ENRICO di Biburg
Originario di Biburg, presso Abensberg (Baviera), discendeva da una famiglia bavarese imparentata con quella dei conti di Scheyern. Era canonico della Chiesa di Augusta e faceva parte della cappella di corte del re di Germania, quando, nel 1077, venne innalzato alla cattedra patriarcale di Aquileia.
Quando, il 12 ag. 1077, mori il patriarca di Aquileia Sigehard, il clero e il popolo di quella città elessero come successore il loro arcidiacono, di cui le fonti non hanno tramandato il nome, e comunicarono immediatamente l'avvenuta elezione a Gregorio VII. Il 17 settembre il papa annunciò in due lettere la sua intenzione di inviare legati ad Aquileia per la verifica dell'elezione. Quest'ultima, tuttavia, si scontrò con la decisa opposizione del re di Germania Enrico IV: già l'8 settembre questi nominò, in spregio alla scelta del popolo e del clero, E. come nuovo patriarca di Aquileia. E. era canonico ad Augusta e faceva parte della cappella della corte reale: poteva dunque essere considerato un fedele del sovrano.
L'insediamento di E. avvenne nel momento più critico della lotta per le investiture, dopo l'episodio di Canossa (gennaio 1077) e l'elezione dell'antiré Rodolfo di Svevia da parte dell'opposizione tedesca a Enrico IV (marzo 1077); in questa situazione era di grande rilievo l'insediamento di un ecclesiastico fedele al re nell'importante sede patriarcale. Le due lettere di Gregorio VII sull'elezione attestano, peraltro, il grande interesse che anche il papa nutriva per Aquileia. Egli non poté far nulla contro la nomina del cappellano dei re. Nel sinodo romano della Quaresima del 1079, tuttavia, E. dovette prestare giuramento di fedeltà al pontefice. Egli sostenne, in primo luogo, che la propria elezione era stata canonicamente regolare e deve aver preteso, inoltre, di non essere stato a conoscenza di un divieto relativo alle investiture da parte di laici; poi giurò fedeltà al papa e, in conseguenza, ricevette da Gregorio VII l'anello, il bastone e tutti gli altri simboli della sua dignità secondo le norme canoniche. È però significativo che in questa circostanza egli non sia indicato dalle fonti come patriarca, bensi come "archiepiscopus" di Aquileia (giuramento di E., in Gregorii VII Registrum, VI, 17a, pp. 428 s.; si vedano anche Bertholdi Annales., p. 317). A conclusione del sinodo il papa inviò a Enrico IV due legati, il cardinale vescovo Pietro di Albano e il vescovo Udalrico di Padova; dette loro, come compagno e assistente, il patriarca E. (al riguardo si veda: Vogel, pp. 146 s.). Bertoldo, annalista contemporaneo a questi avvenimenti e ostile al re, narra (p. 319) che E. (da lui definito ancora come "unus ex intimis regis Henrici"), subito dopo aver ricevuto in Roma l'incarico, avverti il re della legazione, per mezzo di messaggeri, e rallentò poi intenzionalmente, con una sosta intermedia ad Aquileia, il viaggio degli inviati, per dar tempo al monarca di prepararsi all'incontro. Enrico IV ricevette i legati in Ratisbona, il giorno della Pentecoste del 1079 (12 maggio). Le trattative non ebbero però andamento soddisfacente: venne allora messo in programma un nuovo incontro a Fritzlar, e li, un altro a Würzburg. Ancora nel giugno del 1079 il papa si manifestò soddisfatto per come il patriarca aveva eseguito il suo incarico e gli concesse, come segno di ringraziamento, il privilegio richiesto di estendere l'uso del pallio ai giorni dei ss. Ulrico e Afra, i patroni di Augusta (rispettivamente, il 4 giugno e il 7 agosto). Gregorio VII consenti ad E. - che chiama "frater" e "coepiscopus", ma non patriarca - questa estensione dell'uso del pallio espressamente "in tua vita, non loco tuo" (Gregorii VII Registrum, VI, 38, p. 455). In seguito deve esser giunta al pontefice notizia circa le difficoltà contro cui si era scontrata la legazione; egli ripeté in una lettera le direttive ai legati (Gregorii VII Epistolae collectae, p. 557). Tuttavia la missione falli definitivamente; il vescovo Udalrico di Padova e il cardinale vescovo Pietro rientrarono a Roma per vie diverse.
Il patriarca E., invece, rimase in Germania: nell'autunno di quell'anno lo troviamo presso la corte del re in Baviera, a Hirschaid ed a Ratisbona, il 19 e il 24 Ottobre. Nel gennaio dell'anno seguente prese parte alla battaglia di Flarchheim (27 gennaio) in cui Enrico IV cercò di sconfiggere con le armi l'antiré Rodolfo di Svevia e i suoi sostenitori. Si riferisce che il patriarca e gli altri principi italiani avessero portato con sé grandi ricchezze - cavalli, armi, spezie, stoffe e vesti preziose, vasellame d'oro e d'argento - di cui si sarebbero impossessate le truppe di Rodolfo durante la battaglia. Lo scontro si concluse senza la vittoria definitiva di una delle parti. Quando infine Enrico IV offri al papa la propria obbedienza, a condizione che l'antiré Rodolfò venisse scomunicato, e minacciò di eleggere un antipapa, Gregorio VII scomunicò nuovamente l'imperatore nel sinodo di Quaresima del 1080. E. intervenne. con molti dei suoi suffraganei, al sinodo convocato dal re a Bressanone, cui parteciparono per lo più vescovi italiani: il sinodo dichiarò deposto Gregorio VII ed elesse come suo successore l'arcivescovo Wiberto (Guiberto) di Ravenna che assunse il nome di Clemente III (25 giugno 1080).
In questo periodo E. si trovò spesso, anzi forse in modo continuativo, presso la corte del re. Egli accompagnò Enrico IV a Roma e di li, passando per Siena, a Lucca nel luglio del 1081. A Lucca il monarca gli concesse, in riconoscimento dei suoi servizi, le diocesi di Trieste e di Parenzo, con piena autorità spirituale e temporale, e stabili che da quel momento il vescovo, il clero e il popolo di quelle Chiese dovessero prestare al patriarca il "servitium" fino ad allora dovuto al re. Enrico IV conferi espressamente al patriarca la potestà di investire d'allora in poi, di intronizzare e di ordinare i presuli di quelle diocesi (20 luglio). Il re confermò e giustificò la concessione del vescovato triestino al patriarca di Aquileia il 23 luglio 1082 a Pavia. Il patriarca E. il 14 dic. 1081 si trovava a Parma al seguito del re; era sempre al seguito di Enrico IV nel febbraio 1082, durante la sua spedizione contro Roma; soggiornava presso la corte di quel sovrano, a Roma, nel 1083. A da segnalare, infine, in campo diplomatico, che il patriarca E. appare tra gli "intervenientes" in un documento in favore del monastero di Farfa del 15 giugno 1083 dato a Roma.
E. mori il 28 marzo 1084, qualche giorno prima dell'incoronazione imperiale di Enrico IV da parte dell'antipapa Clemente III avvenuta nel giorno di Pasqua (31 marzo). Il suo successore nella sede patriarcale di Aquileia fu Federico II di Boemia.
È difficile dare un giudizio sulla politica del patriarca Enrico. Gli viene spesso rimproverato di aver agito opportunisticamente ora in senso filopapale, ora in senso filoimperiale (Schwartz, p. 34). Il suo giuramento di fedeltà, prestato al pontefice durante il sinodo quaresimale del 1079 è stato interpretato come un cambio di partito a cui sarebbe seguito un altro cambio di partito nell'estate del 1079 o più tardi. Il fatto che Enrico IV abbia privato il patriarca - da lui stesso poco prima nominato ad onta dell'opposizione del clero e del popolo di Aquileia ed anche a dispetto della resistenza del papa - della contea d'Istria, che il medesimo imperatore aveva già assegnato "in perpetua proprietate" al predecessore di E., Sigehard (Schmidinger, p. 69), fa pensare che anche il re considerasse il giuramento di fedeltà prestato dal patriarca al pontefice come un tradimento. Anche lo Schmidinger (ibid.) rappresenta E. come fautore in un primo momento del re poi come ben disposto verso il papa e quindi come nuovamente tornato dalla parte del re. Bertoldo, l'annalista che si pone criticamente di fronte al re, qualifica il patriarca "intimus" del sovrano tedesco dopo il sinodo quaresimale del 1079; palesa dunque il pensiero che il patriarca E. avesse prestato il giuramento a Gregorio VII in modo insincero, e soprattutto al fine di ottenere dal papa il suo riconoscimento nella carica. Proprio il fatto che egli passasse per confidente del re, ma che ciononostante abbia prestato al pontefice giuramento di fedeltà, poté farlo apparire a Gregorio VII particolarmente adatto alla sicurezza e alla scorta della legazione pontificia del 1079 al re. E. si dimostrò fautore del sovrano germanico dall'estate del 1079: la sua continua provata presenza alla corte, la sua partecipazione al sinodo di Bressmene del 1080 e alle spedizioni di Enrico IV contro Roma dal 1081 al 1083, nonché il conferimento delle diocesi di Trieste e Parenzo da parte del re, dissipano ogni dubbio circa il suo atteggiamento filoimperiale in quegli anni.
Fonti e Bibl.: Annales Augustani, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, III, a cura di G. H. Pertz, Hannoverae 1839, pp. 129, 131; Bertholdi Annales, ibid., V, a cura G. H. Pertz, ibid. 1844, pp. 301, 317-320; Bernoldi Chronicon, ibid., pp. 435 e 440; Chounradi Schirensis Chronicon, ibid., XVII, a cura di Ph. Jaffè, ibid. 1861, p. 616; Gregorii VII Registrum, Epistolae selectae, II, 1, a cura di E. Caspar, Berolini 1920-1923, pp. 428 s., 454 s.; Brunos Buch von Sachsenkrieg, ibid., Deutsches Mittelalter. Kritische Studientexte, II, a cura di H.-E. Lohmann, Leipzig 1937, pp. 110 s.; Heinrici IV Diplomata, ibid., Diplomata Regum et Imperatorum Germaniae, VI, a cura di D. von Gladiss-A. Gawlik, Berolini-Weimarii-Hannoverae 1941-1978, nn. 338 s. pp. 445-448, 345 pp. 456 s.; Gregorii VII Epistolae collectae, in Bibliotheca rerum Germanicarum, II, Monumenta Gregoriana, a cura di Ph. Jaffé, Berolini 1865, pp. 331, 354 s., 376; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra…, V, Venetiis 1720, col. 58; Unedirte Diplome aus Aquileia, a cura di E. Mühlbacher, in Mitteilungen des Instituts für Usterreichische Geschichtsforschung, I (1880), pp. 275 s.; G. Meyer von Knonau, Jahrbücher des Deutschen Reiches unter Heinrich IV. und Heinrich V., III, 1077-1084, Leipzig 1900, pp. 65 s., 179 s., 182, 208 s., 211, 219, 221, 240, 285, 292, 386, 396, 402, 433, 438, 480, 567, 581 s., 619, 640; P . Paschini, Vicende del Friuli durante il dominio della casa imperiale di Franconia, in Mem. stor. forogiuliesi, IX (1913), pp. 198-204; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens unter den salischen Kaisern, mit Listen der Bischöfe 951-1122, Leipzig-Berlin 1913, p. 34; P. F. Kehr, Rom und Venedig bis ins XII. Jahrhundert, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibiotheken, XVII (1917-1924), pp. 111 s.; E. Klebel, Zur Geschichte der Patriarchen von Aquileja, in Beiträge zur ältesten europäischen Kulturgeschichte. Festschrift für R. Egger, I, Klagenfurt 1952, pp. 400-403, 420; H. Schmidinger, Patriarch und Landesherr. Die weltliche Herrschaft der Patriarchen von Aquileja, Graz-Köln 1954, pp. 15, 68 s., 83, 166; J. Fleckenstein, Hofkapelle und Reichsepiskopat unter Heinrich IV., in Vorträge und Forschungen, XVII (1973), p. 129; J. Vogel, Gregor VII. und Heinrich IV. nach Canossa, Berlin-New York 1983, pp. 38 s., 89, 110, 144-148, 160, 185; P. F. Kehr, Italia pontificia, VII, 1, Berolini 1923, pp. 32 s.