ENOCH (ebr. Hanük "dedicazione")
Personaggio biblico, discendente di Set; è ricordato (Gen., V, 18-24; Eccli., XLIV, 16; XLIX, 16; Giuda, 14, 15; Ebr., XI, 5,6) come "settimo da Adamo" (Giuda, 14; cfr. Gen., V, 1-18; I Cron., 1, 1-3: Adamo, Set, Enos, Cainan, Mahalal'el, Jared, Enoch), e specialmente per essere stato favorito di una speciale conversazione con Dio (Gen., V, 22; Eccli. [ebr.], XLIV, 16) durante la sua vita di 365 anni, e di una finale misteriosa assunzione in cielo (Gen., V, 24: "e non fu, perché Dio lo prese"; Eccli. [ebr.], XLIX, 16: "fu assunto nel recesso"). Di lui inoltre Giuda, 14, 15, cita un messaggio da parte di Dio: "Ecco che il Signore venne, con le sante sue schiere e prese vendetta su tutti e dimostrò a tutti gli empî come fossero inique tutte le loro opere con cui mostrarono il manco di loro pietà, e dure le loro parole rivolte contro di Lui, da empî peccatori". S. Paolo (Ebr., XI, 5-6), fondandosi anche sulla versione dei Settanta di Gen., V, 22; Eccli., XLIV, 16, ne mette in risalto la fede: "di lui è celebre l'aver piaciuto a Dio, prima ancora d'essere assunto; ora non si può piacere a Dio che per mezzo della fede".
La tradizione postbiblica, che non ne sapeva di più, si è abbandonata a ricami sugli scarsi testi citati, con applicazioni sovente contraddittorie. Negli scrittori anonimi delle apocalissi apocrife, che vanno sotto il suo nome, egli divenne una specie di mago e di indovino dei misteri della terra e del cielo e delle sorti future, finché nel tardo rabbinismo si arrivò a farne un peccatore.
Nelle credenze musulmane infine, Enoch venne ravvisato nel misterioso personaggio Idrīs, di cui è menzione due volte nel Corano (XIX, 57; XXI, 85), con un'identificazione che poggia sui dati leggendarî della letteratura biblica apocrifa e rabbinica.
Gli studî comparati di storia delle religioni hanno trovato analogie tra questa scienza di Enoch, settimo nella serie dei 10 patriarchi, ed Enmeduranki (Euedorachos di Beroso), che viene ad essere appunto il settimo nella lista dei primi re antidiluviani babilonesi; ma le ultime indagini non hanno fatto che accentuare il divario. Resta però sempre che Enmeduranki, beniamino degli dei, iniziato nei misteri, comunicatore dei più reconditi veri, fondatore del sacerdozio specializzato a predire il futuro, ha potuto in qualche modo contribuire a far sì che la tradizione posteriore estrabiblica, fondandosi sulla difficile espressione camminò con Dio e fu assunto, attribuisse ad Enoch tutta una letteratura esoterica. In base al difficile passo Apocalisse, XI, 3-13, alcuni antichi aggiunsero Enoch ad Elia (assunto anche esso in cielo) nella lotta contro l'Anticristo: cosicché, mentre la spiegazione più seriamente provata assegnava ai due assunti una morte negli estremi giorni, apparvero presso i più antichi tracce d'una idea che li faceva soccombere nella lotta contro l'Anticristo stesso (cfr. Tertulliano, De anima, 50, in Patr. lat., II, 780: "translatus est Henoc et Elias, nec mors eorum reperta est, dilata scilicet, caeterum morituri reservantur, ut Antichristum sanguine suo extinguant").
Bibl.: W. Bousset, Der Antichrist in der Überlieferung des Judentums, des Neuen Testaments und der alten Kirche, Gottinga 1895, pp. 134-139; E. Koenig, Die Genesis, 2ª ed., Lipsia 1925; P. Heinrich, Das Buch Genesis, Bonn 1930; H. Zimmern, Die altbabylonischen vor- (und nach-) sintflutlichen Könige nach neuen Quellen, in Zeitschrift d. deutsche morgenl. Gesell., LXXVIII (1924), pp. 19-35; A. Deimel, Die babylonische und biblische Überlieferung bezüglich der vorsintflutlichen Urväter, in Orientalia, XVII (1925), pp. 33-47.
Gli apocrifi di Enoch.
Si possiedono tre apocrifi sotto il nome di Enoch, che a causa delle lingue che ce li hanno tramandati in forma più completa, si chiamano: etiopico, slavo, ebraico.
a) L'etiopico è di maggior interesse sotto parecchi rispetti; ne è attestata l'esistenza, per la sua prima parte (peccato degli angeli, che insegnano le male arti agli uomini) quasi ininterrottamente sino al sec. XI; fu noto, forse in una versione greca, a Pico della Mirandola, poi perduto totalmente di vista. Nel sec. XVI riaffiorò la notizia d'una versione etiopica in uso nella chiesa abissina. Nel 1773 il Bruce ne portò in Europa, alla Bodleiana di Oxford, il primo manoscritto, cui nel 1868 vennero ad aggiungersene molti altri, dal ricco convento di Magdalȧ.
Il successivo aumentarsi dei manoscritti nelle biblioteche occidentali è segnato a tappe da varie edizioni: nel 1821 il Laurence dava una prima traduzione inglese, e nel 1838 l'edizione su 3 mss.; nel 1851 A. Dillmann richiamava con la sua edizione su 5 mss. l'attenzione dei dotti; seguono nel 1902 l'edizione del Flemming, e nel 1906 quella del Charles. Intanto le sabbie d'Egitto restituivano un grosso frammento greco dell'apocrifo, trovato nel 1886-1887 ad Ahhmīm dal Grébaut, e pubblicato nel 1892 dal Bouriant, Fragments du texte grec du livre d'Hénoch (Mémoires miss. arch. franc., IX) e contenente i primi 32 capitoli in una recensione che, in contrasto con i frammenti tramandati da Giorgio Sincello (presso Dindorf, Corpus script. hist. byz., I, Bonn 1829, pp. 19, 20), ove si trovavano in parte VI-IX, 4; VIII, 4-X, 14; XV, 8-XVI, 1, riproduce quasi esattamente il testo etiopico; questo poi, da parecchi controsensi, appare dipendere in qualche modo da una versione greca.
Il contenuto dell'Enoch etiopico è quanto mai sconnesso: lo si potrebbe chiamare dizionario di erudizione. Nelle sue cinque parti, con titoli approssimativi (capitoli I-XXXVI: Benedizioni di Enoch agli eletti e giusti; capitoli XXXVII-LXXI: Visione della Sapienza avuta da Enoch figlio di Iared; capitoli LXXII-LXXXII: Traiettoria delle luci del cielo, ecc.; capitoli LXXXIII-XC: Storia dell'umanità da Adamo sino al finale giudizio e la successiva creazione d'una Gerusalemme nuova sotto il primato del Messia; capitoli XCI-CVIII: Ammonimenti di Enoch ai figli sulla empietà futura, e le pene ed i premî eterni) pare quasi un manuale enciclopedico della cultura sacra e profana dei Giudei, dall'astronomia, le leggi che presiedono all'universo, la divina assistenza alla storia, sino alla rinnovazione attesa per mezzo del Figliuol dell'Uomo.
Su quest'ultimo soggetto si ferma più esplicitamente la 2ª parte, che viene chiamata pertanto con varî nomi dai moderni trattatisti, come Libro del Messia, Parabole di Enoch o Similitudini di Enoch: ivi il personaggio centrale viene chiamato Figliuol dell'Uomo (in etiop. walda sabe'e: XLVI, 2-4; XLVIII, 2; Walda be'esi: LXII, 5; LXIX, 29); Figliuol della donna (in etiop. walda be'esit in varianti di alcuni mss. in LXII, 5 e LXIX, 29), Figlio della prole della madre dei viventi (in etiop. walda 'eguala 'emmaheiàu: LXII, 7-9; LXIX, 27; IXX, I; LXXI, 17), l'Eletto (herùi: XL, 5; XLV, 3-4; XLIX, 2-4; LI, 3-5; LIII, 6), Eletto di giustizia e di fede (XXXIX, 6); Giusto (zadek: XLVII, 1; LIII, 6); Messia (mesìh: XLVIII, 10; LII, 4); nella fine di tutto il libro Dio lo nomina suo figlio: io ed il suo figlio (CV, 2). Di questo Figliuol dell'Uomo è proclamata la preesistenza avanti al Signor degli Spiriti (XLVIII, 6; XLIX, 2), sotto le ali del signor degli Spiriti era la sua dimora (XXXIX, 7); prima che egli venga è noto solo ai giusti (XLVIII, 7; LXI, 5; LXXII, 7).
L'attività del Messia ha un nome tecnico nelle profezie bibliche: giudizio, con cui si designa insieme la purificazione dal peccato in tutte le manifestazioni (LII, 2-8) e l'appoggio ai giusti (XLVIII, 4). La sua opera terrà dietro ad un periodo molto agitato da lotte tra peccatori e santi, armati di spada (XXXVIII, 5; XLVIII, 9). La critica tende prevalentemente, esagerando la varietà dei soggetti trattati nel nostro apocrifo, a negare l'unicità d'autore; ma questa potrebbe forse sostenersi, tenuto conto delle scarse qualità assimilatrici dell'anonimo. Minore accordo v'è circa l'epoca di composizione di tutto il libro, e circa la lingua originaria e la patria: l'ipotesi d'un autore semita di lingua greca risolverebbe parecchie questioni; circa la data, supponendo l'unicità di autore, ci si può fondare sul cap. XC, interpretando il "Gran Corno" del v. 9 come figurazione di Giovanni Ircano (135-106 a. C.), e l'Agnello dilaniato dai corvi significherebbe Gionata, ucciso nel 143 a. C. da Trifone; e così l'apocrifo può essere assegnato al sec. II a. C.
b) L'Enoch slavo, rielaborazione posteriore dell'etiopico, anche esso dipende da un testo greco, come appare tra l'altro dall'interpretazione della parola Adam in XXX, 13, quasi fosse simbolo del mondo nei quattro punti cardinali ('Ανατολή, Δύσις "Αρκτος, Μεσημβρία). In breve è una peregrinazione di Enoch tra le sfere celesti: da Dio riceve la profezia del futuro diluvio, che egli comunica, dopo disceso sulla terra, ai suoi figli. Si chiude con un'appendice sulla vita ed assunzione di Enoch.
L'Enoch slavo si è conservato in cinque manoscritti, serbi e russi, dei quali il più antico risale al sec. XV: tutto porterebbe a vedervi l'opera di giudei slavi. La prima divulgazione di questa versione è stata resa possibile dalla traduzione fatta, di sulle edizioni di Popov e Novaković, da Morfill, e pubblicata, con un ampio studio introduttivo, da Charles (The book of Enoch, Oxford 1896).
c) L'Enoch ebraico nel più antico manoscritto pertinente all'anno 1511 d. C. della Bodleiana di Oxford, è dato come opera di Rabbi Ismael ben Elishā, gran sacerdote; se ciò fosse vero (altre ragioni inducono ad ammettere una finzione), l'opera risalirebbe al sec. II d. C. giacché il presunto autore è un tannaita della seconda generazione ed è rimasto famoso per la sua concezione della esegesi biblica, che fondò su tredici regole. Nella finzione, Rabbi ismael narra come anche egli salì al cielo, favore dovuto al suo vivo desiderio d'andarvi a vedere il trono (Markeba) di Dio: ciò gli concesse di attraversare le sei sfere intermedie. Nella settima si imbatte in Enoch, detto il Metatron (dal greco μετὰ ϑρόνῳ "presso il trono [di Dio]?). Enoch gli fa sapere perché Dio abbia ritratta la sua presenza dalla terra, e, cambiatosi di botto in forma di angelo, siede in trono, in qualità di rappresentante ufficiale della divimtà e di governatore delle sfere, anzi in qualche modo di piccolo Dio. Notizie caratteristiche della scienza occulta giudaica chiudono il libro. In questo, certamente di epoca assai recente, si può avere una prova di sopravvivenza, anche nei secoli posteriori al sorgere del cristianesimo, della leggenda di Enoch presso i giudei, che può esser utile aver presente nella critica all'Apocalittica (v.).
Bibl.: Oltre quella citata, v. per l'Enoch etiopico F. Martin, Le livre d'Hénoch, Parigi 1906; L. Gry, Les Paraboles d'Hénoch et leur massianisme, Parigi 1910; A. Vitti, Ultime critiche su Enoc etiopico, in Biblica, XII (1931), pp. 316-325. - Per l'Enoch slavo l'indagine più recente è quella di G. N. Bonwetsch, Die Bücher der Geheimnisse Henoch; das sogenannte slavische Henochbuch (Texte und Untersuchungen, XLIV, ii), Lipsia 1922. - Per l'Enoch ebreo, v. U. Odberg, Enoch or the Hebrew Book of Enoch, Cambridge 1928.