BLONDEL, Enrichetta
Nacque a Casirate d'Adda, l'11 luglio 1791, da François-Louis Blondel e da Maria Mariton.
Il padre (non banchiere ginevrino, come sovente si ripete, ma industriale tessile, imparentato alla lontana coi Blondel banchieri a Ginevra) era nato a Cully nel Vaud ed era vissuto per qualche tempo a Losanna alle dipendenze del banchiere L. Porta; dal 1771 in Italia, si era dapprima stabilito a Bergamo, e già nel 1780 possedeva case e terreni a Casirate, dove più tardi impianterà una filanda e inizierà anche il commercio della seta; ai primi dell'Ottocento è già a Milano, in un palazzo acquistato dal conte Carlo Imbonati. Mentre François-Louis era agnostico in materia religiosa, rigida calvinista e seguace dei fondatori del "Réveil" era Maria Mariton, originaria dell'Ardèche in Francia.
La B. fu battezzata a Casirate il 19 luglio con rito cattolico, forse non per indifferenza del padre, ma perché nella zona non v'era un pastore, e visse la prima fanciullezza nella cittadina bergamasca per poi recarsi con la famiglia a Milano, dove compì studi piuttosto sommari (le sue lettere, tutte in francese, rivelano scarsa conoscenza della lingua, che pur fu la lingua di famiglia, anche più tardi, in casa Manzoni). Per via dell'acquisto del palazzo milanese, i Blondel erano entrati in rapporto con Giulia Beccaria, che, com'è noto, era stata l'amante dell'Imbonati, allorché questa, erede delle sostanze del conte, rientrò a Milano (settembre del 1807) col figlio Alessandro, che certo in quell'occasione conobbe la Blondel. È pur vero che il Salvadori ha retrodatato l'incontro tra il Manzoni e la B. al maggio del 1807, quando quegli compì un'escursione da Blevio al Caleotto, sul lago di Como, ma l'ipotesi non è sufficientemento fondata.
Sollecitato in tal senso dalla madre il Manzoni, che in una lettera al Fauriel dell'ottobre 1807 elogia le virtù morali della giovinetta sedicenne ("Elle est de plus protestant, enfin, c'est un trésor": Carteggio, a cura di G. Sforza e G. Gallavresi, Milano 1912-21, I, p. 118), si decise subito a sposare la Blondel. L'idea di celebrare il matrimonio con rito calvinista non turbò il Manzoni, anzi gli parve una felice circostanza per poter contemperare, in tal modo, la realizzazione di nozze religiose con le idee razionaliste che egli allora professava. L'8 febbr. 1808 il matrimonio veniva celebrato nella casa milanese di via del Marino, il rito civile dinanzi al conte Arese Lucini, quello calvinista dal pastore Orelli, fatto venire da Bergamo.
Tra l'8 e il 9 giugno i Manzoni partono per Parigi, dove il 23 dicembre nasce la prima figlia, Giulia Claudia. Ancora fermamente legata alle sue tradizioni calviniste (ogni sera leggeva la Bibbia dinanzi a donna Giulia e anche ad Alessandro), la B. sperò che la bambina sarebbe stata battezzata con rito protestante, ma il marito, forse per troncare le dicerie dei Milanesi più che per convinzione intima, fu inflessibile nello scegliere il rito cattolico. Nel contempo entravano a far parte della cerchia dei Manzoni (non dovette esserci mai vera amicizia tra la B. e la Condorcet) cattolici praticanti, come il conte Somis e la Geymüller, che da protestante s'era fatta cattolica. Nel settembre il Manzoni inviava la nota supplica al papa per chiedere l'autorizzazione a ricelebrare il matrimonio col rito cattolico; il 18 novembre giunse il permesso di Pio VII, e il 15 febbr. 1810 il matrimonio cattolico fu celebrato dall'abate Costaz, parroco della Madeleine, in casa del ministro d'Italia, conte Marescalchi; il 2 aprile cade l'episodio della chiesa di St.-Roche quando il Manzoni smarrì la moglie tra la folla; il 9 aprile la B. inizia, con l'abate Degola, l'istruzione religiosa; il 3 maggio riceve notizia che può essere accettata la sua abiura dal calvinismo; il 22 maggio, pronunciata l'abiura, nella chiesa di St.-Severin, la B. entra nella Chiesa cattolica; il 15 settembre (nel frattempo - 2 giugno - i Manzoni avevano lasciato Parigi) riceve la cresima e la comunione.
Il Degola, che nel 1805 aveva istruito la Geymüller, si trovava a Parigi dal 1809, essendovisi recato per una cerimonia commemorativa della demolizione di Port-Royal. Alle conversazioni tra l'abate e la B. certo avrà partecipato anche il Manzoni, ma è evidente che l'esperienza giansenista della B. ha agli inizi un impegno e una problematica affatto personali, poiché si incentrano in uno sforzo di acquisizione e di perfezionamento della dottrina cattolica a lei non familiare, e soprattutto in un'esigenza, che abbiamo motivo di ritenere assai profonda, di equilibrare i fondamenti della morale calvinista, in lei non distruttibili, e della morale giansenista, o forse di inverare entrambe in una pratica di vita intensamente meditata e seguita. Nelle lettere della B. al Degola, e più tardi al Tosi, non sarà impossibile reperire gli elementi che differenziano, almeno all'inizio, la sua crisi da quella ben più complessa del Manzoni.
L'abiura suscitò lo sdegno della madre, che il 18 giugno indirizzava alla B. una lettera violentissima, ma che lo zio Carlo non le recapitò; si veda anche una lettera del Manzoni all'abate Giudici (Cart., I, p. 214) e una della B. al padre. Non risulta che il Manzoni intervenisse a mitigare l'aspra tensione, forse per manifestare in modo chiaro che la moglie aveva voluto "disporre liberamente della propria coscienza" (Cart., I, p. 215).
Gli anni successivi della B. si confondono con quelli del consorte, ormai esulatosi dalla vita mondana di Milano, chiuso tra le pareti di Brusuglio e di via del Morone. Le molte gravidanze, le numerose malattie, la perdita quasi completa della vista, minarono il suo fisico delicato. Gravissima la malattia dell'estate del 1821, dopo la nascita di Clara (nei mesi che vedono sorgere il capolavoro manzoniano); si ricordi la lettera del Manzoni al Fauriel: "jamais je n'ai senti, comme dans ces moments, ce qu'il y a d'incertain, de périlleux, je dirai même de terrible, dans le bonheur même le plus calme" (Cart., II, p. 549). Il Manzoni cercò di ristorare il fisico della moglie col soggiorno estivo del'27 ai bagni di Livorno. Ma la difficile gravidanza e la nascita di Matilde (maggio del '30) ne prostrarono ancor di più le condizioni fisiche; un momento di serenità s'ebbe solo con le nozze di Giulia con Massimo d'Azeglio (maggio del '31). Le lettere, bellissime, effuse di intensa religiosità, testimoniano quei dolorosi anni: sia pur nel loro incerto francese, esse sembrano respirare un'aura di "manzoniana" rassegnazione contro i "dolori profondi" e i "terrori indeterminati". Così nell'accorata lettera del 23 maggio 1832 alla figlia Vittoria, messa in collegio a Lodi; in altre, alla Fontana De Blasco, al Tosi, ecc. (cfr. Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, Sala Manzoni, cc. 90897-91861, e autografi nella Biblioteca Schiff-Giorgini a Montignoso, Massa Carrara). La B. morì a Brusuglio il 25 dic. 1833.
Il giorno dopo il Manzoni dettava la celebre epigrafe, incisa sul sepolcro in Brusuglio. Si dovranno citare, tra le più dirette celebrazioni manzoniane della B., la splendida dedica dell'Adelchi, la lettera al Coen e quella alla Colet, e soprattutto (di recente venuta in luce) la lettera a Leopoldo II, del febbraio 1834.
Bibl.: Si vedano anzitutto le più importanti biografie e monografie critiche sul Manzoni. Scritti specifici sulla B. sono i seguenti: G. Salvadori, E. M. B. e il Natale del 1833, Milano 1929; G. Ziccardi, La femminilità di E. M. B., in Nuova Antologia, 1º febbr. 1931, pp. 320-339; G. Busnelli, E. B. M., in Civiltà cattolica, IV (1930), pp. 224-237; G. Folchieri, E. M. B. e la conversione del M., in La Cultura, IX (1930), pp. 113-132; D. Bulferetti, Enrica Luigia M. B., in Pan, 1º genn. 1934; A. Momigliano, Elzeviri, Firenze 1945, pp. 148-172; G. Titta Rosa, Aria di casa Manzoni, Milano 1946; C. C. Secchi, Il dramma spirituale di A. M., in Atti del III Congresso naz. di studi manzoniani, Lecco 1957, pp. 209-262; Id., Nuovi doc. della famiglia Blondel, in Atti del V Congresso naz. di studi manzoniani, ibid. 1961, pp. 187-210; R. Meterangelo, La spiritualità di E. M. B. (con appendice di lettere inedite a cura di G. Bacci), in Annuario dell'Istituto Univers. pareggiato di Magistero Maria SS. Assunta, XXVI (1964-65), pp. 105-219.