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BERLINGUER, Enrico

di Vittorio Vidotto - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)
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BERLINGUER, Enrico

Vittorio Vidotto

(App. IV, I, p. 252)

Uomo politico, segretario del Partito comunista italiano dal 1972, morto a Padova l'11 giugno 1984, dopo esser stato colpito da ictus cerebrale durante un comizio per le elezioni europee. I successi elettorali del PCI nelle elezioni regionali del 1975 (33,4% dei voti) e in quelle politiche del 1976 (34,4% alla Camera dei Deputati) apparvero come una conferma della validità della linea politica impostata da B. fin dagli inizi della sua segreteria. La strategia del compromesso storico, non solo volta a un accordo politico con i cattolici ma destinata a introdurre nelle strutture della società "alcuni elementi propri del socialismo", si accompagnò a un graduale distacco dall'esperienza e dall'egemonia sovietica. In un discorso a Mosca del 27 febbraio 1976 B. definì la costruzione del socialismo in Italia e la funzione storica della classe operaia inseparabili da un sistema pluralistico e democratico. Più significative le affermazioni − del 15 giugno dello stesso anno − con le quali B. riconosceva di fatto il Patto Atlantico dichiarando di sentirsi "più sicuro stando di qua", ossia all'Ovest. Queste prese di posizione erano ulteriori tasselli di quella politica "eurocomunista" da B. avviata a partire dal 1975 con i comunisti francesi e spagnoli. Nell'immediato contribuirono a legittimare l'inserimento del PCI fra i partiti che − con la loro astensione − consentirono la formazione del governo monocolore democristiano guidato da G. Andreotti (agosto 1976).

Il nuovo ruolo del PCI, insieme alle condizioni eccezionali − successo elettorale, crisi economica e terrorismo − in cui si era realizzato, sollecitarono B. a proporre una strategia complessiva incentrata su una politica dell'austerità, intesa anche come rigore, efficienza e giustizia sociale: solo mezzo per il superamento di un sistema "i cui caratteri distintivi − sostenne in un discorso del gennaio 1977 − sono lo spreco e lo sperpero, l'esaltazione di particolarismi e dell'individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato". Contemporaneamente approfondiva il dialogo con A. Moro sulle prospettive di un maggiore coinvolgimento del PCI nelle responsabilità di governo; progetto che si tradusse nel diretto appoggio parlamentare fornito al secondo gabinetto di unità nazionale presieduto da Andreotti (marzo 1978). Attaccato dai socialisti sia per la scelta della fermezza contro ogni ipotesi di trattativa con i terroristi durante il rapimento Moro, sia sul terreno ideologico nei mesi successivi, e avversato anche dall'estrema sinistra per la linea del compromesso storico, B. ritenne ormai vana e isterilita la collaborazione con la DC dopo l'uccisione dello statista democristiano.

Nonostante il ritorno all'opposizione, il PCI fu duramente pe nalizzato nelle elezioni politiche del giugno 1979. Nel novembre 1980, soprattutto dopo la dimostrazione di inefficienza dei poteri pubblici in occasione del terremoto in Irpinia, B. pose la "questio ne morale" come presupposto del rinnovamento della vita politi ca, un rinnovamento affidato all'alternativa democratica imper niata sul PCI. Questa linea fu mantenuta da allora in accentuata polemica con la DC, ma in particolare con il PSI e con il governo presieduto dal leader socialista B. Craxi. Negli stessi anni maturava un ulteriore − più incisivo − distacco dall'URSS sia con il riavvi cinamento ai comunisti cinesi (aprile 1980), sia con la dichiara zione, del 15 dicembre 1981, che "la spinta propulsiva di rinno vamento", che aveva avuto la sua data di inizio nella rivoluzione di Ottobre, "era venuta esaurendosi". Lo ''strappo'' si accompagnava a una faticosa e non sempre chiara riflessione sulla costruzione del socialismo nelle società sviluppate, una "terza via, terza rispetto alle vie tradizionali della socialdemocrazia e ai modelli dell'Est europeo". Austerità, questione morale, terza via − ma soprattutto i primi due aspetti − definivano il profilo di un uomo politico di limpidi e severi principi e contribuivano a una popolarità che andava oltre i confini del mondo comunista. Una popolarità di cui fu testimonianza l'imponente partecipazione di folla ai funerali tenuti a Roma il 13 giugno 1984.

Bibl.: G. Fiori, Vita di Enrico Berlinguer, Roma-Bari 1989; C. Valentini, Berlinguer, Milano 1989; nonché la voce di P. Craveri, in Dizionario biografico degli Italiani, xxxiv, Primo supplemento, A-C, pp. 359-76. Una bibliografia degli scritti di B. è in Critica marxista, 2-3 (1985), pp. 321-403.

Vedi anche
compromesso storico Strategia politica elaborata, tra il 1973 e il 1979, dal Partito comunista italiano, in seguito alla riflessione compiuta dal segretario E. Berlinguer sull’esperienza cilena del governo di S. Allende; tale strategia si fondava sulla necessità della collaborazione fra le forze popolari di ispirazione ... Partito comunista italiano (PCI) Il più grande partito comunista dell'Europa occidentale, fondato  nel 1921 e sciolto nel 1991. Le origini Partito politico fondato a Livorno nel gennaio 1921 nel corso del 17° congresso del PSI, per iniziativa della corrente di sinistra del partito guidata da A. Bordiga e A. Gramsci; assunse la ... comunismo Dottrina che, sulla base delle formulazioni teoriche di K. Marx e F. Engels, propugna un sistema sociale nel quale sia i mezzi di produzione sia i mezzi di consumo sono sottratti alla proprietà privata e trasformati in proprietà comune, e la gestione e distribuzione di essi viene esercitata collettivamente ... Bettino Craxi Uomo politico italiano (Milano 1934 - Hammamet, Tunisia, 2000). Dirigente della gioventù socialista, membro del comitato centrale del PSI dal 1957 ed esponente della corrente autonomista, entrò nella direzione nel 1965 e fu tra i promotori dell'unificazione tra PSI e socialdemocratici. Deputato dal 1969, ...
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