Salerno, Enrico Maria
Attore e regista teatrale, cinematografico e televisivo, nato a Milano il 18 settembre 1926 e morto a Roma il 28 febbraio 1994. Interprete dal ricco talento e dalla solida preparazione teatrale, sostanziò di complesse sfumature i suoi numerosi personaggi, basandosi su una tecnica recitativa misurata e asciutta, vicina a una nozione neostanislavskijana del mestiere dell'attore, animata da un rovello interiore e venata di una carica scettica, spesso fortemente ironica.
La sua carriera artistica iniziò nel 1948 in compagnie di operetta, avanspettacolo e commedia leggera. Nel 1951 venne scritturato dal Piccolo Teatro di Milano, sotto la direzione di Giorgio Strehler, poi dalla compagnia Brignone-Benassi-Santuccio. Dal 1954 lavorò nella compagnia del Teatro Stabile di Genova, dove iniziò anche a curare regie, e nel 1960 fondò, assieme a Giancarlo Sbragia e Ivo Garrani, la Compagnia degli artisti associati che promosse nuovi testi originali basati soprattutto sull'impegno civile. Nel cinema, dopo una serie di ruoli minori ricoperti anche in film di rilievo come Estate violenta (1959) di Valerio Zurlini ed Era notte a Roma (1960) di Roberto Rossellini, si mise in luce in La lunga notte del '43 (1960) di Florestano Vancini nel ruolo del fascista Pino Barillari che gli valse il Nastro d'argento come migliore attore non protagonista. Si rivelò così interprete congeniale di un cinema teso in quel periodo a evidenziare le anomalie comportamentali dell'italiano medio. Rese così la crisi dell'intellettuale in Odissea nuda (1961) di Franco Rossi e in Le stagioni del nostro amore (1966) di Vancini, mentre, sul filo di un'ironia non priva di risvolti grotteschi, interpretò l'ingegnere protagonista di L'ombrellone (1965) di Dino Risi, blanda satira dell'ossessione per le vacanze tipica dell'Italia del boom economico. Prese quindi parte a numerose produzioni di vario genere, da film d'autore come Io la conoscevo bene (1965) di Antonio Pietrangeli, a film di largo consumo, soprattutto commedie, in tutte le varianti, compresa quella comico-farsesca. Dopo essere stato l'ispettore Morosini nel thriller L'uccello dalle piume di cristallo (1970) di Dario Argento, in La polizia ringrazia (1972) di Steno, che inaugurò il filone 'poliziottesco' e ottenne un notevole successo di pubblico, impersonò il commissario protagonista, dai tratti dolenti e umani, figura poi ripresa in altri film della serie. S. fu sostanzialmente un irregolare: incisivo come caratterista in L'armata Brancaleone (1966) di Ettore Scola, Vedo nudo (1969) di Risi e Nell'anno del Signore… (1969) di Luigi Magni; ricco di carattere e di solidità espressiva come protagonista in La violenza: quinto potere (1972) di Vancini e in Un prete scomodo (1975) di Pino Tosini, ma anche coinvolto in operazioni di carattere meramente commerciale o di diseguale valore come Bisturi la mafia bianca (1973) di Luigi Zampa, Amori miei (1978) di Steno e Il corpo della ragassa (1979) di Pasquale Festa Campanile. A partire dagli anni Ottanta diradò notevolmente le sue apparizioni sul grande schermo.Anche nel cinema volle cimentarsi nella regia dirigendo tre film: Anonimo veneziano (1970), storia d'amore accolta con grandissimo favore dal pubblico, scritta con Giuseppe Berto e accompagnata dalla colonna sonora di Stelvio Cipriani in cui viene utilizzato un brano del Concerto per oboe e orchestra del musicista settecentesco Benedetto Marcello destinato a un'improvvisa e duratura notorietà; Cari genitori (1973) e Eutanasia di un amore (1978), basato su un racconto di Giorgio Saviane che collaborò alla sceneggiatura. I film di S. ebbero in comune il tema melodrammatico del distacco dagli affetti e dalla famiglia, con una sottesa critica ai costumi e ai vincoli della società moderna. Prolifica e di rilievo anche la sua attività televisiva: protagonista della serie di grande successo La famiglia Benvenuti (1968-69) di Alfredo Giannetti, annoverata tra i classici della RAI, prese parte a numerosi sceneggiati di successo tra cui Mastro don Gesualdo (1964) di Giacomo Vaccari, mentre nel 1990 curò la regia della serie Disperatamente Giulia. Svolse anche un'importante attività di doppiatore: la sua voce secca dal tono insinuante è indissolubilmente legata al personaggio del Cristo in Vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini e al pistolero, interpretato da Clint Eastwood, dei western diretti da Sergio Leone. Lontano a lungo dal palcoscenico, con l'eccezione di qualche ritorno di successo (Chi ha paura di Virginia Woolf?, 1963, di Franco Zeffirelli), si dedicò nuovamente al teatro negli ultimissimi anni della sua carriera proponendo messe in scena e interpretazioni rarefatte ma di grande intensità (Morte di un commesso viaggiatore, 1994).