CERASOLO, Enrico (Henricus dictus Cerasolus)
Apparteneva a una famiglia di feudatari della Terra d'Otranto, imparentata con i conti di Acerra della famiglia degli Aquino. Un "Robbertus de Cerasole" nel 1239 figura tra i baroni della Terra d'Otranto ai quali furono dati in custodia prigionieri lombardi; lo stesso Roberto è ricordato ancora al tempo di Carlo I d'Angiò, in elenchi fiscali e tra i baroni chiamati al servizio feudale.
Non si conoscono i genitori del C., che dev'essere nato intorno al 1220. Destinato alla carriera ecclesiastica, è ricordato per la prima volta nel 1252 come canonico di Otranto. Per aver partecipato, dopo la morte dell'imperatore Federico II, all'opposizione contro il reggente Manfredi di Svevia, capeggiata dai conti di Acerra e di Caserta, dovette recarsi in esilio e trovò rifugio presso la Curia romana. Sicuramente per intervento del conte Tommaso di Acerra, Innocenzo IV alla fine di febbraio 1252 (il "III Kal. Maii" del Reg. Vat. 22, f. 149v va corretto senza dubbio in "III Kal. Marcii") ordinò all'arcivescovo eletto di Capua, Marino Filomarino, di assegnargli un vescovato in Puglia, e più precisamente, come ebbe ad aggiungere subito dopo, il 1º marzo 1252, quello di Taranto, vacante sin dal 1248 per la morte dell'arcivescovo Nicola. Il Filomarino corrispose al desiderio del papa il 25 marzo 1252 a Roma, e il 7 e l'8 aprile Innocenzo IV annunciò alle diocesi suffraganee della Chiesa tarantina, al capitolo del duomo e al clero della città e dell'arcidiocesi di Taranto, l'elevazione del Cerasolo. Non è nota invece la data della sua consacrazione.
Pare che anche dopo la sua nomina il C. abbia continuato a vivere in esilio, interrotto forse soltanto nel 1255, quando la sua terra d'origine, e in particolare le città di Otranto, Brindisi e Monopoli, si ribellarono alla dominazione sveva passando dalla parte del papa e poterono essere sottomesse solo dopo molto tempo.
In quegli anni il C. fu tra i prelati del Regno che sostenevano l'alleanza del papa con il re d'Inghilterra e la candidatura al trono siciliano del principe Edmondo. Nel marzo del 1257 infatti, insieme all'arcivescovo Giovanni di Messina, si presentò davanti al Parlamento inglese riunito a Westminster per perorare questo progetto. Il fatto che dopo il suo ritorno in Curia venne accolto nella famiglia del cardinale cisterciense inglese Giovanni di Toledo è un'ulteriore prova di questa sua presa di posizione.
Mentre a Taranto le funzioni arcivescovili venivano esercitate dal capitolo del duomo, il C. continuò a seguire la Curia nei suoi spostamenti fino al 1266, quando il Regno passò a Carlo I d'Angiò ed egli poté così definitivamente prendere possesso del suo arcivescovato. Già pochi mesi dopo la morte di Manfredi, avvenuta nella battaglia di Benevento (26 febbraio del 1266), il 15 maggio 1266 il C. ottenne dal nuovo re Carlo I d'Angiò un mandato che ingiungeva al secreto di Puglia di pagargli le decime regie sottratte alla sua Chiesa da molto tempo; l'ammontare di queste decime fu stabilito ancora nello stesso anno in base all'inquisizione testimoniale e da allora esse furono pagate regolarmente.
Quando il legato pontificio nel Regno di Sicilia, Radolfo da Albano, iniziò la sua azione volta a ricuperare i diritti e i possedimenti ecclesiastici alienati negli anni passati, il C. fu incaricato di ascoltare i testimoni in una causa intentata dal capitolo di Monreale per riavere i diritti di pesca nel Mare Piccolo presso Taranto confiscati da Federico II. Per il resto, dopo il 1266 il C. non si distinse più sul piano politico. Pare che la riorganizzazione della diocesi tarantina vacante effettivamente sin dal 1248, lo abbia tenuto occupato completamente. L'assunzione nella cappella di corte come rettore di S. Pietro di Alessano d'un suo parente omonimo, più tardi successore a Taranto, testimonia i suoi buoni rapporti con il nuovo re Carlo I. La fedeltà del C. del resto non dovette sostenere nessuna prova, visto che i moti del 1268 a favore di Corradino di Svevia non ebbero presa a Taranto.
Nel 1272 il C. contribuì, nella sua qualità di feudatario, alla colletta straordinaria imposta in occasione della cerimonia in cui il principe ereditario Carlo veniva armato cavaliere. Quando il casale di San Teodoro presso Metaponto, proprietà della Chiesa tarantina, fece gola a certi nobili francesi, re Carlo, con un mandato, difese i diritti del C., come difese anche i suoi poteri speciali di scomunica conferitigli dal papa. Per incarico di Gregorio X il C. citò nel 1274 l'arcivescovo Peregrino di Brindisi in lite con il capitolo del duomo e i cittadini di Brindisi, ma la morte gli impedì di continuare a occuparsi di questa causa, che Peregrino, con la scusa di essere ammalato, era riuscito a rimandare.
Il C. morì tra il luglio e l'ottobre 1274 a Taranto. L'affermazione ricorrente nella bibliografia più antica che egli fosse morto già nel 1270 non è più sostenibile. Giacomo da Viterbo, che, secondo questa tradizione storiografica, sarebbe stato arcivescovo di Taranto dal 1270 al 1273 fu in realtà vescovo di Ferentino dal 1276 al 1298 (cfr. Kamp, Kirche und Monarchie, I,2, p. 705).
Sulla cattedra arcivescovile gli successe nel 1276 (e non già nel 1274 come viene affermato nella storiografia più antica) un suo parente omonimo. Enrico (II) Cerasolo, che resse la Chiesa tarantina per più di vent'anni e morì tra il 1297 e il 1299.
Fonti e Bibl.: Taranto, Arch. capitolare, pergamena del 1272, apr. 16; Napoli, Bibl. naz., ms. X. D. 23 [a. 1681]: A. Merodio Istoria tarentina, pp. 329 s.; Matthaei Parisiensis, monachi Sancti Albani Chronica maiora, in Rer. Brit. Medii Aevi Script., LVII,5, a cura di H. R. Luard, London 1880, pp. 624 s.; Les registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, Paris 1884-1921, nn. 5622, 5623, 5631, 5676; Les registres de Clément IV, a cura di E. Jordan, Paris 1893-1945, n. 85; Les registres d'Alexandre IV, a cura di C. Bourel de la Roncière-J. de Loye-P. de Cenival-A. Coulon, Paris 1895-1959, n. 3063; C. A. Garufi, Catal. illustrato del tabulario di S. Maria Nuova in Monreale, Palermo 1902, pp. 48 n. 105, 176 s. n. 15; D. Vendola, Docum. vaticani relativi alla Puglia, I, Documenti tratti dai registri vaticani, Trani 1940, pp. 209 s. n. 259 s., 213 n. 265; A. De Leo, Codice diplom. brindisino, a cura di G. M. Monti-M. Pastore Doria, I, Brindisi 1940, pp. 174 s. n. 90; Codice diplom. barese, XVII,F. Muciaccia, Le pergamene di Conversano, Trani 1943, pp. 31 s. n. 21, R. Filangieri, I registri della cancell. angioina..., I, Napoli 1950, pp. 20 s., 53; II, ibid. 1951, pp. 84 ss.; III, ibid. 1951, pp. 152 s.; IV, ibid. 1951, pp. 61, 90, 151, 163; VI, ibid. 1954, pp. 141, 213, 228, 254; IX, ibid. 1957, pp. 33, 55, 208, 266; XI, ibid. 1958, pp. 114 s., 148, 192; XII, ibid. 1959, pp. 259, 289; Schedario Baumgarten, a cura di G. Battelli, II, Città del Vaticano 1966, n. 3239; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra…, Venetiis 1721, VII, coll. 708 s.; IX, col. 137; B. Moroni, Vita e miracoli di s. Cataldo, a cura di G. Costanzi, II, Corollario…, Napoli 1780, p. 156; D. L. De Vincentiis, Storia di Taranto, III,Taranto 1878, p. 126, A. P. Coco, L'archidiocesi di Taranto nella luce della sua storia, Taranto 1937, p. 24; D. Girgensohn-N. Kamp, Urkunden und Inquisitionen der Stauferzeit aus Tarent, in Quellen und Forsch. aus italien. Archiven und Bibliotheken, XLI (1961), pp. 165, 220-229 nn. XVII-XIX; N. Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, I, 2, München 1975, pp. 703 ss.