Enrico di Cornovaglia
Figlio di Riccardo di Cornovaglia, re di Germania, imperatore designato, e della sua prima moglie Isabella contessa di Gloucester; fu nipote di re Enrico III d'Inghilterra.
Di ritorno dalla crociata in Tunisia, cui aveva partecipato con il re Luigi IX di Francia, E. si recò al seguito di Carlo I d'Angiò in Viterbo ov'era in corso il conclave per l'elezione del successore di Clemente IV; si suppone che E. volesse trattare con il nuovo papa circa l'incoronazione imperiale del padre. E in Viterbo, il 12 marzo 1271, mentre ascoltava la Messa nella chiesa di S. Silvestro, fu trucidato, secondo la tradizione popolare al momento dell'elevazione dell'Ostia, da Guido di Montfort, vicario di Carlo I d'Angiò in Toscana, il quale voleva vendicare la morte del padre Simone, caduto combattendo contro la casa reale inglese nella battaglia di Evesham (1265). Nonostante lo sdegno suscitato nei contemporanei da questo delitto sacrilego, il Montfort, che aveva agito con la complicità del fratello Simone e del suocero Ildebrandino di Pitigliano, e sotto la tacita protezione del re angioino (cfr. Villani VII 39), poté fuggirsene impunemente e senza subire gravi conseguenze; solo il re Edoardo I d'Inghilterra, cugino di E., perseguitò tenacemente l'assassino, finché, su istanza di Carlo II d'Angiò, non lo perdonò interdicendogli per sempre il soggiorno in Inghilterra (1280).
Il cadavere di E., dopo lo scempio fattone dal Montfort, fu portato in Inghilterra ove fu sepolto nell'abbazia cisterciense di Hailes nel Gloucestershire, mentre il suo cuore, racchiuso in una teca d'oro, fu, secondo il Villani (loc. cit.), posto " in su una colonna in capo del ponte di Londra sopra il fiume di Tamigi ".
Il ricordo dantesco dell'episodio non si distacca dalla narrazione del cronista: egli presenta l'assassino, Guido di Montfort, isolato nell'enormità del suo delitto, come colui che fesse in grembo a Dio / lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola (If XII 119-120); è tuttavia probabile che il Tamigi voglia indicare la città di Londra nel suo insieme. Questa versione infatti la troviamo sia in Guido da Pisa che in Benvenuto e nel Serravalle, i quali, staccandosi dalla lettera del testo dantesco, sostengono che il cuore di E., racchiuso in un vaso d'oro, era stato posto nella mano della statua del principe nell'abbazia di Westminster, con l'iscrizione " Cor gladio scissum do cui consanguineus sum " indirizzata quindi al re Edoardo I da cui la vittima chiedeva vendetta. E questo motivo della vendetta non compiuta si ritrova in alcuni commentatori che fanno derivare il si cola da ‛ colare ' dando al passo il significato " sanguina ancora " (Mattalia) per la mancata vendetta; v. COLARE.
Bibl. - Davidsohn, Storia II II 93-95, 107, 134, 260; P. Toynbee, A biographical notice of D. in the 1494 edition of the ‛ Speculum Historiale ', in " English historical Review " aprile 1895.