EGNA, Enrico da (Heinricus de Enn)
Terzo di questo nome nella famiglia signorile tirolese che prendeva nome dall'omonima, importante località presso l'Adige (Neumarkt in tedesco, prov. di Bolzano), nacque nella seconda metà del 1215 da Enrico (II) e Sofia da Romano, figlia di Ezzelino il Monaco e sorella dell'ultimo Ezzelino.
I da Egna non erano fra le minori famiglie della feudalità trentina. Il giureconsulto Nicolò ed Enrico (II), rispettivamente zio e padre dell'E., parteciparono attivamente alle complesse vicende di cui furono protagonisti i principi vescovi di Trento e i loro vassalli tra il XII e il XIII secolo. Il matrimonio dei genitori dell'E. aveva un preciso significato politico: allargava le relazioni familiari dei da Romano ad un'area sino ad allora estranea ai loro interessi. I rapporti tra le due famiglie sono documentati a partire dal 1211, quando Ezzelino il Monaco è presente a Trento nell'entourage di Federico Wanga, vescovo di Trento e (dal 1213) vicario imperiale. A quest'epoca o a poco dopo potrebbe risalire il matrimonio di Sofia con Enrico (II) da Egna, che mori fra il 1222 e il 1224 (anno in cui Sofia si risposò con Salinguerra da Ferrara) lasciando tre figli in giovane età: oltre all'E., Ezzelino ed Alberto.
I tre fratelli compaiono come vassalli dei conti d'Ultimo nel 1231; l'E. e il fratello Ezzelino sono documentati anche nel 1236 e 1237 a Trento e Bolzano. Ma dell'adolescenza dell'E. e dei suoi primi rapporti con lo zio Ezzelino sappiamo poco: tutta l'esperienza politico-militare dell'E., morto appena trentunenne, si risolve nella lunga podesteria veronese, durata dal 1240 al 1247 con una interruzione nel 1245.
Il bando da Verona dei nemici di Federico II e di Ezzelino (giugno 1239), in gran parte veronesi sostenitori della pars Comitum, aveva posto le premesse per il consolidamento del predominio di fatto, in Verona, di Ezzelino da Romano e dei suoi seguaci. Nella prima metà degli anni '40 Ezzelino e la pars cittadina al potere attesero appunto a rafforzarsi in città (anche con confische di beni degli extrinseci) e nel territorio per arginare l'opposizione dei fuorusciti. In questo contesto si inserirà l'operato dell'E., uno di quei valenti soldati e abili politici, fedelissimi al da Romano e a lui in più casi legati da parentela, che negli anni '40 agirono - anche in veste di podestà - in alcune città del 'dominio': il pugliese Sodegerio di Tito a Trento, Ansedisio Guidotti e Guecellone da Prata a Padova.
Nel febbraio 1240 l'E. presenziò, ancora a Trento, ad una riunione del Consiglio cittadino, che ratificò una decisione del citato Sodegerio. La prima attestazione della sua podesteria veronese risale al 19 ott. 1240: alla podesteria del suo predecessore, Ugo da Corte, era succeduto il breve rettorato di due giudici, attestati nel luglio-agosto. Già agli inizi di novembre (il 3) l'E. guidava l'esercito cittadino ad una importante vittoria sui Mantovani, nella battaglia di Trevenzuolo presso il confine tra i due distretti.
Particolarmente intensa e fortunata fu l'attività militare dell'E. alla guida dell'esercito veronese nel 1242. Il 25 marzo di quell'anno l'E. fu al fianco di Ezzelino da Romano alla conquista di Montagnana, nel territorio padovano: il castello fu incendiato, la "terra" assoggettata, ed eretta una fortificazione. All'E. e ad Ezzelino furono consegnati anche il castello di Arcole, al confine fra il Veronese e il Vicentino, ed altri luoghi delle zone montane al confine fra i due distretti. Ripetuta è, nelle fonti cronistiche, la menzione abbinata dell'E. e di Ezzelino da Romano a testimonianza del fatto che l'E. era considerato - e fu effettivamente - uno tra i collaboratori più stretti del vicario imperiale.
La popolarità e il prestigio di cui godette l'E. presso tanta parte della élite cittadina veronese si concretizzò anche nella "magna curia militum et dominarum cuiuscumque conditionis" (non solo nobili dunque) che egli tenne a Verona in questo stesso anno 1242. In tale occasione - riferisce Parisio da Cerea (un cronista in genere poco incline ad inserire nei suoi stringati annali spunti relativi alle curie cavalleresche) - "milites bagordaverunt" nella piazza del mercato, "et turic domine ballaverunt" sui soppalchi costruiti "extra palacium comunis Verone". Inoltre la piazza del mercato fu lastricata con le pietre provenienti dalle case distrutte della famiglia Zerli.
Nel 1243 l'E. guidò poi personalmente i cittadini ad un'impresa di grande importanza per la sicurezza della città e del territorio veronese: la fortificazione di Villafranca, il borgo franco costruito dal Comune di Verona nel 1185 presso il confine con Mantova (città che costituiva in quegli anni la base degli extrinseci e del conte di San Bonifacio, capo della parte guelfa). Parte integrante del sistema difensivo apprestato, primo nucleo del futuro "Serraglio" trecentesco, fu l'escavazione di un fossato tra Villafranca e le colline moreniche. Altri fossati furono scavati nella zona a sud della città allo scopo di impedire i collegamenti fra il Mantovano e la porzione orientale del distretto veronese, controllata dal conte di San Bonifacio. Il castello di San Bonifacio, al confine coi Vicentino, fu infatti conquistato e distrutto nel settembre dello stesso anno 1243, e nell'occasione fu anche preso il castello di Illasi. Nella stessa linea si colloca l'attacco mosso contro Castellaro nel Mantovano (1244), per costringere i Mantovani ad abbandonare l'assedio di Ostiglia (Parisio, Chronicon, nella redaz. oxoniense).
Non sappiamo molto della attività amministrativa dell'E. durante la sua lunga podesteria veronese, la prima che interrompeva, nella storia del Comune di Verona, la cadenza annuale sino ad allora costantemente rispettata, a comprova del potere di fatto ormai esercitato da Ezzelino e dalla sua pars. L'avvicendamento dei funzionari comunali (giudici consoli, estimatori, ecc.) appare invece regolare: il funzionamento delle istituzioni comunali fu dunque assicurato, cosi come quello del sistema fiscale. Di grande importanza, per una conoscenza dell'assetto istituzionale del dominio ezzeliniano sulle città venete, è tra l'altro una lettera (del 1244, da Vicenza) di Ezzelino all'E., dalla quale risulta il potere discrezionale del da Romano sulle sentenze dei giudici del podestà di Verona.
Tra la fine del 1244 e il 1245 l'E. abbandonò la podesteria veronese, ove fu sostituito dal vicentino Guiberto da Vivaro. È presumibile che Ezzelino gli affidasse qualche incarico di carattere politico-militare, sinora non accertato. Dal gennaio 1246 l'E. ricompare come podestà di Verona.
Le circostanze della morte dell'E., avvenuta a Verona nel febbraio 1247, sono emblematiche delle inquietudini e delle opposizioni che il regime ezzeliniano determinava nella classe dirigente veronese. Giovanni Scanarola, appartenente ad una autorevole famiglia cittadina ("de populo veronensi" secondo Rolandino, che applica però schemi mutuati dalla realtà padovana), con tutta probabilità legato alla pars Comitum, era stato imprigionato per una congiura (supposta o reale) contro l'E. (o contro Ezzelino, come vuole una attendibile redazione duecentesca degli Annales Veronenses, secondo la quale lo Scanarola avrebbe avuto anche complici trevigiani e mantovani). Nel palazzo del Comune di Verona, durante una udienza processuale, benché incatenato lo Scanarola riusci, prima di essere a sua volta ucciso dai satellites, a colpire al capo l'E., che, in conseguenza delle ferite riportate, mori dopo alcune settimane.
L'episodio dovette determinare un certo disorientamento fra i collaboratori di Ezzelino, ed ebbe naturalmente eco nelle cronache della Marca, che lo narrano con vari particolari, più o meno attendibili. Il Chronicon marchie Tarvixine e il Chronicon Estense lo definiscono "factum magne audacie"; assai compiaciuta, ovviamente, la narrazione di Rolandino, per il quale l'E. non era altro che un "tyrannus".
Scompariva cosi uno dei più autorevoli "proconsoli" di Ezzelino da Romano, mediatore - nella continuità delle forme istituzionali comunali - fra l'autorità di Ezzelino, gli interessi della pars, e quelli complessivi della città. L'E. fu sepolto "in maiori ecclesia Verone, in curte ziminterii, in magna archa rubea, cuni capitello supra" (tuttora esistente). Non si conosce il nome della moglie dell'E., da cui nacquero Sofia, che portava il nome della madre dell'E. e fece un matrimonio tutto politico, sposando Uberto Pallavicino, e Nicola. L'E. ebbe inoltre una figlia naturale, Enida.
I contemporanei apprezzarono e riconobbero concordemente - a parte il secco, e del resto non negativo in sé, giudizio di Rolandino - le capacità militari e politiche dell'Egna. L'autore del Chronicon marchie Tarvixine, che filoezzeliniano non è, lo definisce "iuvenis bellicosus, fortis, strenuus et terribilis inimicis"; l'autore degli Annales Veronenses antiqui lo dice "probitate et scientia laudandus, yllari vultu, facundus in sermone"; altre fonti veronesi come il Syllabus potestatum mettono in risalto la sua abilità militare: "ab armis fuit et bonus homo", "bonus guerrator", doti che saranno riconosciute anche al fratello e successore nella podesteria veronese, Ezzelino, poi imprigionato dal da Romano nel 1255
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