MARTELLO, Enrico
MARTELLO (Hammer), Enrico (Heinrich). – Nacque in Germania e intorno al 1490 operava a Firenze, probabilmente in contatto con la bottega cartografica di Francesco Rosselli. Scarsissime le notizie sulla sua vita; lo stesso nome tedesco che gli viene attribuito deriva dalla traduzione a posteriori di quello latino, con il quale si firmava: «Henricus Martellus Germanus».
Per ricostruire la sua personalità è necessario quindi affidarsi alle sue opere, che sono tra le più significative degli ultimi due decenni del Quattrocento, a cominciare dalle sei importanti raccolte, due «Tolomei» e quattro isolari, a cui nel 1940 Almagià dedicò un fondamentale studio, nel quale il M. è definito «un cartografo assai bene informato della produzione cartografica del suo tempo, un diligente compilatore capace di utilizzare abilmente le sue fonti, introducendo anche miglioramenti, aggiunte, correzioni, ed infine un eccellente disegnatore» (p. 302).
Il luogo e la data di morte del M. non sono noti.
La prima raccolta (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 7289) è un classico Tolomeo, in piccolo formato, nella tradizione di Piero del Massaio e soprattutto di Niccolò Germanico, con la traduzione latina di Jacopo Angelo e le 27 carte della serie originale, senza aggiunte di carte moderne né di testi; è databile intorno al 1480 e da considerare una prima presa di contatto con la tradizione cartografica dell’umanesimo fiorentino.
La seconda raccolta (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Laur., XXIX.25) è sicuramente successiva al 1488: si tratta di un isolario, che comprende il celebre Liber insularum archipelagi dell’umanista fiorentino Cristoforo Buondelmonti, composto intorno al 1422, oltre a una silloge originale di carte geografiche e nautiche, intercalate a descrizioni tratte da vari autori antichi e moderni, fra cui spicca un mappamondo in proiezione omeotera, che riporta le scoperte portoghesi fino al 1488, quando Bartholomeu Dias raggiunse il Capo di Buona Speranza.
Almagià ha riconosciuto in questo codice la copia di lavoro del M., che raccoglieva informazioni e sperimentava nuove soluzioni cartografiche, come mostrano le veline incollate, i segni a matita sulle carte e i buchi di spillo sui tracciati costieri, a uso di copie successive. Anche i testi sono oggetto di numerose correzioni e aggiunte, fra le quali le trascrizioni di interi passi di opere di Pio II, oltre che di Tacito, Plinio, Solino, Isidoro. Il lavoro copre probabilmente una buona parte degli anni Ottanta e testimonia della presenza del M. a Firenze in quel periodo. Kristeller segnala del M. il ms. 1475/Ma.Bond della University of Minnesota Library di Minneapolis, che contiene il Liber insularum di Buondelmonti.
Nella terza raccolta (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., XIII.16) si trova ancora un Tolomeo, questa volta di grande formato (cm 57,5 x 42), che oltre al testo di Tolomeo, nella traduzione di Jacopo Angelo, e alle 27 carte della tradizione contiene anche altri testi e numerose carte moderne, alternate a quelle antiche, firmate, a c. 1v: «Henricus Martellus Germanus fecit has tabulas». L’opera, completata prima del 1496, anno della morte del destinatario (il condottiero Camillo Maria Vitelli), comprende alcune tavole moderne dell’Europa di notevole contenuto innovativo, fra le quali spiccano quelle della Germania (cc. 102v-103r), della penisola balcanica (cc. 120v-121r) e soprattutto la grande carta dell’Italia (cc. 110v-111r) che misura, aperta, cm 57,5 x 108,5. Questa, secondo Almagià, «supera di gran lunga qualunque prodotto precedente» (1929, p. 10), soprattutto per la raffinatezza del disegno, l’abbondanza dei centri abitati e la ricchezza dell’idrografia.
Le altre raccolte comprendono tre isolari, lussuose riproduzioni del codice di lavoro rimasto a Firenze, conservati alla Biblioteca dell’Università statale di Leida (Vossianus Lat., F.23, cc. 2-61v), alla British Library di Londra (Additional Mss., 15760) e al Musée Condé di Chantilly (Mss., 698). I primi due, come il Laurenziano, comprendono anche nuove versioni del mappamondo nella proiezione omeotera: quello di Londra, in particolare, è certamente il più celebre dei lavori del M. e il primo a essere conosciuto; giunse alla British Library nel 1821, proveniente dalla collezione Saibante-Canonici. La novità principale dei mappamondi del M., oltre alla registrazione delle scoperte portoghesi nell’Atlantico estese fino al Capo di Buona Speranza, sta nell’estensione dell’ecumene verso Oriente fino a comprendere l’intera massa continentale asiatica, con la localizzazione dei toponimi ricavati dalle relazioni di Marco Polo e di Niccolò de’ Conti, nonché dalla Historia di Pio II.
A queste opere del M. si aggiunse nel 1962 la straordinaria scoperta di un grande planisfero, fatta grazie a una donazione anonima di cui ha beneficiato la Yale University Library a New Haven, CT, subito rivelata al mondo degli studiosi di cartografia da parte del curatore della biblioteca, A.O. Victor, dopo che i due maggiori esperti, R.A. Skelton e R. Almagià (questi proprio nell’anno della sua morte), ne avevano assicurato l’autenticità. Quella che ora viene chiamata la mappa di Yale consiste in un dipinto a tempera su 11 fogli di carta incollati, delle ragguardevoli dimensioni di cm 108 x 190. Dato il pessimo stato di conservazione della mappa, i toponimi e i cartigli sono quasi illeggibili, ma si possono tuttavia ricavare le indicazioni principali anche dal confronto con gli altri planisferi conosciuti sia della produzione Martello-Rosselli sia di quella successiva.
La proiezione usata qui dal M. è di nuovo la seconda di Tolomeo, ma più estesa nel senso della longitudine, con i meridiani estremi ancora più incurvati. Inoltre questa volta sono tracciati l’equatore e i tropici, e, soprattutto, l’intera cornice della mappa è graduata (mentre la consueta cornice decorata è stata incollata tutto intorno all’insieme dei fogli): per cui si possono individuare esattamente i limiti dello spazio terrestre rappresentato, che risulta esteso da 85° Nord a 40° Sud in latitudine e da 5° Ovest a 270° Est in longitudine: è la prima mappa con la descrizione dei gradi di longitudine. I 50 gradi guadagnati sul margine orientale consentono di estendere ulteriormente la dimensione dell’ecumene, fino a 230° circa, e di collocare all’estremità della mappa, a latitudini temperate, la grande isola di «Cipango», che fino a questa scoperta compariva soltanto negli isolari. Le innovazioni sono tali da far ipotizzare che il planisfero sia stato prodotto dopo quelli fin qui considerati e possa essere il coronamento del lavoro iniziato con l’Isolario Laurenziano.
Molte caratteristiche della mappa di Yale rinviano a un possibile confronto con un altro prodotto della cultura cartografica tedesca della fine del Quattrocento: il globo di Martin Behaim del 1492, che prima di quest’ultima scoperta costituiva l’unica rappresentazione completa del mondo prima di Cristoforo Colombo. Fra i due autori c’è un’evidente comunanza di cultura dovuta alla frequentazione di ambienti che riportano al triangolo Firenze-Lisbona-Norimberga e all’ultimo decennio del Quattrocento, periodo al quale è da ascrivere anche la mappa di Yale. Non è noto dove la mappa sia stata prodotta: non sembra che ne derivi alcun modello realizzato in Italia nel primo decennio del Cinquecento, mentre dal confronto con il globo di Behaim si può forse ricavare l’impressione che la forma distorta dell’Africa abbia a che fare con un ritorno del M. in Germania. È tuttavia in ambiente tedesco che si trova un documento con una corrispondenza precisa con la mappa del M., che può forse rappresentare il principale indizio di un allontanamento del M. da Firenze: la celebre mappa che Martin Waldseemüller (o Martinus Ilacomylus, 1470-1525 circa) allegò nel 1507 alla Cosmographiae introductio stampata presso il Collegium Vosagiensis di Saint-Dié-des-Vosges, in Lorena, dovuta alla collaborazione con l’altro umanista renano, Mathias Ringmann (Philesius), che comprende le Quatuor navigationes pseudovespucciane. Si tratta senza dubbio di uno sviluppo ulteriore del modello concettuale del M., che consisteva nel sovrapporre alla struttura tolemaica dell’ecumene le novità derivanti dai viaggi di scoperta. L’attenzione del M. per le regioni «nostri temporis […] a rege Portugalli nuper repertis» (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Laur., XXIX.25), dimostrata fin dagli anni fiorentini, è ora rivolta al Mundus novus di Amerigo, che per la prima volta riceve il nome «America».
La presenza in Italia del M. si colloca dunque fra il programma enunciato nel 1474 dall’astronomo Johannes Müller di Königsberg in Franconia (noto come Regiomontano) e la revisione della traduzione di Tolomeo dovuta nel 1521 a Willibald Pirkheimer. «Tra i progetti di pubblicazione di Regiomontano vi era quello di allestire una Mappa mundi, con tavole moderne della Germania, dell’Italia, della Spagna, della Francia e della Grecia. Ma più in generale questo progetto cartografico – a cui il Regiomontano voleva unire delle descrizioni particolari “ex auctoribus plurimis” – fa pensare al Tolomeo e agli isolari di Enrico Martello, dove appunto le tavole moderne sono precedute da descrizioni tratte dalle più varie fonti» (Gentile, 1992, scheda 78).
Fonti e Bibl.: J. Del Badia, La bottega di Alessandro Francesco Rosselli merciaio e stampatore, in Miscellanea fiorentina di erudizione e storia, 1894, vol. 2, pp. 24-30; R. Almagià, Monumenta Italiae cartographica, Firenze 1929, p. 10; S. Crinò, L’atlante inedito di Francesco Rosselli, in Comptes-rendus du Congrès international de géographie. Amsterdam…, Leiden 1938, II, pp. 153-157; R. Almagià, I planisferi di Francesco Rosselli dell’epoca delle grandi scoperte geografiche, in La Bibliofilia, XLI (1939), pp. 381-405; Id., I mappamondi di E. M. e alcuni concetti geografici di Cristoforo Colombo, ibid., XLII (1940), pp. 288-311; Id., On the cartographic work of Francesco Rosselli, in Imago mundi, VIII (1951), pp. 27-34; I. Luzzana Caraci, L’opera cartografica di E. M. e la «prescoperta» dell’America, in Riv. geogr. italiana, LXXXIII (1976), pp. 335-344; Id., Il planisfero di E. M. della Yale University e i fratelli Colombo, ibid., LXXXV (1978), pp. 132-143; S. Gentile, Firenze e la scoperta dell’America. Umanesimo e geografia nel ’400 fiorentino (catal.), Firenze 1992, schede 8, 78; Id., Toscanelli, Traversari, Niccoli e la geografia, in La cultura geografica e cartografica fiorentina del Quattrocento, in Riv. geogr. italiana, C (1993), p. 117; M. Milanesi, Presentazione, in La cultura geografica e cartografica fiorentina del Quattrocento, ibid., pp. 15-32; L. Rombai, Tolomeo e Toscanelli, fra Medioevo ed Età moderna: cosmografia e cartografia nella Firenze del XV secolo, in Il mondo di Vespucci e Verrazzano: geografia e viaggi. Dalla Terrasanta all’America, a cura di L. Rombai, Firenze 1993, pp. 16 s.; D. Woodward, Starting with the map: the Rosselli map of the world, 1508 ca., in Plantejaments i objectius d’una història universal de la cartografia, Barcelona 2001, pp. 71-90; S. Gentile, Umanesimo e cartografia: Tolomeo nel secolo XV, in La cartografia europea tra primo Rinascimento e fine dell’Illuminismo, a cura di D. Ramada Curto - A. Cattaneo - A. Ferrand Almeida, Firenze 2003, pp. 3-18; P.O. Kristeller, Iter Italicum, V, p. 274.