GUASTALLA, Enrico
Nacque a Guastalla (allora nel Ducato di Parma e Piacenza sotto lo scettro di Maria Luisa d'Austria) il 22 nov. 1826 da Elia ed Ester Segré, che gli imposero i nomi di Michele Isacco Benedetto; assunse nel 1848 il nome di Enrico, che mantenne sino alla morte.
Nel 1843 si trasferì a Mantova, dove trovò occupazione in una casa commerciale e strinse amicizie con studenti e giovani patrioti, il che attirò su di lui l'attenzione della polizia austriaca. Vi restò fino all'aprile 1848, quando lo scoppio della guerra d'indipendenza lo vide arruolarsi volontario nella legione dei bersaglieri mantovani e partecipare a tutte le principali battaglie. Dopo lo scioglimento della legione si recò dapprima a Torino, dove scrisse alcuni articoli per la Gazzetta del popolo, quindi a Nizza, a Livorno e infine, nell'ottobre 1848, a Firenze, divenuta uno dei centri di raccolta dell'emigrazione lombardo-veneta.
Qui entrò a far parte, con il grado di caporale, di una compagnia di volontari comandata da G. Medici, che si pose a disposizione del governo democratico guidato da F.D. Guerrazzi, G. Mazzoni e G. Montanelli. Nell'aprile 1849, caduto il triumvirato, la compagnia rifiutò sia di fare adesione al nuovo governo, sia di consegnare le armi e di sciogliersi e preferì piuttosto convergere verso Roma, dove si stava organizzando la difesa della Repubblica. Confluita insieme con altri gruppi di volontari nella legione dei volteggiatori italiani, fu inviata alla difesa della villa dei Quattro Venti e poi al Vascello, dove il G. si distinse per alcuni atti di eroismo che gli valsero la nomina a ufficiale onorario della Repubblica Romana.
Rifugiatosi dopo la caduta della Repubblica Romana a Genova, e poi a Torino, collaborò sotto falso nome alla Concordia. Tornato a Genova sul finire del 1851, si giovò del tirocinio svolto per fondare, dirigere e compilare quasi da solo un giornale, Libertà - Associazione, il cui primo numero apparve il 9 apr. 1852. Pubblicato con periodicità trisettimanale fino al 19 nov. 1852, il giornale, pur richiamandosi fondamentalmente al pensiero mazziniano, si aprì a suggestioni proudhoniane e agitò motivi, quali l'antistatalismo e il credito gratuito quale strumento di soluzione della questione sociale, direttamente mutuati dagli scritti del teorico francese.
Riconducibile all'influenza di P.-J. Proudhon fu l'idea, fatta propria in questo periodo dal G., che nella rivoluzione italiana vi dovesse essere uno stretto collegamento fra questione politica e questione sociale e che comunque l'iniziativa rivoluzionaria dovesse partire dalla Francia. Con ciò il G., che pubblicò anonimo sul giornale anche un racconto di sapore autobiografico (Gigia, la perduta), finì col collocarsi in posizione critica rispetto al mazzinianesimo e col divenire uno degli esponenti principali del proudhonismo italiano.
Costretto ad allontanarsi da Genova all'inizio del 1853, visse per qualche tempo a Ginevra e poi, dal 1854, in Sardegna, dove lavorò presso varie società e riallacciò i rapporti con G. Garibaldi. Espulso dal Regno sabaudo nel 1858, emigrò a Londra; qui si riavvicinò molto a G. Mazzini, del quale condivise la fede repubblicana fino al punto di essere uno dei firmatari della dichiarazione del 28 febbr. 1859 con la quale Mazzini invitava ad astenersi da una forma di collaborazione con l'alleanza franco-piemontese. Tuttavia, allo scoppio delle ostilità contro l'Austria, il sentimento patriottico prevalse sull'intransigenza repubblicana e il G. si arruolò volontario fra i Cacciatori delle Alpi. Nell'ottobre 1859 poi, quando Garibaldi bandì la sottoscrizione nazionale per il "milione di fucili", egli si occupò attivamente dell'iniziativa in veste di segretario ed ebbe perciò un ruolo decisivo nella preparazione dell'impresa dei Mille, cui pure partecipò con la seconda spedizione guidata da G. Medici. Concluse la campagna combattendo la battaglia del Volturno e meritandosi la promozione a tenente colonnello.
Nel 1861 iniziò a collaborare al giornale Il Diritto e, dopo aver rifiutato la candidatura a deputato, entrò a lavorare nella Società delle ferrovie dell'Alta Italia, dove rimase fino alla vigilia di Aspromonte. Seguì Garibaldi infatti anche nella sfortunata spedizione dell'estate 1862 e in Sicilia, fra l'altro, venne affiliato alla massoneria insieme con numerosi altri membri dello stato maggiore garibaldino. Si avvicinò politicamente ad A. Mordini e nell'aprile 1864 sottoscrisse il documento con il quale si invitava Garibaldi a porsi alla testa di uno schieramento progressista ma legalitario, che avrebbe dovuto organizzarsi nel Parlamento e nel paese, distinto sia dal Partito d'azione, sia dalla Destra ministeriale. Nell'ottobre 1865 fu eletto deputato nel collegio di Varese, ma nel maggio 1866 abbandonò i lavori parlamentari per combattere con i volontari garibaldini la guerra per la liberazione del Veneto, così come l'anno seguente fu ancora al fianco di Garibaldi nella campagna di Mentana.
Una svolta nella sua vita, fino a quel momento caratterizzata da gravi ristrettezze economiche, venne dal matrimonio con Sofia Weill-Schott, come lui di origine israelitica e appartenente a una famiglia di banchieri austriaci trasferitisi a Milano. Nel 1867 infatti egli fu chiamato ad affiancare C. Weill-Schott quale socio e gestore della banca che la famiglia, da sempre vicina alla Sinistra e legata da uno stretto rapporto di collaborazione con F. Crispi, decise di aprire a Firenze. Qui il G. coniugò l'attività di banchiere con l'impegno politico quale membro del Comitato centrale per l'insurrezione romana, finché negli anni Settanta, dopo un marginale coinvolgimento nello scandalo della Regia tabacchi del 1869, si trasferì a Milano, che divenne la sua città d'adozione.
Eletto più tardi consigliere comunale, non abbandonò del tutto l'attività politica nazionale e presentò più volte, con scarsa fortuna, la propria candidatura a deputato nel collegio di Guastalla. Nel 1873 per esempio, candidato dalla Sinistra, fu sconfitto dal moderato P. Villari; nel 1892, presentato dalle forze liberali monarchiche, dovette soccombere addirittura al primo turno di fronte al socialista C. Prampolini.
Membro di numerose istituzioni, fra le quali varie associazioni popolari e di reduci dalle patrie battaglie, consacrò l'ultima parte della sua vita al culto delle memorie risorgimentali. Con C. Correnti fu ideatore del Museo del Risorgimento di Milano, che trasse origine nel 1884 dal lavoro di ricerca e di raccolta dei materiali per il padiglione dell'Esposizione generale italiana di Torino. Del Museo fu poi vicepresidente e presidente, e in tale veste, oltre a tenere discorsi e commemorazioni, curò l'incremento dei suoi fondi archivistici e documentari.
Il G. morì a Milano il 28 sett. 1903.
Fra le sue opere a stampa si ricordano Per la morte di G. Garibaldi. Discorso letto il 2 giugno 1882 nella solenne commemorazione in Guastalla, Milano 1882; G. Garibaldi, in Il Risorgimento italiano. Biografie storico-politiche d'illustri italiani contemporanei, a cura di L. Carpi, IV, ibid. 1888, pp. 42-54; Ricorrendo la festa nazionale dello statuto il 7 giugno 1891: commemorazione, ibid. 1891; Inaugurazione del monumento al generale G. Sirtori il 5 giugno 1892, festa nazionale: commemorazione, ibid. 1892; Inaugurandosi il Museo del Risorgimento nella sua sede definitiva nel Castello Sforzesco il 24 giugno 1896, ibid. 1896.
Fonti e Bibl.: Le carte del G. si conservano presso il Museo del Risorgimento di Milano e su di esse v. Carte di E. G. ordinate per cura di B.L. Guastalla, Milano 1921, che contiene anche un profilo biografico del personaggio. Ampi necrologi sono apparsi in quotidiani di area emiliana e lombarda e in Il Vessillo israelitico, 1903, n. 10, pp. 324-326; L'Illustrazione italiana, 4 ott. 1903; Riv. della massoneria italiana, ottobre 1903, pp. 253 s.; Boll. clinico-scientifico della Poliambulanza di Milano, 1904, n. 1, pp. 1-5. Cfr. inoltre: G. Guerzoni, Vita di Garibaldi, Firenze 1882, passim; Ediz. nazionale degli scritti di G. Garibaldi, Epistolario, XI, a cura di G. Monsagrati, Roma 2002, ad ind.; Ediz. nazionale degli scritti di G. Mazzini (per la consultazione si rinvia agli Indici, II, ad nomen); C. Vincenzi, Vigilia di guerra nel '59: lettere di Carlo Gorini, di Giuseppe Mazzini e di Giacomo Medici ad E. G., in La Lombardia nel Risorgimento italiano, VI-VII (1921-22), pp. 45-65; G.E. Curatulo, Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi, Milano 1928, pp. 354 s.; Il Museo del Risorgimento di Milano nel cinquantenario della fondazione, Milano 1934; F. Della Peruta, I democratici e la rivoluzione italiana. Dibattiti ideali e contrasti politici all'indomani del 1848, Milano 1958, pp. 154, 172 ss.; A. Scirocco, I democratici italiani da Sapri a porta Pia, Napoli 1969, pp. 24, 26, 37 ss., 224, 270, 366, 411; F. Della Peruta, Il giornalismo dal 1847 all'Unità, in F. Della Peruta - A. Galante Garrone, La stampa italiana del Risorgimento, Roma-Bari 1978, pp. 507 s.; S. Schiffini, Il Museo del Risorgimento, in Milano fin de siècle e il caso Bagatti-Valsecchi. Memoria e progetto per la metropoli italiana, a cura di C. Mozzarelli - R. Pavoni, Milano 1991, pp. 59-66; M. Baioni, La "religione della patria". Musei e istituti del culto risorgimentale (1884-1918), Treviso 1994, pp. 28, 30, 124; A. Trova, Coscienza nazionale e rivoluzione democratica. L'esperienza risorgimentale di C. Correnti, 1848-1856, Milano 1995, pp. 31, 87, 108, 250; G. Maifreda, E. G. candidato liberale: codici retorici e idealità in una campagna elettorale di fine Ottocento, in L'Almanacco, XVI (1997), 28, pp. 55-76; Id., La costruzione di un rapporto fiduciario: F. Crispi e la banca Weill-Schott, in Archivi e imprese, 1997, n. 16, pp. 283-332 passim; M. Pignotti, Villari candidato del collegio di Guastalla (1870-1876), in Rass. stor. toscana, XLIV (1998), 1, pp. 79 ss.; G. Dallasta, G. garibaldino, Reggiolo 2000; Diz. del Risorgimento nazionale, III, p. 35; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 65; Enc. Judaica, Jerusalem 1971, VII, coll. 955 s.