NANI, Enrico
NANI, Enrico. – Nacque a Parma da una famiglia di ardenti patrioti; la data di nascita, comunemente fissata al 4 novembre 1873, è stata retrodatata al 1872 da Gaspare Nello Vetro (2011).
Giovanissimo si trasferì con la famiglia a Roma, dove studiò e conseguì il diploma di ragioniere. Si iscrisse alla facoltà di lettere, ma contro la volontà dei genitori intraprese lo studio del canto con Antonio Cotogni, celebre baritono e apprezzato didatta, che sul finire del secolo insegnava nel liceo musicale di S. Cecilia.
Nel 1900 debuttò in Cavalleria rusticana e Pagliacci a Codogno (non a Lodi, sebbene lo spettacolo sia stato recensito sul Fanfulla di Lodi). In quello stesso anno ebbe successo nella Traviata al Comunale di Piacenza e nella Bohème e in Lucia di Lammermoor al teatro della Fortuna di Fano. Il 3 novembre 1901, chiamato a sostituire il baritono Marco Sammarco nel Rigoletto al Comunale di Bologna a fianco di Enrico Caruso e Hariclea Darclée, e sotto la direzione di Leopoldo Mugnone, s’impose alla generale attenzione. Fu l’inizio di una brillante carriera. Scritturato alla Scala da Arturo Toscanini per Hänsel e Gretel di Humperdinck, nel 1902 venne chiamato al S. Carlo di Napoli nel Poliuto di Donizetti a fianco del grande Francesco Tamagno. Tra 1902 e 1907 debuttò a Malta, fu presente al teatro Verdi di Trieste nell’Erodiade di Massenet, alla Fenice di Venezia nella Wally di Catalani (che ripeté a Palermo) e nell’Otello verdiano. Nello stesso periodo andò in tournée in Sud America, dove tornò poi 14 volte, producendosi nei maggiori teatri.
A Santiago del Cile partecipò alla prima di Amica di Mascagni. Al Colón di Buenos Aires cantò nella prima assoluta locale dell’Edgar di Puccini (1905), nella nuova, terza versione dell’opera. Durante i soggiorni in Sud America, probabilmente tra il 1905 e il 1908, per la prima volta incise alcuni cilindri per la Fonografía Artística di Efraín Band.
Nel 1907 tornò al S. Carlo di Napoli per la prima locale del Tristano e Isotta: diede così il suo contributo alla divulgazione del teatro wagneriano in Italia, in un cast di lusso (soprano Amelia Pinto e tenore Giuseppe Borgatti, dirigeva Giuseppe Martucci), e rinsaldò i legami col S. Carlo, per certi versi il suo teatro d’elezione. Iniziò nel frattempo grandi tournées europee che lo portarono a Londra, Vienna, Düsseldorf, Budapest, sino al teatro imperiale di San Pietroburgo, dove lavorò nelle stagioni 1909 e 1910; indi a Varsavia, Lisbona (1910), Il Cairo e Bruxelles, dove al Théâtre de la Monnaie fu Scarpia nella Tosca. I passaggi sulle principali ribalte europee accrebbero la sua fama, lo arricchirono, ma lo tennero lontano dal pubblico italiano. Forse per recuperare la popolarità in patria, nel 1913 rientrò alla Fenice di Venezia, nel ruolo di Jago nell’Otello, che interpretò poi anche alla Scala. Nel 1914 si accostò di nuovo al disco, incidendo per la Società italiana di Fonotipia. I suoi primi dischi coincisero con l’inizio dell’ultima fase della carriera. Intensificò le presenze in Italia e nel mondo, compiendo anche una tournée di concerti negli Stati Uniti.
Il repertorio si accrebbe fino a comprendere ben 90 titoli, dal primo Ottocento alla Giovane Scuola. Tra gli spettacoli più importanti del periodo vi fu Lafanciulla del West nel 1919 all’Opéra Garnier di Monte Carlo a fianco di Gilda Dalla Rizza e del tenore Ulisse Lappas. Tra il 1920 e il 1922 si accostò di nuovo alla sala d’incisione, per la Fonografia nazionale.
Nel 1924 diede l’addio alle scene con Adriana Lecouvreur al Politeama di Genova e si stabilì a Roma in piazza Navona, dove impartì lezioni private di canto.
Morì d’improvviso a Roma il 22 dicembre 1940, di ritorno da uno spettacolo.
Dotato di una schietta voce di baritono, timbrata ed estesa, s’impose tra Otto e Novecento come uno degli artisti più significativi della sua generazione. In possesso di una tecnica eccellente, poteva sfoggiare una gamma estesa di colori timbrici che gli permettevano di brillare nelle opere verdiane. Tenendosi lontano dagli arcaismi di stile dell’antica scuola, si pose in linea col gusto moderno e si accostò con cognizione di causa alla produzione wagneriana e alla Giovane Scuola, dando compiuta realizzazione alle necessità espressive di compositori italiani e francesi come Puccini, Giordano, Mascagni, Cilea, Massenet ecc. I dischi offrono un bel ritratto della sua arte: si ricordano in particolare i Fonotipia che riproducono pagine del Nabucco, tra cui l’incisione pressoché integrale – cosa rarissima per l’epoca – del duetto tra Nabucco e Abigaille (atto III). Tra i Fonotipia è del massimo interesse anche Suonata è l’ora, dall’Amore dei tre re di Montemezzi, mentre tra i Fonografia spicca Zazà piccola zingara dall’opera omonima di Leoncavallo. L’unica copia esistente dei sei cilindri registrati in Sud America è stata donata alla Discoteca di Stato di Roma dalla vedova. Delle numerose registrazioni, esistono anche matrici per Fonotipia mai stampate.
Fonti e Bibl.: A. Aimi, Il baritono E. N., in Gazzetta di Parma, 22 gennaio 1941; P. Caputo, Cotogni, Lauri Volpi ..., Bologna 1980, pp. 31 s.; G. Nello Vetro, Le voci del Ducato, in Gazzetta di Parma, 19 dicembre 1982; M. Tiberi, E. N., in Baritono E. N. (LP), Roma 1982; J.T. Hughes, E. N., in The record collectors, XXXI (1986), 6, p. 163; E. Pagani, Raccolte biografiche cantanti lirici italiani, Albino 2009; K.J.Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, IV, Bern-München 1997, p. 2483; M.E. Henstock, Fonotipia recordings, Norfolk 2004 (un catalogo parziale dei dischi della Fonografia si consulta in http://www.lavoceantica.it/Catalo-ghi/Fonografia%20Nazionale.htm a cura di R. Marcocci); G.N. Vetro, Dizionario della musica e dei musicisti dei territori del Ducato di Parma e Piacenza, 2011, http://www.lacasadellamusica.it/ vetro/.