CASALORCI, Enrico (Henricus de Cremona, de Casalorciis, Catalorcius)
Nacque a Cremona nella seconda metà del XIII secolo da una famiglia di antica nobiltà locale, la cui esistenza è già documentata nel secolo XI ed il cui nome corrispondeva a quello di un villaggio distante poche miglia da Cremona, in direzione di Mantova, sul quali i Casalorci avrebbero avuto signoria (l'od. Casalorzio Giraldi).
Nel sec. XIII la famiglia acquistò un più chiaro prestigio in Cremona, ed ebbe parte nella pubblica amministrazione. Nel 1267 è attivo il giureconsulto Pietro Casalorcio, che viene indicato dagli storiografi, sia pure con una certa riserva, come il padre di Enrico. Deve considerarsi senz'altro erronea l'attribuzione di un'origine bolognese al Casalorci. Egli fu in effetti a Bologna nel 1299, in veste di lettore straordinario di diritto canonico, chiamatovi dagli studenti di quella università dopo il rifiuto di Rogerio Caza, confessore pontificio.
Nulla sappiamo - per il silenzio delle fonti a noi note - della formazione giovanile e degli studi del C.; ignoriamo quando abbia abbracciato la vita ecclesiastica, così come ignoriamo in quale anno e presso quale università egli si sia laureato. Certo nei documenti egli è sempre definito "canonicus Cremonensis" e "decretorum doctor": dunque faceva parte del clero della città lombarda, e si era addottorato in diritto canonico, forse proprio a Bologna, dove insegnò per qualche tempo.
A Roma, dove dovette giungere assai presto, diede prova del proprio valore e ciò gli valse il favore della Curia pontificia, e forse dello stesso Bonifacio VIII. Fu così chiamato a collaborare alla redazione di quella raccolta di decretali pontificie, voluta da Bonifacio VIII, nota come Liber Sextus, anche se non ne fu autore principale come riferisce l'Arisio. Da questo pontefice fu poi nominato legato ed addetto all'ambasceria che, ai primi di febbraio del 1302, giunse a Parigi per presentare a Filippo il Bello le due bolle Salvator mundi (4 dic. 1301) ed Ausculta fili (5 dic. 1301) e per invitarlo al sinodo che si sarebbe dovuto radunare in Roma il 1º nov. 1302. Sulla via del ritorno, ad Avignone, il C. ricevette la notizia di essere stato creato vescovo di Reggio Emilia: la bolla In supreme, con cui la nomina veniva resa di pubblica ragione, porta la data "dal Laterano, il 30 apr. 1302", ed è indirizzata "Venerabili fratri Henrico, episcopo Regiensi". Ad Anagni, il 22 luglio del 1302, per ordine del papa, il C. fu consacrato dal cardinale vescovo di Porto, Matteo d'Acquasparta assistito dai vescovi di Lodi, di Imola, di Orte, di Albenga, e da un presule spagnolo di cui ignoriamo la sede. Fece il suo solenne ingresso nella città di Reggio il 17 agosto successivo. La nomina del C., avvenuta nel concistoro del 3 aprile, era stata caldeggiata dal cardinale Riccardo di Siena, uno dei tre prelati che Bonifacio VIII indica come autori del Liber Sextus, e aveva incontrato l'approvazione del pontefice. Ma era stata una designazione di ripiego, dopo che Bonifacio VIII aveva respinto la candidatura di Giovannino de Malexellis dei minori, sostenuta da Azzo d'Este signore di Reggio e dal capitolo della città, per proporre il canonico milanese Matteo Visconti, il quale però aveva ricusato la dignità offertagli. A favore del C. poterono giocare molti fattori; ma gli giovò in maniera decisiva l'avere scritto un trattatello, databile intorno al 1300, intitolato De potestate papae (o De potentia papae), nel quale difende e sostiene vigorosamente la dottrina della superiorità del pontefice non solo nella sfera spirituale, ma anche in quella temporale "per totum mundum", confutando con dotti argomenti e soprattutto con abbondanza di citazioni tratte dalle Sacre Scritture e dalle Decretali, la contraria opinione dei "peerfidi gibilini". Il trattatello presenta, in particolare, parecchie affinità con la famosa bolla di Bonifacio VIII del 15 maggio del 1300 diretta al vescovo e all'inquisitore di Firenze. Eppure, l'accanito sostenitore della tesi curialista divenuto vescovo di Reggio Emilia fu tra i presenti alle prime cerimonie che seguirono all'arrivo di Enrico VII a Milano. Il 4 genn. 1311, fu testimone, insieme con altri cinque vescovi, e con giuristi e delegati di diversi Comuni italiani, al giuramento di fedeltà di Cremona al re; il giorno seguente, al giuramento di Pavia, ed infine, il 6 gennaio, fu tra coloro che assistettero in S. Ambrogio di Milano all'incoronazione del sovrano a re d'Italia. Pochi giorni dopo, il 12 gennaio Enrico VII interveniva in favore del C. ("venerabilis Heinricus episcopus Reginus princeps noster dilectus"), ordinando che gli fosse immediatamente restituito il possesso di Novi ("castrum de Novis"), che dipendeva direttamente dal vescovo, occupato da Rainaldo Bonacolsi, dai suoi alleati Scaligeri e dagli esuli reggiani. Nonostante i molti sovvertimenti politici locali, il C. conservò la cattedra vescovile di Reggio fino alla morte, sopravvenuta nell'aprile del 1312. Venne sepolto nella cattedrale di Reggio.
L'opera del C. è conservata in due mss. della Biblioteca nazionale di Parigi, contrassegnati: ms. Lat. 15004 (cc. 78-82)e ms. Lat. 4229 (cc. 122-125v), ed è stata pubblicata per la prima volta da R. Scholz, in Die Publizistik zur Zeit Philipps des Schönen und Bonifaz VIII., Stuttgart 1903, pp. 459-471.
Sul rilievo storico del C. sono stati dati giudizi contrastanti. Lo Scholz, il suo maggiore studioso, ritiene che il trattatello del C. abbia avuto, ai suoi tempi, grande influenza a Roma e a Parigi, e che importante sia stato il suo ruolo personale nelle lotte della politica ecclesiastica. Della stessa opinione è il Vossler che, individuando nel C. l'anonimo decretalista contro il quale Dante si scaglia nel De Monarchia (III, 111, 10), mostra appunto di ritenerlo abbastanza famoso da essere noto all'Alighieri. Di parere contrario è invece il Ruffini, che identifica il decretalista innominato ricordato da Dante in Matteo di Acquasparta, e considera il C.: "personalità, tutto sommato, di secondo ordine, anche per i suoi tempi".
Fonti e Bibl.: Memor. potestat. Regiensium, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., VIII, Mediolani 1726, col. 1180; Sagacii et Petri de Gazata Chron. Regiense ab anno MCCLXXII usque ad MCCCLXXXVIII, ibid., XVIII, Mediolani 1731, coll. 15 s.; Codex diplom. Cremonae, a cura di L. Astegiano, in Historiae Patriae Monumenta, s. 2, XXII, Augustae Taurinorum 1898, ad Indicem (sotto l'esponente Casalorcio, de, ove sono indicati i luoghi in cui compaiono membri della famiglia del C.); Heinrici VII Constitutiones, a cura di J. Schwalm, in Mon. Germ. Hist., Legum sectio IV, Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, IV, 1, Hannoverae et Lipsiae 1906, nn. 527 p. 486, 532 p. 489, 543 p. 499; Les Registres de Boniface VIII. Recueil de bulles... d'après les manuscripts originaux des Archives du Vatican, a cura di G. Digard-A. Thomas-R. Fawtier, III, Paris 1921, n. 4655 pp. 474 s.; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, I, Bologna 1596, p. 382; F. Arisio, Cremona literata, I, Parmae 1702, pp. 138 s., 409 s., 444; III, Cremonae 1741, pp. 242, 1180; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, col. 307; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa università... di Bologna, Bologna 1848, p. 117; Id., Alcune aggiunte..., Bologna 1848, p. 48; H. Finke, Ausden Tagen Bonifaz VIII, Münster 1902, pp. 166 s.; R. Scholz, Die Publizistik zur Zeit Philipps des Schönen und Bonifaz VIII, Stuttgart 1903, pp. 152-65; K. Vossler, La Divina Commedia studiata nella sua genesi e interpretata, a cura di S. Jacini, I, Bari 1916, p. 403 n. 2; F. Ruffini, Dante e il protervo decretalista innominato (Monarchia III, 111, 10), in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 2, LXVI (1915), pp. 17, 19, 20, 30 s.; N. Vianello, Il trattato della Monarchia di Dante Alighieri, Genova 1921, p. 177 n.; A. Solmi, Il pensiero politico di Dante, Firenze 1922, p. 146 n. 1; F. Torraca, A proposito d'un luogo della "Monarchia", in Atti della R. Acc. di archeol., lett. e belle arti di Napoli, n. s., VIII (1924), p. 152; W. M. Bowsky, Henry VII in Italy, Lincoln 1960, p. 236 n. 125; C. Eubel, Hierarchia catholica, I, Monasterii 1913, p. 439; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-eccles., LVII, pp. 37, 46; Enciclopedia dantesca, II, s.v. Enrico da Cremona.