ENRICO di Navarra
Figlio di Garcia IV Ramirez, re di Navarra, e della prima moglie, Margherita di Laigle, dopo il maggio e prima del settembre del 1166 raggiunse in Sicilia la sorella Margherita, da poco (maggio 1166) rimasta vedova del re Guglielmo I. Dalla sorella, che come reggente governava la Sicilia in nome del figlio minorenne Guglielmo II, E. in quello stesso mese di maggio o poco dopo ricevette in isposa Adelasia, una figlia naturale di Ruggero II d'Altavilla, e fu investito - forse allo scopo di tenerlo lontano dall'isola - della contea di Montescaglioso (Matera). Ricevette inoltre le città siciliane di Noto (Siracusa), Sclafani (Palermo) e Caltanissetta, già appartenute a Goffredo, il conte di Montescaglioso, deposto per aver partecipato nel 1155-1156 ad una rivolta contro il legittimo sovrano.
Secondo il Falcando, Garcia IV non avrebbe riconosciuto E. come proprio figlio legittimo, in quanto convinto che fosse il frutto di una relazione adulterina della consorte, Margherita di Laigle. Non siamo in grado di confermare questa notizia, che ha tutta l'aria di essere una bassa insinuazione o una malignità dovuta a malanimo di cortigiano. E senza dubbio il Falcando non ci lascia, di E., un ritratto molto lusinghiero. Afferma che, proprio su consiglio della sorella, la regina Margherita, subito dopo il suo arrivo nell'isola avrebbe cambiato in Enrico il suo nome originario, Rodrigo, perché questo sarebbe suonato strano, ed anche ridicolo, alle orecchie dei Siciliani. Prosegue scrivendo: "Questo Enrico era di statura bassa, aveva una barba molto rada e una ciera spiacevolmente scura. Era avventato e maldestro nella conversazione, uomo cui interessava solo il giuoco dei dadi e d'azzardo, e che non aveva altro desiderio se non di avere un compagno di giuoco e molto denaro da perdere". Aggiunge inoltre che, costretto a lasciare Palermo per il suo comportamento disordinato e per le grosse somme dilapidate, si sarebbe fermato a Messina ed avrebbe fatto di quella città la sede delle sue sfrenatezze sino a quando un ordine della regina non lo avrebbe costretto ad abbandonare l'isola per la sua contea in Basilicata.
Preso possesso, nella seconda metà del 1166, della contea di Montescaglioso, E. non vi rimase a lungo. Nell'estate del 1167 era infatti di nuovo in Sicilia, presso la corte di Palermo, intento a prendere contatto e a stringere legami con le diverse forze politiche al fine di svolgere un ruolo di maggiore rilievo nel governo del Regno. Forse rivendicò a sé la carica di cancelliere, allora ricoperta da un cugino della regina (e quindi anche di E.), Stefano di Perche, succeduto a Riccardo conte del Molise. Stefano, ad ogni modo, riusci in un primo momento ad evitare lo scontro col principe navarrino: questi, infatti, ai baroni che tentavano di indurlo a reclamare l'importante ufficio avrebbe risposto dapprima - stando a quanto riferisce Ugo Falcando - che gli mancava la pratica di governo e che soprattutto non conosceva il francese, lingua indispensabile a corte. Ad ogni modo tra i due - evidentemente espressione di gruppi di potere antagonisti - fini con l'aprirsi un solco che si fece incolmabile. Cedendo alle suggestioni di quanti parlavano di una relazione tra la regina Margherita ed il cugino cancelliere, o traendone pretesto, E., quando la corte, il 15 dic. 1166, si trasferi a Messina, rimase a Palermo dove, con l'appoggio di alcuni alti esponenti dell'amministrazione regia quali Matteo di Aiello, il "gaito" (giudice) Riccardo e il vescovo Gentile di Agrigento, organizzò una rivolta contro il regime di Stefano di Perche. Questi, venuto tempestivamente a conoscenza del fatto, intervenne con prontezza e soffocò il movimento sul nascere. Lo stesso E. fu arrestato e rinchiuso nel castello di Reggio in Calabria. Tutto ciò dovette accadere tra il 15 dic. 1167 ed il 12 marzo 1168, durante il periodo in cui la corte soggiornò a Messina.
E. fu trattenuto in carcere anche dopo il ritorno della corte a Palermo, sebbene la regina avesse - a quanto pare - deciso di farlo liberare, sia pure a determinate condizioni. Gli avrebbe infatti offerto la somma di 1.000 ducati d'oro contro l'impegno di rientrare in Spagna e di non rimettere più piede in Sicilia. L'incarico di accompagnarlo in patria fu affidato ad Oddone Quarrel, un francese canonico della cattedrale di Chartres, a suo tempo venuto nell'isola insieme con Stefano di Perche. Tuttavia, mentre Oddone si trovava a Messina per preparare la partenza, il 31 marzo 1168, giorno di Pasqua, scoppiò in quella città una rivolta provocata dai risentimenti cui avevano dato motivo le tasse imposte dal Quarrel alle navi che attraversavano lo Stretto. Gli insorti si impossessarono di sette galere: grazie ad esse E. poté venir liberato e condotto a Messina, dove assunse la direzione del moto, cui impresse un carattere decisamente ostile al cancelliere. Fatto prigioniero Oddone Quarrel, E. lo consegnò al popolo, che lo uccise; come lui furono uccisi tutti i francesi residenti nella città. Resosi padrone di Messina, E. fece si che la rivolta si allargasse a tutta l'isola, sino a giungere all'espulsione dalla Sicilia di Stefano di Perche (estate del 1168). Quindi E. si presentò a Palermo con una squadra di venti galere: nella capitale sbarcò con lui Riccardo, conte del Molise.
Nella tarda estate del 1168 fu investito della contea di Principato in Campania e si recò subito a prenderne possesso. In un documento dell'8 dicembre di quel medesimo anno egli si intitola "Dei et regis gratia comes Principatus et dominae reginae Margheritae frater". In seguito viene ricordato in due documenti, rispettivamente del 1170 e del 1173.
E. dovette morire prima dei settembre del 1177, quando la sua consorte Adelasia appare citata, nella formula di datazione di un documento, come vedova e reggente in nome del figlio, Guglielmo.
La reggenza di Adelasia dovette durare parecchi anni. Il figlio e successore di E., infatti, non può essere nato prima del 1167, dato che i suoi genitori si sposarono nel maggio dell'anno precedente o poco dopo. La prima citazione di Guglielmo IV del Principato che ci sia nota è dell'aprile del 1195.
Fonti e Bibl.: Romualdi Salernitani Chronicon, in Rer. Ital. Script., 2ed., VII, 1, a cura di C. A. Garufi, pp. 255 ss.; F. Trinchera, Syllabus Graecarum membranarum, Neapoli 1865, nn. 172 p. 227 (luglio 1168), 177 p. 232 (1170), 191 p. 251 (settembre 1177), 195 p. 256 (1179); A. Rivelli, Memorie storiche della città di Campagna, I, Salerno 1894, pp. 96 s. (8 dic. 1168); U. Falcando, La historia…, a cura di G. B. Siragusa, Roma 1897, in Fonti per la storia d'Italia…, XIII, pp. 107 s., 124, 126 ss., 132, 134-138, 143, 150, 152, 161 s.; Catalogus baronum. Commentario, a cura di E. Cuozzo, Roma 1984, ibid., CI, § 35; L.-R. Ménager, Les fondations monastiques de Robert Guiscard, duc de Pouille et de Calabre, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XXXIX (1959), n. 41 p. 112 (luglio 1173); A. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Paris 1907, II, pp. 319, 329 s., 333, 336, 340 s., 347, 633, 643; C. A. Garufi, Per la storia dei secc. XI e XII… I conti di Montescaglioso…, in Arch. stor. per la Sicilia Orientale, IX (1912), pp. 338 s.; D. Clementi, Some unnoticed aspects of the emperor Henry VI's conquest of the Norman Kingdom of Sicily, in Bull. of the John Rylands Libr., XXXVI (1954), p. 355; E. Jamison, Admiral Eugenius of Sicily…, London 1957, p. 91 n. 1; E. Cuozzo, 'Milites' e 'testes' nella contea normanna di Principato, in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il Medio Evo, LXXXVIII (1979), pp. 161 ss.