RIDOLFI, Enrico
RIDOLFI, Enrico. – Nacque a Lucca il 18 agosto 1828, terzogenito di Michelangelo (Michele), pittore, teorico dell’arte e storiografo, e di Angelina Nardi. Frequentò il Real liceo cittadino e nel 1848 conseguì la laurea in scienze fisico-matematiche a Pisa.
Trasferitosi a Firenze nel 1849 con l’intento di studiare architettura, nel dicembre del 1850 si iscrisse al corso di matematica applicata presso l’Accademia di belle arti, ma ben presto scelse di dedicarsi alla pittura, forse anche per influenza del pittore Antonio Digerini, che da Pietrasanta ne seguiva affettuosamente il percorso artistico indirizzandone il gusto verso modi più liberi e ariosi in confronto al rigore purista dell’arte paterna. Osservatore intelligente e sensibile, ed esortato da Digerini, con il quale intratteneva una fitta corrispondenza, si interessò senza pregiudizi alle espressioni figurative allora attuali a Firenze, dal sontuoso cromatismo neosecentesco di Giuseppe Bezzuoli, al naturalismo della scultura di Giovanni Dupré, ai paesaggi di Alexandre Calame, ai soggetti sacri di Antonio Ciseri. Fra i suoi frequentatori di allora vi erano, oltre allo stesso Ciseri, Annibale Gatti, Giuseppe Bellucci, Carlo Brini.
Risalgono agli anni di apprendistato fiorentino il San Giovanni Evangelista (1852 circa, Lucca, Museo nazionale di palazzo Mansi), una copia della Madonna Tempi di Raffaello, donata al padre «in segno d’affetto», come lui stesso scrive nella dedica (1853), un’edicola con Santi in preghiera per l’oratorio lucchese di Santa Chiara, ma poi trasferita nel convento dei Cappuccini a Monte San Quirico (1853), e il cartone per l’Assunzione destinata al duomo di Massa Marittima (1854, opera ordinata per il tramite dell’ingegnere Antonio Morandini e ultimata nel 1858).
Nel 1854 si disponeva a collaborare alla decorazione dell’abside della basilica lucchese di San Frediano affidata al padre, ma con la morte di questi, nel novembre di quell’anno, l’impegno sfumò. Costretto a tornare a Lucca per sostenere economicamente la famiglia, accettò il ruolo di segretario della Commissione conservatrice dei monumenti, e dell’Istituto d’arte, abbandonando gradualmente la pittura a favore di una carriera di conservatore e promotore d’arte.
Fra il 1855 e il 1861 eseguì tuttavia vari dipinti: ritratti – di Nicola Guinigi, di Salvatore Bongi (Lucca, Archivio di Stato), di Elena Prini Mazzarosa, dell’arcivescovo Luigi Arrigoni (Lucca, Arcivescovado), dell’abate Matteo Trenta, tradotto in litografia nel 1856 –, soggetti devozionali per chiese del contado lucchese, la Madonna col Bambino e s. Cerbone, per il convento di San Cerbone a Massa Pisana, la Crocifissione con Maria, Giovanni Evangelista e il beato Giovanni Leonardi per la pieve di Diecimo a Borgo a Mozzano, e anche temi di invenzione come la Musica e la Poesia dipinte per l’amico Giovanni Sforza; inoltre, per il marchese Enrico Cittadella realizzò un codice miniato nello stile dei Primitivi, che gli valse un premio all’Esposizione nazionale allestita a Firenze nel 1861.
Nel 1855 progettò un libro sulla figura e sull’opera del padre, che Le Monnier avrebbe pubblicato solo se prefato da padre Vincenzo Marchese (Lucca, Biblioteca statale, ms. 3628/3). Nel 1860, in qualità di segretario della Commissione conservatrice, si rivolse a Cosimo Ridolfi, ministro dell’Istruzione artistica del Governo provvisorio toscano, per arginare la dispersione e la rovina del patrimonio d’arte lucchese, sollecitando l’obbligo di inventariazione dei beni artistici pubblici e privati poi istituito dal Regno d’Italia. Impegnato a coadiuvare Sebastiano Onestini nella stesura dell’inventario delle chiese e dei monumenti del contado, traeva disegni delle opere e delle architetture, e in seguito ne dava conto nei Diporti artistici (Lucca, 1868; 1872).
Nel 1863 venne nominato socio dell’Accademia Lucchese di scienze lettere e arti.
Nel 1867 inviò a Pasquale Villari, che all’epoca era segretario generale del ministero della Pubblica Istruzione, una memoria relativa ai dipinti in restauro, alla promozione e alla sorveglianza degli interventi alle architetture, e, infine, alla tutela dell’Istituto e del suo buon andamento.
Svolse il suo compito con competenza e acume, dedicandosi con passione al restauro delle opere del passato sia pittoriche sia architettoniche, in special modo degli edifici medievali, in questo caso condividendo la cultura dell’epoca che, in nome della storiografia architettonica, scienza di nuova formazione, sosteneva la superiorità del restauro stilistico.
Invitato a dipingere una lunetta nel nuovo cimitero di Lucca, rifiutò l’incarico – che pure inizialmente aveva sollecitato – perché dissentiva dalla modestia della realizzazione del camposanto, assolutamente inadeguata all’eleganza architettonica della cappella Orsetti eretta da Lorenzo Nottolini, come lui stesso precisò in uno scritto edito nel 1869, Del Pubblico Cimitero in Lucca, lettera al prof. cav. Leonardo Galli.
Nel 1871 venne eletto segretario della Commissione consuntiva di belle arti della Provincia di Lucca, istituita quell’anno, nonché membro dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze, e, l’anno seguente, ispettore ai monumenti della Provincia di Lucca.
Da quella data seguì con interesse l’attività dei giovani artisti lucchesi, in primis di Michele Marcucci, Augusto Passaglia, Urbano Lucchesi, Edoardo Gelli, dei quali illustrò i primi successi sulla Provincia di Lucca (5 marzo 1875).
Incarichi e riconoscimenti per la sua competenza aumentavano di anno in anno: nel 1872 redasse la Relazione sulla Galleria del R. Istituto di Belle Arti in Lucca, in vista dell’Esposizione Universale di Vienna del 1873; nel 1875 ebbe la nomina a R. Ispettore dei monumenti e scavi d’antichità, nel 1876 a socio della Deputazione di storia delle Provincie di Parma e Piacenza, e di Toscana, Umbria, Marche.
Nel 1877 si applicò con passione alla riuscita della I Esposizione d’arte antica, in occasione della quale scrisse, a uso dei visitatori, la Guida di Lucca, poi aggiornata e ampliata nel 1899.
Fra il 1881 e il 1882 lavorò – insieme a Pietro De Servi e a Michele e Egidio Marcucci – alla decorazione ‘in stile’ delle volte del transetto e delle navatelle laterali del duomo di Lucca, da lui ideata. Al 1882 risale il suo saggio L’arte in Lucca studiata nella sua cattedrale.
Nel frattempo attendeva con costanza alla stesura di un’opera sulle chiese medievali della provincia lucchese in vista di un volume per la serie di Memorie e documenti per servire alla storia di Lucca, le cui illustrazioni, tratte da suoi disegni, erano state affidate all’incisore Angelo Ardinghi, ma nel 1885 la nomina a vicedirettore delle Gallerie fiorentine, per cui aveva chiesto l’intercessione di Antonio Mazzarosa, lo distolse dal lavoro.
Della proficua e coscienziosa attività svolta negli anni in cui mantenne l’incarico dette notizia in Dei provvedimenti e lavori fatti per le RR. Gallerie e Musei negli anni 1885-1889, edito nel 1890.
Fra i principali lavori realizzati in quel lasso tempo agli Uffizi, vi furono il riordinamento delle sale della scuola toscana, il riallestimento dei corridoi con opere prese dai depositi, l’incremento delle raccolte del Gabinetto dei disegni e delle stampe e il suo ingrandimento, il restauro del Corridoio vasariano, per il quale si chiese il contributo della Real Casa «per la parte che gli spettava» (Dei provvedimenti e lavori..., 1890, p. 12). Importanti interventi riguardarono anche il Bargello, dove la ‘Cortaccia’ divenne una sala espositiva, e gli altri musei ed edifici pertinenti all’ufficio, fra cui il cenacolo di San Salvi e il chiostro dello Scalzo; infine, la proposta, determinata dall’acquisto dei gessi di Lorenzo Bartolini da anni in deposito alle Gallerie, di creare un museo di scultura moderna «dal romanticismo alla contemporaneità» (p. 32), anche come incentivo alle donazioni d’opere da parte degli artisti. Impegno sociale fu poi quello di assumere in pianta stabile i molti dipendenti precari.
Sempre nel 1890, in seguito all’istituzione da parte di Pasquale Villari degli Uffici regionali per la conservazione dei monumenti del Regno, Ridolfi assunse l’incarico di direttore delle Gallerie e Musei fiorentini, sebbene la salute malferma e il dolore per la morte, nel 1889, della sorella Enrichetta, insieme alla quale aveva sempre vissuto, sembrarono inizialmente dissuaderlo.
Andato in pensione nel 1903, redasse un nuovo minuzioso elenco del lavoro da lui svolto, edito a Firenze nel 1905, intenzionato – come scrisse lui stesso – «non ad esaltare ciò ch’io feci, ma ad attestare modestamente, come pel corso di circa quattordici anni io abbia adempiuto col più grande amore i doveri che mi incombevano verso i nobilissimi Istituti affidati alle mie cure, dedicando ad essi tutta l’opera mia assidua, coscienziosa, affettuosissima» (Il mio direttorato..., 1905, p. 66).
Principali lavori di ristrutturazione degli Uffizi furono la rampa di scala di accesso al vestibolo realizzata da Luigi del Moro e il recupero dello spazio del teatro mediceo, già adibito a sala del Senato al tempo di Firenze capitale; in previsione delle nuove sale vennero traslocati dalla Galleria dell’Accademia l’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, la Deposizione dalla Croce dell’Angelico, l’Adorazione dei pastori del Ghirlandaio. Al fine di accrescere le raccolte, acquisì le opere di Santa Maria Nuova in deposito agli Uffizi dal 1825, fra cui: l’Incoronazione della Vergine di Beato Angelico, la Madonna in adorazione del Bambino di Lorenzo di Credi, l’Adorazione dei pastori di Hugo van der Goes, dipinto per il quale creò una sala apposita. Ma il lavoro più significativo fu il restauro della Sala della Niobe, che era stata danneggiata dal terremoto del 1895.
Oppostosi al trasferimento dei Niobidi al Museo archeologico, convinto che un simile spostamento non solo avrebbe impoverito la raccolta, ma avrebbe rappresentato uno sminuire il carattere della Galleria, curò il nuovo allestimento della sala ponendo al centro il Vaso mediceo e l’eliminazione delle tele di Rubens e di Sutterman, sostituite da arazzi.
Rinnovò l’allestimento della Tribuna, e, infine, concepì un nuovo ordinamento del museo, pur attenendosi al criterio di mantenere saldo il suo carattere originario di Galleria delle statue. Il progetto, «già messo su carta con sagome in proporzione dei dipinti intitolati» (ibid., p. 43), non poté essere attuato per mancanza di sovvenzioni da parte del Ministero, e Ridolfi ne provò tanta amarezza da chiedere il pensionamento anticipato, ottenuto il 1° ottobre 1903.
Durante la sua direzione si adoperò per accrescere la collezione degli Autoritratti – da lui collocata al primo piano in quattro sale contigue all’Archivio di Stato – facendo pressione sugli artisti moderni per ottenere nuovi esemplari; per la biblioteca, arricchita di ottocento volumi; e per ottenere dal Ministero l’istituzione di una Cassa di soccorso utile a pagare il servizio notturno, finanziata con una parte dei proventi derivati dalla vendita di fotografie e di cataloghi secondo un regolamento formulato appositamente.
Mantenne rapporti con intellettuali e artisti italiani e stranieri, fra i quali Giovambattista Cavalcaselle, Wilhelm Bode, Guglielmo De Sanctis, Augusto Conti, William Blundell Spence, Fosco Tricca, presidente del Circolo artistico di Firenze dal 1892. Con alcuni di loro strinse amicizie profonde, come nel caso di Cristiano Banti o di Camillo Jacopo Cavallucci, storiografo e teorico dell’arte, nonché segretario dell’Accademia fiorentina.
Per testamento legò agli Uffizi l’Autoritratto del padre, e alla città di Lucca la propria biblioteca, i bozzetti e alcuni dipinti paterni, e alcuni quadretti moderni avuti in dono dagli amici Gatti, Stefano Ussi, Pietro Senno, insieme a scritti inediti e ai copiosi carteggi suoi e del padre.
Morì il 24 febbraio 1909, e volle essere seppellito nel cimitero dell’Antella, presso Firenze, accanto alla sorella.
Opere. Diporti artistici, Lucca 1868; Del pubblico Cimitero in Lucca, lettera al prof. cav. Leonardo Galli, Lucca 1869; Il realismo nella pittura, dialoghi, in Atti della Regia Accademia lucchese di scienze, lettere e arti, XIX, pp. LVII-LIX; Ricordo di Michele Pierantoni, Lucca 1870; Della patria e delle opere di Zacchia il Vecchio, pittore. Lettera a Giovanni Sforza, Lucca 1871; Dieci ballate del tempo del Poliziano, Lucca 1872; Relazione sulla Galleria del R. Istituto di Belle Arti di Lucca, Lucca 1872; Ricordo di messer Vincenzo Civitali, Lucca 1872; Esame critico della vita e delle opere di Alfonso Cittadella, in Archivio storico italiano, XX (1874), pp. 409-430; Gli scultori in legno in Firenze e il prof. Bianchi di Lucca, Firenze 1874; Artisti lucchesi in Firenze, in La Provincia di Lucca, V, 18, 5 marzo 1875; Intorno alla discussione sulla statua del conte Rosselmini-Gualandi, Lucca 1875; L’Esposizione artistica nel Palazzo provinciale di Lucca, in La Provincia di Lucca, V, 73-74, 18 settembre 1875; Guida di Lucca, Lucca 1877, ed. ampliata 1899; Notizia sopra varie opere di Fra’ Bartolomeo da San Marco, in Giornale ligustico di archeologia e belle arti, V (1878), pp. 81-126; Diporti artistici II, Lucca 1879; L’arte in Lucca studiata nella sua cattedrale, Lucca 1882; La fabbrica del Monte di Pietà, già Case dell’Opera della Cattedrale di Lucca, Lucca 1883; Commemorazione di Adolfo Pieroni, Lucca 1884; Della vita e delle opere di Vincenzo Consani scultore, estratto da Atti della Regia Accademia lucchese di scienze, lettere e arti, XXV (1888); I discendenti di Matteo Civitali, in Archivio storico italiano, s. 5, IV (1889), pp. 202-247; Dei provvedimenti e lavori fatti per le RR. Gallerie e Musei negli anni 1885-1889, Firenze-Roma 1890; Giovanna Tornabuoni e Ginevra de’ Benci nel coro di Santa Maria Novella, in Archivio storico italiano, s. 5, VI (1890), pp. 426-456; Di alcuni ritratti delle Gallerie Fiorentine, in Archivio storico dell’arte, IV (1891), pp. 425-455; La basilica di San Michele in Foro in Lucca, in Archivio storico dell’arte, V (1893), pp. 28-57; Nell’inaugurazione della statua a Matteo Civitali il giorno 17 settembre 1893, Lucca 1893; Gaetano Milanesi, in Nuova Antologia, s. 3, 1895, vol. 57, pp. 358-366; Ritrovamento della Pallade di Sandro Botticelli, Firenze 1895; La Galleria dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova in Firenze, in Le Gallerie nazionali italiane, IV, Roma 1898, pp. 162-186; Il mio direttorato delle Regie Gallerie fiorentine, Firenze 1905.
Fonti e Bibl.: Lucca, Biblioteca statale, mss. 3613-3660: Carteggi di E. R. (1844-1908); A. Bertacchi, E. R., in Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, a cura di A. De Gubernatis, Firenze 1879, p. 1239; Il cav. E. R., in L’Esare, 3 marzo 1909; R. Fornaciari, E. R., in Archivio storico italiano, s. 6, XLV (1910), pp. 203-211; G. Sforza, E. R., in Ricordi e Biografie lucchesi, Lucca 1916, pp. 759-790; A. Torresi, Neo-medicei. Pittori, restauratori e copisti dell’Ottocento in Toscana, Ferrara 1996, pp. 182 n.; G. Morolli, Degli «Scritti dotti ed eleganti» e dell’«Anima candida» di E. R. tra Purismo e Storicismo nella Lucca dell’Ottocento, in Basiliche medievali della città di Lucca. La guida inedita di E. R. (1828-1909), a cura di G. Morolli, Cinisello Balsamo 2002, pp. 11-35; S. Bietoletti, Panorama dell’arte a Lucca dalla metà del XIX secolo agli anni Trenta del Novecento, in Arte a Lucca, a cura di M.T. Filieri, Lucca 2011, pp. 260-279; A. D’Aniello, «Mi pare mille anni di metterci le mani...». Michele Marcucci e la decorazione delle volte della Cattedrale di San Martino a Lucca, in S. Bietoletti - A. D’Aniello - A. Nannini, L’umiltà e l’orgoglio. Michele Marcucci pittore, Lucca 2011, pp. 101-118.