NARDUCCI, Enrico
– Nacque a Roma il 12 novembre 1832 da Domenico Antonio e da Enrichetta Fioroni.
Studente al Collegio Romano, nel 1848 fu cadetto di fanteria del Governo provvisorio; difese la Repubblica sul Gianicolo meritando il grado di caporale. Dimesso dall’esercito con la restaurazione pontificia, lavorò come maestro elementare. L’incontro con Baldassarre Boncompagni segnò l’inizio della sua carriera: il principe, cultore di storia della scienza e proprietario della Tipografia di Scienze matematiche e fisiche, lo avviò agli studi paleografici e dal 1854 gli affidò la sua biblioteca, ricca di codici e rari testi scientifici. Collaborò dal 1855 con l’Archivio storicoitaliano e il Giornale arcadico; divenne noto con l’edizione di La composizione del mondo di Ristoro d’Arezzo (Roma 1859, II ed. Milano 1864) e con il Catalogo dei manoscritti ora posseduti da Baldassarre Boncompagni (Roma 1862) in cui descrisse 368 manoscritti in ordine alfabetico d’autore. Con Achille Monti e Benvenuto Gasparoni nel gennaio 1866 fondò Il Buonarroti, organo di punta della cultura romana. Ne assunse la direzione ad agosto 1867 e vi pubblicò il Discorso del modo di formare un catalogo universaledelle biblioteche d’Italia, centrato sulla valorizzazione del patrimonio attraverso la redazione di un catalogo delle opere italiane, per autore o tema, possedute dalle 300 biblioteche pubbliche.
Elemento innovativo del progetto, di rilievo culturale più che catalografico, era il ruolo promotore assegnato allo Stato; sei anni di lavoro e 500.000 lire sarebbero state sufficienti all’impresa, da realizzare con l’invio di schede con il codice distintivo degli istituti alla commissione governativa incaricata dello spoglio e dell’ordinamento.
Dal dicembre 1870 assistente bibliotecario della Biblioteca universitaria Alessandrina, ebbe un ruolo di primo piano nella vicenda della devoluzione delle biblioteche monastiche. Su invito di Ruggero Bonghi, incaricato dal ministro Cesare Correnti di un’indagine sul patrimonio culturale di Roma, preparò un rapporto sulle biblioteche claustrali. A Correnti inviò relazioni sempre più dettagliate denunciando i trasferimenti librari da parte dei religiosi per evitare la confisca. Il 22 marzo 1871 il commissario Giuseppe Gadda lo nominò delegato governativo per le biblioteche di Roma con incarico d’ispezionare gli istituti soggetti a esproprio per pubblica utilità e verificarne posseduto, inventari e cataloghi. Convinto del valore civile dell’impegno, si dedicò con slancio alla tutela delle librerie claustrali, cui la stampa nazionale rivolgeva grande attenzione; l’eco delle ispezioni gli valse il favore dell’opinione pubblica liberale e l’avversione dei clericali.
Temendo che le dimissioni di Correnti (aprile 1872) segnassero la fine del mandato, si rivolse al reggente Quintino Sella e al principe Giovanni Napomuceno Ruspoli, che si fece portatore delle sue richieste accusando il governo d’inerzia legislativa sulla questione della confisca dei beni ecclesiastici.
Il 5 settembre 1872 fu chiamato con Ignazio Ciampi alla commissione governativa per le biblioteche istituita per la vigilanza sugli istituti romani: in dieci mesi ne visitò 43, superando l’ostilità dei religiosi e intervenendo nelle situazioni a rischio. Estesa a Roma la legge di soppressione delle corporazioni religiose, con Ettore Novelli rappresentò la Pubblica Istruzione nella commissione speciale per le biblioteche monastiche che la giunta liquidatrice dell’asse ecclesiastico creò a ottobre 1873 per organizzarne il trasferimento al demanio. Propose di riunire in un’unica sede i volumi requisiti e preservare l’integrità delle raccolte all’atto dell’esproprio, sigillando le biblioteche in attesa di trasferimento. Su L’Opinione (29 ottobre 1873; 11 gennaio 1874) chiese di trasferire in Biblioteca Casanatense i volumi di pregio e i duplicati (per i quali pensava di costruire nel cortile due bracci di deposito) e di collegarla con un cavalcavia al palazzo del Collegio romano. Nel progetto inviato in gennaio dalla Commissione al ministero prevalse però la tesi di Novelli: specializzare per materia Casanatense, Vallicelliana, Angelica e Alessandrina e concentrare in una sede periferica materiale minore e duplicati. In attesa di decisioni, i fondi requisiti furono accatastati in un locale del convento della Minerva, poi nelle celle del Collegio romano; Narducci propose di utilizzare la sala che ospitava la gesuitica Bibliotheca major evitandone così lo spostamento.
La decisione della giunta di riconoscere a ecclesiastici la proprietà della biblioteca privata dei domenicani e quella di S. Pietro in Vincoli provocò la dura critica di Narducci e Novelli, autori di un feroce articolo, uscito anonimo su Il Popolo romano del 30 dicembre: il giorno stesso, la giunta ne appurò la responsabilità e decretò lo scioglimento della commissione. I fondi claustrali trovarono destinazione definitiva per impulso di Bonghi che, ormai deciso a sostenere la centralità di Roma realizzandovi in tempi brevi una biblioteca nazionale, riprese l’idea di Narducci.
Questi nel marzo 1871 aveva inviato a Correnti un Piano per la formazione a Roma di una biblioteca nazionale da istituire riunendo in una sede adatta e centrale 5000 codici e 300.000 stampati delle maggiori biblioteche claustrali, eccetto Casanatense e Angelica fondate a uso pubblico e dotate di eccellenti cataloghi. La vendita dei duplicati a stampa avrebbe snellito i fondi e recuperato parte delle spese; diritto di stampa e un fondo governativo speciale avrebbero permesso di aggiornare la raccolta e di dotarla dei testi scientifici necessari a una moderna istituzione laica. A marzo 1875 Bonghi ebbe i locali del Collegio romano e il 13 giugno, mentre vi confluivano circa 400.000 volumi, il decreto istitutivo; coordinò di persona le operazioni di smistamento e ricollocazione svolte a cantiere aperto per i lavori di ristrutturazione, affidando a Narducci la stima dei duplicati da cedere ai librai e la schedatura degli stampati. A febbraio 1876 lo incaricò d’ispezionare la Biblioteca, inaugurata e intitolata a Vittorio Emanuele II il 14 marzo successivo; il 16 ne nominò viceprefetto Carlo Castellani, di cui riconosceva l’inesperienza ma che reputava pronto ad accogliere le sue direttive.
Nello stesso 1876, il Regolamento organico delle biblioteche governative decise la pubblicazione dei cataloghi speciali e degli indici per materia dei manoscritti. Narducci colse allora l’occasione per rilanciare l’idea Di un catalogo generale dei manoscritti e dei libri a stampa delle biblioteche governative d’Italia su Il Buonarroti (settembre 1876).
La proposta – superficiale nelle valutazioni e con scarne indicazioni sul trattamento delle intestazioni – rivelava impreparazione bibliotecnica. L’allestimento, con schede inviate periodicamente e in percentuale definita per manoscritti e stampati dalle 32 biblioteche, avrebbe richiesto otto anni; dieci ne occorrevano per la stampa dei 10 volumi stimati per l’intero posseduto (3 dei quali per i manoscritti). Nonostante le severe critiche di Giovanni Ottino su La bibliografia italiana, XI (1877), nel 1881 Narducci avviò un saggio (A-AB). Lavorando sugli elenchi di 127 biblioteche indirizzò al ministro Guido Baccelli Dell’uso e dell’utilità di un Catalogo generale delle biblioteche d’Italia … (Roma 1883) corredato da quattro indici tra cui il ‘reale’, utile anche per i non esperti.
Dal novembre 1872 era alla direzione dell’Alessandrina, impreparato al ruolo e preso da impegni di studio e incarichi governativi. Consigliere per le scuole nella Deputazione provinciale di Roma (1871-77), presiedette la Commissione per l’acquisto di libri nelle biblioteche di Roma (1874) e fu commissario per l’esame dei libri dell’Aracoelitana (1875). Collaborò con Boncompagni e fu archivista del principe Ruspoli. Chiese e ottenne a titolo onorario (dal 1875 al 1877) l’incarico di soprintendente supplente della Casanatense, aspirando, però, alla direzione della Nazionale, cui quella biblioteca era annessa amministrativamente. Ne scrisse a Bonghi e al ministro Michele Coppino, convinto che Bonghi gli avesse preferito Castellani per contrasti sulla distribuzione dei volumi. Rifiutò invece, nel maggio 1877, la prefettura della Nazionale di Firenze per ragioni professionali e personali (la malattia della moglie Clotilde Pantanetti dalla quale ebbe quattro figli). In quell’anno fu pubblicato il Catalogus codicum manoscriptorum, praeter orientales, qui in Bibliotheca Alexandrinae Romae adservantur … nel quale descriveva in latino 235 codici secondo il modello tedesco in cui gli indici supplivano alla stringatezza delle schede.
L’Alessandrina risentì del suo dinamismo misto a superficialità: il Consiglio accademico lo richiamò più volte e Il Paese e L’Osservatore romano denunciarono le sue ripetute assenze e lo stato delle sale di lettura. Nel 1879 la biblioteca fu sottoposta a un’inchiesta ministeriale, che non ravvisò illeciti, tanto che il ministro Francesco Paolo Perez lo volle nella prima commissione sulla Vittorio Emanuele II. A maggio 1883 l’Alessandrina fu commissariata per irregolarità rilevate dalla Commissione d’inchiesta per le biblioteche; il matematico Valentino Cerruti, incaricato del riordino, lo accusò di privilegiare l’attività privata, d’illeciti negli acquisti e di concussione sulla legatura dei volumi.
A settembre Narducci fu trasferito d’ufficio all’Angelica per compilarne il catalogo dei manoscritti; nel 1884 fu deferito all’autorità giudiziaria, sospeso dal servizio e dallo stipendio e invitato a chiedere il pensionamento. Ricorse in appello difeso da Achille Gennarelli, che contestò le accuse e la faziosità di Cerruti istigato dai clericali; assolto nel 1886, non fu però reintegrato come sperava. Chiese il pensionamento anticipato per motivi di salute e dal 1889 fu collocato a riposo.
Negli ultimi anni alternò memorie lette alla R. Accademia dei Lincei (socio corrispondente dal 1877) a lavori bibliografici più complessi. Ripresi gli studi sulla biblioteca Boncompagni, nel 1892 curò la seconda edizione del catalogo dei manoscritti con 249 pezzi di nuova acquisizione, sostituendo all’ordine alfabetico quello topografico. In quell’anno, dopo contrasti col ministero, pubblicò il primo volume dell’opera più matura, Catalogus codicum manuscriptorum praeter Graecos et Orientales in Bibliotheca Angelica..., nel quale descriveva i 1543 codici posseduti al 1870 senza indici, da aggiungere in seguito. Il testo completo fu poi oggetto di trattativa tra eredi e Stato, che solo nel 1915 riuscì a pubblicarne il secondo volume con interventi e indice a cura di Enrico Celani. Il Catalogo delle edizioni del secolo XV, posseduti da Baldassarre Boncompagni (Roma 1893) fu la sua ultima opera.
Morì a Roma l’11 aprile 1893, mentre lavorava al Catalogo dei quattrocentisti delle biblioteche di Roma.
Fu officier dell’Accademia di Francia (1879); socio della R. Accademia delle scienze di Torino, della Società geografica italiana, dell’Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, membro della Deputazione di storia patria per la Toscana, Umbria e Marche; insignito di quattro medaglie al merito per le guerre d’indipendenza, cavaliere dei Ss. Maurizio e Lazzaro, della Guadalupa e ufficiale della Corona d’Italia.
Opere: nel 1887 raccolse nel Catalogo delle pubblicazioni (30 anni di lavoro) i 241 titoli firmati nel corso della lunga carriera – apparsi prevalentemente su riviste (tra cui Il Giornale delle biblioteche, Il Bibliotecario. Bollettino di scienze matematiche e fisiche) e in Atti della R. Accademia dei Lincei, transunti e rendiconti – aggiornato e riedito da Boncompagni nel 1893. Pubblicò inoltre: Saggio di voci italiane derivate dall’arabo (Roma 1858); Prediche inedite del B. Giordano da Rivalto dell’ordine de’ predicatori recitate in Firenze dal 1302 al 1305 (Bologna 1867); Notizie della Biblioteca Alessandrina nella R. Università di Roma (Roma 1872); Catalogo dei codici petrarcheschi delle biblioteche Barberina, Chigiana, Corsiniana, Vallicelliana e Vaticana e delle edizioni petrarchesche esistenti nelle biblioteche pubbliche di Roma (Roma 1874); Opere geografiche esistenti nelle principali biblioteche governative dell’Italia, in Studi bibliografici e biografici sulla storia della geografia in Italia, Roma 1875, pp. 393-470.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Personale 1860-1880, f. Narducci; ibid., Divisione Istruzione superiore 1860-1881, bb. 78, 127, 128. A. Gennarelli, Per il cavalier E. N. […] Memoria di fatto e di dritto […] alla sezione di accusa di Roma, Roma 1886; Id., Alla sezione di accusa della Corte di Appello di Roma […] Nuova memoria difensiva …, Roma 1886; C. Maes, Sul lagrimato feretro di E. N., in Il Cracas, VII (1893) pp. 11-25; V. Carini Dainotti, La Biblioteca nazionale “Vittorio Emanuele” al Collegio romano, Firenze 1956, ad ind.; E. Esposito, La Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II, Ravenna 1974, ad ind.; A. Petrucci, Cultura e erudizione a Roma tra 1860 e 1880, in Il Veltro, 14 (1970), pp. 471-482; G. Barone - A. Petrucci, Primo: non leggere …, Milano 1976; F. Barberi, E. N.: una dedica e una prefazione (1954), in Id., Biblioteche in Italia. Saggi e conversazioni, Firenze 1981, pp. 265-267; A. Serrai, Sui cataloghi collettivi (1958), in Id., Biblioteche e cataloghi, Firenze 1983, pp. 98-113; P. Innocenti, La tradizione bibliografica boccaccesca dell’Ottocento, in Id., Il bosco e gli alberi, II, Firenze 1984, pp. 21-25; G. Solimine, E. N. e le biblioteche nei primi decenni dell’Italia unita, in Nuovi Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari, VIII (1994), pp. 195-218; P. Veneziani, La Biblioteca Vittorio Emanuele al Collegio romano, in Roma moderna e contemporanea, III (1995), 3, pp. 693-725; M.T. Biagetti, Biblioteconomia italiana dell’Ottocento, Roma 1996, pp. 100-103; C.M. Fiorentino, Chiesa e Stato a Roma negli anni della destra storica, 1870, Roma 1996, ad ind.; A. Rizzo, Da Narducci a SBN, in Biblioteche oggi, XIX (2001), 9, pp. 42-44; T. Leone, L’attività di E. N. nella realtà biblioteconomica italiana della seconda metà dell’Ottocento, Tesi di diploma in Biblioteconomia, Scuola speciale per archivisti e bibliotecari, a.a. 2005-2006.