RADESCA, Enrico Antonio
RADESCA, Enrico Antonio. – Compositore e organista. Nato verso il 1574, si firmò sempre «il Radesca di Foggia», senza nome di battesimo, nella dozzina di libri di musica ch’egli pubblicò.
Ignota è l’origine dell’appellativo «Simone Radesca» sotto cui figurano 15 composizioni sue in un manoscritto parmense di canzonette spirituali datato 1610 (Kurtzman, 1979; cfr. anche Berto, 1986). Varie ipotesi e congetture sono state formulate circa l’origine della famiglia (oggi il cognome è diffuso soprattutto tra Montesano, nell’Appennino lucano, e Pisticci nella valle del Basento), la formazione (a Napoli? a Roma?), l’attività militare al servizio della Serenissima (cfr. E. R. e il suo tempo, 2001, passim).
Il musicista approdò presto in Piemonte: a detta della lettera di naturalità emessa da Carlo Emanuele I (14 settembre 1619), Radesca era «abitante in questi nostri stati da ventidue anni in qua et da dieci otto particolarmente in questa città» (Moffa, 1986, p. 134). Nel 1606 fu «creato cittadino di Torino» (ibid., p. 130), qualifica che egli stesso utilizzò in alcune dediche tra il 1607 e il 1618.
Il 20 novembre 1599 da Vercelli firmò la dedica del Thesoro amoroso … Primo libro delle canzonette a tre e a quattro voci (Milano, eredi di Tini e Besozzi) al canonico regolare lateranense don Basilio Ciria. Non tutti i brani sono canzonette. Vi figurano due madrigali (Valli, campagne e boschi a 3 voci, da cui trasse poi il soggetto per una sua messa a 4 voci pubblicata nel 1604; e Dori, morir debb’io a 4) nonché una curiosa Ballouria in lingua piemontese, che comprova l’inserimento del musicista foggiano nella vita civile e popolare locale. A una nobile vercellese, Margherita Lignana Tizzoni marchesa di Moncrivello, dedicò da Torino il 19 gennaio 1605 il primo libro di Canzonette, madrigali et arie alla romana a 2 voci con chitarrone o spinetta (Milano 1605).
Nel dedicare i Madrigali a 5 e 8 voci (Venezia 1615) a Raniero Zeno (Renier Zen), ambasciatore veneto presso i Savoia – Radesca dice d’averlo conosciuto appunto in casa della marchesa di Moncrivello –, dichiarò d’aver prestato servizio militare per la Repubblica di Venezia in Dalmazia. Partecipò poi anche alla prima guerra del Monferrato (1613) «con arme et cavalli a sue spese» (Moffa, 1986, p. 133): dovette dunque avere un grado e un censo più elevato di quello di un comune soldato. Si suppone ch’egli fosse versato nelle arti marziali (come traspare dalla stessa dedica: «io, a guisa di ben esperto mastro di scherma, ...»; ibid., p. 146), e forse anche gentiluomo.
Pur risiedendo in Piemonte, Radesca ebbe frequenti con Milano: in particolare, per tutto il primo decennio dei Seicento, non essendovi allora editori di musica in Piemonte, pubblicò le sue musiche nella stamperia milanese Tini e Besozzi. Nel novembre 1603 dedicò le Messe a quattro voci ... Libro primo (Milano 1604) al giurista milanese Francesco Bernardino Porro, già dedicatario del primo libro di Motetti di Orfeo Vecchi (Milano, Tini, 1597; ristampa 1599), allora maestro di cappella in S. Maria della Scala a Milano, e negli anni Ottanta proprio a Vercelli. Sul frontespizio di questo libro e di tutti i successivi fino al 1610 Radesca comparve con una doppia qualifica: organista del duomo di Torino e «musico di camera» di don Amedeo di Savoia, marchese di San Ramberto, fratello naturale legittimato del duca Carlo Emanuele, morto appunto in quell’anno. Dal 1615 e fino all’ultimo figurò poi sempre come maestro di cappella del duomo e maestro di musica delle «altezze serenissime di Savoia». Dal 1602 al 1604-05 la cappella del duomo era stata diretta dal modenese Giovan Battista Stefanini: trasferitosi a S. Maria della Scala a Milano, costui incluse nel suo libro primo dei Motetti a 2 e 3 voci (Milano 1606, dedicati a don Amedeo) due brani di Radesca, il quale a sua volta ne accolse uno di Stefanini nella sua Armoniosa corona: concerti a due voci. Il primo libro de mottetti, salmi e falsi bordoni (Milano 1607), dedicata a Vincenzo duca di Mantova, nell’imminenza dei festeggiamenti nuziali Savoia-Gonzaga.
Da quel momento l’autorevolezza di Radesca in Torino non patì flessioni. Se il già famoso Sigismondo d’India, giunto a Torino nel 1611, venne assunto come maestro della musica di camera (ossia la musica privata del duca), a Radesca, in data imprecisata tra il 1610 e il 1615, toccò il doppio incarico di «musico di camera» e di maestro di cappella in duomo. Gli competeva anche la formazione musicale, l’educazione, il mantenimento, l’alloggio e la cura dei pueri cantores in cattedrale, nonché l’onerosa ospitalità di cantanti professioniste ferraresi e romane, dietro regolari rimborsi ducali in denaro e in vettovaglie (Moffa, 1986, pp. 135, 137).
Al già citato libro primo delle Canzonette, madrigali et arie alla romana (Milano 1605) ne seguirono, tra il 1606 e il 1610, altri tre. Il libro secondo, pubblicato a Milano, è dedicato a Carlo Isnardi, marchese di Caraglio e conte di Sanfrè nel Cuneese; del terzo e del quarto – vi figurano alcuni brani concepiti per feste e tornei di corte – non si conoscono i dedicatari. In totale, i quattro libri contengono 72 brani, di cui tre strumentali e tre in lingua spagnola.
Il Quinto libro delle canzonette, madrigali et arie a 1, 2 e 3 voci (Venezia 1617) è il primo che rechi un numero d’opera (IX). Dedicato all’infanta Caterina, figlia del duca regnante votata al chiostro, diverge dai libri precedenti nel titolo (manca la dicitura «alla romana») e nel contenuto, devoto e spirituale, come traspare già dai titoli (per es. «sopra la Madonna dell’Incoronata di Genova»: «loda la santa Sindone») e dalle dediche dei singoli brani (per es. al cardinal Maurizio di Savoia, fratello della dedicataria). Ma l’autore dice anche che furono composti «allo strepito de’ ferri e dell’armi del serenissimo padre suo» (forse intorno al 1613?).
La centralità delle Canzonette a 2 voci del 1605 non è stata finora rilevata in tutta la sua portata innovativa: come nelle opere di musicisti quali Luzzasco Luzzaschi, Giulio Caccini e Lodovico Grossi da Viadana, di poco anteriori, i libri radeschiani attestano il passaggio in atto dalla polifonia di sole voci alle musiche solistiche con o senza il basso continuo. A una prima lettura i brani «alla romana» (in particolare nei primi libri) sembrano mantenersi in uno stile dimesso, se non addirittura disadorno, ma vi si coglie nondimeno quella invenzione ariosa che riesce a mediare i due diversi atteggiamenti compositivi dominanti all’inizio del nuovo secolo, e nel coniugarle consolida via via sensibilità tonale, prassi solistica e presenza programmata degli strumenti. Concepiti a due voci, questi brani possono essere eseguiti anche a voce sola, affidando agli strumenti il supporto della parte del basso: una formula di evidente successo nei primi anni del Seicento per un consumo non virtuosistico e domestico (espressamente attestato nelle dediche dei primi due libri). La peculiarità di questo stile, Radesca vivente, fu riconosciuta (e parodiata) da Adriano Banchieri nella ristampa della Barca di Venezia per Padova (1623) col madrigale a 5 voci Voi dite esser di foco, dove la sezione in duo (soprano e basso) reca la dicitura «a imitazione del Radesca nel liuto»; fu poi rimodellata a due sole voci nel Virtuoso ritrovo academico (1626) dello stesso Banchieri. A conti fatti, tuttavia, sono soltanto una quindicina i brani concepiti ab origine per voce sola, e sono contenuti nelle Musiche a 1, 2 e 3 voci, opera X, pubblicate a Milano nel 1618 come libro quinto (la numerazione confligge con l’opera IX) con dedica al principe Vittorio Amedeo (un paio di pezzi sono intitolati a cantanti di camera).
La varietà dei temi amorosi trattati offre un ampio spaccato delle scelte poetiche coerenti con la vita cortigiana del tempo, evidenziando nelle più varie occasioni di feste, tornei, balli, anche innamoramenti celati per convenienza sociale, encomi e gelosie della vita di corte. Varie intitolazioni si susseguono a volte come episodi di un romanzo d’amore scritto dai poeti del barocco incipiente in una virtuale trama romanzesca. Oltre alle frequentissime rime di Battista Guarini, compaiono Muzio Manfredi, Cesare Rinaldi, Ottavio Rinuccini, Ansaldo Cebà, Gabriello Chiabrera, Giovanni Battista Marino e, nell’opera IX, Angelo Grillo; né mancano i rimatori piemontesi, come Ludovico San Martino d’Agliè, promotore dei balletti di corte. Numerosi travestimenti spirituali di brani profani furono diffusi in manoscritto (cfr. Kurtzman, 1979; Parisi, 1997).
Sul versante della musica da chiesa il contributo di Radesca toccò i principali generi liturgici. I cinque libri di cui si ha notizia sono in buona parte pervenuti incompleti, quando non perduti del tutto: sono stati ricostruiti alcuni mottetti, tra cui quelli dedicati ai capitoli delle cattedrali di Torino e di Foggia, e la maggior parte delle Messe et motetti a otto voci a doi cori dell’opera XI (Venezia 1620), dedicate all’arcivescovo di Torino, Filiberto Milliet di Faverges. Una Compieta a otto voci, altrimenti ignota, figura tra le novità nel catalogo dell’editore veneziano Alessandro Vincenti (Venezia 1621).
Morì a Torino intorno al 20 settembre 1625 e fu sepolto in S. Silvestro il 22 (Torino, Archivio capitolare, Fogliasso de Battesimi, matrimoni et morti). Svariati documenti d’archivio testimoniano che aveva prestato servizio per i Savoia fino all’anno della morte (Moffa, 1986, pp. 135-138). Nel luglio 1626 il duca autorizzò l’unica figlia, Anna Maria, nata da una relazione extraconiugale ma naturalizzata nel 1619, a ereditare i beni del genitore (ibid., pp. 134, 137 s.).
Fonti e Bibl.: Le musiche superstiti di Radesca sono edite negli Opera omnia, a cura di M. Giuliani et al., 5 voll., Lucca 2000-2011. G. Rua, I poeti alla corte di Carlo Emanuele I di Savoia, Torino 1899, passim; S. Cordero di Pamparato, I Musici alla corte di Carlo Emanuele I di Savoia, in Carlo Emanuele I. Miscellanea, II, Torino 1930, pp. 80-83; L. Bianchi, E. R. di Foggia, in Rassegna di studi dauni, VI (1979), nn. 1-4, n. monogr.: La cultura musicale in Capitanata, pp. 93-100; J. Whenham, Duet and dialogue in the age of Monteverdi, Ann Arbor, Mi., 1982, ad ind.; J. Kurtzman, An early 17th-century manuscript of canzonette e madrigaletti spirituali, in Studi musicali, VIII (1979), pp. 150, 153 s., 158, 161; U. Berto, Contributo alla biografia e alle opere di Giovanni Ghizzolo da Brescia, in Rassegna veneta di Studi musicali, II-III, 1986, pp. 97 s.; R. Moffa, E. A. R. (c. 1570 - 1625), maestro di cappella di Carlo Emanuele I di Savoia, in Note d’archivio per la Storia musicale, n.s. IV (1986), pp. 119-152; Id., Una raccolta sconosciuta di E. A. R., in Note d’archivio per la Storia musicale, n.s. V (1987), pp. 239-242; M. Giuliani, Catalogo-repertorio delle villanelle alla napolitana, canzonette e forme affini e minori, Trento 1996, ad ind.; S. Parisi, Bologna Q 27 IV/V: a new manuscript source of Italian monody and canzonette, in Studi musicali, XXVI (1997), pp. 74-76, 78, 80, 90 s., 94; M. Giuliani, Villanelle alla napolitana e canzonette alla romana, in Villanella, napolitana, canzonetta, a cura di M.P. Borsetta - A. Pugliese, Vibo Valentia 1999, pp. 75 s., 78-99, 101-104, 106, 108-110, 112 s.; J. Whenham, R., E. A., in The New Grove dict. of music and musicians, London-New York 2001, XX, pp. 724 s.; E. R. di Foggia e il suo tempo, a cura di F. Seller, Lucca 2001 (in particolare: R. Moffa, L’attività e la produzione di R. nel contesto torinese del primo Seicento, pp. 9-26; D. Fabris, E. R. e i musicisti nati in Puglia, pp. 59-76; F. Cotticelli, Forme della poesia per musica di R., pp. 77-83; M. Giuliani, Il Quinto libro delle canzonette, madrigali e arie di R. e le raccolte devozionali di vari autori nell’epoca della controriforma, pp. 85-126; A. Ruscillo, La famiglia Radesca a Foggia, pp. 139-155); A. Basso, L’Eridano e la Dora festeggianti. Le musiche e gli spettacoli nella Torino di antico regime, Lucca 2016, pp. 18-31, 139-151, 190, 203.