ENONE (Οἰνώνη)
Ninfa, figlia della divinità fluviale Kebren, unitasi con Paride, da cui nacque Phorytos. Per quanto sappiamo, essa è nominata per la prima volta nel sec. V da Ellanico; il nucleo della leggenda è però antico. Secondo Strabone, veniva mostrata la tomba dove E. era sepolta insieme con Paride. Nella letteratura la figura di E. comincia ad essere considerata solo più tardi. Il motivo della fedele amante abbandonata, come pure il rifiuto di E. di guarire Paride ferito a morte rifugiatosi presso di lei e il suo pentimento, spinse i poeti ellenistici a ornare le loro opere di elementi novellistici. Da Ovidio (Heroides, v) questa leggenda è trattata con fine penetrazione della psicologia femminile.
Inspiegabilmente raro è il ricorrere di essa nell'arte figurata. Con indicazione epigrafica la coppia di amanti Paride ed E. sul monte Ida in mezzo ai greggi compare su lampade romane tarde. E una rozza rappresentazione del bucolico idillio. Nella fanciulla corrucciata che siede vicino a Paride ed Eros, raffigurata in una pittura parietale pompeiana del IV stile, si suole riconoscere E.; questo sarebbe il motivo sentimentale. Artisticamente migliori sono alcuni rilievi in marmo. Incerta è l'interpretazione per quanto riguarda il rilievo Ludovisi al Museo Naz. Romano. Più sicura è la presenza di E. su ambedue i rilievi antoniniani del Palazzo Spada (Roma) e del Museo Naz. Romano. Qui E. si trova vicina a Paride che sta allestendo le navi per il ratto di Elena. Dell'ammonimento che, prevedendo un sicuro male, essa fa in questa occasione all'amante, non vi è traccia.
Bibl.: Weizsäcker, in Roscher, III, i, c. 784 ss., s. v. Oinone, n. 2; C. Robert, Griechische Heldensage, II, 3, Berlino 1920, p. 892; Helbig-Amelung, Führer3, n. 1321, 1814; E. Paribeni, Guida Terme2, Roma 1932, n. 142; Schreiber, Hellenistische Reliefbilder, Tavv. 10 e 29.