la città dal Settecento all’Ottocento (catal.), a cura di A. Campitelli, Milano 2003, pp. 123-130; G. Calcani, E.Q. V. tra antiquaria e archeologia, in Antonio Canova. La cultura figurativa e letteraria dei grandi centri italiani, I, Venezia e Roma, a cura di F. Mazzocca - G. Venturi, Bassano del Grappa 2005, pp. 103-113; D. Gallo, Quale storia dell’arte antica per il Museo Pio Clementino (1770-1796)?, in Sammeln als Institution. Von der fürstlichen Wunderkammer zur Mäzenatentum des Staates, a cura di B. Marx - K.-S. Rehberg, Monaco-Berlino 2006, pp. 153-162; R.T. Ridley, E.Q. V.: a vital restored date, in Roma moderna e contemporanea, XVI (2008), 1, pp. 209-212; D. Gallo, The Galerie des Antiques of the Musée Napoléon: a new perception of ancient sculpture?, in Napoleon’s Legacy: The Rise of National Museums in Europe, 1794-1830, a cura di E. Bergvelt et al., Berlino 2009, pp. 111-123; Ead., Il Museo Clementino tra novità e tradizione, in L’età di Papa Clemente XIV. Religione, politica, cultura. Atti del Convegno, Santarcangelo di Romagna... 2005, a cura di M. Rosa - M. Colonna, Roma 2010, pp. 237-258; F.P. Arata, Il secolo d’oro del Museo Capitolino 1733-1838. Nascita e fondazione della prima collezione pubblica di antichità, Roma 2016, pp. 187-214; D. Gallo, I Visconti e la tradizione antiquaria, in I marmi Torlonia. Collezionare capolavori (catal.), a cura di C. Gasparri - S. Settis, Milano 2020, pp. 98-105, in corso di stampa.