MAYER, Enrico
– Nacque a Livorno il 3 maggio 1802 da Benedetto Giacomo e da Carolina Masson.
La famiglia Mayer, di religione evangelica e originaria di Augusta, in Baviera, dove gestiva un’attività commerciale in società con la ditta Rauner, si era stabilita a Livorno nel 1778. Qui erano nati, prima del M., la sorella Sofia e i fratelli Edoardo ed Eugenio. Anche a Livorno il padre fondò una casa commerciale, messa in crisi tuttavia da un furto destinato ad avere pesanti conseguenze sul patrimonio familiare.
Ricevuta la prima educazione dal padre e da insegnanti privati, dal 1813 il M. frequentò le scuole dei barnabiti, proseguendo gli studi presso le scuole di S. Bastiano. Poiché, a causa della sua fede protestante, gli era preclusa l’iscrizione ai corsi dell’Università di Pisa il M. continuò la propria formazione in modo episodico ascoltando le lezioni di tema giuridico di E. Guerrieri, quelle matematiche di G. Doveri e quelle di astronomia di F.X. von Zach.
Di tale periodo restano tre saggi accademici composti sotto la direzione di Doveri: Saggio di algebra e geometria… (Livorno 1817; in collaborazione con G. Squarci); Saggio accademico che dà nelle pubbliche scuole di Livorno il di 22 ag. 1818 sull’analisi applicata alla geometria il sig. Enrico Mayer (ibid. 1818) e Saggio accademico che dà nelle pubbliche scuole di Livorno il di 22 ag. 1818 il sig. Enrico Mayer sulla teoria della navigazione (ibid. 1819); e inoltre La dinamica: saggio fisico-matematico… (ibid. 1819; composto sotto la supervisione del p. P. Malipiero nelle scuole dei barnabiti).
Nell’aprile del 1820 assunse per tre anni l’incarico di istitutore della figlia di G. Webb, di cui fu anche segretario per gli affari commerciali. Nel novembre dello stesso anno pubblicò a proprie spese e in forma anonima il Ragionamento sopra il Tieste, tragedia di Angelica Palli (ibid.), che conobbe nel gennaio successivo. Attraverso Webb entrò poi in contatto con G.G. Byron, per il quale tradusse alcune lettere speditegli da W. Goethe e con cui condivise la passione per la causa dell’indipendenza della Grecia.
Con lo pseudonimo di Ellenofilo, nel 1823, si cimentò con la sua prima esperienza poetica dall’eloquente titolo Ditirambo sulla Grecia. Utilizzando il medesimo pseudonimo, il M. aveva iniziato anche la collaborazione con l’Antologia di G.P. Vieusseux con un articolo dal titolo Ragionamento sulla lingua greca moderna (1821, vol. 4, dicembre, pp. 438-446); quindi aveva proseguito con uno Studio della letteratura straniera edito in forma di lettera ad A. Benci (1822, vol. 5, febbraio, pp. 326-328). Si trattava dell’avvio di un’intensa collaborazione destinata a protrarsi nel tempo e che il M. svolse adoperando gli pseudonimi di Ellenofilo e Filogine e le sigle E. M. ed E. (assai più raro fu il ricorso alla firma per esteso); le tematiche affrontate riservavano una particolare attenzione alla situazione politica e culturale della Grecia contemporanea, alle principali esperienze pedagogiche allora poste in essere nel panorama europeo e alle diverse correnti letterarie del tempo.
Tra il 1822 e il 1823, grazie a una discreta notorietà acquisita negli ambienti scientifici toscani, fu nominato membro dell’Accademia Labronica di Livorno, socio dell’Accademia dei Tegei di Siena e socio corrispondente della Società di mutuo insegnamento di Firenze. Ancora nel 1823 portò a termine la tragedia Il Dione che inviò a C. Lucchesini e G.B. Niccolini, con cui strinse un’intensa amicizia. Nello stesso periodo ebbe l’incarico di precettore del secondo figlio del duca Guglielmo di Württemberg. Nel contempo il M., che fu sempre molto attento alla specifica natura commerciale della realtà labronica e delle sue molteplici componenti religiose e sociali, si adoperava per realizzare anche a Livorno un istituto dove fosse praticato il metodo del mutuo insegnamento, ma allora non riuscì nel suo intento.
Nell’aprile del 1823, al seguito del duca del Württemberg, lasciò Livorno per trasferirsi a Stoccarda dove rimase fino all’estate del 1826, approfittandone per frequentare le principali città tedesche e studiare in maniera approfondita la letteratura germanica. Durante tale permanenza Vieusseux gli chiese in più occasioni contributi che avessero a oggetto appunto tematiche legate alla Germania. In quest’ottica presero forma le Lettere dalla Germania dirette all’Accademia Labronica, la prima delle quali fu pubblicata nell’Antologia (1825, vol. 19, agosto, pp. 1-16) mentre una seconda vide la luce quattro anni più tardi (1829, vol. 33, febbraio, pp. 33-45), con l’intento di «stabilire una più intima comunicazione letteraria fra i tedeschi e gli italiani», così da favorire, secondo il M., una precisa messa a fuoco delle culture nazionali e della loro reciproca dipendenza. Oltre a contributi di natura letteraria, quali la presentazione dell’autobiografia di Goethe e la traduzione di un articolo dello stesso autore uscito nel 1818 a Stoccarda, il M. preparò per l’Antologia vari interventi aventi per oggetto le istituzioni scolastiche, le società scientifiche e i consessi artistici di diverse zone della Germania.
Nella tarda primavera del 1828, in seguito alla morte del padre, avvenuta nel dicembre 1827, tornò a Livorno passando per Milano, dove, accompagnato da T. Grossi, conobbe A. Manzoni, e proprio alla seconda edizione dei Promessi sposi, fresca ancora di stampa, riservò la prima recensione nell’Antologia dopo il rientro in Toscana. A Livorno frequentò P. Colletta mentre divennero più assidui gli incontri fiorentini con G. Capponi e R. Lambruschini.
In questo periodo l’Antologia ospitò alcuni importanti interventi in cui il M. sosteneva la necessità di fare della letteratura lo strumento attraverso cui consolidare «l’esistenza morale della nazione» (Lettera intorno allo studio degli antichi, 1827, vol. 26, luglio, pp. 38-46, con riferimento a p. 43) e dell’educazione nazionale il mezzo per impedire l’esplosione di caotiche rivolte sociali (Dell’educazione popolare ne’ suoi rapporti con la società, 1828, vol. 29, ottobre, pp. 69-81, con riferimento a p. 78).
Nel corso del 1828 il M. riprese la sua idea di dar vita a una scuola di mutuo insegnamento che fu finalmente aperta nel quartiere livornese di S. Marco (febbraio 1829) con il contributo di 61 soci fondatori. Fin dal dicembre del 1828, tuttavia, aveva accettato l’incarico di segretario di R. Finch che lo portò con sé a Roma; qui nel palazzo di Finch, ai piedi del Campidoglio, poté godere della ricca biblioteca che aveva il compito di riordinare. Anche a Roma proseguì la frequentazione di Capponi che vi trascorreva lunghi periodi in compagnia di Fr.-R. de Chateaubriand. Durante il soggiorno romano il M. inviò contributi al neonato Indicatore livornese, fondato agli inizi del 1829 da F.D. Guerrazzi, G. Doveri e C. Bini.
Il rapporto con questa testata però non fu facile perché il M. non condivideva la linea editoriale voluta da Guerrazzi: «Un buon giornale di scienze e statistica commerciale, il quale ammettesse insieme quanto dalle scienze storiche, morali ed economiche può trarsi a vantaggio del commercio medesimo – scriveva a Vieusseux – sarebbe la vera intrapresa conveniente a Livorno e utile all’Italia tutta, ma l’Indicatore non risponde a questo desiderio» (Linaker, 1898, I, p. 13). Risale a questo periodo anche la polemica con G. Salvagnoli in relazione agli Inni sacri manzoniani che il M. difese con convinzione dalle pagine dell’Antologia.
Alla sua morte, nel settembre del 1830, R. Finch lasciò a favore del M. un legato testamentario con una rendita annua di 600 sterline. Durante il soggiorno romano il M. stabilì anche contatti con alcuni rivoluzionari romani, come P. Sterbini, coinvolti a diverso titolo nelle agitazioni del 1831. Occasione di visite a cospiratori democratici furono le innumerevoli «gite» che il M. conduceva in Umbria e nelle Marche: la cosa non sfuggì alla polizia papale che nel novembre 1832 lo spinse a lasciare Roma e fare rientro in Toscana. Qui, durante un soggiorno pisano, nel dicembre 1833, concepì l’idea di un giornale finanziato con la raccolta di sottoscrizioni; di tale ipotesi il M. discusse con I. Rosellini e G. Montanelli, insieme con i quali diede vita all’Educatore del povero, stampato dalla tipografia Capurro e C. con un prezzo di copertina di 4 lire. Il primo numero uscì nel gennaio del 1834 ma l’iniziativa non ebbe ulteriore seguito anche perché nel marzo il M. intraprese un lungo viaggio con l’obiettivo di visitare i principali istituti di beneficenza ed educativi esistenti in Europa. A Marsiglia frequentò gli ambienti sansimoniani e soprattutto conobbe G. Mazzini con cui stabilì nel tempo un’intensa amicizia.
L’itinerario proseguì passando per Montpellier, Nîmes, Avignone, Lione, Losanna e Ginevra; in quest’ultima città ebbe modo di incontrare S. de Sismondi. Da Ginevra si recò a Parigi, in compagnia di A. Carrel, e nella capitale francese conobbe Mme de Staël (Germaine Necker) e il generale M.-J. Lafayette. La tappa successiva fu l’Inghilterra che lasciò nel M. una pessima impressione, così come emerge nelle numerose lettere da Londra in cui rimarcava il preoccupante stato di «degrado morale delle masse». La permanenza inglese gli consentì tuttavia di apprezzare le qualità dell’Università di Cambridge e del sistema ospedaliero anglosassone. A Londra frequentò lord H. Brougham, J.S. Mill, C. Bell e il livornese P. Bastogi, giunto allora nella capitale inglese. Il viaggio si snodò infine attraverso Rotterdam, Dordrecht, Nimega, Colonia, Heidelberg, Norimberga fino al Tirolo.
Nell’ottobre del 1834, dopo qualche mese trascorso a Lari, nei pressi di Pisa, il M. accettò l’ufficio di precettore del figlio di Girolamo Bonaparte, appena trasferitosi a Livorno; tuttavia, spaventati dal diffondersi di un’epidemia di colera, la famiglia Bonaparte e il M. lasciarono precipitosamente la città nell’agosto del 1835. Recatosi in Svizzera, dove seguì il suo giovane allievo nell’Istituto di Champel, vi restò fino al gennaio 1836, allorché decise di ritornare nel Granducato. Tale decisione incontrò notevoli ostacoli: le sempre più strette relazioni del M. con gli ambienti democratici francesi e con lo stesso Mazzini, in gran parte coltivate in forma epistolare, nonché il fatto di provenire da una destinazione divenuta pericolosa come la Svizzera, accrescevano infatti i sospetti nei suoi confronti. Il rientro in Toscana fu possibile soltanto sul finire del febbraio 1836, quando il M. prese casa a Firenze presso S. Maria Novella, continuando a essere attentamente sorvegliato dalle autorità di polizia che lo ritenevano affiliato alla Giovine Italia. In quel mese avviò una serrata collaborazione con la Guida dell’educatore, la rivista appena fondata da Lambruschini; il suo primo contributo, dedicato a due bambini particolarmente dotati nel calcolo, vi apparve sotto forma di lettera nell’ottobre 1836. Lo stesso periodico ospitò in più articoli i Frammenti di un viaggio pedagogico che illustravano le diverse istituzioni educative visitate dal M. nelle sue peregrinazioni europee, un articolo sull’Istituto di Meleto aperto dal marchese C. Ridolfi, il profilo biografico di L. Frassi e di G. Girard, che aveva conosciuto a Friburgo, e soprattutto il punto di vista del M. sugli asili presentati come «un’istituzione sociale collegata con quelle già contemplate dall’economia sociale e più e più destinata coll’andare del tempo a risentirne l’influenza e a loro reciprocamente sentire la propria» (Guida dell’educatore, IV [1839], p. 323).
Nel 1837, mentre collaborava alla rivista mazziniana L’Italiano, il M. pubblicò a Firenze e sotto la direzione di Vieusseux un libretto di letture popolari titolato Il Salvadenaro che avrebbe dovuto spiegare i benefici del risparmio e le opportunità garantite dalle nuove Casse di risparmio. L’opera che inizialmente circolò con molte difficoltà divenne negli anni seguenti un testo molto letto, venduto in qualche migliaio di esemplari.
Nell’aprile 1839 il M. intraprese un nuovo viaggio, sbarcando a Marsiglia, per trasferirsi poi a Parigi e a Londra. Nell’ottobre dello stesso anno rientrò in Toscana per partecipare al I Congresso degli scienziati italiani che si tenne a Pisa.
Sul piano politico maturava intanto il progressivo distacco dalle posizioni di Mazzini per accostarsi a quelle di T. Mamiani; ciò malgrado continuava a essere sorvegliato dalla polizia e in particolare dalla direzione generale della polizia romana che agli inizi del giugno 1840, durante un suo breve soggiorno a Roma, decise di arrestarlo e tradurlo in carcere a Castel Sant’Angelo, trattenendovelo fino ad agosto. Rientrato a Firenze e ancora colpito da misure restrittive, iniziò a collaborare con G.A. Franceschi alla riforma delle scuole leopoldine, ma nell’aprile del 1842 lasciò l’Italia per avviare un soggiorno in vari Stati della Germania, da cui tornò all’inizio del 1843. Dopo pochi mesi trascorsi a Livorno, si diresse nuovamente a Parigi e a Londra per restare più a lungo in Irlanda, dove conobbe D. O’Connell.
Dopo aver pubblicato un Corso di disegno lineare, stampato a proprie spese e con il contributo di Vieusseux (Firenze 1843), dai primi mesi del 1844 il M. decise di stabilirsi con maggiore continuità a Firenze e riservò grande cura alla collaborazione con la Guida dell’educatore, la cui pubblicazione – a causa di una malattia di Lambruschini – nel 1843 era stata sospesa: il M. ne assunse la direzione insieme con P. Thouar, mantenendo frequenti rapporti con Lambruschini. Al contempo diveniva intimo amico di G. Giusti. Sempre in quell’anno, mentre usciva il volume degli Scritti politici di U. Foscolo curato da Mazzini che aveva in apertura una dedica al M. e a Bastogi, collaborava con la rivista torinese Letture di famiglia, che riunì i suoi contributi intitolandoli Appunti sul giuoco del lotto (Torino 1844), efficace sintesi dei principali danni arrecati ai ceti popolari dal gioco d’azzardo.
Nel gennaio 1845 si sposò con la ginevrina Vittoria Romieux con cui un anno dopo si stabilì a Fiesole; sempre più vicino al mondo moderato (dopo l’elezione di Pio IX nutrì anche simpatie neoguelfe), intensificò i rapporti con i piemontesi M. d’Azeglio e C.I. Petitti di Roreto cui l’accomunava l’auspicio di una prossima liberazione della Lombardia dal dominio asburgico. A Fiesole riceveva le frequenti visite dell’editore F. Le Monnier, interessato alla stampa dei manoscritti foscoliani (poi passati all’Accademia Labronica) che il M. aveva iniziato a raccogliere fin dal 1837, durante il soggiorno londinese, insieme con Bastogi, H. Guerney e Mazzini.
Nel 1846 ebbe un vivace scontro con F.D. Guerrazzi, avvocato di due azionisti che avevano promosso una causa contro gli amministratori della Banca di sconto di Livorno, di cui il fratello del M., Edoardo, era direttore.
Nel giugno del 1847, dopo il varo della legge toscana che consentiva una parziale libertà di stampa, usciva a Firenze il primo numero del giornale L’Alba, del quale il M. fu uno dei principali collaboratori con articoli di tema foscoliano e altri dedicati all’attualità politica, come l’amnistia concessa da Pio IX. Seguì, nel gennaio 1848, nel Corriere livornese, un breve scritto intitolato Una parola al popolo livornese, in cui esortava la popolazione a non cedere alle facili illusioni dei rivoluzionari che riteneva deleterie per la causa italiana. Tale intervento provocò un opuscolo anonimo siglato «gli amici della verità e degli arrestati» che criticava in modo aspro l’eccessiva cautela politica del M. definito sprezzantemente «straniero». Fin dal 1847, peraltro, avevano visto la luce per i tipi della Galileiana di Firenze i suoi Cenni comparativi sulla polizia inglese e toscana in cui già emergevano alcuni tratti della riflessione sui rischi di eventi «rivoluzionari». La posizione del M. di fronte alle vicende del 1848-49 si rivelò infatti molto vicina a quella dei moderati fiorentini e si tradusse nel sostegno al governatorato di C. Ridolfi e poi nella richiesta di una carta costituzionale; e, quando Leopoldo II concesse la costituzione, il M. non mancò di esprimere la propria soddisfazione e la convinta adesione ai contenuti del nuovo testo statutario. Allo scoppio della guerra partì con i volontari livornesi alla volta dei campi di Lombardia con le funzioni di commissario ai viveri e di addetto allo stato maggiore, al servizio del generale C. De Laugier. Prese parte alla battaglia di Curtatone ma dopo la firma dell’armistizio Salasco manifestò a più corrispondenti, a cominciare da N. Tommaseo, la sua profonda delusione per il «tradimento» di Pio IX e per l’eccessiva debolezza di Carlo Alberto: «Se qualche popolazione generosa tuttora si difende e se continuerà a farlo – scriveva a Vieusseux – in modo che l’esempio magnanimo susciti imitatori, lega e confederazione potran nascere fra i popoli italici, ma fra i prìncipi e i popoli non è più da sognarsi e allora mancherà all’Italia la transizione costituzionale, che pareva dovesse essere per lei bella ed efficace scuola morale e politica» (Linaker, 1898, I, p. 380). Ad acuire il suo scoramento intervennero poi i continui tumulti scoppiati a Livorno, gli attacchi dei Livornesi al governo Capponi nell’autunno del 1848 e i timori circa l’impossibilità per il nuovo governatore G. Montanelli di frenare le tensioni. Nei suoi riguardi e in quelli di Guerrazzi che con lui era subentrato a Capponi alla guida dell’esecutivo, il M. fu assai critico; in tale clima decise di allontanarsi dalla discussione politica per dedicarsi alla stesura delle Memorie sulla campagna di Lombardia, preparate in seguito a una fitta corrispondenza con De Laugier. Ancora più aspre furono le accuse rivolte all’azione dittatoriale di Guerrazzi, tanto che non gli restò che sperare in un nuovo intervento militare di Carlo Alberto. Quando il 21 maggio 1849 si formò il governo del restaurato Leopoldo II, De Laugier, nominato ministro della Guerra, gli propose invano un impiego presso il suo dicastero. In questa fase l’occupazione principale del M., che si era stabilmente trasferito a Pisa, consistette nella preparazione della pubblicazione dei manoscritti foscoliani e nella stesura di una serie di interventi in materia di educazione popolare.
Così, nelle pagine delle Letture di famiglia, nel settembre 1850, prendeva in esame il progetto di legge sull’istruzione primaria, del quale criticava vari aspetti, in particolare il livello troppo basso delle retribuzioni dei maestri. Nel corso del 1850 uscì a puntate nello Statuto di Firenze (nn. 159, 161, 164) la lettera sull’Educazione degli antichi, con cui il M. confutava la tesi, cara a Capponi, secondo cui Greci e Latini non avevano lasciato testi che trattassero in maniera esplicita di educazione. Nello stesso anno il M. ebbe una parte decisiva nell’edizione dei tre volumi di Prose letterarie di Foscolo, usciti per i tipi di Le Monnier (il quarto volume apparve nel 1851, con prefazione di F.S. Orlandini). Nel 1852, ancora con l’ausilio di Orlandini, diede alle stampe il primo volume dell’Epistolario foscoliano (Firenze), al quale seguirono il secondo nel 1853 e il terzo nel 1854. Nel 1859 gli stessi curatori prepararono l’edizione del primo volume dei Saggi di critica letteraria di Foscolo nella traduzione dall’inglese di C. Ugoni, mentre il secondo volume vide la luce, sempre per Le Monnier, nel 1862.
Al di là di queste iniziative editoriali, gli anni Cinquanta trascorsero per il M. senza troppe scosse e sul piano politico si rinsaldò in lui il convincimento che l’unica strada per attuare il processo di unificazione passasse attraverso un’intesa fra la monarchia sabauda e la Francia di Napoleone III. Nella primavera del 1860 ricevette l’offerta di candidarsi alla Camera per il collegio di Livorno ma preferì declinarla. Una delle poche uscite pubbliche fu rappresentata dalla partecipazione nel 1865 alle celebrazioni dantesche che si svolsero a Firenze. L’impegno maggiore di questi anni fu costituito dalla stampa del volume Frammenti di un viaggio pedagogico (Firenze 1867), in cui era raccolta una serie di articoli comparsi nella Guida dell’educatore e nell’Antologia, insieme con vari scritti sparsi. L’opera non ebbe però la fortuna che il M. si attendeva ricevendo ben poche segnalazioni sulla stampa, tra cui una fugace presentazione nella Nuova Antologia. Sempre nel 1867 il M. compì insieme con la famiglia un viaggio a Ginevra dove incontrò E. Faville; di ritorno in Italia, accompagnato da G. Carcano, fece visita a Milano a Manzoni.
Nel 1874 si trasferì nuovamente a Livorno, dove morì il 29 maggio 1877.
Fonti e Bibl.: Le carte del M., soprattutto le lettere, sono parzialmente conservate a Firenze presso la Biblioteca nazionale: molto estesa è la corrispondenza con G.P. Vieusseux (in Carteggi Vieusseux). Più in generale, considerato l’elevato numero di corrispondenti, si rimanda direttamente al Catalogo dei carteggi. Presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma (Collezione mazziniana) sono custodite le lettere a G. Mazzini. Un’altra parte dell’archivio del M. è conservata a Pisa presso la Biblioteca della Scuola normale superiore, che ospita anche una porzione significativa della biblioteca del M. (il fondo mss. è composto di 19 buste). Altre carte sono presenti a Roma presso la Biblioteca di archeologia e storia dell’arte e la Biblioteca Casanatense, a Ravenna, nella Biblioteca comunale Classense, e a Cesena, nella Biblioteca Malatestiana. Presso il Gabinetto Vieusseux di Firenze sono inoltre collocate 116 lettere al M., di cui 96 di C. Torrigiani. Esiste un archivio di famiglia, a Santa Maria a Monte (Pisa), privo tuttavia di strumenti di corredo. Per gli epistolari a stampa si vedano: G. Giusti, Lettere a E. M., Firenze 1896; Lettere di Giuseppe Mazzini ad E. M. e di E. M. a Giuseppe Mazzini, a cura di A. Linaker, Firenze 1908; R. Carmignani, Tre lettere di E. M. e di P. Savi, in Boll. stor. pisano, n.s., IX (1940), pp. 105-112. Sul M. manca una biografia esaustiva, a prescindere dal sempre utile lavoro di A. Linaker, La vita e i tempi di E. M.: con documenti inediti della storia della educazione e del Risorgimento italiano (1802-1877), I-II, Firenze 1898. A tale studio devono essere aggiunti i volumi di A. Esdra Spisani, E. M. patriota, educatore, pedagogista, Roma 1915; di G. Cives, E. M. e gli asili infantili, Roma 1961; di D. Marchi, Un educatore democratico dell’Ottocento, Livorno 1984, nonché il saggio di G. Tramarollo, E. M.: un pedagogista del Risorgimento, in Il Risorgimento, XXV (1983), pp. 67-75. Profili più brevi sono stati ricostruiti da G. Somasca, Commemorazione di E. M.: fatta… il 17 giugno 1877, Livorno 1877, e da A. Liverani nell’opuscolo E. M., Livorno 1894. Degli anni Novanta dell’Ottocento, ma senza certezza circa la data di pubblicazione, anche il profilo di A. D’Ancona, E. M., pubblicato a Roma. Ben più recente, invece, il Ricordo di don Roberto Angeli nel centenario della morte di E. M., Livorno 1980. Per altre informazioni si vedano: A. Linaker, Il processo politico di E. M.: a Roma nel 1840, Firenze 1887; F.D. Guerrazzi, Due aneddoti guerrazziani: l’episodio di E. M. e le improntitudini degli amici…, a cura di E. Gamerra, in Il Marzocco, n. 27, 5 luglio 1914; E.R. Vincent, Robert Finch and E. M., in The Modern Language Review, XIX (1934), 2, pp. 150-155; E. Passerin d’Entrèves, Un incontro tra E. M. e il Sismondi, in Leonardo, n.s., XVI (1947), pp. 305-315; E. M. Atti del convegno di studi …, Livorno-Pisa… 1978, in Quaderni della Labronica, 1982, n. 37; G. Lombardi, E. M. e gli asili empolesi, in Il Segno di Empoli, XIII (2000), 51, pp. 18 s.