GALLI (Galletti, Galletto), Enrico
Figlio di ser Oliviero di Enrico, padovano, nacque intorno alla metà del Trecento.
Non sappiamo molto della famiglia, che pure, se non fece parte delle maggiori famiglie magnatizie padovane, dovette comunque godere di una relativa agiatezza già nella generazione del padre del G., indicato nei documenti con la denominazione professionale di "ser". Il G. fu uno degli uomini più vicini a Francesco I il Vecchio e soprattutto a Francesco Novello da Carrara sino alla fine della signoria carrarese sulla città di Padova, compiendo al servizio della dinastia un articolato cursus honorum e condividendone in eguale misura onori e traversie.
Il G. era già licenziato in diritto civile nel 1371, allorché venne iscritto nella matricola dei giudici di Padova. Fece le sue prime esperienze come ufficiale giudiziario ai banchi cittadini (nel 1371 era ufficiale del Comune di Padova) e nelle podesterie del territorio (nel 1373 era vicario di Pietro Engleschi, podestà di Montagnana). Nel 1383, essendo ancor vivo il padre Oliviero, finiva di ricevere la dote dovutagli per la moglie Tarsia Apollonia figlia di Paolo di Ture da San Giovanni (si trattava di una somma di 1736 lire).
Da questo matrimonio dovette avere almeno due figli, Bartolomeo e Francesca: il maschio, apothecarius, nel 1393 forniva assicurazione di avere ricevuto dal suocero, ser Bartolomeo di Francesco Zabarella, lire 1200 per la dote della figlia Antonia; Francesca, a sua volta, aveva sposato l'anno prima Antonio di Jacopo Papini. Una zia paterna del G., Agnola, moglie nel 1402 di Filippo Isoleri, era vedova di un medico tedesco originario di Norimberga, Paul Richer, e ancora ai primi del Quattrocento intratteneva rapporti con la comunità tedesca raccolta a Venezia attorno al fondaco dei Tedeschi. Queste notizie inducono ad affermare che i Galli si legarono a famiglie notarili e di funzionari padovane, dedite ad attività imprenditoriali e di fondaco, di recente inurbamento ma già di un certo prestigio, come attesta in particolare il legame con gli Zabarella, che ricoprivano importanti cariche presso lo Studio patavino.
A partire dalla metà degli anni Ottanta del XIV sec. il G. entrò a fare parte della ristretta cerchia degli ufficiali centrali della dinastia, in particolare della fattoria signorile: nel 1384 secondo la cronaca dei Gatari fu fra i quattro familiares di Francesco il Vecchio che consigliarono il signore di Padova di esigere una decima sui patrimoni dei defunti al momento della loro trasmissione agli eredi; nel 1385 era ufficiale della fattoria con Ludovico Paradisi e Francesco Allegri da Firenze. Il G. venne in questi anni utilizzato anche come inviato e il portare a compimento delicate missioni diplomatiche caratterizzò del resto tutta la sua carriera: servì infatti come collegamento fra Francesco il Vecchio, Francesco Novello e i condottieri Giovanni Azzo degli Ubaldini e Giovanni Acuto nel corso delle operazioni militari condotte dai Carraresi tra Verona e Vicenza nel 1387 contro Antonio Della Scala.
Nel 1388, nel drammatico consulto che precedette la decisione di Francesco il Vecchio di cedere la signoria al figlio sotto la pressione durissima degli eserciti viscontei, troviamo la prima attestazione della presenza del G. nel Consiglio del signore: Andrea Gatari tramanda la sua fedeltà alla causa carrarese, facendolo intervenire con l'aspra proposta di "fare impicare" coloro che andavano mormorando contro i da Carrara. Durante la prigionia di Francesco il Vecchio e l'esilio di Francesco Novello successivi alla occupazione viscontea di Padova, il G. - espressamente bandito da Gian Galeazzo Visconti nei capitoli di resa della città come "magister et operarius scelerum" - seguì Francesco il Vecchio in Lombardia, fungendo da tramite e messaggero fra lui e il figlio allorché il Novello giunse a Firenze dopo la sua rocambolesca fuga da Asti, dove era stato destinato dal Visconti dopo la cessione in favore di questo della città di Padova.
Il G. tornò in patria soltanto nel 1392, a due anni dalla riconquista carrarese della città, ma rientrò immediatamente nel Consiglio di Francesco Novello, prendendo parte alla stipulazione di numerosi e importanti atti politici, come la ratifica della lega stipulata con Francesco Gonzaga nel 1397 contro Milano, o ad avvenimenti significativi per la dinastia, come le promissiones nuptiarum o le legittimazioni dei figli del Novello. Con l'inasprirsi dei conflitti innescati dall'espansionismo carrarese, il G. fu frequentemente inviato come oratore all'estero, sovente con Luca da Lion, Omnebene della Scola, Michele di Antonio da Rabatta.
Grazie alla sopravvivenza del copialettere marciano della Cancelleria carrarese possiamo seguirne le tracce lungo l'anno 1402: prima a Roma con Luca da Lion (febbraio), da dove, passando per Camerino, giunse per mare all'altezza di Chioggia, naufragandovi e finendo prigioniero di Obizzo da Polenta; poi a Bologna (giugno), dove arrivò in tempo per prendere parte alla battaglia di Casalecchio contro le truppe viscontee ed essere catturato da Galeazzo Cattaneo (Galeazzo da Mantova) e da Facino Cane (da cui si riscattò con una taglia di 1200 ducati); infine a Milano dove, dopo la morte di Gian Galeazzo, venne inviato con Luca da Lion e Omnebene della Scola alla duchessa Caterina per trattare la pace. L'accordo fra i Visconti e i Carraresi fu di breve durata e, poco tempo dopo, Francesco Novello si diresse attraverso il Veronese a Brescia, richiamato dalle locali forze guelfe. In concomitanza con le operazioni militari condotte dal signore di Padova, il G., che Francesco Novello talora nelle lettere definiva proprio "segretario", venne inviato nell'autunno 1403 a Milano.
La cronaca dei Gatari lo ritiene responsabile di avere dissuaso Francesco Novello dall'accettare di occupare la cittadella di Brescia - come gli era stato proposto dagli stessi assediati ghibellini - dietro pagamento da parte del Carrarese di 12.000 ducati, finendo poi per perderla di lì a poco sul campo ("finalmente messer Rigo galletto non glie lassiò pagare i dinari confortando il signore che per forza l'arebe, e arìa avanzado quili dinari"). Nel 1404 andò a Venezia con Michele da Rabatta per riconciliare il Carrarese con la Serenissima, ma senza esito. Nel corso della guerra che doveva condurre alla caduta di Padova, il G. ebbe un ruolo di primo piano come oratore (venne inviato nel 1404 a Mantova a chiedere il sostegno del Gonzaga e nel febbraio 1405 al re Ladislao di Napoli in cerca di aiuto), e, alla fine, come guerriero, combattendo durante l'assedio della città.
Dopo la caduta di Padova (16 0tt. 1405) non si hanno più notizie del G.: il figlio Bartolomeo venne condotto esule a Venezia, ma non sappiamo altro del padre.
Fonti e Bibl.: B. Gatari - G. Gatari, Cronaca carrarese confrontata con la redazione di A.Gatari (1318-1407), a cura di A. Medin - G. Tolomei, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVII, 1, pp. 227, 263, 295, 303, 311, 315, 329, 354, 369, 380 s., 386, 391, 438, 481, 486, 489, 491, 503, 506 s., 525, 527-529, 533 s., 538, 570; B. Aliprandi, Aliprandina o Cronica de Mantua, a cura di O. Begani, ibid., XXIV, 13, p. 166; G.B. Verci, Storia della Marca Trevigiana e Veronese, Venezia 1790, XVII, p. 73; XVIII, pp. 54, 57, doc. 1988 p. 23; A. Gloria, Intorno ai diplomi dei principi da Carrara. Disquisizioni paleografiche, Padova 1859, doc. XX; Monumenti della Università di Padova (1318-1405), a cura di A. Gloria, Padova 1888, I, pp. 260 s.; II, ad ind.; Il copialettere marciano della Cancelleria carrarese (gennaio 1402 - gennaio 1403), a cura di E. Pastorello, Venezia 1915, ad ind.; G. Cittadella, Storia della dominazione carrarese in Padova, Padova 1842, II, pp. 307 s., 328, 353, 360; I. Raulich, La caduta dei Carraresi, signori di Padova, Padova 1890, p. 105; G. Romano, La pace tra Milano e i Carraresi, in Archivio storico lombardo, XVIII (1891), p. 843; G. Coco, Di Ognibene Scola umanista padovano, in Nuovo Archivio veneto, VIII (1894), p. 117; L. Rizzoli - Q. Perini, Le monete di Padova descritte e illustrate, Rovereto 1903, pp. 99, 104, 121; E. Pastorello, Nuove ricerche sulla storia di Padova e dei principi da Carrara al tempo di Gian Galeazzo Visconti, Padova 1908, pp. 53, 115 s., 203, 235, 250, 258; B.G. Kohl, Fedeltà e tradimento nello Stato carrarese, in Istituzioni, società e potere nella Marca trevigiana e veronese (secc. XIII-XIV). Sulle tracce di G.B. Verci, a cura di G. Ortalli - M. Knapton, Roma 1988, pp. 56, 60; S. Collodo, Una società in trasformazione. Padova tra XI e XV secolo, Padova 1990, p. 293; D. Gallo, Appunti per uno studio delle cancellerie signorili venete del Trecento, in Il Veneto nel Trecento, a cura di A. Castagnetti - G.M. Varanini, Verona 1995, pp. 146, 159.