FILIPPESCHI, Enrico
Figlio di Bartolomeo, nacque probabilmente in Orvieto nell'ultimo quarto del XII secolo. Compare per la prima volta nella vita pubblica cittadina nel 1213, quando ricopriva la carica di console del Comune di Orvieto; in tale veste ricevette, il 26 settembre, la sottomissione del castello di Abbadia San Salvatore sul monte Amiata. Nell'aprile 1214 è ricordato, sempre come console, nell'atto di sottomissione di Aldobrandino, conte di Cetona, e di suo figlio Bernardino.
Tra la fine del XII secolo e i primi decenni del XIII il Comune di Orvieto era principalmente impegnato nel realizzare una sistematica acquisizione del contado circostante, rivolto in particolare al controllo dei territori della contea aldobrandesca ed al dominio sul lago di Bolsena (Val di Lago). Questo programma politico era sostenuto, sul piano regionale, dalla consolidata alleanza di Orvieto con Siena, e non incontrava ancora una costante ingerenza del potere papale. Oltre a collaborare per la maggior parte della sua vita alla realizzazione di tali finalità, il F. partecipò anche attivamente alle diverse iniziative del Comune di Orvieto volte a trasformare e migliorare il proprio assetto urbanistico.
Nel maggio 1215 il F. fu testimone all'acquisto del castello di Bisenzio, posto sulla sponda occidentale del lago di Bolsena; qualche anno più tardi, il 2 genn. 1223, compare nell'atto di sottomissione del castello di Giove, posto ai confini meridionali del contado orvietano, mentre, il 4 agosto dello stesso anno, assistette alla sottomissione di Acquapendente. Forte sia della conoscenza delle procedure burocratiche, sia delle tecniche gromatiche, e di una maturata esperienza nel controllo dei lavori edilizi intrapresi dal Comune, il F. presenziò, quale testimone, ad alcune transazioni e compensazioni monetarie tra il Comune e privati cittadini, dovute ad una serie di espropri messi in atto per l'edificazione del palazzo comunale e per l'apertura di alcune strade pubbliche, nonché alle lamentele di privati che si ritenevano danneggiati nei propri interessi. Il 17 febbr. 1217 il F. fu presente all'acquisto, da parte del Comune, di un terreno di Ildebrandino "Fogalascie", destinato alla costruzione della scala di accesso al nuovo palazzo. Un anno dopo, il 13 febbraio, assistette al sopralluogo per determinare l'effettivo danno subito da Forteguerra "Fogalascie", nel corso di lavori compiuti per la costruzione della scala, posta tra le case di Forteguerra e il palazzo stesso. Un'analoga transazione, con la quale il Comune acquistò da Nancillotto di Raniero Miscinelli una porzione di un orto sito lungo le pendici nordoccidentali della rupe orvietana, fu curata dal F. qualche anno più tardi, il 31 ott. 1222.
Gli ultimi atti riguardanti il F., prima dello scioglimento dell'alleanza fra Orvieto e Siena, sono tutti relativi al territorio aldobrandesco. Il primo, del 10 febbr. 1223, ha come oggetto la restituzione al maestro Filippo di Saturnia di un cavallo sellato, requisito dal Comune di Orvieto, all'assedio di Castiglione, nel corso della spedizione punitiva contro i tre fratelli Aldobrandeschi, ribelli all'autorità di Orvieto. Un mese dopo assistette come testimone ai negoziati (27-31 marzo 1223), ed al definitivo patto di pace, stipulato il 3 apr. 1223, tra il Comune di Orvieto e i conti Aldobrandeschi, che furono costretti al pagamento di una indennità per la loro liberazione. La città di Orvieto, per evitare ulteriori tentativi di ribellione da parte dei conti e per garantirsi il pagamento dell'indennità richiesta, tenne sotto il proprio controllo i castelli di Vitozzo e di Pitigliano; all'atto di nomina, da parte del consiglio cittadino, dei custodi delle due rocche, redatto il 29 marzo 1223, assistette anche il Filippeschi. Nel 1229 era presente alla ratifica dell'accordo intercorso fra Orvieto e Montepulciano, accordo che comportò per il successivo decennio un sostanziale mutamento nella politica estera perseguita fino a quel momento dalla sua città, con il conseguente abbandono dell'abituale alleanza con Siena.
Nel 1229, infatti, Siena tentò di impadronirsi di Montepulciano e in base agli accordi firmati e rinnovati fra Siena ed Orvieto nel corso del tempo - l'ultimo risaliva a tre anni prima - richiese aiuto militare alla sua alleata che, pur non rifiutandole esplicitamente il suo sostegno, stipulò un accordo economico e militare con la stessa Montepulciano. A questo atto era presente, oltre al F., anche suo fratello Raniero. La promessa di reciproco aiuto fra Orvieto e Montepulciano testimonia in modo evidente l'abbandono delle direttive politiche che avevano fino a quel momento guidato la città di Orvieto; quest'ultima infatti concluse anche con la città di Firenze, capofila dello schieramento guelfo, un trattato di alleanza (27 giugno 1229), e si impegnò in un lungo conflitto contro l'antica alleata, conosciuto come la prima guerra senese-orvietana (1229-35). Non deve quindi stupire la sostanziale scomparsa del F., notoriamente ghibellino al pari dei suoi familiari, dalla documentazione pubblica. Nei dieci anni successivi compare in un solo atto pubblico: presenziò il 15 ag. 1234, alla seduta dei due consigli cittadini dei Cento e dei Duecento, riunitisi per redigere i capitoli della liberazione di Berarduccio e Opizzino, figli di Bonfiglio di Coccellato di Massa, imprigionati dagli Orvietani nel corso della guerra contro Siena.
Solo verso il 1239, a testimonianza di un mutato clima all'interno della città, il F. ricomparve in modo costante nella vita pubblica: il 13 maggio è ricordato a Roma in veste di ambasciatore del Comune. L'8 giugno dello stesso anno presenziò, come testimone, al giuramento di fedeltà a Orvieto di Ugolino "Vicecomes", Rustico "de Flaiano" e Ugolino "de Rocka Flaiani" e, due mesi dopo, fu di nuovo presente a un giuramento analogo, al quale assistette anche suo fratello Filippo nella veste di sindaco del Comune. Nel mese di novembre il F. fu testimone all'atto dell'avvenuto pagamento del mutuo di 157 lire e 10 soldi lucchesi e pisani contratto dal Comune con Egidio Montanelli "de Tuscana", mutuo necessario per pagare gli stipendi dei soldati inviati in soccorso degli abitanti di Tuscania in una spedizione alla quale partecipò anche il F. insieme con i fratelli Filippo e Guido, come risulta da due quietanze da loro rilasciate in favore del Comune. Nel gennaio 1240 il F. venne liberato dall'impegno preso, in qualità di ambasciatore del Comune, di rimborsare Giacomo Soattario per il mutuo contratto dal podestà di Orvieto Pietro Annibaldi.
Il ritorno alla vita pubblica dei Filippeschi, così ampiamente documentato dalla frenetica attività del F., era legato ad un mutamento dello scenario politico dominato oramai dalla figura dell'imperatore Federico II: in questa fase aveva, evidentemente, perduto terreno il gruppo politico favorevole all'alleanza con Firenze e al guelfismo. La presenza di Federico II aveva ridato speranza alle forze ghibelline, ed anche in Orvieto acquistavano maggiore spazio le famiglie precedentemente allontanate dalla gestione della vita politica cittadina; ciò avvenne non senza violenti scontri tra le diverse fazioni, che destabilizzarono la classe di governo.
Nel giugno 1241 il F. è ricordato tra i consoli della città. Proprio a questo periodo risalgono le aspre lotte fra le locali fazioni, guelfe e ghibelline, che portarono all'esilio, nel 1242, dei principali esponenti delle famiglie Monaldeschi e Filippeschi, fra i quali anche il F., insieme con i fratelli Filippo e, forse, Guido.
Non si sa fino a quando il F. rimase bandito da Orvieto. In un documento, redatto il 29 ott. 1244, "ante apothecam filiorum Bartholomei Phylippi", è attestata la presenza del giovane Alessandro, figlio di Giovanni Filippeschi e nipote del F.: questo lascia ipotizzare che in quel momento il F. ed i suoi fratelli fossero ancora colpiti dal bando.
Nel 1248 il F. era ormai ritornato in Orvieto. In un documento del 17 marzo figura come garante dei Monaldeschi per l'obbligazione di Rocca Sberna, luogo fortificato nei pressi di Orvieto di proprietà della famiglia rivale, che in periodi turbolenti veniva requisito dal Comune per la sicurezza della città. Il documento risulta particolarmente interessante in quanto dimostra che i legami tra le due famiglie, nonostante l'appartenenza a fazioni opposte, non erano ancora recisi in modo definitivo nella prima metà del secolo XIII. La tradizionale inimicizia posta da Dante Alighieri a simbolo della faziosità cittadina (Purg., VI, 106-108) non prese probabilmente forma che a partire dagli anni Quaranta del Duecento, per diventare elemento dominante della vita politica orvietana solo nella seconda metà del secolo.
Dopo quest'ultimo documento non si hanno altre testimonianze in merito al F., che morì probabilmente intorno alla metà del sec. XIII.
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