Enrico di Susa (E.L'Ostienze)
Nato a Susa verso il 1194 era " senescens ", cioè sulla sessantina, nel 1254, com'egli stesso ci dice. Di famiglia, come sembra, non nobile (l'uno dei cognomi attribuitigli, Bartolomei, non ha basi nelle fonti, e l'altro " de Preminicis " è assai dubbio), compì i suoi studi di diritto all'università di Bologna, ove si formò una cultura non solo giuridica, ma anche teologica e letteraria, come si ricava dal fatto che nelle sue opere appaiono numerose citazioni di scrittori latini.
Verso il 1220 si recò, con sua madre, in Provenza al seguito di Beatrice di Savoia, sposa del conte di Provenza, Raimondo Berengario IV, e prese attiva parte alla vita della corte collaborando alla politica di Romeo di Villeneuve, specialmente in quel che riguardava le trattative matrimoniali delle quattro figlie di Raimondo e Beatrice. E proprio nel 1236 si recò in Inghilterra per accompagnarvi Eleonora di Provenza, che andava in moglie al re Enrico III. Carissimo a questo sovrano, di cui appoggiò la politica, ne fu ricompensato con molti benefici; cominciava, intanto, il suo insegnamento a Parigi (di un insegnamento a Bologna vi è soltanto un ricordo tradizionale, non appoggiato da documenti), che non gl'impedì di prender parte con febbrile attività a negoziati, in Inghilterra e in Provenza, cercando di appoggiare presso il papa Innocenzo IV le direttive di Enrico, sia pur non sempre con fortuna.
Priore di Antibes dal 1234, divenne, dopo dieci anni, prevosto di Grasse, collaborando il 6 dicembre 1244 alla redazione degli statuti sinodali diocesani. Vescovo di Sisteron nel 1245, nel 1250 arcivescovo di Embrun, non per questo cessò di prender parte alla vita politica e religiosa del suo tempo: così nel 1251 accompagna il cardinale Ugo di Saint-Cher legato in Germania per rinfocolarvi, dopo la morte di Federico II, l'ostilità agli Svevi; poco dopo, a Roma, caldeggia, con altri cardinali, la candidatura di Edmondo d'Inghilterra, figlio di Enrico III, al trono di Sicilia; è, perciò, fra gli avversari di Manfredi e, in genere, dei ghibellini d'Italia, recandosi, quindi, nel 1259 in Lombardia, a capeggiarvi la lotta contro Ezzelino III da Romano.
Nel maggio del 1262 è eletto cardinale vescovo di Ostia (donde il soprannome di Ostiense) da Urbano IV, che ancora chierico, in Francia, aveva avuto modo di apprezzarne le qualità di giurista e di diplomatico.
Non aveva, tuttavia, interrotta la sua attività di studioso, anche se la sua partecipazione alla vita della Chiesa sembra limitata alla sottoscrizione degli atti.
Muore a Lione il 25 ottobre o il 6 novembre 1271. La sua grandezza vera è però nell'opera di giurista, che si espresse in due grandi commenti al Decreto di Graziano e alle prime decretali, la cosiddetta Summa super titulis decretalium, che ebbe l'epiteto elogiativo di Aurea e la Lectura per antonomasia, composta durante molti anni fino alla vigilia della morte. In questi due lavori magistrali si è giustamente colto come il culmine e la sintesi " dello sforzo scientifico dei glossatori e dei canonisti del secolo precedente " (Ch. Lefebvre, L'age classique, p. 313). Le dottrine dell'Ostiense furono poi considerate il punto di partenza di tutto il successivo sviluppo dottrinale.
Non a caso D. considera perciò l'Ostiense come personalità indicata a simboleggiare tutta la scienza canonistica in Pd XII 83, ov'è appunto ricordato come colui le cui opere sono oggetto di studio affannoso per poter acquistare potenza e fama mondana da parte di chi aspira ambiziosamente, in seno alla Chiesa, a dignità ben remunerate. In uno stesso atteggiamento polemico, l'Ostiense è ricordato in Ep XI 16, insieme con Guglielmo Durand e con Innocenzo IV: nella condanna dantesca dell'abuso dei canoni e della dottrina canonistica, è con gli altri due contrapposto ai grandi padri e dottori della Chiesa (come Dionigi l'Areopagita, Giovanni Damasceno, Ambrogio, Agostino e Beda) e incolpato di servire a ottenere censi e benefici.
In proposito va sottolineato che mentre Graziano, il primo grande maestro bolognese di diritto canonico, è collocato nel Paradiso (X 104-105), D. tace di E. di Susa. Ciò, tuttavia, non induce a ritenere che possa essere l'Ostiense a ispirare l'ignoto decretalista a cui il poeta rivolge il rimprovero di aver asserito che le traditiones Ecclesiae (e cioè le decretali) sono fidei fundamentum (Mn III III 10), anche se è stato trovato un interessante riscontro tra un passo di E. e l'opinione condannata da D. (cfr. B. Nardi, Dal Convivio alla Commedia, pp. 180-181).
Bibl.-Per E. di Susa nella storia del diritto canonico basterà rinviare al Diction. de droit canonique, V (sub v. Hostiensis), a c. di Ch. Lefebvre, 1211-1227, e a G. Le Bras, C. Lefebvre, J. Rambaud, L'Age classique 1140-1378. Sources et théorie du droit, in Histoire du Droit et des Institutions de l'Église en Occident, VII, Parigi s.a. (ma 1965) 312-314 e passim. Per D. ed E. si veda specialmente la v. DECRETALI in questa stessa Enciclopedia; M. Maccarrone, Teologia e diritto canonico nella Monarchia III, 3, in " Rivista di St. della Chiesa in Italia " IV (1950) 7-42, e B. Nardi, Dal Convivio alla Commedia, Roma 1960, 180-181 e passim.
Per il decretalista non nominato, oltre alle opere già citate, si veda F. Ruffini, D. ed il protervo decretalista innominato (Mon. III, 3, 10), in " Mem. Accad. Scienze di Torino " s. 2, LXVI (1921-22), 1 ss. (poi in Scritti giuridici minori scelti ed ordinati da M. Falco, II, Milano 1936, 425 ss.).