PESCATORE, Enrico
PESCATORE, Enrico. – Discendente della nobile famiglia genovese dei Di Castello, Pescatore sposò la figlia di Guglielmo Grasso, conte di Malta e ammiraglio di Sicilia sotto il regno di Enrico VI.
È probabile che abbia collaborato con il suocero durante il periodo di guerre civili che interessarono la Sicilia durante i primi anni di regno del giovane Federico II, nel corso delle quali Grasso cambiò più volte campo nel conflitto fra il partito del gran siniscalco Markward von Anweiler, e quello del cancelliere Gualtieri di Palearia. Il sostegno offerto da Guglielmo al cancelliere gli fu fatale, poiché fu imprigionato e ucciso da Markward nel 1201, ma garantì ai suoi compatrioti e a suo genero un duraturo successo. Nel 1202 Gualtieri, uscito vincitore dallo scontro, confermò il titolo di conte di Malta a Pescatore, mentre la carica di ammiraglio di Sicilia fu attribuita a un altro dei genovesi presenti alla Corte siciliana, Guglielmo Porco, e ai suoi compatrioti furono confermate le concessioni del diploma siglato dal giovane re nel 1200.
Da quel momento Enrico Pescatore acquisì un’autorità crescente alla corte di Palermo, divenendo rapidamente uno dei membri più influenti del governo del Regno, e in tale veste si adoperò per favorire le azioni messe in atto dai suoi compatrioti allo scopo di escludere definitivamente i rivali pisani dal commercio siciliano, assicurandosi il controllo delle esportazioni e di gran parte degli introiti daziari.
Con il consenso dello stesso Porco e il sostegno di Pescatore, che assunse il comando della flotta, i genovesi nel 1204 organizzarono quindi una spedizione navale che, con il pretesto di vendicare un attacco pisano contro navi commerciali genovesi verificatosi nel porto della città, portò all’occupazione di Siracusa.
A bordo di una delle navi impegnate nell’impresa si trovavano i consoli inviati dal Comune di Genova a reggere la colonia di Alessandria: costoro investirono del titolo di conte di Siracusa un altro comandante genovese attivo al servizio siciliano, Alamanno da Costa, successivamente confermato nella dignità comitale da un inviato ufficiale del Comune, Folco di Castello (un parente del conte di Malta). Fu così assicurato ai genovesi – che già controllavano l’arcipelago maltese attraverso Pescatore ed esercitavano una velata forma di protettorato su Messina – il controllo dei porti siciliani posti sulla più diretta rotta di collegamento fra il Tirreno e il Levante.
Pescatore e il nuovo conte di Siracusa tentarono, negli anni successivi, di promuovere ulteriormente, grazie alla supremazia acquisita in Sicilia, gli interessi economici e politici di Genova. Non solo essi condussero già nel 1205 una fortunata incursione contro Tripoli di Siria, ma avviarono, con il consenso ‘non ufficiale’ del Comune, un’ulteriore impresa che, se condotta a buon fine, avrebbe riaffermato la posizione di Genova nei confronti dei veneziani aggiungendo l’ultimo tassello al grandioso disegno di dominio di tutti i maggiori scali che controllavano la rotta per i porti del Medio Oriente.
Dopo il fallimento di un primo tentativo, nel 1206 Pescatore, sempre appoggiato dalle forze navali del conte di Siracusa, sbarcò infatti alla testa di un forte contingente di truppe nell’isola di Creta e, dopo aver avuto ragione della guarnigione della capitale, Candia, comandata da Ranieri Dandolo, si proclamò signore dell’isola e iniziò a fortificarla per prevenire il prevedibile contrattacco veneziano, edificando (o più verosimilmente ristrutturando, come porta a ipotizzare la mescolanza di nomi ‘franchi’ e greci) ben quattordici castelli: Mirabello, Monforte, Bonifacio, Castelnuovo, Belriparo, Milopotamo, Pediada, Priotissa, Belvedere, Malvesin, Gerapetra, Chissamo, Bicorna e Temene (detto anche San Nicolò).
Un primo contrattacco veneziano, condotto da Dandolo e da Ruggiero Premarino con l’appoggio di una squadra di 31 galee nell’estate del 1206, si risolse in uno scacco e i due comandanti furono costretti a rientrare a Venezia in cerca di ulteriori rinforzi, con i quali organizzarono uno sbarco in forze nell’isola nel 1207 riuscendo a riconquistare Candia, senza tuttavia poter impedire a Pescatore di mantenere le sue posizioni nel resto del territorio.
L’avventura cretese di Pescatore, che preoccupò non poco il governo di Venezia, si protrasse con violenti scontri fino al 1211 quando, nonostante l’invio di truppe in suo aiuto da parte del governo di Genova, fu costretto a rinunciare a ogni pretesa sull’isola. Tuttavia, nemmeno le complicazioni legate all’avventurosa politica mediterranea avviata in modo autonomo misero fine al suo ruolo presso la corte di Palermo. Fu infatti Pescatore ad accompagnare il giovane Federico a Genova durante l’avventuroso viaggio compiuto nel 1212 per rivendicare la corona imperiale, e probabilmente a mediare la concessione del cospicuo prestito, ripagato dal re con la conferma delle esenzioni fiscali godute dai genovesi in Sicilia fin dal 1156.
Grazie agli ottimi rapporti intercorrenti in quel momento fra Genova e lo Svevo, Pescatore fu quindi chiamato a succedere nella carica di ammiraglio a Porco, quando questi nel 1220 venne destituito, e mantenne la propria influenza nonostante il progressivo raffreddarsi delle relazioni diplomatiche. A conferma di questo fatto, va ricordato che il conte era ambasciatore dell’imperatore presso Gregorio IX nel 1228, e rimase in carica fino alla morte, avvenuta nel 1230, continuando a tutelare gli interessi degli operatori economici genovesi in Sicilia.
Nel 1257 Manfredi di Svevia, perseguendo un riavvicinamento politico con Genova al fine di rafforzare la propria posizione in Italia, restituì al figlio di Pescatore, Niccolò, i feudi e i beni che suo padre aveva detenuto in Malta e che Federico aveva avocato alla Corona dopo la sua morte.
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