QUAJAT, Enrico
QUAJAT, Enrico. – Nacque a Venezia il 22 luglio 1848 da Giambattista e da Caterina Tulli.
Nel 1873 si laureò in filosofia a Padova, e sul momento le ristrettezze finanziarie in cui si trovava la famiglia gli impedirono di conseguire un secondo titolo in campo scientifico, come avrebbe fortemente desiderato. Entrò in servizio presso la Stazione bacologica di Padova nel 1873 in qualità di assistente del direttore, Enrico Verson, che la guidava fin dall’inizio delle sue attività nel 1872 e che l’avrebbe diretta fino al 1919. Per il suo prestigio scientifico il ‘Bacologico’ di Padova – come da tutti era chiamato – fu centro nazionale di coordinamento e di impulso alle attività sperimentali e di ricerca nel campo della sericoltura, una delle maggiori attività economiche d’Italia fino alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Con l’accordo e l’incoraggiamento di Verson, che aveva di lui grande stima, Quajat poté riprendere gli studi e nel 1877 ottenne il magistero in chimica, una branca divenuta cruciale nell’agronomia e nella zootecnia dopo le opere pionieristiche di Agostino Bassi e i lavori, anche sul Bombyx Mori, il baco da seta, di Pasteur. Quajat ricambiò subito la fiducia di Verson e nel 1875 pubblicò a Padova un fortunato Compendio di bacologia, riedito e ampliato nel 1878, mentre già nel 1874 aveva redatto la relazione sulla commissione per l’imperfetto schiudimento dei cartoni giapponesi riunitasi proprio a Padova con la partecipazione dell’ambasciatore italiano a Tokyo, il bresciano Alessandro Fè d’Ostiani, grande esperto di bacologia, e del console generale del Giappone.
La collaborazione tra Verson e Quajat divenne in breve l’asse portante delle attività tecnico-scientifiche e della ricerca applicata della Stazione bacologica di Padova, che ne fece uno dei maggiori centri al mondo di studi sui lepidotteri serigeni, sulle loro malattie, sulla selezione, mediante incroci, di nuove ‘razze’, senza trascurare un’analoga attività di ricerca e sperimentazione nei riguardi del gelso, l’unica pianta della cui foglia il Bombyx Mori si nutrisse. Le competenze dei due studiosi si integravano molto proficuamente e dettero luogo a numerose pubblicazioni specialistiche culminate nel 1896 con l’edizione a Padova presso Drucker del volume Il filugello e l’arte sericola, una summa delle conoscenze scientifiche sul Bombyx Mori, incluse le sue principali patologie, con acclusa un’amplissima bibliografia internazionale. A Padova confluirono, infatti, per corsi di aggiornamento o per collaborazioni di ricerca, studiosi e tecnici provenienti da ogni parte del globo in cui si allevava il Bombyx Mori o comunque si produceva seta. Quajat venne così a operare con esperti quali lo scienziato britannico Thomas Wardle, il maggior conoscitore dei cosiddetti bachi selvatici dell’India britannica, che trascorse lunghi periodi a Padova in primo luogo per risolvere, assieme agli esperti italiani, e con Quajat in particolare, un metodo pratico che consentisse la dipanatura continua dei bozzoli di alcune delle varietà di insetti serigeni più diffuse in India. Sempre dall’India venne a Padova il bengalese Nitya Gopal Mukherji: le sue esperienze con Verson e Quajat furono basilari per l’istituzione di un ente analogo a Calcutta nei primi anni del Novecento. Altri esperti vennero dal Giappone, mentre le neonate istituzioni bacologiche pubbliche della Romania e della Georgia russa trassero da Padova e dalla frequentazione con Verson e Quajat gli elementi costitutivi principali per la loro futura attività. Quajat era inoltre in contatto con studiosi di entomologia non necessariamente interessati al solo baco da seta, come testimoniato, fra i tanti, dal carteggio con John H. Comstock, professore di entomologia alla Cornell University di Ithaca (New York).
A Padova Quajat teneva regolarmente corsi di insegnamento, recandosi abitualmente a questo scopo anche all’Istituto superiore di agricoltura di Perugia e alla Scuola di viticoltura ed enologia di Conegliano Veneto. Di fronte alla crescente competizione sui prodotti serici del Giappone e alle debolezze, tecniche e organizzative, della sericoltura italiana, il ‘Bacologico’ di Padova spinse con decisione per identificare incroci di bachi nostrani con ‘razze’ straniere che potessero fornire ceppi più produttivi e più elevate qualità del filo di seta. Quajat, nominato nel 1909 nominato vicedirettore del ‘Bacologico’, fu in prima fila in quest’opera e si dedicò con grande fervore agli incroci con ‘razze’ cinesi.
Una recente ricerca condotta a Padova da parte di un esperto del China National Silk Museum ha individuato, tra gli oltre duemila campioni di bozzoli di ‘razze’ diverse ancora presenti negli armadi dell’antico ‘Bacologico’, circa 400 vasi con esemplari di bozzoli di ‘razze’ pure o di incroci cinesi. Gran parte di questi sono riconducibili alle sperimentazioni di Quajat nei due decenni a cavallo del 1900.
Per ottenere campioni di bozzoli o di uova di baco dalla Cina, Quajat ricorse all’aiuto di italiani che lavoravano in Cina, ma stigmatizzò con decisione la scarsa o nulla collaborazione avuta dal personale dell’ambasciata italiana nel corso della sua deposizione presso la commissione d’inchiesta (ministeriale e parlamentare) sull’industria serica del 1907 guidata dal ministro Luigi Luzzatti e alla quale egli stesso era stato chiamato a partecipare. Fu anche per le puntuali osservazioni di Quajat che qualche tempo più tardi il ministero dell’Agricoltura finanziò un soggiorno esplorativo in Cina di oltre un anno dell’esperto sericolo Benito Mari e provvide a nominare quale addetto commerciale in Cina Eugenio Donegani (fratello del fondatore della Montecatini), che era ben addentro nel campo della bachicoltura e della gelsicoltura.
Quajat dedicò una parte rilevante del suo tempo allo studio e alla classificazione del vasto insieme dei bachi ‘selvatici’, i lepidotteri serigeni, presenti principalmente in molte aree subtropicali dell’Asia. Si interessò in maniera specifica di quelli che già avevano o che avrebbero potuto avere un effettivo impiego economico. L’analisi si concentrò sulle numerose varietà presenti in India, sicuramente dietro lo stimolo dei rapporti intessuti con Wardle e con Mukherji per il fatto che alcuni di quegli insetti erano da tempo ampiamente sfruttati, ma non ebbe a trascurare quanto in proposito offriva la Cina, assieme a svariate zone della penisola indocinese e ad altre aree asiatiche. L’opera si concretizzò in una pubblicazione di grande rilievo, Dei bozzoli più pregevoli che preparano i lepidotteri setiferi, apparsa nel 1904 a Padova presso Drucker, con un vasto apparato illustrativo quasi integralmente inedito e nella raccolta, presso il ‘Bacologico’, di un grande numero di campioni di quegli insetti e dei loro prodotti che costituisce a tutt’oggi una delle più importanti collezioni del genere.
A Quajat venne più volte richiesto, dal ministero e da enti locali, di prospettare delle soluzioni per far ripartire la sericoltura nelle regioni del Meridione d’Italia. Celibe, viaggiò molto per questo obiettivo e pubblicò diversi saggi sulle Puglie (dove risiedette per lunghi periodi fra il 1905 e il 1909), il Molise, la Calabria e la Sicilia, insistendo sulla necessità di rinnovare la gelsicoltura e le pratiche di allevamento di quelle piante e sull’auspicata introduzione di varietà di bachi più produttivi, proposte sintetizzate in Risposte agli interrogatori della commissione d’inchiesta per le industrie bacologica e serica, sulla diffusione della gelsicoltura e della bachicoltura nell’Italia meridionale ed insulare, in Agricoltura moderna, XIII (1907), 26, pp. 366-369. Anche se i suoi suggerimenti ebbero un’applicazione relativamente scarsa, l’insieme degli scritti di Quajat sul tema, assieme ai rapporti e alle corrispondenze relative da lui ricevute, tratteggiarono in maniera molto efficace lo stato della sericoltura meridionale, e di quella pugliese in modo specifico, a cavallo dei due secoli.
Nel 1913 morì Erasmo Mari, fondatore e direttore del prestigioso Istituto bacologico di Ascoli Piceno. Il governo decise di assorbire l’istituzione di Mari e di trasformarla nella «Regia Stazione di Gelsicoltura e Bachicoltura di Ascoli Piceno» alla cui direzione, con r.d. del 22 gennaio 1914, venne chiamato Quajat. Egli preparò un ambizioso progetto di sviluppo per rilanciare quella che di fatto era stata, in ordine di importanza, la seconda istituzione italiana del settore dopo quella di Padova, ma il suo improvviso decesso, durante un breve rientro a Padova il 27 maggio 1914, ne interruppe l’iniziale attuazione, che fu ripresa, in forma più ridotta, solo dopo la fine della Grande Guerra.
Fonti e Bibl.: La quasi totalità dei documenti d’archivio riguardanti le attività di Quajat nei suoi quarant’anni di servizio presso la Stazione bacologica di Padova, inclusi alcuni fascicoli di corrispondenze, sono ora conservati, ma non ordinati né catalogati, presso il Museo degli Insetti Esapolis, che ha sede nell’edificio dove venne ospitato il ‘Bacologico’ fin dal 1927. Al di fuori della sintetica memoria di Gabriele Pincherle (In memoria di E. Q. nel trigesimo della sua morte, Roma 1914) e di un brevissimo elogio post mortem di Enrico Verson pubblicato negli Annali della R. Stazione bacologica di Padova (XLI, 1915, pp. 5 s.), non risulta alcun lavoro specifico sulla figura di Quajat. Alcune citazioni si trovano in Memorie della Società entomolgica italiana (Genova, 1996, ad ind.), nel volume di M. Premuda Marson, Bombyx Mori (Padova 2011, ad ind.), mentre alcuni riferimenti ai rapporti di Quajat con la sericoltura calabrese sono in A. Marcelli, Luigi Alfonso Casella e la sericoltura calabrese, Soveria Mannelli 2005, ad indicem. Un’elencazione, pressoché completa, delle opere a stampa di Quajat si trova negli Annali della R. Stazione Bacologica di Padova, XXXIX-XL (1912-1913), pp. 205-225, che raccoglie l’insieme delle pubblicazioni curate dall’ente e dai suoi membri dal 1873 al 1912; quelle di Quajat sono 117, una ventina delle quali in collaborazione con altri studiosi, ma principalmente con Verson. Svariate le traduzioni, specie in francese. Da tenere presente anche la Bibliografia del Filugello (Bombyx mori L.) e del gelso (Morus alba L.), curata da R. Di Tocco per l’Ente nazionale serico (Padova 1927), con l’avvertenza tuttavia della presenza di numerosi refusi, anche gravi, nelle singole citazioni.